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martedì 24 settembre 2019

Strategia dell’asino

C’erano una volta un uomo anziano e un vecchio asino. 
Un giorno, l’asino cadde in un pozzo ormai esaurito, ma profondo. 
Il povero animale ragliò tutto il giorno e l’uomo cercò di pensare a come tirarlo fuori dal pozzo. Alla fine, però, pensò che l’asino era molto vecchio e debole, senza contare che da tempo aveva deciso di riempire di terra il pozzo che era ormai prosciugato. 
Decise di seppellire là il vecchio asino. 
Chiese a diversi vicini di aiutarlo; tutti presero una pala e cominciarono a gettare terra nel pozzo. L’asino si mise a ragliare con tutta la forza che aveva. Dopo un po’, però, tra lo stupore generale, dal pozzo non venne più alcun suono. Il padrone dell’asino guardò nel pozzo, credendo che l’asino fosse morto, ma vide uno spettacolo incredibile: tutte le volte in cui veniva gettata una palata di terra nel pozzo, l’asino la schiacciava con gli zoccoli. 
Il suo padrone e i vicini continuarono a gettare terra nel pozzo, e l’asino continuò a schiacciarla, formando un mucchio sempre più alto, finché riuscì a saltare fuori.




Una scimmia da un albero gettò una noce di cocco in testa ad un saggio. L’uomo la raccolse, ne bevve il latte, mangiò la polpa e con il guscio si fece una ciotola.






“Fin da quando nasciamo gli altri ci dicono che il mondo è in un determinato modo, e naturalmente noi non abbiamo altra scelta che accettare che il mondo sia come gli altri ci hanno detto che è. 
Il bambino apprende come deve percepire il mondo per essere pienamente integrato. 
Passo dopo passo, gli viene resa familiare una descrizione del mondo che egli impara a percepire, mantenere e difendere come “la vera realtà”. 
La ragione induce gli uomini a dimenticare che la descrizione è soltanto una descrizione, ma prima che arrivino a capirlo, hanno intrappolato la loro essenza in una gabbia da cui emergono raramente nel corso della vita.”

- Carlos Castaneda -




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mercoledì 18 settembre 2019

Resisti, ragazza del Terzo Millennio, e soprattutto: osa - Diego Cugia

Ragazza del Terzo Millennio, ti credo anche quando sei cattiva. Quando con i maschi ti comporti da maschio e ci bruci il cuore. Quando ci soffi il posto, usando le tue arti femminili con un nostro superiore; e quando sei atleticamente più forte dei nostri polmoni fumati e ci cavalchi in letti di frontiera.

Ragazza del Terzo Millennio, ti consegno la bandiera del progressismo, tu sei l'uomo moderno, m'inchino. E voi datemi pure del disertore, fratelli maschietti, ma io questo spettacolo non me lo perdo, questi fuochi femminili d'artificio, soltanto perché non sappiamo accettare una sconfitta della specie. Onore ai caduti per le belle donne, invece: venite con me in tribuna ad assistere all'evoluzione del genere umano!

Ragazza del Terzo Millennio, nelle officine, nelle multinazionali, nelle università, negli studi professionali, tra le mura domestiche: nelle tue mani deposito il mio logoro primato di maschio. Mi raccomando, incassa il futuro anche per me. Sì, ragazza credo alla tua leggerezza infaticabile, alle tue gambe di gazzella, al ritmo elettrico del tuo cuore d'assalto. 

Sei migliore di me, parli di meno, conquisti di più. 
Negli ultimi cinquant'anni ha posseduto tutti i traguardi maschili, attaccando i nostri secolari imperi: in campo sessuale, politico, organizzativo, amministrativo, domestico e militare. 
Sei ancora in minoranza, ragazza, ma sei dentro, sei ovunque, ci sei. 
A nome del genere maschile ti dichiaro più lucida, più generosa, più determinata, più audace, più scaltra, più colta e più creativa.

Non sono femminista, né un maschilista fallito. 

Sono l'uomo che brucia, sono il tuo compagno, quello che ti conosce, che non ha paura del tuo grido di femminilità, né di notte, che hai il ruggito delle tigri, né di giorno, che usi la lingua del lavoro. 
E sono felice che tu sia avanti, perché te lo sei meritato nell'arco dei secoli, ragazza del Terzo Millennio. E so che da un momento all'altro irromperai nella stanza dei bottoni, e farai ammutolire generali e presidenti. Perché sono sinceramente convinto, ragazza, che se tu avessi in pugno già adesso le redini dell'umanità, le guerre comincerebbero a spegnersi e la grande industria a tirare. Ma questo il vecchio potere maschile non l'ha capito né troppo né poco.

Non demordere, stringi i denti, sfonda i beceri luoghi comuni, il razzismo sessuale, le sacre opportunità, le pigre consuetudini. Càlati prepotentemente in te stessa, assumi tutte le tue infinite sfaccettature, disorientaci fino a farci perdere il controllo e rassicuraci assumendo tu il comando. Sei già in grado di farlo, ragazza del Terzo Millennio, senza eroismi e senza vittimismi, perseguendo fino alle estreme conseguenze il tuo essere completamente donna.

Tu sei la mia speranza, ragazza, e la mia ultima bandiera. Quest'uomo di confine che ti augura di vincere, sogna di entrare nel vero Terzo Millennio con a fianco una compagna come te. Sì, è già quasi possibile, adesso, ora.
Resisti, ragazza del Terzo Millennio, e soprattutto: osa.

