Visualizzazione post con etichetta racconto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta racconto. Mostra tutti i post

martedì 8 ottobre 2019

La favola del pesciolino d'oro - don Bruno Ferrero, sdb

C'era una volta un pesciolino d'oro, che un bel giorno prese i suoi sette talenti e guizzò lontano, a cercar fortuna. Non era arrivato tanto lontano che incontrò un'anguilla, che gli disse: "Psst, ehilà compare, dove te ne vai?".

"Me ne vado in cerca di fortuna", rispose fieramente il pesciolino d'oro.
"Sei arrivato al punto giusto", disse l'anguilla. "Per soli quattro talenti ti puoi comprare questa magnifica e velocissima pinna, grazie alla quale viaggerai a velocità doppia".
"Oh, è un ottimo affare", disse estasiato il pesciolino d'oro. Pagò, prese la pinna e nuotò via più velocemente di prima.
Arrivò ben presto dalle parti di una grossa seppia, che lo chiamò.
"Ehilà, compare, dove te ne vai?".
"Sono partito in cerca di fortuna", rispose il pesciolino d'oro.
"L'hai trovata, figliolo", disse la seppia. "Per un prezzo stracciato ti posso vendere questa elica, così viaggerai ancora più in fretta".
Il pesciolino d'oro comprò l'elica con il denaro che gli era rimasto e ripartì a velocità doppia.
Arrivò ben presto davanti a un grosso squalo, che lo salutò.
"Ehilà, compare, dove te ne vai?".
"Sono in cerca di fortuna", rispose il pesciolino d'oro.
"L'hai trovata. Prendi questa comoda scorciatoia", disse lo squalo indicando la sua gola spalancata, "così guadagnerai un sacco di tempo".
"Oh, grazie mille!", esclamò il pesciolino d'oro e si infilò nelle fauci dello squalo, dove venne comodamente digerito.

Chi non sa bene che cosa vuole, finisce, molto facilmente, dove non avrebbe voluto.


- don Bruno Ferrero, sdb - 
da: "Cerchi nell'acqua" Casa editrice Elledici



Ogni giorno per andare al lavoro, per mangiare, per muoverci, per vivere, noi compiamo una serie infinita di atti di fiducia. 
Ci affidiamo agli altri, al medico che ci cura, al muratore che ha costruito la nostra casa, al pizzaiolo che ci fa mangiare, al pilota che ci deve portare lontano. 
Diamo fiducia non perché lo vogliamo, perché davvero ci fidiamo, ma perché non possiamo farne a meno. 
E non è vero che la fiducia si dà solo alle cose serie, la fiducia si dà a tutto e tutti, per obbligo, perché la fiducia ci fa vivere. E morire.


- Alessandro Perissinotto - 





Buona giornata a tutti. :-)


iscriviti al mio canale YouTube. Grazie!!!










domenica 6 ottobre 2019

Chi vuole 50 euro?


Un noto predicatore cominciò la sua conferenza esibendo una banconota da 50 euro.
All'assemblea di circa 200 persone chiese: "Chi di voi vuole questi 50 euro?" Le mani cominciarono ad alzarsi. Continuò: "Darò questi 50 euro a uno di voi, ma prima lasciatemi fare questo!"
Stropicciò la banconota nelle sue mani. Poi chiese: "C'è ancora qualcuno che li vuole?" Le mani si alzarono di nuovo. "Va bene" continuò. "E se io faccio questo?" Buttò la banconota al suolo e la calpestò diverse volte.
Poi prese la banconota in mano, ora sporca e consumata.
"Adesso, c'è ancora qualcuno che la vuole?". 
Di nuovo 200 mani si alzarono. 
"Amici, ora avete imparato una lezione importante. Non importa quello che io ho fatto alla banconota - voi la volete lo stesso perché non ha perso il suo valore. Sono ancora 50 euro. 


Molte volte nella nostra vita ci buttiamo via, ci calpestiamo e ci infanghiamo a causa delle decisioni che prendiamo e delle circostanze che incontriamo. 

Ci sentiamo come svuotati, senza valore. Ma non importa quello che ci è successo o che ci succederà, voi non perderete mai di valore agli occhi di Dio".

Dio ci dice nel libro del profeta Isaia: 

«Perché tu sei prezioso ai miei occhi, 
perché sei degno di stima e io ti amo, 
do uomini al tuo posto 
e nazioni in cambio della tua vita» 
(Isaia 43,4).


Per Dio tuo Padre, sporco o pulito, a pezzi o tutto intero, sei infinitamente prezioso. Ha dato la vita di Suo Figlio Gesù in cambio della tua.


