Visualizzazione post con etichetta solidarietà. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta solidarietà. Mostra tutti i post

giovedì 10 agosto 2017

Comunità come luogo di rivelazione dei limiti personali - Jean Vanier

Quando chi ha conosciuto l’isolamento di una grande città, o un mondo di aggressione e di rifiuto, entra in comunità, trova un calore e un amore molto vivificanti. 
Inizia a togliersi la maschera, a lasciar cadere le sue barriere e a diventare
più vulnerabile. 
Vive un tempo di comunione e di gioia profonda.
Ma togliendosi la maschera e diventando vulnerabile, scopre anche che la comunità è un luogo terribile perché è un luogo di relazioni, perché rivela la nostra affettività ferita e rivela quanto può essere difficile vivere con altri, specialmente con certe persone. 
È molto più facile vivere con libri, oggetti, con la televisione, la musica ... è tanto più facile vivere da soli e stare con gli altri quando se ne ha voglia.
Quando si è in relazione sempre con le stesse persone, quando ormai ci si conosce, emergono tutte le gelosie, la paura degli altri, il bisogno di dominare, di scappare o di nascondersi che abbiamo vissuto nella nostra infanzia. 
Tanta miseria che abbiamo dentro di noi e di cui non sempre siamo coscienti sembrano risalire alla superficie della nostra coscienza. 
Si è angosciati dalla vicinanza di certe persone che si aggrappano a noi, che ci chiedono troppo oppure la cui presenza ci ricorda i nostri genitori.
La comunità è il luogo nel quale sono rivelati i limiti, le paure e l’egoismo di una persona. Si scopre la propria povertà e le proprie debolezze, l’incapacità ad intendersi con alcuni, i propri blocchi, la propria affettività turbata, i desideri che sembrano insaziabili, le frustrazioni e le gelosie, gli odi e la voglia di distruggere. 
Finché si era soli si poteva credere di amare tutti e di andare d’accordo con tutti.
Quando i rapporti sono ravvicinati, quando si trascorrono alcuni giorni insieme a tempo pieno, quando i rapporti diventano stabili, forse addirittura quotidiani, allora ci si rende conto di quanto si è incapaci di amare, di quanto si rifiutino gli altri, di quanto si è chiusi su di sé. 
E se si è incapaci di amare, che resta di buono? 
Non c’è più che disperazione, angoscia e bisogno di distruggere. Allora l’amore sembra un’illusione.
La vita comunitaria è la rivelazione penosa dei limiti, delle debolezze, delle tenebre di ogni essere; è la rivelazione, spesso inattesa, dei mostri nascosti dentro di noi. È difficile accettare questa rivelazione. 
Si cerca di allontanare
rapidamente questi mostri, o di nasconderli di nuovo, di illudersi che non esistano; oppure si fuggono la vita comunitaria e le relazioni con gli altri; o ancora si pretende che quei mostri siano negli altri e non in noi. 
I colpevoli sono sempre e solo gli altri ...
Ma la ferita che tutti portiamo in noi e che cerchiamo di non vedere e di fuggire, può diventare il luogo dell’incontro con Dio e con i nostri fratelli e sorelle; può diventare il luogo in cui impariamo ad amare, ad avere compassione degli altri.

- Jean Vanier -
da: La comunità: luogo del perdono e della festa, Jaca Book, Milano 2000, pp. 44-45-47)




La comunione è molto diversa dalla generosità. Si può dare e fare molto per gli altri, ma mettersi in comunione significa fermarsi ed entrare in relazione, significa guardare negli occhi e dare la mano, in un dono reciproco, ricevendo e donando. […] Entrare in comunione è riconoscere che si ha bisogno del fratello, come Gesù, stanco, che chiede alla samaritana di dargli da bere. Gesù non le chiede di cambiare, le dice semplicemente che ha bisogno di lei, la incontra in profondità, entra in comunione con lei, entra in una relazione dove si dà e si riceve, dove ci si ferma e si ascolta.

