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sabato 12 ottobre 2019

Come Adamo, sfuggiamo alla responsabilità della propria vita - Martin Buber

Rabbi Shneur Zalman, il Rav della Russia, era stato calunniato presso le autorità da uno dei capi dei mitnagghedim, che condannavano la sua dottrina e la sua condotta, ed era stato incarcerato a Pietroburgo. 
Un giorno, mentre attendeva di comparire davanti al tribunale, il comandante delle guardie entrò nella sua cella. 
Di fronte al volto fiero e immobile del Rav che, assorto, non lo aveva notato subito, quest'uomo si fece pensieroso e intuì la qualità umana del prigioniero. Si mise a conversare con lui e non esitò ad affrontare le questioni più varie che si era sempre posto leggendo la Scrittura. 
Alla fine chiese: "Come bisogna interpretare che Dio Onnisciente dica ad Adamo: «Dove sei?». "Credete voi - rispose il Rav - che la Scrittura è eterna e che abbraccia tutti i tempi, tutte le generazioni e tutti gli individui?". "Sì, lo credo", disse. "Ebbene - riprese lo zaddik - in ogni tempo Dio interpella ogni uomo: ‘Dove sei nel tuo mondo? Dei giorni e degli anni a te assegnati ne sono già trascorsi molti: nel frattempo tu fin dove sei arrivato nel tuo mondo?’
Dio dice per esempio: ‘Ecco, sono già quarantasei anni che sei in vita. Dove ti trovi?’".
All'udire il numero esatto dei suoi anni, il comandante si controllò a stento, posò la mano sulla spalla del Rav ed esclamò: "Bravo!"; ma il cuore gli tremava.

Qual è il senso di questa storia?
A prima vista ci ricorda quei racconti talmudici in cui un romano o un altro pagano consulta un saggio ebreo a proposito di un passo della Bibbia per mettere in luce una pretesa contraddizione nell'insegnamento di Israele, e riceve una risposta che dimostra l'assenza di contraddizione o che confuta la critica in altro modo, con l'aggiunta a volte di un ammonimento a carattere personale.
Ma non tardiamo a notare una differenza significativa tra i racconti del Talmud e questo chassidico, anche se questa differenza appare all'inizio più importante di quanto sia in realtà. La risposta infatti viene data su un piano diverso da quello in cui è stata formulata la domanda.
Il comandante cerca di smascherare una pretesa contraddizione nelle credenze ebraiche: nel Dio in cui credono, gli ebrei vedono l'Essere onnisciente, ma la Bibbia gli attribuisce domande analoghe a quelle che farebbe chiunque ignori una cosa e voglia apprenderla. Dio cerca Adamo che si è nascosto, fa risuonare la sua voce nel giardino e chiede dov'è; ciò significa che non lo sa, che è possibile nascondersi da lui: dunque Dio non è l'onnisciente.