- Diego Cugia - 
da: "Jack l'uomo della Folla". Mondadori, 2002, pp. 105-106


Donne in rinascita

Più dei tramonti, più del volo di un uccello, la cosa meravigliosa in assoluto è una donna in rinascita.

Quando si rimette in piedi dopo la catastrofe, dopo la caduta.
Che uno dice: è finita.
No, non è mai finita per una donna.
Una donna si rialza sempre, anche quando non ci crede, anche se non vuole.

Non parlo solo dei dolori immensi, di quelle ferite da mina anti-uomo che ti fa la morte o la malattia.

Parlo di te, che questo periodo non finisce più, che ti stai giocando l'esistenza in un lavoro difficile, che ogni mattina è un esame, peggio che a scuola.
Te, implacabile arbitro di te stessa, che da come il tuo capo ti guarderà deciderai se sei all'altezza o se ti devi condannare.
Così ogni giorno, e questo noviziato non finisce mai.
E sei tu che lo fai durare.

Oppure parlo di te, che hai paura anche solo di dormirci, con un uomo; che sei terrorizzata che una storia ti tolga l'aria, che non flirti con nessuno perché hai il terrore che qualcuno s'infiltri nella tua vita.
Peggio: se ci rimani presa in mezzo tu, poi soffri come un cane.
Sei stanca: c'è sempre qualcuno con cui ti devi giustificare, che ti vuole cambiare, o che devi cambiare tu per tenertelo stretto.
Così ti stai coltivando la solitudine dentro casa.
Eppure te la racconti, te lo dici anche quando parli con le altre: "Io sto bene così. Sto bene così, sto meglio così".
E il cielo si abbassa di un altro palmo.

Oppure con quel ragazzo ci sei andata a vivere, ci hai abitato Natali e Pasqua.
In quell'uomo ci hai buttato dentro l'anima ed è passato tanto tempo, e ne hai buttata talmente tanta di anima, che un giorno cominci a cercarti dentro lo specchio perché non sai più chi sei diventata.
Comunque sia andata, ora sei qui e so che c'è stato un momento che hai guardato giù e avevi i piedi nel cemento.
Dovunque fossi, ci stavi stretta: nella tua storia, nel tuo lavoro, nella tua solitudine.
Ed è stata crisi, e hai pianto.

Dio quanto piangete!
Avete una sorgente d'acqua nello stomaco.
Hai pianto mentre camminavi in una strada affollata, alla fermata della metro, sul motorino.
Così, improvvisamente. Non potevi trattenerlo.
E quella notte che hai preso la macchina e hai guidato per ore, perché l'aria buia ti asciugasse le guance?

E poi hai scavato, hai parlato, quanto parlate, ragazze!
Lacrime e parole. Per capire, per tirare fuori una radice lunga sei metri che dia un senso al tuo dolore.
"Perché faccio così? Com'è che ripeto sempre lo stesso schema? Sono forse pazza?"
Se lo sono chiesto tutte.
E allora vai giù con la ruspa dentro alla tua storia, a due, a quattro mani, e saltano fuori migliaia di tasselli. Un puzzle inestricabile.
Ecco, è qui che inizia tutto. Non lo sapevi?
E' da quel grande fegato che ti ci vuole per guardarti così, scomposta in mille coriandoli, che ricomincerai.
Perché una donna ricomincia comunque, ha dentro un istinto che la trascinerà sempre avanti.
Ti servirà una strategia, dovrai inventarti una nuova forma per la tua nuova te.
Perché ti è toccato di conoscerti di nuovo, di presentarti a te stessa.
Non puoi più essere quella di prima. Prima della ruspa.

Non ti entusiasma? Ti avvincerà lentamente.
Innamorarsi di nuovo di se stessi, o farlo per la prima volta, è come un diesel.
Parte piano, bisogna insistere.
Ma quando va, va in corsa.
E' un'avventura, ricostruire se stesse.
La più grande.
Non importa da dove cominci, se dalla casa, dal colore delle tende o dal taglio di capelli.

Vi ho sempre adorato, donne in rinascita, per questo meraviglioso modo di gridare al mondo "sono nuova" con una gonna a fiori o con un fresco ricciolo biondo.
Perché tutti devono capire e vedere: "Attenti: il cantiere è aperto, stiamo lavorando anche per voi. Ma soprattutto per noi stesse".

Più delle albe, più del sole, una donna in rinascita è la più grande meraviglia.
Per chi la incontra e per se stessa.
È la primavera a novembre.
Quando meno te l'aspetti...

Testo originale Diego Cugia, alias Jack Folla




Buona giornata a tutti. :-)


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lunedì 16 settembre 2019

Al Dio del tempo - Joseph Rozier

O Dio, tu che hai del tempo per noi,
donaci del tempo per Te.
Tu che tieni nelle tue mani ciò che è stato e ciò che sarà,
fa' che sappiamo raccogliere nelle nostre mani
i momenti dispersi della nostra vita.
Aiutaci a conservare il passato senza esserne immobilizzati,
a vivere rendendoti grazie e senza nostalgia,
a conservare fedeltà e non rigidità.
Libera il nostro passato da tutto ciò che è inutile
che ci schiaccia senza vivificarci,
che irrita il presente senza nutrirlo.

