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giovedì 8 marzo 2018

Bella e altre poesie- Jacques Prévert

Negazione di Dio negazione del diavolo
incapace di essere colpevole 
sei bella 
sei innegabile
Sei bella come il mare e la terra
prima della proliferazione umana
E tuttavia sei donna
Bella come il vento che non si vede
bella come la sera e come il mattino
Sei bella e non sei sola
Sei bella tra le belle ma nella collezione delle belle
non sei la stella
Sei una delle belle
la mia
e tuttavia non mi appartieni
Ma sei la sola isola deserta
dove potrei vivere con te.

- Jacques Prévert - 

Una ninfa del mare (1881), Edward Burne-Jones


Ci sono donne che si sentono profondamente diverse. 
Diverse perché i loro desideri non sono quelli di tutte le altre.

Diverse perché non si esprimono come tutte le altre.
Diverse perché vorrebbero andare in posti diversi da tutte le altre.
Diverse perché non pensano e non sentono come tutte le altre.

Queste donne si sentono così diverse da pensare di essere sbagliate. 
“Cos’ho che non va ?” si chiedono qualche volta con le lacrime agli occhi. “Perché sento queste cose?” si domandano sbigottite. 
Vorrebbero trasformarsi in quello che non sono. Ma non succede. 
Perché c’è una voce dentro di loro che parla e dice “Vai da un’altra parte”, “Segui un’altra strada”.

E’ la voce delle ali di farfalla. Sono ali che spesso le donne non sanno di avere. Perché non le vedono. Sono dietro di loro. Sono proprio quelle ali a renderle diverse: speciali. Sono quelle ali che le spingono a volare nessuno vola. A cercare dove nessuno cerca. A sperare dove nessuno spera. A cantare dove nessuno canta. Ad amare dove nessuno ama.
Sono ali grandi e maestose, dei colori della notte e del giorno. Sono cariche di promesse quelle ali. Basta muoversi verso la direzione in cui ti spingono, per iniziare a volare verso spazi misteriosi, ricchi di promesse tutte da scoprire…


- Simona Oberhammer - 
Fonte: da: La via femminile


Donna

Nessuno può immaginare
quel che dico quando me ne sto in silenzio
chi vedo quando chiudo gli occhi
come vengo sospinta quando vengo sospinta
cosa cerco quando lascio libere le mie mani.
Nessuno, nessuno sa
quando ho fame quando parto
quando cammino e quando mi perdo,
nessuno sa che per me andare è ritornare, 
e ritornare è indietreggiare,
che la mia debolezza è una maschera 
e la mia forza è una maschera,
e quel che seguirà è una tempesta.
Credono di sapere
e io glielo lascio credere
e creo.

Hanno costruito per me una gabbia 
affinché la mia libertà fosse una loro concessione
e ringraziassi e obbedissi.
Ma io sono libera prima e dopo di loro, con loro e senza di loro
sono libera nella vittoria e nella sconfitta.
La mia prigione è la mia volontà!
La chiave della  prigione è la loro lingua
ma la loro lingua si avvinghia intorno alle dita del mio desiderio
e al mio desiderio non impartiscono ordini.
Sono una donna.
Credono che la mia libertà sia di loro proprietà
ed io glielo lascio credere
e creo.

- Joumana Haddad - 

Libano, 1970

Albert Pierre René Maignan, La sirena




Buona giornata a tutte. :-)