Non c’è avaro che non si riproponga di fare, un giorno, una spesa ingente; ma arriva la morte e fa realizzare i suoi progetti all’erede.

- Voltaire -




Buona giornata a tutti. :-)


Iscriviti al mio canale YouTube. Grazie!!



martedì 24 settembre 2019

Strategia dell’asino

C’erano una volta un uomo anziano e un vecchio asino. 
Un giorno, l’asino cadde in un pozzo ormai esaurito, ma profondo. 
Il povero animale ragliò tutto il giorno e l’uomo cercò di pensare a come tirarlo fuori dal pozzo. Alla fine, però, pensò che l’asino era molto vecchio e debole, senza contare che da tempo aveva deciso di riempire di terra il pozzo che era ormai prosciugato. 
Decise di seppellire là il vecchio asino. 
Chiese a diversi vicini di aiutarlo; tutti presero una pala e cominciarono a gettare terra nel pozzo. L’asino si mise a ragliare con tutta la forza che aveva. Dopo un po’, però, tra lo stupore generale, dal pozzo non venne più alcun suono. Il padrone dell’asino guardò nel pozzo, credendo che l’asino fosse morto, ma vide uno spettacolo incredibile: tutte le volte in cui veniva gettata una palata di terra nel pozzo, l’asino la schiacciava con gli zoccoli. 
Il suo padrone e i vicini continuarono a gettare terra nel pozzo, e l’asino continuò a schiacciarla, formando un mucchio sempre più alto, finché riuscì a saltare fuori.




Una scimmia da un albero gettò una noce di cocco in testa ad un saggio. L’uomo la raccolse, ne bevve il latte, mangiò la polpa e con il guscio si fece una ciotola.






“Fin da quando nasciamo gli altri ci dicono che il mondo è in un determinato modo, e naturalmente noi non abbiamo altra scelta che accettare che il mondo sia come gli altri ci hanno detto che è. 
Il bambino apprende come deve percepire il mondo per essere pienamente integrato. 
Passo dopo passo, gli viene resa familiare una descrizione del mondo che egli impara a percepire, mantenere e difendere come “la vera realtà”. 
La ragione induce gli uomini a dimenticare che la descrizione è soltanto una descrizione, ma prima che arrivino a capirlo, hanno intrappolato la loro essenza in una gabbia da cui emergono raramente nel corso della vita.”

- Carlos Castaneda -




Buona giornata a tutti. :-)


iscriviti al mio canale YouTube. Grazie!!!





giovedì 19 settembre 2019

L'Ultimo Posto – don Bruno Ferrero

L'Inferno era al completo ormai, e fuori della porta una lunga fila di persone attendeva ancora di entrare. Il diavolo fu costretto a bloccare all'ingresso tutti i nuovi aspiranti.

"E' rimasto un solo posto libero, e logicamente deve toccare al più grosso dei peccatori", proclamò.
"C'è almeno qualche pluriomicida tra voi?".
Per trovare il peggiore di tutti, il diavolo cominciò ad esaminare i peccatori in coda.
Dopo un po' ne vide uno di cui non si era accorto prima.
"Che cosa hai fatto tu?", gli chiese. "Niente. Io sono un uomo buono e sono qui solo per un equivoco".
"Hai fatto certamente qualcosa", ghignò il diavolo, "tutti fanno qualcosa."
"Ah, lo so bene", disse l'uomo convinto, "ma io mi sono sempre tenuto alla larga. Ho visto come gli uomini perseguitavano altri uomini, ma non ho partecipato a quella folle caccia. Lasciano morire di fame i bambini e li vendono come schiavi; hanno emarginato i deboli come spazzatura. Non fanno che escogitare perfidie e imbrogli per ingannarsi a vicenda. Io solo ho resistito alla tentazione e non ho fatto niente. Mai".
"Assolutamente niente?", chiese il diavolo incredulo. "Sei sicuro di aver visto tutto?".
"Con i miei occhi!".
"E non hai fatto niente?", ripeté il diavolo. "No!".
Il diavolo ridacchiò: "Entra, amico mio. Il posto è tuo!". 



Un sant'uomo passeggiava per la città quando si imbatté in una bambina dagli abiti laceri che chiedeva l'elemosina.
Rivolse il pensiero al Signore: "Dio, come puoi permettere una cosa del genere? Ti prego, fa' qualcosa".
Alla sera il telegiornale gli mostrò scene di morte, occhi di bambini moribondi e corpi straziati.
Di nuovo pregò: "Signore, quanta miseria. Fai qualcosa!".
Nella notte, il Signore gli disse chiaramente: "Io ho già fatto qualcosa: ho fatto te!".