Ma, invece di spiegare il passo biblico e risolvere l'apparente contraddizione, il Rabbi se ne serve solo come punto di partenza, utilizzandone il contenuto per rivolgere al comandante un rimprovero per la vita da lui condotta fino a quel momento, per la sua mancanza di serietà, la sua superficialità e l'assenza di senso di responsabilità nella sua anima. 
La domanda oggettiva - che, in fondo, per quanto qui sia posta senza secondi fini, non è però una domanda autentica bensì una semplice forma di controversia - riceve una risposta personale; anzi, invece di una risposta, ne risulta un ammonimento a carattere personale. 
Di queste repliche talmudiche non è rimasto apparentemente altro che l'ammonimento che a volte le accompagnava.
Ciò nonostante, esaminiamo il racconto più da vicino. Il comandante chiede chiarimenti sul brano del racconto biblico che riguarda il peccato di Adamo. La risposta del Rabbi mira a questo, a dirgli: "Adamo sei tu. E a te che Dio si rivolge chiedendoti: ‘Dove sei?’". Apparentemente non gli ha fornito nessun chiarimento sul significato del brano biblico in quanto tale. 
Ma in realtà la risposta illumina sia la situazione di Adamo nel momento in cui Dio lo interpella, sia la situazione di ogni uomo in ogni tempo e in ogni luogo. Infatti, non appena si renderà conto che la domanda biblica è indirizzata a lui personalmente, il comandante prenderà necessariamente coscienza della portata dell'interrogativo posto da Dio: "Dove sei?", sia esso rivolto ad Adamo o a chiunque altro. 
Ogni volta che Dio pone una domanda di questo genere non è perché l’uomo gli faccia conoscere qualcosa che lui ancora ignora: vuole invece provocare nell'uomo una reazione suscitabile per l'appunto solo attraverso una simile domanda, a condizione che questa colpisca al cuore l'uomo e che l'uomo da essa si lasci colpire al cuore.
Adamo si nasconde per non dover rendere conto, per sfuggire alla responsabilità della propria vita. 
Così si nasconde ogni uomo, perché ogni uomo è Adamo e nella situazione di Adamo. Per sfuggire alla responsabilità della vita che si è vissuta, l'esistenza viene trasformata in un congegno di nascondimento. 
Proprio nascondendosi così e persistendo sempre in questo nascondimento "davanti al volto di Dio", l'uomo scivola sempre, e sempre più profondamente, nella falsità. 
Si crea in tal modo una nuova situazione che, di giorno in giorno e di nascondimento in nascondimento, diventa sempre più problematica. 
È una situazione caratterizzabile con estrema precisione: l'uomo non può sfuggire all'occhio di Dio ma, cercando di nascondersi a lui, si nasconde a se stesso. Anche dentro di sé conserva certo qualcosa che lo cerca, ma a questo qualcosa rende sempre più, difficile il trovarlo. 
Ed è proprio in questa situazione che lo coglie la domanda di Dio: vuole turbare l'uomo, distruggere il suo congegno di nascondimento, fargli vedere dove lo ha condotto una strada sbagliata, far nascere in lui un ardente desiderio di venirne fuori.
A questo punto tutto dipende dal fatto che l'uomo si ponga o no la domanda. Indubbiamente, quando questa domanda giungerà all'orecchio, a chiunque "il cuore tremerà", proprio come al comandante del racconto. Ma il congegno gli permette ugualmente di restare padrone anche di questa emozione del cuore. La voce infatti non giunge durante una tempesta che mette in pericolo la vita dell'uomo; è "la voce di un silenzio simile a un soffio", ed è facile soffocarla. Finché questo avviene, la vita dell'uomo non può diventare cammino. 
Per quanto ampio sia il successo e il godimento di un uomo, per quanto vasto sia il suo potere e colossale la sua opera, la sua vita resta priva di un cammino finché egli non affronta la voce. 
Adamo affronta la voce, riconosce di essere in trappola e confessa: "Mi sono nascosto". 
Qui inizia il cammino dell'uomo.
Il ritorno decisivo a se stessi è nella vita dell'uomo l'inizio del cammino, il sempre nuovo inizio del cammino umano. Ma è decisivo, appunto, solo se conduce al cammino: esiste infatti anche un ritorno a se stessi sterile, che porta solo al tormento, alla disperazione e a ulteriori trappole. 
Quando il Rabbi di Gher arrivò, nell’interpretazione della Scrittura, alle parole rivolte da Giacobbe al suo servo – "Quando ti incontrerà Esaù, mio fratello, e ti domanderà: ‘Tu, di chi sei? Dove vai? Di chi è il gregge che ti precede?’" - disse ai suoi discepoli: "Osservate come le domande di Esaù assomiglino a questa massima dei nostri saggi: ‘Considera tre cose: sappi da dove vieni, dove vai e davanti a chi dovrai un giorno rendere conto’. 
Prestate molta attenzione, perché chi considera queste tre cose deve sottoporre se stesso a un serio esame: che in lui non sia Esaù a porre le domande. Anche Esaù infatti può porre domande su queste tre cose, sprofondando l'uomo nell'afflizione".
Esiste una domanda demoniaca, una falsa domanda che scimmiotta la domanda di Dio, la domanda della verità. 
La si riconosce dal fatto che non si ferma al "Dove sei?" ma prosegue: "Nessun cammino può farti uscire dal vicolo cieco in cui ti sei smarrito". 
Esiste un ritorno perverso a se stessi che, invece di provocare l'uomo al ravvedimento e metterlo sul cammino, gli prospetta insperabile il ritorno e così lo inchioda in una realtà in cui ravvedersi appare assolutamente impossibile e in cui l'uomo riesce a continuare a vivere solo in virtù dell'orgoglio demoniaco, dell'orgoglio della perversione.