domenica 14 gennaio 2018

Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più» (4) - Anselm Grün

L'avidità è ambivalente

Friedrich Schorlemmer sostiene quindi nel suo libro che anche nell'avidità manifesta e stridente di avere sempre più riconoscimenti, ricchezza e pote­re si può scoprire il desiderio profondo di felicità. 
Secondo questo autore, sotto l'avidità c'è «la paura che nella felicità tranquilla si nasconda la noia, lo squallore delle cose sempre uguali, una parsimonia simile alla morte.»
L'avidità ci spinge a cercare la nostra felicità. Ma se l'avidità si manifesta solo nella sua configurazione materiale come bramosia di denaro e di consumi sempre più grandi, come desiderio di maggior fama e potere, allora «perdiamo quello che nel più pro­fondo di noi stessi ci auguriamo di ottenere: per la nostra vita e per la società»
Non si tratta però di sradicare in noi l'avidità. 
Sa­rebbe come strappare dal campo di grano la zizzania e ogni erba cattiva, e Gesù, nella celebre parabola, ci mette ben in guardia dal farlo (cf. Mt 13,24-30). Ci sarebbe il pericolo di distruggere gli aspetti posi­tivi dell'avidità insieme con quelli negativi. 
Si tratta invece di porre un limite all'erba cattiva dell'avidità e trasformarla in terreno nutriente per il buon grano, in modo che ne risulti un nutrimento non solo per il nostro corpo, bensì soprattutto per la nostra anima.
L'ambivalenza dell'avidità si manifesta anche nel­la fattispecie dell'avarizia. Quest'ultima può diven­tare la virtù della parsimonia e del risparmio. 
La parsimonia è la condizione per poter padroneggiare la propria vita. 
Ci sono persone che non hanno mai abbastanza denaro, perché manca loro la capacità di essere parsimoniosi.
In modo simile ci si compor­ta con l'ambizione. Essa può pretendere troppo da una persona e sottoporla a una pressione continua. Eppure Evagrio Pontico, uno scrittore monastico del IV secolo, pensa che per i giovani monaci l'am­bizione sia qualcosa di totalmente buono, poiché li spinge all'ascesi. 
Li spinge a combattere con le passioni e a vincerle. Ma anche a questo riguardo si tratta sempre della giusta misura. L'ambizione mi stimola sempre a migliorare me stesso, a non essere mai contento di quello che ho a disposizione. È la forza motrice per farmi sviluppare ulteriormente.
La parola ambizione significa in origine «ricercare l'onore», tendere all'onore. L'onore non significa soltanto un bell'aspetto e diventare famosi. 
L'onore significa anche dignità, rispetto e magnanimità. Una persona degna di onore è uno che viene rispettato perché vive la sua dignità in quanto uomo. L'am­bizione è dunque una buona forza propulsiva, per lavorare su di me e per creare qualcosa di buono per gli altri. Ma può anche tenermi sotto la sua presa. 
Allora non riesco più a godere di ciò che ottengo, ma vorrei avere sempre di più. Allora non riesco mai a dire: mi basta, è sufficiente. 
E non riesco mai a godere di quello che è e di quello che ho ottenuto.
Come esiste un'ambizione «buona» e un'ambizio­ne «cattiva», così c'è anche una curiosità bella, rin­frescante e una curiosità antipatica, che non mantie­ne la giusta distanza. Se leggo un libro con curiosità, mi immergo in un mondo per me sconosciuto e sperimento me stesso come una persona nuova. 
Se entro in un museo con uno spirito curioso, la curio­sità apre i miei sensi alla bellezza delle immagini. 
La curiosità di ascoltare l'interpretazione di una sinfo­nia di Mozart o di Beethoven aumenta il piacere e il godimento del concerto. 
Ma c'è anche una curiosità senza limiti, che si nutre continuamente di cose sen­sazionali o di pettegolezzi, che vuol sapere tutto e diffonde soltanto e sempre i difetti e gli errori altrui.