“Amerai il tuo prossimo come te stesso”. 
L'indifferenza porta dritti.... all' inferno.

- Don Bruno Ferrero -
Fonte:  Solo il Vento lo sa di Bruno Ferreo, Casa Editrice: ElleDiCi



“Il peccato non è rivelatore dell'uomo, non dice chi siamo veramente; non è dal male che emerge la nostra realtà. L'uomo non coincide col suo peccato, ma con le sue possibilità, con ciò che può diventare, con i semi di vita, con il buon grano che ha in sé. 
Solo il positivo rivela l'uomo, solo la bellezza. La tua bellezza è la tua verità. 
Per questo Gesù perdona, perché vede noi oltre noi, ci vede in un giardino di possibilità. E vede la nostra vita "d'ora in avanti", come una vita che va di inizio in inizio. Di primavera in primavera. L'argomento del giudizio universale, l'argomento del contendere cosmico con Dio, non sarà il male ma il bene. 
Dio non ci chiederà conto di quanto male abbiamo commesso, ma di quanto bene abbiamo compiuto”. 

- Ermes Maria Ronchi -
sacerdote e teologo


Buona giornata a tutti. :-)


iscriviti al mio canale YouTube. Grazie!!!!






giovedì 12 settembre 2019

La partita a scacchi - Paulo Coelho

Disse il giovane all'abate del monastero: "Vorrei tanto essere un monaco, ma non ho imparato niente di importante nella vita. Tutto ciò che mio padre mi ha insegnato è giocare a scacchi, cosa che non serve per l'illuminazione".
"Chi sa che questo monastero non abbia bisogno di svago", fu la risposta.
L'abate, allora, chiese una scacchiera, convocò un monaco e gli disse di giocare con il ragazzo. Ma, prima che la partita cominciasse, aggiunse: "Anche se abbiamo bisogno di svago, non possiamo permettere che stiano tutti a giocare a scacchi. Dunque, terremo qui solo il migliore dei giocatori. Se il nostro monaco perderà, andrà via dal monastero e lascerà un posto libero per te."
L'abate parlava seriamente. 
Il ragazzo sentì che era in gioco la sua vita e cominciò a sudare freddo. 
La scacchiera divenne il centro del mondo. Il monaco iniziò a perdere. Il ragazzo lo incalzò, ma poi notò lo sguardo di santità dell'altro: da quel momento cominciò a fare di proposito le mosse sbagliate. 
In fin dei conti, preferiva perdere, perché il monaco poteva essere più utile al mondo.
All'improvviso, l'abate rovesciò per terra la scacchiera. "Hai imparato molto di più di ciò che ti hanno insegnato - disse -
Ti sei concentrato abbastanza per vincere, sei stato capace di lottare per ciò che desideravi. Poi, hai avuto compassione, ed eri disposto a sacrificarti in nome di una causa nobile. 
Che tu sia il benvenuto nel monastero, perché sai equilibrare la disciplina con la misericordia".

- Paulo Coelho -



Le tentazioni

Uno straniero incontrò il Padre Superiore nel monastero di Sceta. 
"Voglio rendere la mia vita migliore", disse "Ma non riesco a trattenermi dall'avere dei pensieri peccaminosi". 
Il Padre notò che il vento stava soffiando forte fuori, e disse allo straniero: "Fa piuttosto caldo qui. Mi chiedo se tu potessi trattenere un po' di vento là fuori e portarlo qui per rinfrescare la stanza". 
"E' impossibile", rispose lo straniero. 
"E' impossibile anche tenere se stessi dal pensare cose che offendono Dio", rispose il monaco. "Ma, se sai come dire di no alle tentazioni, non ti causeranno alcun danno."

- Paulo Coelho -
da: I racconti del maktub


Buona giornata a tutti :-)







mercoledì 11 settembre 2019

Il Narratore - Jairo Aníbal Niño

Il tiranno venne un giorno a sapere che tra le montagne viveva un formidabile cantastorie e ordinò al suo ministro della guerra di catturarlo.
I soldati lo acchiapparono mentre navigava su una zattera di giunchi odorosi in un lago color della notte.

Lo condussero in catene al palazzo. 
Il despota osservò con minuziosa attenzione le sue mani callose, la sua pelle brunita, le sue larghe e forti spalle. Quando lo guardò negli occhi, l'autocrate si sentì turbato. In quello sguardo scoprì qualcosa di simile a un nuotatore dorato e bronzeo nell'acqua della pupilla. 

