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sabato 23 febbraio 2019

La vita sembra una brutta avventura, perché è certo che nessuno di noi ne uscirà vivo - don Bruno Ferrero

Con una certa frequenza è comunicata la notizia dell'avvicinamento di un meteorite al nostro pianeta e quasi sempre qualcuno dichiara che l'esito potrebbe essere infausto per tutta l'umanità. "Il mondo finirà", dichiarano alcuni che pare godano di una discreta infallibilità nel preannunciare sventure.
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: "Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte".



Per ognuno di noi, il mondo sicuramente finirà.
In termini puramente terreni, la vita sembra una brutta avventura, perché è certo che nessuno di noi ne uscirà vivo.

Ci sforziamo continuamente di non pensarci, ma il tempo è un mistero inesorabile al quale non possiamo sfuggire: fa sentire i suoi effetti sui nostri capelli e nelle articolazioni, si diverte a stamparci rughe sul viso e ad ampliare il nostro girovita.
Se ci riflettiamo, dovremo convenire che il tempo è una tra le risorse davvero non rinnovabili.
Un tale ha sintetizzato questa realtà con una semplice affermazione: "Passiamo la vita ad ammazzare il tempo in attesa che il tempo ammazzi noi".
Eppure il tempo che ci è dato è l'unica occasione che abbiamo quaggiù. Non ce ne sarà data un'altra.
Perché allora lasciamo che tutto scorra tra l'impazienza e la noia? 
Che cosa ci tiene così spesso in uno stato di torpore? 
Siamo immersi in una serie di abitudini, sviluppiamo un attaccamento nei confronti di gesti meccanici e poveri di contenuto, permettiamo che un grigiore uniforme livelli la nostra esistenza. A un certo punto potremo accorgerci che la nostra vita se n'è andata e non l'abbiamo vissuta.
Grandi cose ci sfiorano, passano nella nostra anima come acqua sulle pietre. Troppo spesso potremmo essere paragonati ai giovani che vanno in gita a bordo di un pullman che attraversa località incantevoli, ma tengono le tendine del finestrino ben chiuse, per ascoltare l'iPod a occhi chiusi o risolvere il Sudoku.

"State bene attenti", ci dice Gesù, "che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra". 

Un falco era stato catturato da un contadino, che lo aveva legato a una zampa e l'aveva sistemato nell'aia di un cascinale.
Il falco non si era rassegnato a vivere come un pollo. Aveva cominciato a dare decisi strattoni alla corda che lo teneva avvinto ad un robusto trave del pollaio. Fissava il cielo azzurro e si impegnava a tirare con tutte le sue forze. La corda lo riportava però sempre e inesorabilmente a terra. Il falco provò a liberarsi senza sosta per settimane, finché la pelle della zampa legata si lacerò e le sue belle ali si rovinarono.
Alla fine, il falco si abituò a quella vita. A distanza di qualche mese trovava di suo gradimento anche il mangime dei polli. Si accontentò dunque di razzolare.
Così non si accorse che le piogge autunnali e la neve dell'inverno avevano fatto marcire la corda che lo legava a terra.
Sarebbe bastato un ultimo modesto strattone e il falco sarebbe tornato in libertà, padrone del cielo.
Il falco però non lo fece.

"Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".

A volte il nostro corpo fa fatica anche solo a salire una rampa di scale, ma la nostra anima ha le ali. 
E il cielo è nostro.

Per evitare sorprese, i primi cristiani hanno fatto una cosa straordinaria: hanno regolato l'orologio della vita su Gesù. Fin dall'inizio hanno orientato la dimensione del tempo su Gesù e, per cominciare, trasformarono il sabato degli ebrei nella domenica.
Il capolavoro cristiano sul senso del tempo è l'anno liturgico, cioè l'anno delle feste cristiane, disposte in modo che nell'arco dell'anno si ripercorra la vita di Gesù, perché è lui "Alfa e Omega, principio e fine" come si proclama nella notte di Pasqua, la notte più solenne dell'anno per i cristiani.
L'anno liturgico immerge il cristiano nella storia di Gesù, dal momento in cui si attende la sua venuta a Natale fino a quando si aspetta che torni alla fine dei tempi. E si concentra sul nucleo drammatico di quella storia, sugli ultimi giorni che Cristo visse a Gerusalemme, dal Giovedì Santo alla domenica di Pasqua.
Il cristiano non è come l'eroe solitario dei film western che cavalca verso il sole che tramonta e le parole "The end". 
Il cristiano cammina verso il sole che sfolgora al mattino, perché sa che nessuno può impedire al sole di sorgere, come nessuno può immaginare di chiudere Dio nell'oscurità di una tomba.