Donaci di restare ancorati al presente
senza esserne assorbiti,
di vivere con slancio e non a rimorchio,
di scegliere l'occasione favorevole
senza aggrapparci alle occasioni perdute,
di leggere i segni senza prenderli per oracoli.
Libera il nostro presente dalla febbre che agita
e dalla pigrizia che spegne ogni decisione.
Donaci il sapore del momento presente
e liberaci da ogni sogno illusorio.

Facci guardare al futuro,
senza bramare la sua illusione,
né temere la sua venuta; insegnaci a vegliare.
Libera il nostro avvenire da ogni preoccupazione inutile,
da ogni apprensione che ci ruba il tempo,
da tutti i calcoli che ci imprigionano.
Tu sei il Dio che mette il tempo
a disposizione della nostra memoria, delle nostre scelte,
della nostra sper
anza.

Joseph Rozier -
Rivista Il Cenacolo 2-2003


Chi esegue tardi anche una sola cosa, finirà tardi tutta l’opera.

- Catone -




Ognuno di noi percepisce la vita in modo diverso a causa del proprio differente vissuto.
E per ognuno la propria percezione corrisponde alla verità. 
Ricordiamocelo sempre perché se facciamo di questo sapere la nostra verità saremo in grado di relazionarci agli altri con molta più benevolenza. 
E questo ci porta pace e serenità.


- Gustav Birth - 


Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! 
Non avere paura di Lui. Abbi il coraggio di rischiare con la fede! Abbi il coraggio di rischiare con la bontà! Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro! Compromettiti con Dio, e vedrai che la tua vita diventa ampia e illuminata, non noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si esaurisce mai!

- papa Benedetto XVI -




La sventura è la nostra più grande maestra e la nostra migliore amica. 
È lei che c'insegna il senso della vita. 

- Anatole France -






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giovedì 12 settembre 2019

La partita a scacchi - Paulo Coelho

Disse il giovane all'abate del monastero: "Vorrei tanto essere un monaco, ma non ho imparato niente di importante nella vita. Tutto ciò che mio padre mi ha insegnato è giocare a scacchi, cosa che non serve per l'illuminazione".
"Chi sa che questo monastero non abbia bisogno di svago", fu la risposta.
L'abate, allora, chiese una scacchiera, convocò un monaco e gli disse di giocare con il ragazzo. Ma, prima che la partita cominciasse, aggiunse: "Anche se abbiamo bisogno di svago, non possiamo permettere che stiano tutti a giocare a scacchi. Dunque, terremo qui solo il migliore dei giocatori. Se il nostro monaco perderà, andrà via dal monastero e lascerà un posto libero per te."
L'abate parlava seriamente. 
Il ragazzo sentì che era in gioco la sua vita e cominciò a sudare freddo. 
La scacchiera divenne il centro del mondo. Il monaco iniziò a perdere. Il ragazzo lo incalzò, ma poi notò lo sguardo di santità dell'altro: da quel momento cominciò a fare di proposito le mosse sbagliate. 
In fin dei conti, preferiva perdere, perché il monaco poteva essere più utile al mondo.
All'improvviso, l'abate rovesciò per terra la scacchiera. "Hai imparato molto di più di ciò che ti hanno insegnato - disse -
Ti sei concentrato abbastanza per vincere, sei stato capace di lottare per ciò che desideravi. Poi, hai avuto compassione, ed eri disposto a sacrificarti in nome di una causa nobile. 
Che tu sia il benvenuto nel monastero, perché sai equilibrare la disciplina con la misericordia".

- Paulo Coelho -



Le tentazioni

Uno straniero incontrò il Padre Superiore nel monastero di Sceta. 
"Voglio rendere la mia vita migliore", disse "Ma non riesco a trattenermi dall'avere dei pensieri peccaminosi". 
Il Padre notò che il vento stava soffiando forte fuori, e disse allo straniero: "Fa piuttosto caldo qui. Mi chiedo se tu potessi trattenere un po' di vento là fuori e portarlo qui per rinfrescare la stanza". 
"E' impossibile", rispose lo straniero. 
"E' impossibile anche tenere se stessi dal pensare cose che offendono Dio", rispose il monaco. "Ma, se sai come dire di no alle tentazioni, non ti causeranno alcun danno."

- Paulo Coelho -
da: I racconti del maktub


Buona giornata a tutti :-)







mercoledì 11 settembre 2019

Il Narratore - Jairo Aníbal Niño

Il tiranno venne un giorno a sapere che tra le montagne viveva un formidabile cantastorie e ordinò al suo ministro della guerra di catturarlo.
I soldati lo acchiapparono mentre navigava su una zattera di giunchi odorosi in un lago color della notte.

Lo condussero in catene al palazzo. 
Il despota osservò con minuziosa attenzione le sue mani callose, la sua pelle brunita, le sue larghe e forti spalle. Quando lo guardò negli occhi, l'autocrate si sentì turbato. In quello sguardo scoprì qualcosa di simile a un nuotatore dorato e bronzeo nell'acqua della pupilla. 

Ordinò allora all'uomo che raccontasse una storia. 
Il narratore, minacciato dalle guardie armate, disse con una voce dura da uomo di mare: "Non si può raccontare nessun racconto quando si è incatenati".