Ordinò allora all'uomo che raccontasse una storia. 
Il narratore, minacciato dalle guardie armate, disse con una voce dura da uomo di mare: "Non si può raccontare nessun racconto quando si è incatenati".

Il tiranno fece un cenno con la testa e l'uomo fu liberato dai ferri.
"Racconterò una storia delle terre calde", annunciò il narratore.
Quando cominciò a parlare del viaggio di Fátima Montes e Pedro María Valiente verso il posto dove cresceva il cespuglio dell'allegria, allo scopo di raccogliere i suoi semi e spargere la sua musica e il suo aroma per ogni recesso della fangosa palude, il grande salone del palazzo si trasformò in un luogo in cui scorreva un fiume navigabile e i presenti videro i personaggi della favola viaggiare sotto un cielo d'aironi fino a giungere in un luogo dove s'accamparono, nelle vicinanze di un boschetto d'alberi di guayaba, accanto a delle rosse e succose pere, e s'inumidirono le labbra con la generosa dolcezza delle amarene. Fátima e Pedro stesero una tovaglia bianca sull'erba e apparvero i fiocchi delle focaccine di manioca e come una pioggia d'oro le palline delle uova dei pesci del fiume. 
Dopo mangiato, Fátima cantò la romanza del povero che s'era innamorato di una principessa molto ricca e molto bella. Triste e adirato per il disprezzo e la crudeltà della nobildonna, una notte in cui la luna si mutò nella pupilla di un cavallo magico, il povero immerse il ritratto della principessa in un bicchiere di vino e se la bevve. In quel preciso istante lei si liquefece nei suoi appartamenti del palazzo e dovette continuare a navigare nelle viscere del povero per tutta la vita. 
Quando terminò la melodia, nel salone sorse la pelle di fiore di Fátima Montes e s'intravvidero i suoi occhi d'un nero incandescente, mentre serena e tranquilla si coricava accanto al suo amante sulla sabbia del tropico.
Poi scese la notte sul fiume, cedendo il passo a un gigantesco giaguaro farfalla con fattezze umane che avanzava verso la corrente per abbeverarsi. 

Il giaguaro restò inebetito a guardare il corpo nudo della ragazza, sentì una pioggerella dolce suoi suoi occhi celesti e stupefatto volle palpare il meraviglioso eccitamento che avvertiva per la prima volta nella parte più oscura del petto. 

Con le sue unghie d'acciaio si fece un taglio profondo e, mentre sveniva, il cuore insanguinato gli galoppava tra gli artigli.

Il despota, affascinato dall'abilità del narratore nel convertire in vita le parole e spinto dalla sua grande cupidigia, esclamò: "Adesso ti ordino di raccontare la storia delle miniere del re Salomone".
L'uomo disse: "Non si può mai lasciare una narrazione a metà. Prima bisogna finire questo racconto".
Il tiranno sguainò la spada e grugnì: "E va bene. Finiscilo. Ma alla svelta".
Il cantastorie replicò: "Lo concluderò e avrà un lieto fine".
Il narratore parlò allora delle battaglie che sostennero Fátima e Pedro contro le colombe di vetro che cavano gli occhi agli uomini per alimentarsi con tutte le figure da essi viste durante la vita, che se ne stanno acquattate nel centro della pupilla, e narrò l'incontro con il fiore canterino e le interminabili notti d'attesa tenendosi ben stretti lungo tutto l'orlo del mondo, fino al giorno in cui giunsero a un cascinale illuminato e lì, in un patio verdemare, trovarono il cespuglio dell'allegria.
Il narratore lasciò che i suoi carcerieri, attratti dalla ingioiellata presenza del cespuglio dell'allegria, entrassero poco a poco nel racconto. 


Quando si erano ormai addentrati per varie miglia verso il centro del racconto, il cantastorie esclamò: "Fátima Montes e Pedro María Valiente raccolsero i semi che brillavano nelle loro mani come diamanti e non si resero conto che i loro nemici stavano lentamente stringendo l'accerchiamento fatale. All'improvviso, da uno dei semi scaturì una luce che andò crescendo fino a trasformarsi in in un tapiro gigantesco che sprizzava fiamme dalla proboscide e che si scagliò, in difesa di Fátima e Pedro, contro i loro avversari, distruggendoli".

Il cantastorie scorse, in mezzo all'immensa nuvola di polvere del palazzo abbattuto, il tiranno e i suoi sgherri carbonizzati e disse: "Il racconto è finito".
Guardò il cielo stellato, sorrise e si mise in cammino verso le montagne.