Gesù ha capovolto il senso del tempo: non si va verso la fine, ma verso il principio. E ha anche spiegato chiaramente che cosa dobbiamo fare in questo periodo che chiamiamo tempo o vita.

"Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo".

"Sveglia" è la persona che si propone a ogni istante di tenere l'occhio vigile rivolto a ciò che la volontà di Dio raccomanda nelle situazioni che si presentano di volta in volta. Per Gesù "vegliare" significa essere sensibili nei confronti degli esseri umani e delle cose. Averne cura.

"Mio padre si ubriaca sempre perché è disoccupato e la mia mamma non ha soldi e mi hanno messo dentro un istituto.
L'unica creatura che mi vuole bene è un pesce rosso che tengo dentro un vasetto sempre vicino a me, anche quando dormo la notte. 
La direttrice mi ha detto che il pesce non lo posso più tenere e allora di notte dormo con il vasetto del pesce legato alla mano, perché ho paura di svegliarmi e di non trovarlo più.
Se mi portano via il pesce, non ho più nessuno che mi vuole bene" ha scritto un bambino di otto anni.

Tutti abbiamo un "pesce rosso" su cui vegliare. 
E noi siamo il "pesce rosso" di Dio. "Tu sei prezioso ai miei occhi", ci assicura il Signore tramite il profeta Isaia.
Dio non dorme mai. È sempre con noi, mentre noi spesso siamo lontani da Lui.
Il contrario della veglia è la sonnolenza, il sopore, la mancanza di partecipazione e l'elusione delle responsabilità.
Sotto molti aspetti l'esortazione a essere desti è identica ad alcune espressioni bibliche che hanno goduto del loro momento favorevole soprattutto in passato, come "fare penitenza" o "conversione". 
Il termine "risveglio" suona più positivo, perché mira alla luce del giorno e alla gioia di esserci, di ritrovarsi dopo l'incoscienza del sonno.
Vegliare durante la notte non è romantico: bisogna lottare contro il freddo e la stanchezza. Non ci si può fare l'abitudine. Solo quando si è intensamente toccati da qualcuno si può vegliare per aspettarlo.

"Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande".

Il cristiano è una persona "sveglia", una persona che vive nell'Avvento. Gesù sa dunque che c'è almeno uno che lo aspetta. Come la sentinella spera nell'aurora, suggerisce il Salmo 130, così il cristiano aspetta il Signore, con amore e fiducia. Non può e non vuole dormire, finché finalmente arriverà.
Gesù pretende un amore radicale. Chiede di tenere lo sguardo puntato solo su Dio, anticipando così la realtà e i criteri del giorno venturo nel cuore della notte, proprio quando tutti vogliono mettersi comodi.

"Fratelli, ci ha detto San Paolo, il Signore vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti, come è il nostro amore verso di voi, per rendere saldi e irreprensibili i vostri cuori nella santità, davanti a Dio Padre nostro, al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi".

Il tempo dei cristiani è un tempo pieno. Pieno di senso, inteso come significato e direzione. Si va da qualche parte, si va da Qualcuno. Il momento verrà: abbiamo un appuntamento. Nel cuore della parabola delle dieci ragazze c'è un annuncio: "A mezzanotte un grido risuonò: ecco lo sposo, andategli incontro!"

Un giorno un turista fece visita ad un famoso rabbino.
Rimase stupito nel vedere che la casa del rabbino consisteva soltanto in una stanza piena di libri. Gli unici mobili erano un tavolo e una panca.
"Rabbi, dove sono i tuoi mobili?", chiese il turista.
"E i tuoi dove sono?", replicò il rabbino.
"I miei? Ma io sono qui solo di passaggio", replicò il turista.
"Anch'io", disse il rabbino.