- Jean Vanier -





Buona giornata a tutti. :-)




domenica 16 luglio 2017

La conquista della penna d'aquila

In riva ad un lago azzurro, sorgeva un tranquillo villaggio indiano. 
A mezzogiorno e a sera, dalle tende uscivano fumo e fragranti profumi che mettevano appetito ai piccoli indiani che giocavano.
Una sera d'estate, il clima del villaggio sembrò improvvisamente cambiare. Gli uomini della tribù si raccolsero tutti nella tenda di Bisonte Nero, il grande capo, per il consiglio dei saggi e degli anziani.
Si erano riuniti per una questione importante che riguardava i piccoli indiani che avevano compiuto sette anni, dovevano cioè decidere quale sarebbe stata la "prova di forza" che avrebbero dovuto superare per essere accettati come membri della tribù.
Era ormai calato il sole, quando dalla tenda uscirono gli uomini, gli anziani e il grande capo. I piccoli indiani si avvicinarono a Bisonte Nero impazienti di sapere quale sarebbe stata la prova di forza, e lui con voce solenne dichiarò: "Domani all'alba con il primo raggio di sole, partirete con le vostre canoe verso l'altra riva del lago e cercherete la penna d'aquila dorata che è nascosta in un posto segreto".
Al primo chiarore, apparvero dietro le montagne le ombre dei giovani indiani che portavano le loro canoe verso la riva del lago. Stavano tutti indaffarati a prepararsi quand'ecco arrivare, camminando lentamente, Falco Stanco, un vecchio indiano che abitava in un villaggio dall'altra parte del lago.
Il vecchio si avvicinò ai bambini e disse loro: "Sono vecchio e stanco e per tornare dalla mia tribù devo andare sull'altra riva del lago, e a piedi ci impiegherei una nottata. Qualcuno di voi mi potrebbe portare sulla sua canoa?".
Il piccolo Volpe Astuta guarda gli altri e dice: "Ma noi dobbiamo fare la prova di forza!".
E tutti gli altri dissero: "No, non è possibile; se fosse un altro giorno sì, ma oggi dobbiamo correre".
"Eh, sì!", pensò Nuvola Rossa. "Se uno di noi prende sulla sua canoa Falco Stanco, rimarrà indietro e non potrà conquistare la penna d'aquila. Ma che fatica dovrà fare, povero vecchio, per compiere il giro del lago. E come sarà triste se gli diremo tutti di no!". Nuvola Rossa si avvicinò al vecchio e disse, deciso: "Vieni, Falco Stanco; ti porto io!".
Gli altri sorpresi lo guardarono e pensarono: "Nuvola Rossa non è stato molto furbo, così rimarrà indietro e non potrà conquistare la penna, ha perso la sua occasione, lui che è tra i ragazzi più abili!".
In quel momento spuntò il primo raggio di sole e con un grido di gioia i piccoli indiani partirono veloci. Nuvola Rossa vedeva i suoi amici molto più avanti di lui, ormai lontani, e gli venne il dubbio di aver sbagliato. 
Poi guardava Falco Stanco, vedeva il suo viso rugoso che sorrideva felice e sentiva nel suo cuore una voce che gli diceva: "Hai fatto bene, hai fatto bene!".
I piccoli indiani avevano già preso a cercare nei boschi, quando verso Mezzogiorno arrivò anche Nuvola Rossa. 
Il piccolo indiano era tutto sudato per la fatica e pensava che già vi era un vincitore. Ma, a quanto pareva, nessuno aveva ancora trovato la penna d'aquila.
Nuvola Rossa riprese forza e entusiasmo, salutò Falco Stanco e si accinse alla ricerca. Ma il vecchio indiano lo chiamò: "Aspetta, vieni qui! Ti devo dare una cosa!". 
Un po' a malincuore, Nuvola Rossa si fermò e andò verso Falco Stanco. "Ieri sera", proseguì l'anziano, "il grande capo del tuo villaggio mi ha detto: domani all'alba, quando vorrai tornare al tuo villaggio, recati dai piccoli indiani, chiedi loro di portarti sull'altra sponda, e a chi lo farà quando sarete arrivati, consegnagli questa". E Falco Stanco tirò fuori una meravigliosa penna d'aquila dorata!
Nuvola Rossa la afferrò e la sollevò con un urlo di gioia. Gli altri accorsero pieni di stupore.
Falco Stanco rivolgendosi a Nuvola Rossa disse: "Hai vinto la prova, perché la forza più grande è la forza dell'amore, e tu hai dimostrato di averla aiutandomi. Nuvola Rossa ha avuto il coraggio di fare quello che nessuno voleva fare!".
I piccoli indiani si guardarono l'un l'altro, poi dissero: "E' vero, la forza più grande è l'amore e adesso anche noi vogliamo fare come Nuvola Rossa!".
Falco Stanco li salutò con la mano e pensò: "Sì, questo è stato un giorno importante per i piccoli indiani perché hanno imparato che c'è qualcosa nella vita che vale più dell' arrivare primi".