Il tiranno fece un cenno con la testa e l'uomo fu liberato dai ferri.
"Racconterò una storia delle terre calde", annunciò il narratore.
Quando cominciò a parlare del viaggio di Fátima Montes e Pedro María Valiente verso il posto dove cresceva il cespuglio dell'allegria, allo scopo di raccogliere i suoi semi e spargere la sua musica e il suo aroma per ogni recesso della fangosa palude, il grande salone del palazzo si trasformò in un luogo in cui scorreva un fiume navigabile e i presenti videro i personaggi della favola viaggiare sotto un cielo d'aironi fino a giungere in un luogo dove s'accamparono, nelle vicinanze di un boschetto d'alberi di guayaba, accanto a delle rosse e succose pere, e s'inumidirono le labbra con la generosa dolcezza delle amarene. Fátima e Pedro stesero una tovaglia bianca sull'erba e apparvero i fiocchi delle focaccine di manioca e come una pioggia d'oro le palline delle uova dei pesci del fiume. 
Dopo mangiato, Fátima cantò la romanza del povero che s'era innamorato di una principessa molto ricca e molto bella. Triste e adirato per il disprezzo e la crudeltà della nobildonna, una notte in cui la luna si mutò nella pupilla di un cavallo magico, il povero immerse il ritratto della principessa in un bicchiere di vino e se la bevve. In quel preciso istante lei si liquefece nei suoi appartamenti del palazzo e dovette continuare a navigare nelle viscere del povero per tutta la vita. 
Quando terminò la melodia, nel salone sorse la pelle di fiore di Fátima Montes e s'intravvidero i suoi occhi d'un nero incandescente, mentre serena e tranquilla si coricava accanto al suo amante sulla sabbia del tropico.
Poi scese la notte sul fiume, cedendo il passo a un gigantesco giaguaro farfalla con fattezze umane che avanzava verso la corrente per abbeverarsi. 

Il giaguaro restò inebetito a guardare il corpo nudo della ragazza, sentì una pioggerella dolce suoi suoi occhi celesti e stupefatto volle palpare il meraviglioso eccitamento che avvertiva per la prima volta nella parte più oscura del petto. 

Con le sue unghie d'acciaio si fece un taglio profondo e, mentre sveniva, il cuore insanguinato gli galoppava tra gli artigli.

Il despota, affascinato dall'abilità del narratore nel convertire in vita le parole e spinto dalla sua grande cupidigia, esclamò: "Adesso ti ordino di raccontare la storia delle miniere del re Salomone".
L'uomo disse: "Non si può mai lasciare una narrazione a metà. Prima bisogna finire questo racconto".
Il tiranno sguainò la spada e grugnì: "E va bene. Finiscilo. Ma alla svelta".
Il cantastorie replicò: "Lo concluderò e avrà un lieto fine".
Il narratore parlò allora delle battaglie che sostennero Fátima e Pedro contro le colombe di vetro che cavano gli occhi agli uomini per alimentarsi con tutte le figure da essi viste durante la vita, che se ne stanno acquattate nel centro della pupilla, e narrò l'incontro con il fiore canterino e le interminabili notti d'attesa tenendosi ben stretti lungo tutto l'orlo del mondo, fino al giorno in cui giunsero a un cascinale illuminato e lì, in un patio verdemare, trovarono il cespuglio dell'allegria.
Il narratore lasciò che i suoi carcerieri, attratti dalla ingioiellata presenza del cespuglio dell'allegria, entrassero poco a poco nel racconto. 


Quando si erano ormai addentrati per varie miglia verso il centro del racconto, il cantastorie esclamò: "Fátima Montes e Pedro María Valiente raccolsero i semi che brillavano nelle loro mani come diamanti e non si resero conto che i loro nemici stavano lentamente stringendo l'accerchiamento fatale. All'improvviso, da uno dei semi scaturì una luce che andò crescendo fino a trasformarsi in in un tapiro gigantesco che sprizzava fiamme dalla proboscide e che si scagliò, in difesa di Fátima e Pedro, contro i loro avversari, distruggendoli".

Il cantastorie scorse, in mezzo all'immensa nuvola di polvere del palazzo abbattuto, il tiranno e i suoi sgherri carbonizzati e disse: "Il racconto è finito".
Guardò il cielo stellato, sorrise e si mise in cammino verso le montagne.

- Jairo Aníbal Niño -
Fonte:  "Preguntario", 1998


"Più mi avvicino e più vedo quanto sono lontano. Ci vuole il coraggio di mille uomini per guardare la Verità, vedere quanto si è lontani da essa, e affrontarla." 


"Devi bussare per cento anni alla porta di Dio per poi capire che la porta non è mai stata chiusa e che in realtà non è mai neppure esistita alcuna porta." 

"Il silenzio è la lingua di Dio, tutto il resto sono cattive traduzioni."

- Jalāl al-Dīn Rūmī -





Non ci si accorge mai abbastanza presto di quanto non si è indispensabili per il mondo. 
Che persone importanti crediamo di essere! 
Immaginiamo di essere i soli ad animare la sfera in cui operiamo; pensiamo che, assenti noi, si fermi ogni cosa: vita, nutrimento e respiro; e non ci accorgiamo che la lacuna che lasciamo si colma molto in fretta, anzi spesso non diventa che il luogo per qualcosa, se non di migliore, per lo meno di più gradevole.