Siamo di passaggio, quaggiù. La vita è solo un ponte, non ci possiamo costruire sopra una casa. Ma quello che il bruco definisce "fine del mondo", per il Maestro si chiama "farfalla".

- Bruno FERRERO sdb - 
2015 - dal sito incammin.com


Buona giornata a tutti. :-)






venerdì 22 febbraio 2019

Che cos'è la tristezza - don Luigi Giusanni

«La tristezza è una nota inevitabile e significativa della vita, perché nella vita, in ogni suo momento tu hai la percezione di qualcosa che ancora ti manca; la tristezza è un’assenza sofferta. 
Che cosa rende buona la tristezza? 
Riconoscerla come strumento significativo del disegno di Dio. 
Il disegno di Dio implica questo: che la vita sia sempre, in qualsiasi caso … soggetta alla percezione di qualcosa che manca. 
Ed è provvidenziale questo … 
Che la vita sia triste è l’argomento più affascinante per farci capire che il nostro destino è qualcosa di più grande, è il mistero più grande. 
E quando questo mistero ci viene incontro diventando un uomo, allora questo fascino diventa cento volte più grande. 
Non ti toglie la tristezza, perché il modo con cui Dio diventa uomo è tale che l’hai senza averlo, l’hai già e non l’hai ancora. … 
Non lo vediamo – io non vedo Lui come vedo te – , so che Lui è qui perché ci sei tu, perché ci siamo noi …



La tristezza è la condizione che Dio ha collocato nel cuore dell’esistenza umana, perché l’uomo non si illuda mai tranquillamente che quello che ha gli può bastare. 

La tristezza è parte integrante, non della natura del destino dell’uomo, ma dell’esistenza dell’uomo, cioè del cammino al destino, ed è presente ad ogni passo. Quanto più questo passo è bello per te, quanto più è incantevole per te, quanto più è tuo, tanto più capisci che ti manca quello che più aspetti».

- Luigi Giussani -
 Si può vivere così?, p. 338


Il cammino del Signore è semplice come quello di Giovanni e Andrea, di Simone e Filippo, che hanno cominciato ad andare dietro a Cristo: per curiosità e desiderio. 
Non c'è altra strada, al fondo, oltre questa curiosità desiderosa destata dal presentimento del vero.

- Luigi Giussani -
da: Alla ricerca del volto umano, Rizzoli 




Chiediamo oggi al Signore Gesù che ci dia questa grazia di non immischiarci mai nella vita degli altri, di non diventare cristiani di buone maniere e cattive abitudini, di seguire Gesù, di andare dietro Gesù, sulla sua strada. E questo basta!”.

- Papa Francesco -
Omelia Santa Marta, 18 Maggio 2013
  


Preghiera per la sera

Mi addormenterò nella pace,
il tuo sangue vegli su di me;
all' anima che hai plasmato secondo la tua immagine, 
concedi la libertà.


Posa la mano sul corpo che hai impastato,
e le tue misericordie siano per lui come mura di difesa
e come un potente scudo.


Quando il corpo si riposerà
la tua forza lo protegga,
il mio riposo sia davanti a te,
come profumo d'incenso.


Il Maligno non si avvicini al mio giaciglio,
per l'intercessione di tua Madre,
e per il tuo sacrificio per noi;
allontana il demone della paura che mi nuoce.




Buona giornata a tutti. :-)





martedì 19 febbraio 2019

Non nascondere e Non andare via Signore - Rabindranath Tagore

Non nascondere
il segreto del tuo cuore,
amico mio!
Dillo a me, solo a me,
in confidenza.
Tu che sorridi così gentilmente,
dimmelo piano,
il mio cuore lo ascolterà,
non le mie orecchie.
La notte è profonda,
la casa silenziosa,
i nidi degli uccelli
tacciono nel sonno.
Rivelami tra le lacrime esitanti,
tra sorrisi tremanti,
tra dolore e dolce vergogna,
il segreto del tuo cuore.