- Martin Buber - 
da: Il cammino dell'uomo, Qiqajon, 1990, pagg.21-23


Mosaico bizantino V-VI sec., Nord Siria, Museo di Cleveland


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sabato 5 ottobre 2019

Perchè il morire ci deve fare così paura? - Tiziano Terzani

“C’è un concetto che l’India ti dà: che è nata, è morta, è nata e morta tanta gente; e che quest' esperienza del nascere, vivere e morire è quella più comune agli uomini.
Perché il morire ci deve far così paura? 
È la cosa che hanno fatto tutti! 
Miliardi e miliardi e miliardi di uomini, gli assiro­babilonesi, gli ottentotti, tutti ci sono passati. E quando tocca a noi, ah! siamo persi.
Ma come?! L’hanno fatto tutti.
Se ci pensi bene, questa è una bella riflessione che molti han­no fatto ovviamente: la terra sulla quale viviamo in verità è un grande cimitero!
Un grande, immenso cimitero pieno di tutto quello che è stato. 
Se scavassimo, troveremmo dovunque ossa ormai ridotte in polvere, resti di vita. 
Ti immagini i miliardi di miliardi di miliardi di esseri che sono morti su questa terra? So­no tutti lì!  
Noi camminiamo continuamente su un enorme ci­mitero  strano, perché i cimiteri come noi li concepiamo so­no luoghi di dolore, di sofferenza, di pianto, circondati da ci­pressi neri. Mentre in verità il grande cimitero della terra è bellissimo, perché è la natura. 
Ci crescono sopra i fiori, ci corrono sopra le formiche, gli elefanti.
Ride.
Se la vedi così e torni a far parte di tutto questo, forse quel che resta di te è quella vita indivisibile, quella forza, quella in­telligenza a cui puoi mettere una barba e chiamarla Dio, ma che è qualcosa che la nostra mente non riesce a capire e che for­se è la grande mente che tiene tutto assieme.”

- Tiziano Terzani -
Fonte: “La fine è il mio inizio”  di  Tiziano  Terzani-Longanesi





Oggigiorno tutti vogliono essere sani, snelli e belli. 
Il fatto che la salute non si faccia ancora sentire in senso negativo non vuol dire niente.
L'organismo cresce e si sviluppa fino a vent'anni poi comincia il processo inverso. 
Esiste una legge poco piacevole che dice: se non c'è sviluppo, comincia il degrado. 

Se prima la salute ci veniva semplicemente data, dopo i 40 e per qualcuno anche prima, per averla bisogna lottare con consapevolezza.



E' importante per l'uomo aver attorno a sè un po' di natura, osservarla, impararne la logica e goderne..

Come può un bambino crescere mentalmente sano nel mezzo di una città, senza sentire, accanto al ritmo della propria vita, quello della vita degli animali e delle piante?
Mai come nel nostro tempo l'uomo si è così allontanato dalla natura, e questo è forse stato il più grande dei nostri errori !!

- Tiziano Terzani -




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sabato 28 settembre 2019

In che modo ami? - Simona Oberhammer

L'amore delle donne può manifestarsi in tanti modi. Eccone alcuni.

C'è la donna che ama annientando se stessa:
«Per lui farei tutto».
«La mia vita senza di lui non ha senso».
«Da quando mi ha lasciata mi sento morta».

C'è la donna che ama per tamponare le proprie insicurezze:
«Se a lui piaccio, allora piaccio».
«Mi sento sicura solo vicino a lui».
«Da quando mi ha lasciata mi sento persa».

C'è la donna che investe tutto sull'amore:
«Se lui mi ama, la mia vita ha un senso».
«Lui è l'uomo della mia vita, mi basta stare con lui e ho tutto».
«Solo con lui posso essere felice».

C'è la donna che è alla ricerca dell'amore dei suoi sogni:
«Lo vorrei bello, intelligente, avventuroso, disponibile, romantico…».
«Aspetto il mio principe azzurro… ».
«Lui deve essere proprio come da sempre lo sogno ».

C'è la donna che non ha più fiducia nell'amore:
«Basta, con gli uomini ho chiuso».
«Non mi impegno più in modo serio».
«Solo avventure brevi, niente di impegnativo».

C'è la donna che ama per paura di restare sola:
«Non so cosa ci sto a fare con lui, ma non ho il coraggio di lasciarlo».
«Lo sopporto, ma vorrei un'altro uomo».
«Vorrei chiudere questa relazione ma ho paura di pentirmi».

C'è la donna che si è ritirata dall'amore:
«L'amore non fa per me».
«Mi sento fredda e insensibile».
«Con l'amore ho chiuso».

C'è la donna che ha fatto dell'amore un'abitudine:
«Non so se lo amo ancora… ma siamo insieme da tanto…».
«Lui è li…è mio marito…».
«E' il mio ragazzo da anni…è ovvio che ci sposiamo».

C'è la donna che è stata tradita dall'amore:
«Tra noi c'era una perfetta sintonia e all'improvviso scopro che mi tradisce...».
«So che mi tradisce ma non riesco a lasciarlo».
«Dopo questo tradimento sono distrutta...».

C'è la donna che ama soffocando gli altri:
«Con tutto quello che ho fatto per te, questo è il tuo riconoscimento?».
«Dove sei? Cosa fai? Stai bene? Sono in ansia se non me lo dici!»
«Finché non mi telefoni non mi sento tranquilla».

C'è la donna che usa l'amore per rafforzare la sua autostima:
«Lui non mi piace ma voglio vedere se gli piaccio».
«No, non lo amo ma mi fa piacere essere desiderata».

C'è la donna che ama di un amore impaurito:
«E se lui mi lascia?».
«Quando non sto con lui, non mi sento tranquilla».
«Cosa farà adesso? Dove sarà? E se mi tradisce?».

E poi c'è la donna che ama perchè ha imparato a far sgorgare l'amore dalla sua anima. 

