Quando uno non ha abbracciato nessuno da
giovane, per anni, per decenni, perché bloccato, per l’educazione, per timidezza, per la
solitudine, perché in famiglia non si usa o per altri motivi, quando
finalmente abbraccia - perché, a un’età qualsiasi, succede che si
sciolgano i nodi - allora lui mentre abbraccia, è come i sordomuti quando
imparano col metodo vocale: fanno vibrare le corde e ci contano di
emettere quel suono, ma non è che lo sentono: guardano l’altro e se
l’altro ha capito sono felici: ci sono riusciti, con l’impegno e il
puntiglio, a fare il suono.
Così l’analfabeta degli
abbracci, quando finalmente si decide, non ha gesti spontanei, studia
come muovere il braccio, la spalla, come stringere di più o di meno,
è stupito e impaurito - benché felice - del contatto del corpo sul
corpo.
È felice, è più felice di altri che
hanno sempre abbracciato, fin da piccoli: è felice, è una conquista: ma
recita l’abbraccio, è in ansia che gli venga bene, in pratica lo
mette in scena, e gli altri se ne accorgono, a volte se ne
accorgono e credono che sia un abbraccio finto: invece è il più
felice degli abbracci.
Lui ci è arrivato per strade
difficili e quasi piange mentre riesce a fare ciò che per altri è una
cosa normale.
Se incontri uno così, devi capire che
non è finto, è il più vero dei veri: lui finge ciò che veramente
fa perché non lo sa fare senza fingere.
E' un po’ come il poeta di Pessoa, ma
è così vero che dopo l’ abbraccio riuscirebbe
a volare per la gioia: però nessuno se ne accorge mai perché, come
l’abbraccio, anche lo sguardo e gli altri gesti sono troppo incerti,
sgrammaticati, come di straniero, e si
resta perplessi, diffidenti.
Sono persone che fanno fatica nelle
cose più semplici, che mai ti aspetteresti. Poi da soli in
casa cantano, ridono, scrivono versi.
- Carlo Molinaro -
”
L’abbraccio analfabeta”
Molte persone lottano per trovare l'equilibrio nella
vita semplicemente perché non hanno mai avuto il coraggio di distinguere ciò
che è veramente importante per loro da ciò che non lo è.
- Stephen Covey -
immagine Christian
Schloe
"Mi manchi". Penso sia questa la frase più
bella che ci si possa sentir dire. Perché il "ti amo" implica un’univocità.
Io amo te. Punto. Te lo dico. Ora lo sai. Ti puoi intenerire, ma anche
preoccupare, o infastidire, o rattristare perché tu non lo provi. Ma il
"mi manchi" significa che hai lasciato un vuoto nella persona che te
lo dice. E tu, solo tu, puoi riempire quel vuoto. Come un pezzo di puzzle.
L’incastro perfetto che nessun altro può essere. "Mi manchi" è come
"Per essere me interamente, ho bisogno che ci sia anche tu".
- Oriana Mantovani -
da "Buonanotte a chi"
- Oriana Mantovani -
da "Buonanotte a chi"
Gaylord Ho's
sculpture
Beati coloro che si baceranno sempre al di là delle
labbra, varcando il confine del piacere, per cibarsi dei sogni.
- Alda Merini -