- Rabindranath Tagore -


Vivi la tua vita e dimentica quanti anni hai!

Non andare via Signore

Signore, 

se la porta del mio cuore dovesse restare chiusa un giorno,
abbattila ed entra, non andare via.

Se le corde del mio cuore, 

non dovessero cantare il tuo nome un giorno,
ti prego aspetta, non andare via.

Se non dovessi svegliarmi al tuo richiamo un giorno,
svegliami con la tua pena  ...non andare via.

Se un altro sul tuo trono io dovessi porre un giorno,
tu, mio Signore eterno, non andare via.


- Rabindranath Tagore - 




Dove la mente è senza paura e si cammina a testa alta,
dove la conoscenza è libera,
dove il mondo non è stato ridotto in frammenti
da strette mura domestiche,
dove le parole scaturiscono dal profondo della verità,
dove instancabile lotta tende le braccia verso la perfezione,
dove il chiaro flusso della ragione non si è perso
nell’arida sabbia del deserto delle abitudini senza vita,
dove la mente viene condotta da te
verso orizzonti sempre più ampi di pensiero e di azione,
verso quel cielo di libertà,
Padre mio, che il mio Paese si risvegli!


- Rabindranath Tagore -

















Buona giornata a tutti :-)

www.leggoerifletto.it



venerdì 1 febbraio 2019

Soffriamo di Carlos Drummond de Andrade e Lottare con la sofferenza di Padre Michel Quoist

Definitivo, come tutto ciò che è semplice.
Il nostro dolore non deriva dalle cose vissute, ma dalle cose che sogniamo e che non si realizzano.
Perché soffriamo tanto per amore?
Sarebbe meglio che la gente non soffrisse, e ringraziasse anche solo per aver conosciuto una persona tanto buona, che generò in noi un sentimento intenso che ci ha accompagnato per un tempo ragionevole, un tempo felice.
Perché soffriamo?
Per tutti i baci cancellati, per l’eternità.
Soffriamo, non perché il nostro lavoro è stressante e paga poco, ma per tutte le ore libere che non abbiamo avuto per andare al cinema, per conversare con un amico, per nuotare, per innamorarci.
Perché automaticamente dimentichiamo quello che abbiamo goduto e cominciamo a soffrire per i nostri progetti irrealizzati, per tutte le città che avremmo potuto conoscere a fianco del nostro amore, per tutti i figli che avremmo avuto piacere ad avere vicino, per tutti gli show, i libri e i silenzi che avremmo gradito condividere.
Soffriamo, non perché nostra madre è impaziente con noi, ma per tutti i momenti in cui le avremmo potuto confidarle nostre più profonde angosce e fosse interessata a comprenderci.
Soffriamo, non perché la nostra squadra ha perso, ma per l’euforia soffocata.
Soffriamo non perché invecchiamo, ma perché il futuro è da noi confiscato, impedendo così che ci accadano mille avventure, tutte quelle con le quali sogniamo e mai tentiamo di sperimentare.
Come alleviare il dolore di ciò che non fu vissuto?
La risposta è semplice come un verso:

Avere meno illusioni e vivere di più!!!

Ogni giorno che vivo, mi convinco sempre più che lo spreco della vita è nell’amore che non diamo, nelle forze che non usiamo, nella prudenza egoista che non rischia mai, e che, schivando la sofferenza, fa perdere anche la felicità. Il dolore è inevitabile.
La sofferenza è un accessorio extra.

- Carlos Drummond de Andrade -


L'amore è passione, ossessione, qualcuno senza cui non vivi. Io ti dico: "Buttati a capofitto! Trovati qualcuno da amare alla follia e che ti ami alla stessa maniera!" 
Come trovarlo? Be', dimentica il cervello e ascolta il cuore. 
Io non sento il tuo cuore. Perché la verità, tesoro, è che non ha senso vivere se manca questo. 
Fare il viaggio e non innamorarsi profondamente, be', equivale a non vivere. Ma devi tentare perché se non hai tentato non hai mai vissuto.

dal film: "Vi presento Joe Black"



La redenzione non è soltanto lotta e vittoria sul peccato, lo è pure sulla sofferenza e morte che Cristo ha saputo affrontare, prendere su di sé e "dinamizzare", riversandovi il suo amore infinito. Tutto ciò che abbiamo detto sul riconoscere i propri errori e sul farne dono al Padre in Cristo salvatore, non sarebbe valido se non partecipassimo anche noi a quest’altro combattimento, che è poi il secondo aspetto dell’atto unico della nostra salvezza.