Quattro cose noi dobbiamo al nostro prossimo:
- sopportarlo nei difetti,
- aiutarlo nei bisogni,
- consolarlo nelle sue pene,
- edificarlo con i nostri buoni esempi e con la nostra condotta.

- Beato Tommaso Maria Fusco -
Dagli scritti di don Tommaso M. Fusco



Quanto ho amato oggi? 

Dammi, o Signore, un cuore immenso, simile al tuo,
che travolga i limiti della mia persona
e senta palpitare in me il dolore del mondo.
Che sono le mie ansie interessate, i miei meschini interessi,
i miei piccoli peccati in confronto del dolore degli uomini?
Mi vergogno d'aver pregato tanto e richiesto solo per me,
dimentico di tutto e di tutti,
chiuso in un egoismo più abbietto dei vizi più bestiali del corpo!
Perdonami, o Signore!
Come ho potuto cercare la mia perfezione
lungo i sentieri della più gretta avarizia?
Come ho potuto ignorare che misura del crescere è il donare?
Butterò la mia vita, o Signore, per ritrovarla,
e mi prodigherò per voltarmi indietro,
secondo il tuo esempio incompreso e la legge eterna della vita.
Soltanto alla sera, concedi che, stanco, mi ripieghi un attimo a guardarmi;
non per esaurirmi con snervanti introspezioni,
non per tediarti con meschine richieste,
ma per domandarmi severo: "Quanto ho amato oggi?".
E mi accuserò al tuo cospetto, o Signore, d'ogni peccato contro la carità;
poiché il mondo ha bisogno solo d'amore per guarire dalle sue piaghe.

- Alberto Marvelli - 
Da: La mia vita non sia che un atto d'amore, pp. 118-122



Buona giornata a tutti. :-)





mercoledì 17 maggio 2017

Dalla "comunità per me" a "io per la comunità" - Jean Vanier

Una comunità non è tale che quando la maggioranza dei mem­bri sta facendo il passaggio da "la comunità per me" a "io per la comunità", cioè quando il cuore di ognuno si sta aprendo ad ogni membro, senza escludere nessuno. 
E il passaggio dall'egoi­smo all'amore, dalla morte alla resurrezione: è la pasqua, il pas­saggio del Signore, ma anche il passaggio da una terra di schia­vitù a una terra promessa, quella della liberazione interiore.

La comunità non è coabitazione, perché questo è una caser­ma o un albergo. Non è una squadra di lavoro e ancor meno un nido di vipere! 
E quel luogo in cui ciascuno, o piuttosto la mag­gioranza (bisogna essere realisti!) sta emergendo dalle tenebre dell'egoismo alla luce dell'amore vero.

L'amore non è né sentimentale né un'emozione passeggera. 
E' una attenzione all'altro che a poco a poco diviene impegno, riconoscimento di un legame, di un'appartenenza vicendevo­le. 
E' ascoltare l'altro mettersi al suo posto, capirlo, interessar­sene. 
E' rispondere alla sua chiamata e ai suoi bisogni più profondi. 
E' compatirlo, soffrire con lui, piangere quando piange, rallegrarsi quando si rallegra. 
Amare vuol dire anche essere felici quando l'altro è lì, tristi quando è assente; è resta­re vicendevolmente uno nell'altro, prendendo rifugio uno nel­l' altro. "L'amore è una potenza unificatrice", dice Dionigi l'Areopagita.