In cammino verso un'avidità liberante

In tutto questo, si tratta chiaramente di avere sem­pre la giusta misura. L'avidità come forza motrice della vita è qualcosa che non ci è possibile spegnere. L'ambizione può essere una fonte di energia, per lavorare su di sé, per diventare una brava persona, per andare avanti nel proprio cammino spirituale o per fare qualcosa di buono per gli altri. Ma l'avidità può diventare anche una dipendenza, che non mi permette mai di trovare la quiete. 
E l'ambizione può diventare una coazione a voler ottenere sempre di più e non godere mai con riconoscenza di quello che sono riuscito a produrre.
La grande domanda di tutti i maestri spirituali del passato era questa: come possiamo essere libe­rati dalla forza distruttiva dell'avidità? 
Quali mezzi spirituali ci permettono di trasformare l'avidità in una buona energia per nutrire la nostra vita? 
Che cosa ci porta fuori dal dominio dell'avidità e ci guida verso l'essenza, verso il centro della persona uma­na? 
La domanda sulla trasformazione dell'avidità è connessa alla nostalgia di una tranquillità vitale e di una liberà interiore. 
La persona dominata dall'avi­dità è inquieta e interiormente schiava. 
Chi si lascia determinare dall'avidità, non riesce mai a trovare quiete. 
Molte persone desiderano ardentemente raggiungere la quiete. Ma sono incapaci di ottenerla, perché, non appena si siedono tranquilli, subito ven­gono sempre colpiti dall'avidità di voler ancora di più, di ricevere ancor più informazioni, di soddisfare un maggior numero di bisogni, di essere ancor più apprezzati e riconosciuti. 
Nell'avidità si sperimenta il contrario della libertà. 
Le persone diventano schiave della bramosia di tendere a un potere e a una ric­chezza sempre più grandi, a una fama maggiore e a una comunicazione continua.
Quindi, in questo scritto mi interessa presentare l'avidità come una buona energia per la vita, ma nello stesso tempo voglio aiutare le persone a liberarsi dalla sua forza distruttiva perché giungano alla quiete del cuore e alla libertà interiore.
In queste pagine non vorrei accusare nessuno e nemmeno cadere nel moralismo. Vorrei descrivere il fenomeno dell'avidità e, sulla base dei racconti del Nuovo Testamento, indicare alcune vie che ci con­ducono alla liberazione dall'avidità. 
A mio avviso il Nuovo Testamento ha qualcosa di decisivo da dire a questo riguardo, su come si presenti concretamente l'essere prigionieri dell'avidità e come possiamo libe­rarci dalle sue catene. 
I testi biblici ci mostrano diver­si ambiti in cui opera l'avidità: non c'è solo l'avidità di possedere beni o di consumarli, ma ci può essere anche l'avidità di chiudersi nella propria paura o di garantirsi una sicurezza contro ogni cosa. L'avidità è spesso la risposta a esperienze della prima fanciul­lezza, ad esempio quando si ha la sensazione di non essere mai all'altezza di quello che ci viene chiesto, di non essere mai sazi, di essere interiormente af­famati. 
I testi biblici ci mostrano anche le cause e i motivi di questa nostra avidità. 
E nello stesso tempo ci indicano i modi e la via per poterci liberare dai suoi legami. Questa libertà nei confronti dell'avidità, e non la sua totale estinzione, è il presupposto per trovare la pace e la calma interiore.
Vorrei dunque rivolgermi alle per­sone che sentono il desiderio di una libertà e di una quiete interiore, che scoprono dentro di sé uno spa­zio interiore in cui si sentono libere, pur nel mezzo di un mondo che è dominato dall'avidità; uno spazio in cui sono totalmente presenti a se stesse, libere dal­la pressione di doversi continuamente giustificare, esibirsi o dare prova di se stesse; uno spazio in cui si è liberi dalla costrizione di dover soddisfare subito ogni genere di bisogni. A questo riguardo, la Bibbia è per me un buon aiuto per trovare la giusta strada. Mi confronto a lungo con il testo biblico, finché non si apra per me come un segnale che mi indica la direzione verso una vita realizzata, verso la libertà e la pace interiore.

- Anselm Grün -
Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più»”, Edizioni Messaggero di Padova


Buona giornata a tutti. :-)











domenica 7 gennaio 2018

Attraversa l’anima - Charles Bukowski

Attraversa l’anima
come una lama
e ne sonda i paesaggi
ora mesti, ora bui
dove corvi neri come pece
gracchiano così forte
da grattarti le pareti del cuore.
Percorre deliziosi giardini
decorati da candide margherite
e scaldati da un tiepido sole primaverile.
Ma quando la sua linfa
Giunta all’apice scoppia
il foglio si macchia.
Unico tampone per tale ferita.
- Charles Bukowski -

Dimitar Voinov

Sissignore!
Tutti i vicini pensano
che noi siamo
strani.
E noi pensiamo
lo stesso di loro.
E facciamo
tutti
centro…
- Henry Charles Bukowski - 


La gente priva di morale si considerava spesso più libera, ma invece di solito
mancava della capacità di amare , di provare sentimenti.
E così si davano alla scopata facile.
Morti che scopavano altri morti.