Ma prima di accogliere la sofferenza e di offrirla, il cristiano deve lottare contro di essa. È un dovere assoluto.

Altrimenti il cristiano sarebbe quel "rassegnato" che abbiamo risolutamente condannato perché è diametralmente opposto alla dignità radicale dell’uomo voluta da Dio.

Non ripeteremo mai abbastanza che la sofferenza è un male, e che bisogna fare di tutto per ridurre il suo dominio. È questo un aspetto dell’impegno dell’uomo nel creato: il corpo a corpo doloroso e tragico della creatura cosciente con il mondo e l’universo progressivamente conquistati e dominati; lotta individuale e collettiva, dall’azione diretta sulla materia bruta e sulla vita fino all’azione sul mondo e sull’umanità già trasformati.

È il lavoro umano, la tecnica, la scienza, tutte le scienze.

È l’impegno nell’organizzazione politica, economica, sociale dell’umanità.

È la presenza attiva in questo immenso "cantiere di costruzione del mondo" in cui tutti si ritrovano, in cui quelli che soffrono e muoiono sono i soldati caduti in una guerra giusta, e in cui i progressi si acquistano a prezzo d’insuccessi parziali, di ferite e di sofferenze, che consentono però la marcia in avanti di tutta l’umanità.

La sofferenza in sé è un male.

Non posso ammettere che per tentar di spiegarla, di "trovare delle scuse a Dio", si cerchi di convincersi che è un bene. Credo che sia un’imperfezione e tale rimarrà sempre. 
Nel "cielo nuovo e terra nuova", non ci saranno più sofferenza né morte. Dio "pianterà la sua tenda tra gli uomini, essi saranno il suo popolo, e Dio sarà per loro il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dei loro occhi, e non ci sarà più né morte, né lutto, né grido di dolore, perché la condizione di prima sarà superata" (Ap 21,34).

Io non credo che Dio "mandi la sofferenza" all’uomo, "per punirlo, o "per il suo bene". 
Non riesco ad ammettere un Dio-Amore che tortura l’uomo per farlo diventare migliore. La punizione del suo peccato, è l’uomo stesso che se la assegna. Sconvolgendo il creato l’uomo infligge a se stesso e ai suoi fratelli delle pene molto pesanti. Dio non ha bisogno di aggiungerne altre.

Quando un fanciullo nella strada sfugge alla mano di suo papà, corre, cade e si fa male, il padre molto spesso lo raggiunge e lo sculaccia. 
Questo sovrappiù di sofferenza è inutile per il bambino; il suo capitombolo gli basta, è la sua punizione. Il padre si è adirato, ha perso le staffe. È un’imperfezione. 
Dio non perde le staffe verso il figlio prodigo, non lo picchia. Al contrario, invece di abbatterlo, lo aiuta a portare la sua sofferenza.

Io non riesco a capire quei cristiani prostrati che nelle loro sofferenze "benedicono la volontà di Dio". 
Non abbiamo bisogno di rassegnati ma di uomini in piedi che lottano contro la sofferenza e quando questa non vuole cedere – essa che è un male e che un male rimane – la utilizzano, grazie a Gesù Cristo e con lui, per cavarne un bene. 
Così gli scarti irrecuperabili, gettati nel fuoco diventano colore e luce.

La sofferenza è un male. Una sconfitta. È un segno che l’uomo non è ancora riuscito ad impadronirsi dell’universo ed a svilupparlo per metterlo al servizio di tutti. 
È anche il segno che l’umanità non è ancora comunità nell’amore finalmente trionfante.