Se l'amore è essere teso verso l'altro, è anche e soprattutto ten­dere entrambi verso le stesse realtà; è sperare e volere le stesse cose; è partecipare della stessa visione, dello stesso ideale.

 - Jean Vanier -
Fonte: “ La comunità luogo del perdono e della festa”




Quando devi fare un muro di pietre, devi prenderle una per una e lavorarle per bene. Se riesci a squadrarle bene, ci vuole meno calce per farle combaciare. 
La calce che ci tiene insieme è la carità.
Se ognuno rimane con gli spigoli che ha, ci vuole molta più calce per tenerci insieme. Se lavoriamo su noi stessi cercando di smussare gli spigoli, ci vuole meno fatica per farci stare uniti.


"Carissimi, stringendovi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale." (1 Pt 2,4-5)





Una volta ho sentito un detto bello: "Non c'è santo senza passato, e non c'è peccatore senza futuro!". La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di discepoli in cammino, che seguono il Signore, bisognosi del suo perdono.


- Papa Francesco -
Udienza generale del 13 aprile 2016


Buona giornata a tutti. :-)




giovedì 4 maggio 2017

L'Eucarestia e la comunità (2) - Jean Vanier

Tuttavia, i vangeli e gli scritti dei santi attraverso i tempi, mostrano chiaramente che ci sono due poli nella Chiesa: il Corpo di Cristo e i poveri. Gesù si è fatto povero ed ha annunciato che i poveri erano Lui stesso. Il corpo spezzato di Cristo nell'Eucaristia è vissuto veramente soltanto se è visto in relazione con il corpo e il cuore spezzato dei poveri; e il corpo e il cuore spezzato del povero trovano il loro senso nel Corpo spezzato di Cristo. I due sono così intimamente legati, che san Giovanni, nel suo vangelo, non nomina l'Eucaristia in occasione dell'ultima Cena, ma soltanto la lavanda dei piedi. La lavanda dei piedi del povero è Eucaristia. 

Nel corso della vita della Chiesa, per certe ragioni storiche, il sacerdote, poichè presiede in nome di Gesù l'assemblea eucaristica, arrivò a presiedere anche tutte le attività della comunità cristiana. Divenne l'unica autorità, come se i laici non avessero ricevuto lo Spirito Santo e fossero incapaci di pensare e di assumere una responsabilità nella Chiesa. La Chiesa divenne terribilmente clericale; i preti avevano tutto il potere. Il mistero della Chiesa come comunità, come corpo nel quale ogni persona ha il suo posto, era dimenticato. 

Per il fatto che il sacerdote assumeva tutto il potere, in un certo modo, i poveri erano dimenticati. La Chiesa restava centrata sull'Eucaristia e l'adorazione, e perdeva di vista l'altro suo polo: il corpo spezzato dei poveri e la comunità dei credenti chiamati insieme ad accoglierli. Per questa ragione, la Chiesa è diventata ricca; ha perso una buona parte della sua credibilità; spesso non è più un segno visibile del Regno d'amore. 

Quando il corpo vulnerabile è messo al centro della comunità, Maria, la Madre di Gesù ha un posto privilegiato. È la prima ad aver accolto il corpo di Gesù, il Verbo fatto carne. Gli apostoli e i discepoli sono stati santificati dalla parola di Gesù; Maria è stata santificata dal suo corpo, dalla sua presenza reale. Era là, ai piedi della croce, vicina al suo corpo spezzato e morente, mentre gli altri erano fuggiti. Tutti i cristiani sono forse chiamati a fare il passaggio dalla luce e dalla bellezza della parola alla povertà e alla piccolezza del corpo. Prima che il Verbo diventasse carne in lei, Maria era piena di grazia, piena di luce. Amava le parole dei profeti che la univano alla luce del Dio invisibile. 
Quando il Verbo si è fatto carne in lei, quando Gesù è nato, il suo cuore è stato toccato da una presenza e una comunione più profonde, più nascoste, più mistiche. Dio si è reso visibile nella povertà del corpo di un bambino piccolo che aveva bisogno di essere portato, nutrito e amato; un bambino che cercava la comunione, nel momento stesso che la dava. 