Ama prima di tutto se stessa e la propria interiorità. 
E' da questo fulcro che nasce l'amore privo di dipendenze, di aspettative, di insicurezze. 
Questa donna crede nell'amore ma non è disposta a tradire se stessa in nome dell'altro. Arricchisce l'amore delle sue passioni, della sua creatività, facendolo fluire nella vita come una risorsa che la completa…e la unisce profondamente alla sua anima…


Simona Oberhammer - La Via Femminile



dipinto di Paul David Bond


Io ero una di quelle convinte di non essere mai abbastanza per nessuno, sempre la seconda scelta, sempre la riserva. Poi, un giorno, una persona mi ha detto: 
"Dici che credi di non essere mai abbastanza per nessuno. Ma ti sei mai chiesta se queste persone sono abbastanza per te?"

- Beatrice Zacco -
  





Voglio arrivare, quanto posso, lontano,
Attingere la gioia che ho nell’anima,
E cambiare i limiti che conosco,
E sentirmi crescere la mente e lo spirito;
Voglio vivere, esistere, "essere",
E udire le verità che sono dentro di me.

- Dorie Warshay -
dal libro "Le vostre zone erronee"




Quando donne ottimiste, sagge e piene di coraggio si uniranno fra loro, la società cambierà profondamente. 
Quando un gruppo unito di donne senza paura emergerà, i tempi cambieranno drasticamente. 
Quando le donne, con la grande sensibilità e la profonda compassione di chi ha il compito di proteggere e allevare gli esseri viventi, entrano in azione, la società umana si trasforma radicalmente.






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lunedì 16 settembre 2019

Al Dio del tempo - Joseph Rozier

O Dio, tu che hai del tempo per noi,
donaci del tempo per Te.
Tu che tieni nelle tue mani ciò che è stato e ciò che sarà,
fa' che sappiamo raccogliere nelle nostre mani
i momenti dispersi della nostra vita.
Aiutaci a conservare il passato senza esserne immobilizzati,
a vivere rendendoti grazie e senza nostalgia,
a conservare fedeltà e non rigidità.
Libera il nostro passato da tutto ciò che è inutile
che ci schiaccia senza vivificarci,
che irrita il presente senza nutrirlo.

Donaci di restare ancorati al presente
senza esserne assorbiti,
di vivere con slancio e non a rimorchio,
di scegliere l'occasione favorevole
senza aggrapparci alle occasioni perdute,
di leggere i segni senza prenderli per oracoli.
Libera il nostro presente dalla febbre che agita
e dalla pigrizia che spegne ogni decisione.
Donaci il sapore del momento presente
e liberaci da ogni sogno illusorio.

Facci guardare al futuro,
senza bramare la sua illusione,
né temere la sua venuta; insegnaci a vegliare.
Libera il nostro avvenire da ogni preoccupazione inutile,
da ogni apprensione che ci ruba il tempo,
da tutti i calcoli che ci imprigionano.
Tu sei il Dio che mette il tempo
a disposizione della nostra memoria, delle nostre scelte,
della nostra sper
anza.

Joseph Rozier -
Rivista Il Cenacolo 2-2003


Chi esegue tardi anche una sola cosa, finirà tardi tutta l’opera.

- Catone -




Ognuno di noi percepisce la vita in modo diverso a causa del proprio differente vissuto.
E per ognuno la propria percezione corrisponde alla verità. 
Ricordiamocelo sempre perché se facciamo di questo sapere la nostra verità saremo in grado di relazionarci agli altri con molta più benevolenza. 
E questo ci porta pace e serenità.


- Gustav Birth - 


Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! 
Non avere paura di Lui. Abbi il coraggio di rischiare con la fede! Abbi il coraggio di rischiare con la bontà! Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro! Compromettiti con Dio, e vedrai che la tua vita diventa ampia e illuminata, non noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si esaurisce mai!

- papa Benedetto XVI -




La sventura è la nostra più grande maestra e la nostra migliore amica. 
È lei che c'insegna il senso della vita. 

- Anatole France -






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sabato 7 settembre 2019

Ecco la vera spiegazione della vita - Beato Fulton J. Sheen

Gesù disse: “Lo spirito è pronto, ma la carne è debole” (Matteo 26, 41)
Lo psicologo che parte dall’idea che l’uomo è null’altro che un animale ammalato, non potrà mai ridonargli la pace..
Gli psichiatri del sesso fanno ricadere ogni responsabilità sul povero padre e sulla povera madre.. è una sciocchezza.
Ecco la vera spiegazione della vita.

L’uomo è composto di:
1) anima o mente; 

2) corpo o carne; ed è influenzato dall’ambiente costituito dal mondo che lo circonda.