Agli uomini che così spesso vengono a parlarmi delle loro sofferenze non devo in un primo tempo, col pretesto della fede, parlare di offerta. Devo prima di tutto far loro sentire il richiamo alla lotta che risuona nel cuore di ogni dolore. Poi, posso invitarli ad unirsi a Gesù Cristo per soffrire ed offrire con lui. 
Non è la sofferenza di Gesù Cristo che ha salvato il mondo, ma l’amore col quale ha portato ed offerto questa sofferenza, come non è il legno morto che illumina e riscalda, ma il fuoco che consuma il legno. 
Solo l’amore genera la vita.

- Padre Michel Quoist - 

Fonte: da L’Ancora 11/2002

Buona giornata a tutti. :-)



domenica 20 gennaio 2019

La strada della vita - L.Guglielmoni, F. Negri


La strada è come la vita:
sempre uguale per l’annoiato,
sempre diversa per chi ha occhi nuovi;
troppo corta per chi ama viaggiare,
troppo lunga per chi ha fretta;
un labirinto per l’inesperto,
un’avventura per il coraggioso;
la morte per lo spericolato,
un record da battere per il pilota;
un lavoro per lo stradino,
una scuola per l’istruttore;
preoccupazione per chi attende,
l’incontro per chi sta arrivando.




La vita è come il motorino:

se lo usi si logora, se non lo usi si arrugginisce.
La vita è come la moto: ha varie marce, puoi viaggiare a diversi ritmi.
La vita è come la motocross: difficile ma guidare, ma ti porta ovunque.
La vita è come la cilindrata: cominci con poco, poi aumenti.
La vita è come l’acceleratore: più vai forte, più consumi benzina.
La vita è come un viaggio: più vai avanti, più paesaggi scopri.
La vita è come il serbatoio: più è vuoto, meno lontano si va.



Il compagno di viaggio

La mamma chiamò il figlio maggiore e gli disse: Vai, ora puoi partire per il grande viaggio della vita. Ti consiglio il nome di una guida sicura e gli bisbigliò un nome all’orecchio.
Il giovane partì.
Subito incontrò uno che gli chiese di venire con lui. “Come ti chiami?”
- Potere.
“Spiacente, ma non è il nome che mi ha suggerito mia mamma”.
Proseguendo nel cammino si fece avanti un altro. “Chi sei?”
- Il Divertimento, portami con te e ce la spasseremo alla grande.
“No. Io cerco di meglio”.
- Vengo io con te. Sono la Ricchezza.
Si fece sera, quando nel buio si avvicinò qualcuno... “E tu ci sei?”.
- Il Coraggio.
Il giovane lo abbracciò e gli disse: “Vieni con me, ecco il nome che mi ha suggerito mia mamma”.
Il giovane crebbe, fece tanta strada e divenne molto saggio.

E tu ce l’hai il Patentino?

liberamente tratto da L.Guglielmoni, F.Negri, “Patentino per la vita”, San Paolo, Cinisello Balsamo 2005


Buona giornata a tutti. :-)






lunedì 14 gennaio 2019

Il dono più grande è che noi siamo figli di Dio e che egli genera in noi il suo Figlio - Meister Eckhart