- Johann Wolfgang Goethe -





Preghiera della sera

Eterno Padre, io vi offro oggi tutte le virtù, gli atti,
gli affetti del Cuore del vostro caro Gesù.
Accettateli per me e per i suoi meriti;
concedetemi quelle grazie che Gesù vi domanda per me.
Con questi meriti io vi ringrazio di tante misericordie usatemi.
Con questi soddisfo quello che vi debbo per i miei peccati.
Per questi spero ogni grazia da voi, il perdono, la perseveranza, il paradiso,
e sopra tutto il sommo dono del vostro puro amore.
Vedo già che sono io che a tutto pongo impedimento,
ma a ciò ancora voi rimediate.
Io vi prego per amore di Gesù Cristo il quale ha promesso:
 Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis.
Dunque non me lo potete negare. Signore, io non voglio che amarvi,
che donarmi a voi intieramente, 
e non vedermi più ingrato come sono stato sinora.
Guardatemi ed esauditemi;
fate che oggi sia il giorno ch'io tutto mi converta a voi,
per non lasciare mai più d'amarvi.
V'amo, mio Dio, v'amo, bontà infinita;
v'amo, mio amore, mio paradiso, mio bene, mia vita, mio tutto.
Gesù mio, tutto mio; voi mi volete, io vi voglio.

(Sant’Alfonso Maria de Liguori)


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martedì 10 settembre 2019

Là dove ci si trova - Martin Buber

 Ai giovani che venivano da lui per la prima volta, Rabbi Bunam era solito raccontare la storia di Rabbi Eisik, figlio di Rabbi Jekel di Cracovia. 
Dopo anni e anni di dura miseria, che però non avevano scosso la sua fiducia in Dio, questi ricevette in sogno l’ordine di andare a Praga per cercare un tesoro sotto il ponte che conduce al palazzo reale. 
Quando il sogno si ripeté per la terza volta, Eisik si mise in cammino e raggiunse a piedi Praga. Ma il ponte era sorvegliato giorno e notte dalle sentinelle ed egli non ebbe il coraggio di scavare nel luogo indicato. 
Tuttavia tornava al ponte tutte le mattine, girandovi attorno fino a sera. 
Alla fine il capitano delle guardie, che aveva notato il suo andirivieni, gli si avvicinò e gli chiese amichevolmente se avesse perso qualcosa o se aspettasse qualcuno. Eisik gli raccontò il sogno che lo aveva spinto fin lì dal suo lontano paese. 
Il capitano scoppiò a ridere: “E tu, poveraccio, per dar retta a un sogno sei venuto fin qui a piedi? Ah, ah, ah! Stai fresco a fidarti dei sogni! 
Allora anch’io avrei dovuto mettermi in cammino per obbedire a un sogno e andare fino a Cracovia, in casa di un ebreo, un certo Eisik, figlio di Jekel, per cercare un tesoro sotto la stufa! Eisik, figlio di Jekel, ma scherzi? Mi vedo proprio a entrare e mettere a soqquadro tutte le case in una città in cui metà degli ebrei si chiamano Eisik e l’altra metà Jekel!”. 
E rise nuovamente. Eisik lo salutò, tornò a casa sua e dissotterrò il tesoro con il quale costruì la sinagoga intitolata “Scuola di Reb Eisik, figlio di Reb Jekel”. 