Il giorno in cui Giuseppe e Maria hanno presentato il loro figlio Gesù al tempio, è una festa particolarmente cara alle comunità Fede e Luce. Simeone, il vecchio sacerdote, dice a Maria che una spada le trafiggerà il cuore. 
Molti genitori che hanno un bambino handicappato hanno avuto il cuore spezzato e trafitto dalla sofferenza. Tuttavia, in modo misterioso, il loro figlio o la loro figlia è chiamato a rinnovare la Chiesa e la Società. Ma a causa delle loro ferite e della loro debolezza non possono farlo se non nella misura in cui altri cristiani li ascoltano e vivono in comunione con loro.

- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della Festa", pagg. 224,225



Dire parrocchia per noi non significa dire le sue attività pastorali: sogniamo una comunità radicata su un territorio e significativa per esso, in dialogo con tutti e non chiusa sulle proprie iniziative, dove il parroco si sentirà il parroco di tutte le persone e le famiglie che abitano nel quartiere o nel paese. 
Una parrocchia che ha la sua più alta visibilità nella sua liturgia; che sa andare verso tutti nei luoghi di tutti; che ha nei suoi laici una delle sue risorse più preziose in ordine alla comunicazione del Vangelo negli ambienti e nei luoghi della vita: dove tutti i laici che frequentano l'Eucaristia della domenica si sentono responsabili di testimoniare e annunciare il Vangelo e di far vivere la loro parrocchia con lo stesso affetto con cui si impegnano per la loro famiglia.



La giustizia è la volontà e la capacità di dare agli altri, a iniziare dall'altro, ciò che loro spetta.
La giustizia è non pensare mai, non dire mai non fare mai: "Tutto mio!", ma: "Tutto nostro! ".
La giustizia è accogliere gli altri ed essere per gli altri non come una minaccia, ma come un dono.

- don Tonino Lasconi -


Buona giornata a tutti. :-)





martedì 18 aprile 2017

La Comunità e l'Eucarestia - Jean Vanier

Un altro nutrimento che crea il legame tra il nutrimento comunitario e quello personale, perché è l'uno e l'altro insieme, è l'Eucaristia.
L'Eucaristia è la celebrazione, la festa comunitaria per eccellenza, perché ci fa rivivere il mistero di Gesù che dà la sua vita per noi. Ci fa rivivere, in modo sacramentale, il suo sacrificio della Croce che ha aperto agli uomini una nuova strada di vita, che ha liberato i cuori dalla paura perché possano amare ed essere di Dio e perché possano vivere la comunità. 
L'Eucaristia è il luogo dell'azione di grazia di tutta la: comunità. 
Per questo, dopo la consacrazione, il sacerdote dice: Quando ci saremo nutriti del suo Corpo e del suo Sangue e colmati di Spirito Santo, accordaci di essere un solo corpo e un solo spirito nel Cristo.