Il dono più grande è che noi siamo figli di Dio e che egli genera in noi il suo Figlio. 
L’anima che vuole essere figlia di Dio non deve generare nulla in sé; e niente dev’essere generato in coloro nei quali il Figlio di Dio deve nascere. 
Il più nobile desiderio di Dio è di generare. Egli è insoddisfatto finché non ha generato in noi il suo Figlio. 
Così l’anima non è soddisfatta in alcun modo se il Figlio di Dio non nasce in essa. È allora che scaturisce la grazia.
Quando il tempo fu compiuto, Giovanni, «la grazia», nacque. 
Quando il tempo è compiuto? Quando il tempo non è più. Per colui che, nel tempo, ha posto il suo cuore nell’eternità e nel quale tutte le cose temporali sono morte è la pienezza del tempo. 
Paolo dice: «In ogni tempo, siate lieti in Dio». Colui che è lieto al di sopra e fuori del tempo si allieta in ogni tempo. 
Un testo dice: Tre cose sono di ostacolo all’uomo, sicché egli non può riconoscere Dio in alcuna maniera. 
La prima è il tempo; la seconda è tutto ciò che si ricollega al corpo; la terza è la molteplicità. Finché queste tre cose sono in me, Dio non è in me e non opera veramente in me. 
Agostino dice: L’avidità dell’anima fa sì che essa desideri afferrare e possedere molte cose; così, mira a impadronirsi di tutto ciò che riguarda il tempo, la corporeità e la molteplicità; a causa di ciò, essa perde proprio ciò che possiede. Per tutto il tempo che in te vi sono più e più cose, Dio non può né abitare né operare in te. Tutte queste cose devono incessantemente uscire affinché Dio entri, a meno che tu non le possegga in un modo migliore e più alto, a meno che la molteplicità non sia diventata in te unità. Allora più c’è molteplicità in te più c’è unità, perché l'una si è trasformata nell’altra. L’unità unisce ogni molteplicità, ma la molteplicità non unisce l’unità. Quando siamo elevati al di sopra di tutte le cose e tutto ciò che è in noi è portato in alto, nulla ci opprime. Ciò che è sotto di me, non mi opprime. Se io tendessi unicamente verso Dio, di modo che non ci fosse che Dio al di sopra di me, nulla mi sembrerebbe penoso e non mi rattristerei così facilmente. 
Agostino dice: Signore, quando mi prostro dinanzi a te ogni tristezza, ogni pena, ogni fatica mi è tolta. Quando abbiamo superato il tempo e le cose temporali siamo liberi, sempre lieti; allora è la pienezza del tempo; allora il Figlio di Dio nasce in te. Quando il tempo fu compiuto Dio mandò il suo Figlio. Se in te nasce un’altra cosa al posto del Figlio, tu non hai lo Spirito Santo e la grazia non agisce in te. Origine dello Spirito santo è il Figlio. Se il Figlio non fosse, lo Spirito santo non sarebbe. Lo Spirito Santo non può emanare e sbocciare che dal Figlio. Quando il Padre genera il Figlio gli dà tutto ciò che ha in essenza e in natura. In questo dono scaturisce lo Spirito Santo. 
Il desiderio di Dio è anche quello di darsi totalmente a noi. Avviene lo stesso quando il fuoco vuole attrarre a sé il legno e penetrare in esso. Trova anzitutto che il legno gli è dissimile. Perciò occorre del tempo. Prima rende il legno caldo e ardente, poi questo fuma e scoppietta perché è differente dal fuoco. Ora più il legno brucia, più diventa calmo e tranquillo; più diventa simile al fuoco, più s’acquieta, fino a che esso stesso è diventato totalmente fuoco. Perché il fuoco possa assimilare in sé il legno, bisogna che ogni dissomiglianza sia eliminata.
Per la verità che è Dio: se tu miri a cosa diversa da Dio o se cerchi una cosa diversa da Dio, l’opera che compi non è opera tua né di Dio. Il fine che la tua intenzione ricerca nella tua opera è l’opera. Ciò che opera in me è il mio Padre e io sono a lui sottomesso. 
È impossibile che nella natura ci siano due padri; nella natura non c’è che un solo padre. Quando le altre cose sono uscite e la pienezza è giunta, questa nascita avviene. 
La pienezza tocca ogni limite e non ha bisogno di nulla; essa ha la larghezza e la lunghezza, l’altezza e la profondità. Se avesse l’altezza e non la larghezza né la lunghezza né la profondità, non potrebbe colmare. 
San Paolo dice: «Chiedete di poter comprendere insieme con tutti i santi che cosa è la larghezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità». 

- Meister Eckhart - 



Dio opera maggiormente in un cuore umile, perché è là che trova la maggiore possibilità di operare, trovandovi la maggiore somiglianza con se stesso.

- Meister Eckhart - 




L'anima è fatta per un bene così grande ed alto, che essa non può in alcun modo trovare riposo, ed è sempre infelice, finché non giunge, sopra ogni modo, a quel bene eterno che è Dio, per il quale essa è fatta.

- Meister Eckhart - 


Buona giornata a tutti. :-)