- Henry Charles Bukowski - 


Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 28 dicembre 2017

Che cosa è per me la tua bocca? e altre poesie - Edward Estlin Cummings

Che cosa è per me la tua bocca?
Un calice di incenso desolato,
un albero di foglie smaniose,
un alto vascello impaziente,
una faretra di splendide frecce.
Che cosa è per me il seno tuo?
Un fiore di nuove preghiere,
un poema di luce continua,
una polla di uccelli spavaldi,
un tremulo arco in tensione.
Che cosa è per me il tuo corpo?
Un teatro di perfetto silenzio,
un cocchio di rossa lestezza;
e ancora, Oh, il passo incerto
di bianco-chiomati desideri!

- Edward Estlin Cummings -


Gaston La Touche (1854-1913), The lovers



Più d’ogni cosa nel cielo 

Più d’ogni cosa nel cielo
ti amo tanto (mio bel tesoro)
più di chiunque sulla terra e
mi piaci di più d’ogni cosa nel cielo
sole e canti ti fanno festa se vieni
anche se l’inverno è ovunque
con tanto silenzio e tanto buio
niuno riesce a indovinare
(solo la mia vita) la vera stagione
e se ciò che si chiama mondo avesse
la fortuna di udire quei canti (o di scorgere
quel sole che s’alza altissimo nel cuore
di qualcuno più che lieto ogni volta
che sei più vicino) tutti certo crederebbero
(tesoro mio bello) soltanto nell’amore.

- Edward Estlin Cummings -


Dusty night rides down the sky, Alfred Hitchens


Tu sei stanca  

Tu sei stanca,
(Credo)
Dell’eterno puzzle di vivere e agire;
Anch’io.
Vieni con me, allora,
E andiamocene molto lontano
(Io e te soli, capito!)
Hai giocato,
(Credo)
E hai rotto i tuoi giocattoli più cari,
E ora sei un po’ stanca;
Stanca di cose che si rompono
Solo stanca.
Anch’io.
Ma vengo con un sogno negli occhi stasera,
E busso con una rosa alla porta del tuo cuore disperato
Aprimi!
Ti mostrerò luoghi che Nessuno conosce
E, se vuoi,
I posti perfetti per dormire.
Ah, vieni con me!
Soffierò quella bolla meravigliosa, la luna,
Che galleggia sempre e un giorno
Ti canterò la canzone giacinto
Delle stelle probabili;
Mi avventurerò per le tranquille steppe del sogno,
Fino a trovare l’Unico Fiore,
che serba (credo) il tuo piccolo fiore

Quando la luna sorge dal mare.

- Edward Estlin Cummings -


La vittoria della luce sulle tenebre, Hans Makart


Buona giornata a tutti. :-)






lunedì 13 novembre 2017

Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più» (3) - Anselm Grün

La bramosia di cose non essenziali

Un'altra forma di avidità è il farsi invischiare nella vita quotidiana pieni di preoccupazioni. 
Si vive la quotidianità in modo tale che si dimentica l'istante e ci si lascia trasportare dalle cose invece di essere presenti a quello che si sta facendo in quel momen­to. E si può anche constatare che in molti ambienti si è perduto il riferimento alla trascendenza, che potrebbe relativizzare il fatto di ruotare attorno a se stessi. 
Molte persone si riducono a organizzare la loro vita per mettersi in evidenza. Si passa la vita in­tera nel progettare il prossimo evento. 
Si va da una esperienza all'altra, ma non si è mai veramente pre­senti. L'avidità si manifesta oggi spesso nell'essere invischiati in cose non essenziali per la propria vita: tutto è secondario, privo di un profondo significato. 
Invece di darsi premura per ciò che è essenziale, e per quello che i greci e i romani chiamavano otium, cioè impegnarsi per raggiungere una più profonda conoscenza della verità, ci si perde in occupazioni per nulla essenziali. 
I greci parlavano della gioia di raggiungere la verità, della gioia della contemplazio­ne. 
Questa gioia cede oggi il posto alle molte forme di frenesia: la frenesia del comperare, la frenesia della velocità. 
E invece di indagare il mistero dell'es­sere umano nel dialogo - il classico symposium dei greci - ci si lascia guidare dalla curiosità e dal tradire il mistero: si spia la vita privata degli altri, invece di spingersi più in profondità nel mistero dell'essere umano.