Si raggiunge qui il cuore del mistero della comunità. 
Ma è anche un momento intimo nel quale ognuno di noi è trasformato dall’ incontro personale con Gesù: - Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue. rimane in me ed io in lui - (Gv 6,56)  ..  
Al momento della consacrazione il sacerdote dice le parole di Gesù: «Ecco il mio corpo offerto per voi, mangiatene tutti. - È la parola «offerto per voi- che m'impressiona. 
Solo quando si è mangiato questo corpo ci si può offrire agli altri. 
Solo Dio può inventare una simile realtà. 
Questo sacrificio, che è anche una festa di nozze, ci chiama ad offrire le nostre vite al Padre, a diventare pane per gli altri e a rallegrarci per la festa di nozze dell'Amore. 
Essendo all'Arca, sono molto sensibile alla realtà del corpo. Molti di quelli che abbiamo accolto non possono parlare, ma esprimono tutti il loro amore e le loro paure attraverso il corpo. 
Il corpo è più fondamentale della parola. 
Il Corpo di Cristo è più fondamentale della Sua Parola. 
Molte persone che hanno un handicap non possono capire la Parola, ma possono mangiare il Suo Corpo. E sembra che abbiano una profonda intelligenza di ciò che significa la comunione. Perché vivono della comunione tra le persone, sono eminentemente preparate alla comunione con il Cristo. 
Le comunità prendono sempre più coscienza del posto centrale dell'Eucaristia nella loro vita. Gesù è venuto nel mondo per darci un nuovo pane di vita, un nuovo nutrimento, la Sua Parola e il Suo Corpo; e la Parola è per il Corpo, è per la comunione. Gesù ha detto ai suoi apostoli: “Fate questo in memoria di me.” È per ordine suo che il sacerdote celebra l'Eucaristia che rende Gesù presente in modo sacramentale.
Quando l'Eucaristia viene celebrata in una comunità, tutti i membri sono riuniti nella comunione reciproca e si offrono al Padre, con suo Figlio Gesù, in suo Figlio Gesù e attraverso di lui, perché tutta la comunità diventi il luogo di presenza del Regno sulla terra e fonte di vita nell'amore dello Spirito Santo. La Parola è indispensabile per arrivare a collaborare insieme. 
I simboli e il contatto hanno un'importanza capitale per condurci alla comunione che è l'essenza della comunità. 
La celebrazione del Corpo di Cristo e dell'Eucaristia sono dei simboli e dei segni efficaci per creare la comunione. 


- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della Festa", pagg. 223,224



Buona giornata a tutti. :-)








domenica 5 marzo 2017

Preghiera comunitaria ed Eucaristica - Jean Vanier

La preghiera in comunità è un nutrimento importante. 
Una comunità che prega insieme, che entra nel silenzio e adora, si salda sotto l'azione dello Spirito Santo. 
Il grido che nasce dalla comunità è ascoltato in modo speciale da Dio. Quando si chiede insieme a Dio un dono, una grazia, Dio ascolta e ci esaudisce. Se Gesù ci ha detto che tutto quello che chiederemo in nome suo il Padre ce lo accorderà, a maggior ragione quando lo chiede una comunità. 
Mi sembra che all'Arca non ricorriamo abbastanza a questa domanda comunitaria. Forse non siamo ancora abbastanza semplici, abbastanza bambini. 
A volte, nelle preghiere comunitarie spontanee, si gira un po' a vuoto. 
È un peccato che non si utilizzino abbastanza i bellissimi testi della Chiesa, che non si conosca meglio la Sacra Scrittura. 
È vero che qualche volta il testo un po' stereotipato perde sapore se lo si utilizza tutti i giorni. Ma anche la spontaneità può perdere il suo sapore. 
Bisogna trovare un'armonia tra i testi che la tradizione ci dà e la preghiera spontanea che nasce dal fondo del cuore.
Spesso una comunità non grida più verso Dio perché non sente più il grido dei poveri. 
È soddisfatta di se stessa; ha trovato un modo di vita che non rende troppo insicuri. 
È quando si vede lo sconforto e la miseria del proprio popolo, quando si vedono le sue oppressioni e le sue sofferenze, quando lo si vede affamato e quando si sente la propria incompetenza che si grida verso il Padre con insistenza: "Signore, non puoi distogliere l'orecchio dal grido del tuo popolo, ascolta la nostra preghiera".
 Quando la comunità ha fatto alleanza con i poveri, le loro grida diventano il suo grido. La comunità deve essere segno di risurrezione. 
Ma una comunità divisa nella quale ognuno va per la sua strada, unicamente preoccupato della propria soddisfazione e del proprio progetto personale, senza tenerezza per l'altro, è una contro-testimonianza. 
Tutti i rancori, le amarezze, le tristezze, le rivalità, le divisioni, tutti i rifiuti di tendere la mano al “nemico”, tutte le critiche fatte dietro le spalle, tutto questo mondo di zizzania e d'infedeltà al dono della comunità nuoce profondamente alla sua vera crescita nell'amore. E rivela anche tutti questi tizzoni di peccato, tutte queste forze del male che sono sempre nel suo cuore, pronte ad infiammarsi.