“Ricordati bene di questa storia - aggiungeva allora Rabbi Bunam - e cogli il messaggio che ti rivolge: c’è qualcosa che tu non puoi trovare in alcuna parte del mondo, eppure esiste un luogo in cui la puoi trovare”. 
Anche questa è una storia molto antica, presente in numerose letterature popolari, ma la bocca chassidica la racconta in un modo veramente nuovo. Non è stata semplicemente trapiantata dall’esterno nel mondo ebraico: è stata completamente rifusa dalla melodia chassidica nella quale viene raccontata; ma neanche questo è ancora decisivo: l’elemento realmente decisivo è che la storia è divenuta trasparente e ora emana la luce di una verità chassidica. Non le è stata incollata una “morale”, al contrario, il saggio che l’ha raccontata nuovamente ne ha finalmente scoperto e rivelato il significato autentico. 
C’è una cosa che si può trovare in un unico luogo al mondo, è un grande tesoro, lo si può chiamare il compimento dell’esistenza. 
E il luogo in cui si trova questo tesoro è il luogo in cui ci si trova. 
La maggior parte di noi giunge solo in rari momenti alla piena coscienza del fatto che non abbiamo assaporato il compimento dell’esistenza, che la nostra vita non è partecipe dell’esistenza autentica, compiuta, che è vissuta per così dire ai margini dell’esistenza autentica. 
Eppure non cessiamo mai di avvertire la mancanza, ci sforziamo sempre, in un modo o nell’altro, di trovare da qualche parte quello che ci manca. Da qualche parte, in una zona qualsiasi del mondo o dello spirito, ovunque tranne che là dove siamo, là dove siamo stati posti: ma è proprio là, e da nessun’altra parte, che si trova il tesoro. Nell’ambiente che avverto come il mio ambiente naturale, nella situazione che mi e toccata in sorte, in quello che mi capita giorno dopo giorno, in quello che la vita quotidiana mi richiede: proprio in questo risiede il mio compito essenziale, lì si trova il compimento dell’esistenza messo alla mia portata. Sappiamo di un maestro del Talmud che per lui le vie del cielo erano chiare come quelle di Nehardea, sua città natale; il chassidismo rovescia questa massima: per uno è meglio che le vie della città natale siano chiare come le vie del cielo. È qui, nel luogo preciso in cui ci troviamo, che si tratta di far risplendere la luce della vita divina nascosta. Quand’anche la nostra potenza si estendesse fino alle estremità della terra, la nostra esistenza non raggiungerebbe il grado di compimento che può conferirle il rapporto di silenziosa dedizione a quanto ci vive accanto. Quand’anche penetrassimo nei segreti dei mondi superiori, la nostra partecipazione reale all’esistenza autentica sarebbe minore di quando, nel corso della nostra vita quotidiana, svolgiamo con santa intenzione l’opera che ci spetta. E sotto la stufa di casa nostra che è sepolto il nostro tesoro. Secondo il Baal-Shem, nessun incontro - con una persona o una cosa - che facciamo nel corso della nostra vita è privo di un significato segreto. Gli uomini con i quali viviamo o che incrociamo in ogni momento, gli animali che ci aiutano nel lavoro, il terreno che coltiviamo, i prodotti della natura che trasformiamo, gli attrezzi di cui ci serviamo, tutto racchiude un’essenza spirituale segreta che ha bisogno di noi per raggiungere la sua forma perfetta, il suo compimento. Se non teniamo conto di questa essenza spirituale inviata sul nostro cammino, se - trascurando di stabilire un rapporto autentico con gli esseri e le cose alla cui vita siamo tenuti a partecipare come essi partecipano alla nostra - pensiamo solo agli scopi che noi ci prefiggiamo, allora anche noi ci lasciamo sfuggire l’esistenza autentica, compiuta. Sono convinto che questo insegnamento è profondamente vero. La più alta cultura dell’anima resta fondamentalmente arida e sterile, a meno che da questi piccoli incontri, a cui noi diamo ciò che spetta, non sgorghi, giorno dopo giorno, un’acqua di vita che irriga l’anima; allo stesso modo la potenza più immane è, nel suo intimo profondo, solo impotenza se non si trova in alleanza segreta con questi contatti - umili e pieni di carità nel contempo - con un essere estraneo eppur vicino. Parecchie religioni negano alla nostra esistenza sulla terra la qualità di vita autentica. Per le une, tutto ciò che appare quaggiù è solo un’illusione che dovremmo togliere, per le altre si tratta solo di un’anticamera del mondo autentico, un’anticamera che dovremmo attraversare senza prestarvi troppa attenzione. Nell’ebraismo è completamente diverso: quello che un uomo fa nella santità qui e ora non è meno importante né meno autentico della vita del mondo futuro. Ma è nel chassidismo che questo insegnamento ha conosciuto lo sviluppo più accentuato. Rabbi Hanoch di Alexander disse: “Anche le genti della terra credono all’esistenza di due mondi. ‘In quel mondo’, li si sente ripetere. La differenza sta in questo: loro pensano che i due mondi siano distinti e separati l’uno dall’altro, Israele invece professa che i due mondi sono in verità uno solo e devono diventare uno solo in tutta realtà”. Nella loro intima verità i due mondi sono uno solo: si sono semplicemente separati, per così dire. Ma devono ridiventare l’unità che sono nella loro verità intima, e l’uomo è stato creato proprio perché riunisca i due mondi. Egli opera a favore di questa unità mediante una vita santa con il mondo in cui è stato posto, nel luogo in cui si trova. Una volta si parlava in presenza di Rabbi Pinchas di Korez della misera vita dei bisognosi; questi ascoltava, affranto dal dolore. Poi sollevò la testa ed esclamò: “Basta che portiamo Dio nel mondo, e tutto sarà appagato!”. Come? E possibile attirare Dio nel mondo? Non è un modo di vedere arrogante e pretenzioso? Come potrebbe osare il vermiciattolo immischiarsi in ciò che si basa esclusivamente sulla grazia di Dio: quanto di sé Dio concede alla sua creazione? Ancora una volta un insegnamento ebraico si oppone qui agli insegnamenti delle altre religioni e, di nuovo, è nel chassidismo che si esprime con la massima intensità. Noi crediamo che la grazia di Dio consiste proprio in questo suo volersi lasciar conquistare dall’uomo, in questo suo consegnarsi, per cosi dire, a lui. Dio vuole entrare nel mondo che è suo, ma vuole farlo attraverso l’uomo: ecco il mistero della nostra esistenza, l’opportunità sovrumana del genere umano! Un giorno in cui riceveva degli ospiti eruditi, Rabbi Mendel di Kozk li stupì chiedendo loro a bruciapelo: “Dove abita Dio?”. Quelli risero di lui: “Ma che vi prende? Il mondo non è forse pieno della sua gloria?”. Ma il Rabbi diede lui stesso la risposta alla domanda: “Dio abita dove lo si lascia entrare”. Ecco ciò che conta in ultima analisi: lasciar entrare Dio. Ma lo si può lasciar entrare solo là dove ci si trova, e dove ci si trova realmente, dove si vive, e dove si vive una vita autentica. Se instauriamo un rapporto santo con il piccolo mondo che ci è affidato, se, nell’ambito della creazione con la quale viviamo, noi aiutiamo la santa essenza spirituale a giungere a compimento, allora prepariamo a Dio una dimora nel nostro luogo, allora lasciamo entrare Dio. 