Anselm Grün -
Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più»”, Edizioni Messaggero di Padova



La bramosia di possedere si manifesta, dunque, in diverse modalità: l'avidità di possedere sempre più denaro, di ricavare sempre maggiori profitti, di ac­cumulare ricchezze sempre più grandi; e la bramosia di possedere che si collega con l'avarizia. Questa forma di avidità è diventata perfino accettabile nel­la bella società. Un'azienda ha scelto come slogan pubblicitario: «L'avarizia è una libidine». All'inizio lo slogan ebbe grande successo. Le persone correvano là per l'avidità di trovare i prezzi più bassi possibili. Tuttavia nel frattempo questo slogan fu rimosso, non solo perché molta gente aveva protestato, ma anche perché non aveva più quel grande successo che si era pensato di ottenere. Prima o poi aveva finito il suo servizio, ma aveva mostrato che l'avidità è il motore della nostra economia.
Gli strateghi del marketing sfruttano l'avidità della gente. 
Se riescono a toccare questo tasto, la loro strategia ha successo. 
Perciò il capitalismo non si può concepire senza l'avidità. 
Da un lato ciò ha ripercussioni negative, dall'altro, tuttavia, ha degli aspetti del tutto positivi, poiché l'avidità spinge le persone a sviluppare sempre nuovi prodotti. L'avidi­tà muove l'economia e crea in tal modo nuovi posti di lavoro. Ma anche per la persona singola l'avidità è uno stimolo a godere la vita. 
Chi è assolutamente privo di avidità, corre il pericolo di diventare privo di forza motrice. 
La bramosia di godere la vita in pienezza spinge gli esseri umani a viaggiare in paesi lontani, a vedere e sperimentare cose nuove, a co­gliere la meraviglia e la bellezza dei paesaggi.

Anselm Grün -
Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più»”,Edizioni Messaggero di Padova




Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 30 ottobre 2017

La prima volta che lui mi baciò e altre poesie - Elizabeth Barrett Browning

La prima volta che lui mi baciò,
baciò solamente le dita della mano che scrive,
che si fece così più delicata e bianca,
restia al mondo ma non coi suoi. "Senti?",
al brusio degli angeli. Ora io non vorrei
un anello di ametista alla vista più puro
di quel bacio. Fu più in alto il secondo
e, cercando la fronte, si perse una metà sopra i capelli.
O dono supremo! Crisma
d’amore che con benefiche dolcezze
precede la vera ghirlanda d’amore. Il terzo fu
deposto, perfetto, sulla mia bocca, e fin d’allor
superba, io ripeto: "mio unico, mio amato"!

- Elizabeth Barrett Browning -
Sonetto XVIII da Sonetti dal portoghese

Lawrence Alma Tadema (1836-1912), Ask me no more

Solo per amore
Se devi amarmi, per null’altro sia
se non che per amore.
Mai non dire:
t’amo per il sorriso,
per lo sguardo,
la gentilezza del parlare,
il modo di pensare così conforme al mio,
che mi rese sereno un giorno.
Queste son tutte cose
che possono mutare, amato,
in sé o per te, un amore
così sorto potrebbe poi morire.
E non amarmi per pietà di lacrime
che bagnino il mio volto.
Può scordare il pianto chi ebbe a lungo il tuo conforto,
e perderti.
Soltanto per amore amami e per sempre, per l’eternità.


- Elizabeth Barrett Browning -

Gaston Renault (1855-?), Daphnis and Chloé

Come ti amo

Come ti amo? Come ti amo?
Lascia che ti annoveri i modi.
Ti amo fino agli estremi di profondità,
di altura e di estensione
che l’anima mia può raggiungere,
quando al di là del corporeo
tocco i confini dell’Essere
e della Grazia Ideale.
Ti amo entro la sfera
delle necessità quotidiane,
alla luce del giorno
e al lume di candela.
Ti amo liberamente,
come gli uomini che lottano
per la Giustizia.
Ti amo con la stessa purezza con cui essi
rifuggono dalla lode.
Ti amo con la passione delle trascorse sofferenze
e quella che fanciulla mettevo nella fede.
Ti amo con quell’amore
che credevo aver smarrito
coi miei santi perduti,
ti amo col respiro,
i sorrisi, le lacrime dell’intera mia vita!
E, se Dio vuole,
ancor meglio t’amerò dopo la morte.


- Elizabeth Barrett Browning -

Tihamer von Margitay (1859 – 1922), Daybreak


Buona giornata a tutti. :-)