Scopo della mente è di conoscere il vero; scopo del corpo di godere i piaceri per amore dell’anima; scopo del mondo di servire il corpo e l’anima per amore di Dio! Questo è il vero ordine.
La Chiesa ci dice che, per un abuso di libertà, la natura umana divenne disordinata e scentrata. Ne consegue che in ogni uomo vi è una tendenza a considerare ciascuno di essi, la mente, il corpo e il mondo, isolati l’uno dall’altro e da Dio.
Per esempio, la mente tende, per parte sua, ad esaltare l’io all’infinito da farne un Dio, indipendente da qualsiasi legge e autorità. 
Questa è la concupiscenza dell’egoismo od orgoglio. 
Vi è un secondo impulso da parte del corpo, la fame dei piaceri della carne, senza badare alle norme della retta ragione e alle esigenze della legge di Dio. Tale è la concupiscenza del sesso. 
Il terzo impulso è la tendenza ad usare il mondo, non come mezzo per raggiungere Dio, ma come fine a se stesso. E questa è la concupiscenza dei beni terreni o avarizia.

La Chiesa inoltre ci dice che esse sono simili a tre piccoli demoni che annidati nel fondo della nostra coscienza, tentano sempre di salire a disturbare la nostra ragione…
Guardate quanto saggia e scientifica, al contrario, è la psicologia Cattolica riguardo agli impulsi umani. I maggiori psicologi del mondo sono ristretti, nel senso che ammettono un solo impulso. Un tipo di psicologia riduce tutto al sesso, un altro al desiderio di asserzione; un altro ancora alla sicurezza. Ma nessuno al pari della Chiesa, li considera tutti e tre…
Ma veniamo al pratico. La posizione della Chiesa si può così riassumere:

1) Non allarmarti se sei tentato al male. Sarebbe anormale che tu non lo fossi.
2) Le tentazioni non provano che tu sia perverso; ma soltanto fatto di carne.
3) Non sei intrinsecamente corrotto, altrimenti tali istigazioni al male non ti disturberebbero.
4) Resistendo ad ogni tentazione nel nome di Dio, acquisti meriti per il Cielo. Ecco come provi l’amore per Dio, preferendo Lui e la sua legge al male e al peccato.
5) Resistendo continuamente alla tentazione, acquisti padronanza di te, condizione essenziale alla Pace Eterna, senza essere dominato da fattori esterni al pari di un alcolizzato, di un pervertito sessuale o di un materialista.

La Chiesa raccomanda la pratica delle tre virtù per poter vincere le tre tentazioni:

1) L’ umiltà per vincere l’egoismo, che ci fa credere migliori degli altri.
2) La castità per vincere la sensualità-lussuria, col dirci che il corpo è il tempio di Dio.
3) La beneficienza, la bontà e la carità per temperare la nostra avida cupidigia.

Se fossi ammalato chiameresti un medico. Dacché sei debole, rivolgiti al Signore.
Il secondo maggiore tormento è la noia.
La psicologia della Chiesa dà queste tre spiegazioni:

1) L’uomo è composto di corpo e di anima, di finito e infinito. Finché è sulla terra, sente la spinta di entrambi e si può paragonare ad uno scalatore, a mezza via su per le pareti scoscese. Al di sopra è la vetta verso cui tende; al di sotto l’abisso della rovina dove c’è il pericolo di cadere. In questa vita l’uomo è in uno stato di sospensione. Soltanto la perfezione di vita, il vero e l’Amore possono soddisfarlo. Perciò non trova pace finché non riposa in Dio!

2) La Chiesa ci dice che tale noia si accresce in proporzione diretta alla perdita di uno scopo nella vita, cioè della salvezza eterna della nostra anima immortale. Ciò spiega la stanchezza nei giovani. Appena imbarcati per i mari della vita sono disgustati del viaggio. Nulla da meravigliarsi! Può esservi niente di più insopportabile che veleggiare verso un pauroso ignoto senza sapere dove si vada, o se vi sia un’altra sponda?
Gli stanchi sono simili al figliol prodigo che fuggì dalla casa paterna. Aveva ragione ad aver fame; aveva torto a vivere delle ghiande dei maiali. Così essi hanno ragione di aspirare ad un amore, ad una verità, ad una vita più completa di quanto non abbiano. Ma sono tristi, infelici ed hanno torto perché cercano di soddisfare l’infinito, vivendo di ghiande, come se fossero stati creati solo per respirare, accoppiarsi e morire. Essi si sentono quasi soffocare, ma non si tratta che della snervante afflizione di essere separati da Dio. Respirano la stessa aria che emettono. Di qui la stanchezza dell’umanità.

3) La Chiesa ci dice che Dio fa in modo che l’anima sia ansiosa, delusa e stanca quando si allontana da Dio, perché essa possa ritornare a Lui. Con l’agitare continuamente le acque dell’anima con il Suo Dito, Egli tiene lontana la falsa pace. Disgustati ed inquieti, ci slanciamo allora sul Suo Sacro Cuore. La noia è sete dell’Infinito; la stanchezza sete di Dio, la disillusione desiderio dell’amore estatico di Dio…

Coloro che hanno la fede ed una completa filosofia di vita, non solo godono di questo mondo mentre lo hanno, ma vivono nella meravigliosa speranza di quell’altro dove Dio è voluttà dei puri.