Buona giornata a tutti. :-)


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sabato 7 settembre 2019

Ecco la vera spiegazione della vita - Beato Fulton J. Sheen

Gesù disse: “Lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26, 41)
Lo psicologo che parte dall’idea che l’uomo è null’altro che un animale ammalato, non potrà mai ridonargli la pace..
Gli psichiatri del sesso fanno ricadere ogni responsabilità sul povero padre e sulla povera madre.. è una sciocchezza.
Ecco la vera spiegazione della vita.

L’uomo è composto di:
1) anima o mente; 

2) corpo o carne; ed è influenzato dall’ambiente costituito dal mondo che lo circonda.

Scopo della mente è di conoscere il vero; scopo del corpo di godere i piaceri per amore dell’anima; scopo del mondo di servire il corpo e l’anima per amore di Dio! Questo è il vero ordine.
La Chiesa ci dice che, per un abuso di libertà, la natura umana divenne disordinata e scentrata. Ne consegue che in ogni uomo vi è una tendenza a considerare ciascuno di essi, la mente, il corpo e il mondo, isolati l’uno dall’altro e da Dio.
Per esempio, la mente tende, per parte sua, ad esaltare l’io all’infinito da farne un Dio, indipendente da qualsiasi legge e autorità. 
Questa è la concupiscenza dell’egoismo od orgoglio. 
Vi è un secondo impulso da parte del corpo, la fame dei piaceri della carne, senza badare alle norme della retta ragione e alle esigenze della legge di Dio. Tale è la concupiscenza del sesso. 
Il terzo impulso è la tendenza ad usare il mondo, non come mezzo per raggiungere Dio, ma come fine a se stesso. E questa è la concupiscenza dei beni terreni o avarizia.

La Chiesa inoltre ci dice che esse sono simili a tre piccoli demoni che annidati nel fondo della nostra coscienza, tentano sempre di salire a disturbare la nostra ragione…
Guardate quanto saggia e scientifica, al contrario, è la psicologia Cattolica riguardo agli impulsi umani. I maggiori psicologi del mondo sono ristretti, nel senso che ammettono un solo impulso. Un tipo di psicologia riduce tutto al sesso, un altro al desiderio di asserzione; un altro ancora alla sicurezza. Ma nessuno al pari della Chiesa, li considera tutti e tre…
Ma veniamo al pratico. La posizione della Chiesa si può così riassumere:

1) Non allarmarti se sei tentato al male. Sarebbe anormale che tu non lo fossi.
2) Le tentazioni non provano che tu sia perverso; ma soltanto fatto di carne.
3) Non sei intrinsecamente corrotto, altrimenti tali istigazioni al male non ti disturberebbero.
4) Resistendo ad ogni tentazione nel nome di Dio, acquisti meriti per il Cielo. Ecco come provi l’amore per Dio, preferendo Lui e la sua legge al male e al peccato.
5) Resistendo continuamente alla tentazione, acquisti padronanza di te, condizione essenziale alla Pace Eterna, senza essere dominato da fattori esterni al pari di un alcolizzato, di un pervertito sessuale o di un materialista.

La Chiesa raccomanda la pratica delle tre virtù per poter vincere le tre tentazioni:

1) L’ umiltà per vincere l’egoismo, che ci fa credere migliori degli altri.
2) La castità per vincere la sensualità-lussuria, col dirci che il corpo è il tempio di Dio.
3) La beneficienza, la bontà e la carità per temperare la nostra avida cupidigia.

Se fossi ammalato chiameresti un medico. Dacché sei debole, rivolgiti al Signore.
Il secondo maggiore tormento è la noia.
La psicologia della Chiesa dà queste tre spiegazioni:

1) L’uomo è composto di corpo e di anima, di finito e infinito. Finché è sulla terra, sente la spinta di entrambi e si può paragonare ad uno scalatore, a mezza via su per le pareti scoscese. Al di sopra è la vetta verso cui tende; al di sotto l’abisso della rovina dove c’è il pericolo di cadere. In questa vita l’uomo è in uno stato di sospensione. Soltanto la perfezione di vita, il vero e l’Amore possono soddisfarlo. Perciò non trova pace finché non riposa in Dio!

2) La Chiesa ci dice che tale noia si accresce in proporzione diretta alla perdita di uno scopo nella vita, cioè della salvezza eterna della nostra anima immortale. Ciò spiega la stanchezza nei giovani. Appena imbarcati per i mari della vita sono disgustati del viaggio. Nulla da meravigliarsi! Può esservi niente di più insopportabile che veleggiare verso un pauroso ignoto senza sapere dove si vada, o se vi sia un’altra sponda?
Gli stanchi sono simili al figliol prodigo che fuggì dalla casa paterna. Aveva ragione ad aver fame; aveva torto a vivere delle ghiande dei maiali. Così essi hanno ragione di aspirare ad un amore, ad una verità, ad una vita più completa di quanto non abbiano. Ma sono tristi, infelici ed hanno torto perché cercano di soddisfare l’infinito, vivendo di ghiande, come se fossero stati creati solo per respirare, accoppiarsi e morire. Essi si sentono quasi soffocare, ma non si tratta che della snervante afflizione di essere separati da Dio. Respirano la stessa aria che emettono. Di qui la stanchezza dell’umanità.