A volte è importante che una comunità prenda coscienza di tutte le sue infedeltà. 
Le celebrazioni penitenziali in presenza di un sacerdote, se sono ben preparate, possono essere momenti importanti: i membri, diventando coscienti sia della loro chiamata all'unità, sia del loro peccato, chiedono perdono a Dio e agli altri. È un momento di grazia che unifica i cuori.

- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della Festa", pagg. 221, 222



Il Vangelo insegna che l'uomo cambia la sua vita, 
la sua mentalità, si converte al bene non perché viene sgridato, 
rimproverato, punito, ma perché si scopre amato 
nonostante sia peccatore.

- Marko Ivan Rupnik -  
 



Buona giornata a tutti. :-)









martedì 7 febbraio 2017

Diventare pane - Jean Vanier -

Alcuni non vedono quale nutrimento potrebbero dare; non si rendono conto che loro stessi possono diventare pane per gli altri.
Non credono che la loro parola, il loro sorriso, il loro essere, la loro preghiera possono nutrire gli altri e dare loro fiducia.
Gesù ci chiama a dare la nostra vita per quelli che amiamo. 
È mangiando il pane cambiato nel Suo Corpo che diventiamo pane per gli altri. Altri invece, scoprono che il loro nutrimento è dare a partire da un paniere vuoto!
È il miracolo della moltiplicazione dei pani. “Signore, fa che non cerchi tanto di essere consolato quanto di consolare.”
 Sono sempre stupito di scoprire che quando mi sento molto vuoto all'interno di me, sono capace di dare una parola nutriente, o che essendo angosciato posso trasmettere la pace.
Solo Dio può fare miracoli simili.

- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della Festa", pag. 220



A volte incontro persone aggressive nei confronti della loro comunità.
La biasimano per la sua mediocrità. «La comunità non è sufficientemente nutriente: non mi dà ciò di cui ho bisogno.»
Sono come bambini che biasimano i loro genitori per tutto. Mancano di maturità, di libertà interiore e soprattutto di fiducia in loro stessi, in Gesù e nei loro fratelli e sorelle.
Vorrebbero un banchetto con un menù preciso e rifiutano le briciole date ad ogni istante.
Il loro ideale, le loro idee riguardo al nutrimento spirituale di cui dicono di aver bisogno, impediscono loro di vedere e di mangiare il nutrimento che Dio dà loro attraverso il quotidiano.
Non riescono ad accettare il pane che il povero, il loro fratello o la loro sorella, offre loro, attraverso il suo sguardo, la sua amicizia, la sua parola.
All'inizio la «comunità» può essere una madre che nutre. Ma col tempo, ognuno deve scoprire il suo proprio nutrimento attraverso le mille attività della comunità.
Può essere una forza data da Dio, che viene in aiuto alla sua debolezza e alla sua insicurezza per aiutarlo ad accettare la ferita della sua solitudine, del suo grido di sconforto. 
La comunità non può mai colmare questo sconforto che è inerente alla condizione umana. Ma può aiutarci ad accettarlo, può ricordarci che Dio risponde al nostro grido e che non siamo soli.
“Il Verbo si è fatto carne ed ha abitato in mezzo a noi» (Gv 1,4).
“Non temere, io sono con te» (Is 43,5).

Vivere in comunità è anche imparare a camminare da soli nel deserto, nella notte e nel pianto, mettendo la nostra fiducia in Dio nostro Padre.

- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della Festa", pagg. 220,221



Quando si è perduta la visione iniziale della comunità, quando ci si è allontanati dal punto di fedeltà, si può mangiare, mangiare cose spirituali, avere una spaventosa fame di spiritualità, senza essere nutriti.

Bisogna convertirsi, ridiventare come bambini, ritrovare la nostra chiamata iniziale e quella della comunità. Quando si comincia a dubitare di questa chiamata, questo dubbio si diffonde come un cancro capace di corrodere l'intero corpo. Occorre saper nutrire la nostra fiducia in questa chiamata. 

- Jean Vanier -
Fonte: "La comunità luogo del perdono e della Festa", pagg. 220,221



Buona giornata a tutti. :-)