Il mondo, per i Cattolici, è simile ad una impalcatura per la quale l’anima sale al Regno dei Cieli. Quando l’ultima anima ha superato quell’impalcatura per occupare i posti lasciati dagli angeli ribelli caduti, codesta viene invasa e distrutta dalle fiamme, non perché sia abietta, ma perché ha compiuto il suo lavoro. Ci ha ricondotti a Dio.

Se siamo deboli e fragili, la Chiesa ci comanda di non scoraggiarci. Se la vostra carne o sangue sono inclinati al male, la Chiesa vi trasfonde Carne e Sangue Divini nel Sacramento dell’Eucaristia, perché possiate superare le vostre debolezze. Se siete stanchi ricordatevi che non lo potreste mai essere se non foste creati per qualcosa di più del finito. Un maiale non è mai stanco e annoiato del suo stalletto, né una rondine del suo nido, ma l’uomo lo può essere della sua casa. E ciò perché sta proprio ritornando a Dio…

Io chiedo a voi che siete stanchi, infelici, tristi, depressi ed ansiosi, di uscirne da quest’inferno sgombrandolo per mezzo della Confessione, e di riempire la vostra anima di quel Pane di Vita e di quel Vino di cui si cibano i Vergini!

Anime senza guida, a voi mi rivolgo!

Basta con coloro che vi misurano per quello che vi è di più “abbietto” in voi: le vostre ghiandole, la vostra sensualità!
Imparate la vera psicologia del Corpo Mistico di Cristo, che vi definisce per ciò che di migliore e più elevato è in voi, per la vostra immagine e somiglianza al Dio che vi ha creati.
Il mondo vi definisce per il vostro ambiente; il Signore per il vostro destino! Provate e vedrete quanto il Signore è soave!
Alcuni dicono che abbiamo il nostro inferno in terra; è proprio così! Ma non tutto: lo iniziamo appena qui! Così avviene anche per il Cielo, per il Paradiso! Noi iniziamo pure esso qui!

E se potessi, tra i miei radio-ascoltatori indurre un’anima sola a superare le proprie ansie amando Dio con tutto il cuore, la mente e le forze, sarei l’uomo più felice della terra!

Nell’amore di Gesù!

- Beato Fulton J. Sheen -
da “Ancore sull’abisso – Radiomessaggio del 19 Marzo 1950”



Quando si fa silenzio intorno a me,
nelle ore del giorno e della notte,
un lamento che scende dalla Croce
mi colpisce e mi fa trasalire.

La prima volta che l’udii uscii dalla mia casa,
e cercando intorno trovai
un Uomo nel terrore della Crocifissione.
 "Lasciate che vi stacchi dalla Croce"
e cercai di togliere i chiodi dai suoi piedi!

Ma Egli mi rispose: 
"Lasciami dove sono!
Perché Io non scenderò dalla Croce fino a quando
tutti gli uomini, tutte le donne, tutti i fanciulli
non si uniranno insieme a distaccarmi"

Gli dissi allora: "Come posso sopportare il Vostro lamento?
Che cosa posso fare per Voi?"

Egli mi rispose: "Và per tutto il mondo, e dì a quelli
che incontrerai che c’è un Uomo su una Croce"


- Fulton J. Sheen -



Dio fa in modo che l’anima sia ansiosa, delusa e stanca quando si allontana, affinché essa possa ritornare a Lui. 
Con l’agitare continuamente le acque dell’anima con il Suo Dito, Egli tiene lontana la falsa pace. 
Disgustati ed inquieti, ci slanciamo allora sul Suo Sacro Cuore. 
La noia è sete dell’Infinito; la stanchezza sete di Dio, la disillusione desiderio dell’amore estatico di Dio…
Tale noia si accresce in proporzione diretta alla perdita di uno scopo nella vita, cioè della salvezza eterna della nostra anima immortale...
Se siamo deboli e fragili, la Chiesa ci comanda di non scoraggiarci. 
Se la vostra carne o sangue sono inclinati al male, la Chiesa vi trasfonde Carne e Sangue Divini nel Sacramento dell’Eucaristia, perché possiate superare le vostre debolezze. 
Se siete stanchi ricordatevi che non lo potreste mai essere se non foste creati per qualcosa di più del finito. 
Un maiale non è mai stanco e annoiato del suo stalletto, né una rondine del suo nido, ma l’uomo lo può essere della sua casa. E ciò perché sta proprio ritornando a Dio…

Io chiedo a voi che siete stanchi, infelici, tristi, depressi ed ansiosi, di uscirne da quest’inferno sgombrandolo per mezzo della Confessione, e di riempire la vostra anima di quel Pane di Vita e di quel Vino di cui si cibano i Vergini!