3) La Chiesa ci dice che Dio fa in modo che l’anima sia ansiosa, delusa e stanca quando si allontana da Dio, perché essa possa ritornare a Lui. Con l’agitare continuamente le acque dell’anima con il Suo Dito, Egli tiene lontana la falsa pace. Disgustati ed inquieti, ci slanciamo allora sul Suo Sacro Cuore. La noia è sete dell’Infinito; la stanchezza sete di Dio, la disillusione desiderio dell’amore estatico di Dio…

Coloro che hanno la fede ed una completa filosofia di vita, non solo godono di questo mondo mentre lo hanno, ma vivono nella meravigliosa speranza di quell’altro dove Dio è voluttà dei puri.

Il mondo, per i Cattolici, è simile ad una impalcatura per la quale l’anima sale al Regno dei Cieli. Quando l’ultima anima ha superato quell’impalcatura per occupare i posti lasciati dagli angeli ribelli caduti, codesta viene invasa e distrutta dalle fiamme, non perché sia abietta, ma perché ha compiuto il suo lavoro. Ci ha ricondotti a Dio.

Se siamo deboli e fragili, la Chiesa ci comanda di non scoraggiarci. Se la vostra carne o sangue sono inclinati al male, la Chiesa vi trasfonde Carne e Sangue Divini nel Sacramento dell’Eucaristia, perché possiate superare le vostre debolezze. Se siete stanchi ricordatevi che non lo potreste mai essere se non foste creati per qualcosa di più del finito. Un maiale non è mai stanco e annoiato del suo stalletto, né una rondine del suo nido, ma l’uomo lo può essere della sua casa. E ciò perché sta proprio ritornando a Dio…

Io chiedo a voi che siete stanchi, infelici, tristi, depressi ed ansiosi, di uscirne da quest’inferno sgombrandolo per mezzo della Confessione, e di riempire la vostra anima di quel Pane di Vita e di quel Vino di cui si cibano i Vergini!

Anime senza guida, a voi mi rivolgo!

Basta con coloro che vi misurano per quello che vi è di più “abbietto” in voi: le vostre ghiandole, la vostra sensualità!
Imparate la vera psicologia del Corpo Mistico di Cristo, che vi definisce per ciò che di migliore e più elevato è in voi, per la vostra immagine e somiglianza al Dio che vi ha creati.
Il mondo vi definisce per il vostro ambiente; il Signore per il vostro destino! Provate e vedrete quanto il Signore è soave!
Alcuni dicono che abbiamo il nostro inferno in terra; è proprio così! Ma non tutto: lo iniziamo appena qui! Così avviene anche per il Cielo, per il Paradiso! Noi iniziamo pure esso qui!

E se potessi, tra i miei radio-ascoltatori indurre un’anima sola a superare le proprie ansie amando Dio con tutto il cuore, la mente e le forze, sarei l’uomo più felice della terra!

Nell’amore di Gesù!

- Beato Fulton J. Sheen -
da “Ancore sull’abisso – Radiomessaggio del 19 Marzo 1950”



Quando si fa silenzio intorno a me,
nelle ore del giorno e della notte,
un lamento che scende dalla Croce
mi colpisce e mi fa trasalire.

La prima volta che l’udii uscii dalla mia casa,
e cercando intorno trovai
un Uomo nel terrore della Crocifissione.
 "Lasciate che vi stacchi dalla Croce"
e cercai di togliere i chiodi dai suoi piedi!

Ma Egli mi rispose: 
"Lasciami dove sono!
Perché Io non scenderò dalla Croce fino a quando
tutti gli uomini, tutte le donne, tutti i fanciulli
non si uniranno insieme a distaccarmi"

Gli dissi allora: "Come posso sopportare il Vostro lamento?
Che cosa posso fare per Voi?"

Egli mi rispose: "Và per tutto il mondo, e dì a quelli
che incontrerai che c’è un Uomo su una Croce"


- Fulton J. Sheen -



Dio fa in modo che l’anima sia ansiosa, delusa e stanca quando si allontana, affinché essa possa ritornare a Lui. 
Con l’agitare continuamente le acque dell’anima con il Suo Dito, Egli tiene lontana la falsa pace. 
Disgustati ed inquieti, ci slanciamo allora sul Suo Sacro Cuore. 
La noia è sete dell’Infinito; la stanchezza sete di Dio, la disillusione desiderio dell’amore estatico di Dio…
Tale noia si accresce in proporzione diretta alla perdita di uno scopo nella vita, cioè della salvezza eterna della nostra anima immortale...
Se siamo deboli e fragili, la Chiesa ci comanda di non scoraggiarci. 
Se la vostra carne o sangue sono inclinati al male, la Chiesa vi trasfonde Carne e Sangue Divini nel Sacramento dell’Eucaristia, perché possiate superare le vostre debolezze. 
Se siete stanchi ricordatevi che non lo potreste mai essere se non foste creati per qualcosa di più del finito. 
Un maiale non è mai stanco e annoiato del suo stalletto, né una rondine del suo nido, ma l’uomo lo può essere della sua casa. E ciò perché sta proprio ritornando a Dio…

Io chiedo a voi che siete stanchi, infelici, tristi, depressi ed ansiosi, di uscirne da quest’inferno sgombrandolo per mezzo della Confessione, e di riempire la vostra anima di quel Pane di Vita e di quel Vino di cui si cibano i Vergini!

- Fulton John Sheen - 


Buona giornata a tutti. :-)


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