- Fulton John Sheen - 


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venerdì 6 settembre 2019

Le tre domande - Lev Tolstoj

 Un giorno, un certo imperatore pensò che se avesse avuto la risposta a tre domande, avrebbe avuto la chiave per risolvere qualunque problema:

• Qual è il momento migliore per intraprendere qualcosa?
• Quali sono le persone più importanti con cui collaborare?
• Qual è la cosa che più conta sopra tutte?

L'imperatore emanò un bando per tutto il regno annunciando che chi avesse saputo rispondere alle tre domande avrebbe ricevuto una lauta ricompensa. Subito si presentarono a corte numerosi aspiranti, ciascuno con la propria risposta. 
Riguardo alla prima domanda, un tale gli consigliò di preparare un piano di lavoro a cui attenersi rigorosamente, specificando l'ora, il giorno, il mese e l'anno da riservare a ciascuna attività. Soltanto allora avrebbe potuto sperare di fare ogni cosa al momento giusto. 
Un altro replicò che era impossibile stabilirlo in anticipo; per sapere cosa fare e quando farlo, l'imperatore doveva rinunciare a ogni futile svago e seguire attentamente il corso degli eventi. 
Qualcuno era convinto che l'imperatore non poteva essere tanto previdente e competente da decidere da solo quando intraprendere ogni singola attività; la cosa migliore era istituire un Consiglio di esperti e rimettersi al suo parere. Qualcun altro disse che certe questioni richiedono una decisione immediata e non lasciano tempo alle consultazioni; se però voleva conoscere in anticipo l'avvenire, avrebbe fatto bene a rivolgersi ai maghi e agli indovini. 
Anche alla seconda domanda si rispose nel modi più disparati. 
Uno disse che l'imperatore doveva riporre tutta la sua fiducia negli amministratori, un altro gli consigliò di affidarsi al clero e ai monaci; c'era chi gli raccomandava i medici e chi si pronunciava in favore dei soldati. 
La terza domanda suscitò di nuovo una varietà di pareri. 
Alcuni dissero che l'attività più importante era la scienza. 
Altri insistevano sulla religione. 
Altri ancora affermavano che la cosa più importante era l'arte militare. L'imperatore non fu soddisfatto da nessuna delle risposte, e la ricompensa non venne assegnata. 
Dopo parecchie notti di riflessione, l'imperatore decise di andare a trovare un eremita che viveva sulle montagne e che aveva fama di essere un illuminato. Voleva cercarlo per rivolgere a lui le tre domande, pur sapendo che l'eremita non lasciava mai le montagne e riceveva solo la povera gente, rifiutandosi di trattare con i ricchi e i potenti. 
Perciò, rivestiti i panni di un semplice contadino, ordinò alla sua scorta di attenderlo ai piedi del monte e si arrampicò da solo su per la china in cerca dell'eremita. 
Giunto alla dimora del sant'uomo, l'imperatore lo trovò che vangava l'orto nei pressi della sua capanna. 
Alla vista dello sconosciuto, l'eremita fece un cenno di saluto col capo senza smettere di vangare. 
La fatica gli si leggeva in volto. Era vecchio, e ogni volta che affondava la vanga per smuovere una zolla, gettava un lamento. 
L'imperatore gli si avvicinò e disse: "Sono venuto per chiederti di rispondere a tre domande: qual è il momento migliore per intraprendere qualcosa? Quali sono le persone più importanti con cui collaborare? Qual è la cosa che più conta sopra tutte?". 
L'eremita ascoltò attentamente, ma si limitò a dargli un'amichevole pacca sulla spalla e riprese a vangare. 

L'imperatore disse: "Devi essere stanco. Sù, lascia che ti dia una mano''. L'eremita lo ringraziò, gli diede la vanga e si sedette per terra a riposare. 
Dopo aver scavato due solchi, l'imperatore si fermò e si, rivolse all'eremita per ripetergli le sue tre domande. 
Di nuovo quello non rispose, ma si alzò e disse, indicando la vanga: , "Perché non ti riposi? Ora ricomincio io''. Ma l'imperatore continuò a vangare. Passa un'ora, ne passano due. Finalmente il sole comincia a calare dietro le montagne. 
L'imperatore mise giù la vanga e disse all'eremita: ''Sono venuto per rivolgerti tre domande. Ma se non sai darmi la risposta ti prego di dirmelo, così me ne ritorno a casa mia''. L'eremita alzò la testa e domandò all'imperatore: "Non senti qualcuno che corre verso di noi?".
L'imperatore si voltò. Entrambi videro sbucare dal folto degli alberi un uomo con una lunga barba bianca che correva a perdifiato premendosi le mani insanguinate sullo stomaco. L'uomo puntò verso l'imperatore, prima di accasciarsi al suolo con un gemito, privo di sensi. 
Rimossi gli indumenti, videro che era stato ferito gravemente. L'imperatore pulì la ferita e la fasciò servendosi della propria camicia che però in pochi istanti fu completamente intrisa di sangue. Allora la sciacquò e rifece la fasciatura più volte, finché l'emorragia non si fu fermata. Alla fine il ferito riprese i sensi e chiese da bere. 
L'imperatore corse al fiume e ritornò con una brocca d'acqua fresca. Nel frattempo, il sole era, tramontato e l'aria notturna cominciava a farsi fredda. L'eremita aiutò l'imperatore a trasportare il ferito nella capanna e ad adagiarlo sul suo letto. L'uomo chiuse gli occhi e restò immobile. 
L'imperatore era sfinito dalla lunga arrampicata e dal lavoro nell'orto. Si appoggiò al vano della porta e si addormentò. 
Al suo risveglio, il sole era già alto. Per un attimo dimenticò dov'era e cos'era venuto a fare. Gettò un'occhiata al letto e vide il ferito che si guardava attorno smarrito. 
Alla vista dell'imperatore, si mise a fissarlo intensamente e gli disse in un sussurro: "Vi prego, perdonatemi". "Ma di che cosa devo perdonarti?", rispose l'imperatore. 'Voi non mi conoscete, maestà, ma lo vi conosco. Ero vostro nemico mortale e avevo giurato di vendicarmi perché nell'ultima guerra uccideste mio fratello e vi impossessaste dei miei beni. Quando seppi che andavate da solo sulle montagne in cerca dell'eremita, decisi di tendervi un agguato sulla via del ritorno e uccidervi. Ma dopo molte ore di attesa non vi eravate ancora fatto vivo, perciò decisi di lasciare il mio nascondiglio per venirvi a cercare. Ma invece di trovare voi mi sono imbattuto nella scorta, che mi ha riconosciuto e mi ha ferito. Per fortuna, sono riuscito a fuggire e ad arrivare fin qui. 
Se non vi avessi incontrato, a quest'ora sarei morto certamente. Volevo uccidervi, e invece mi avete salvato la vita! La mia vergogna e la mia riconoscenza sono indicibili. Se vivo, giuro di servirvi per il resto dei miei giorni e di imporre ai miei figli e nipoti di fare altrettanto. Vi prego, concedetemi il vostro perdono''. 
L'imperatore si rallegrò infinitamente dell'inattesa riconciliazione con un uomo che gli era stato nemico. 
Non solo lo perdonò, ma promise di restituirgli i beni e mandargli il medico e i servitori di corte per accudirlo finché non fosse completamente guarito. Ordinò alla sua scorta di riaccompagnarlo a casa, poi andò in cerca dell'eremita. Prima di ritornare a palazzo, voleva riproporgli le tre domande per l'ultima volta. 
Lo trovò che seminava nel terreno dove il giorno prima avevano vangato. L'eremita si alzò e guardò l'imperatore. "Ma le tue domande hanno già avuto risposta". 
"Come sarebbe?", chiese l'imperatore, perplesso. "Se ieri non avessi avuto pietà della mia vecchiaia e non mi avessi aiutato a scavare questi solchi, saresti stato aggredito da quell'uomo sulla via del ritorno. Allora ti saresti pentito amaramente di non essere rimasto con me. Perciò, il momento più importante era quello in cui scavavi i solchi, la persona più importante ero io, e la  cosa più importante da fare era aiutarmi. 
Più tardi, quando è arrivato il ferito, il momento più importante era quello in cui gli hai medicato la ferita, perché se tu non lo avessi curato sarebbe morto e avresti perso l'occasione di riconciliarti con lui. 
Per lo stesso motivo, la persona più importante era lui e la cosa più importante da fare era medicare la sua ferita. 
Ricorda che c'è un unico momento importante: questo. 
Il presente è il solo momento di cui siamo padroni. 
La persona più importante è sempre quella con cui siamo, quella che ci sta di fronte, perché chi può dire se in futuro avremo a che fare con altre persone? 
La cosa che più conta sopra tutte è rendere felice la persona che ti sta accanto, perché solo questo è lo scopo della vita''. 

Lev Tolstoj -


Il racconto di Tolstoj sembra un brano di letteratura religiosa: non ha nulla da invidiare a qualunque testo sacro. 
Parliamo di servizio sociale, di servire la gente, l'umanità, persone che vivono in un paese lontano, di contribuire alla pace nel mondo, ma spesso dimentichiamo che le persone a cui dobbiamo dedicarci sono innanzitutto quelle che ci vivono accanto. 
Se non sapete servire vostra moglie, vostro marito, i vostri figli, come potrete servire la società? 
Se non sapete rendere felici i vostri figli, come credete di poter rendere felice qualcun altro?



Buona giornata a tutti. :-)


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