- Jairo Aníbal Niño -
Fonte:  "Preguntario", 1998


"Più mi avvicino e più vedo quanto sono lontano. Ci vuole il coraggio di mille uomini per guardare la Verità, vedere quanto si è lontani da essa, e affrontarla." 


"Devi bussare per cento anni alla porta di Dio per poi capire che la porta non è mai stata chiusa e che in realtà non è mai neppure esistita alcuna porta." 

"Il silenzio è la lingua di Dio, tutto il resto sono cattive traduzioni."

- Jalāl al-Dīn Rūmī -





Non ci si accorge mai abbastanza presto di quanto non si è indispensabili per il mondo. 
Che persone importanti crediamo di essere! 
Immaginiamo di essere i soli ad animare la sfera in cui operiamo; pensiamo che, assenti noi, si fermi ogni cosa: vita, nutrimento e respiro; e non ci accorgiamo che la lacuna che lasciamo si colma molto in fretta, anzi spesso non diventa che il luogo per qualcosa, se non di migliore, per lo meno di più gradevole.

- Johann Wolfgang Goethe -





Preghiera della sera

Eterno Padre, io vi offro oggi tutte le virtù, gli atti,
gli affetti del Cuore del vostro caro Gesù.
Accettateli per me e per i suoi meriti;
concedetemi quelle grazie che Gesù vi domanda per me.
Con questi meriti io vi ringrazio di tante misericordie usatemi.
Con questi soddisfo quello che vi debbo per i miei peccati.
Per questi spero ogni grazia da voi, il perdono, la perseveranza, il paradiso,
e sopra tutto il sommo dono del vostro puro amore.
Vedo già che sono io che a tutto pongo impedimento,
ma a ciò ancora voi rimediate.
Io vi prego per amore di Gesù Cristo il quale ha promesso:
 Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis.
Dunque non me lo potete negare. Signore, io non voglio che amarvi,
che donarmi a voi intieramente, 
e non vedermi più ingrato come sono stato sinora.
Guardatemi ed esauditemi;
fate che oggi sia il giorno ch'io tutto mi converta a voi,
per non lasciare mai più d'amarvi.
V'amo, mio Dio, v'amo, bontà infinita;
v'amo, mio amore, mio paradiso, mio bene, mia vita, mio tutto.
Gesù mio, tutto mio; voi mi volete, io vi voglio.

(Sant’Alfonso Maria de Liguori)


Buona giornata a tutti. :-)


- Iscrivetevi al mio Canale Youtube.
Cliccate una volta su Iscriviti e una volta sulla Campanellina :) Grazie





venerdì 6 settembre 2019

Le tre domande - Lev Tolstoj

 Un giorno, un certo imperatore pensò che se avesse avuto la risposta a tre domande, avrebbe avuto la chiave per risolvere qualunque problema:

• Qual è il momento migliore per intraprendere qualcosa?
• Quali sono le persone più importanti con cui collaborare?
• Qual è la cosa che più conta sopra tutte?

L'imperatore emanò un bando per tutto il regno annunciando che chi avesse saputo rispondere alle tre domande avrebbe ricevuto una lauta ricompensa. Subito si presentarono a corte numerosi aspiranti, ciascuno con la propria risposta. 
Riguardo alla prima domanda, un tale gli consigliò di preparare un piano di lavoro a cui attenersi rigorosamente, specificando l'ora, il giorno, il mese e l'anno da riservare a ciascuna attività. Soltanto allora avrebbe potuto sperare di fare ogni cosa al momento giusto. 
Un altro replicò che era impossibile stabilirlo in anticipo; per sapere cosa fare e quando farlo, l'imperatore doveva rinunciare a ogni futile svago e seguire attentamente il corso degli eventi. 
Qualcuno era convinto che l'imperatore non poteva essere tanto previdente e competente da decidere da solo quando intraprendere ogni singola attività; la cosa migliore era istituire un Consiglio di esperti e rimettersi al suo parere. Qualcun altro disse che certe questioni richiedono una decisione immediata e non lasciano tempo alle consultazioni; se però voleva conoscere in anticipo l'avvenire, avrebbe fatto bene a rivolgersi ai maghi e agli indovini. 
Anche alla seconda domanda si rispose nel modi più disparati. 
Uno disse che l'imperatore doveva riporre tutta la sua fiducia negli amministratori, un altro gli consigliò di affidarsi al clero e ai monaci; c'era chi gli raccomandava i medici e chi si pronunciava in favore dei soldati. 
La terza domanda suscitò di nuovo una varietà di pareri. 
Alcuni dissero che l'attività più importante era la scienza. 
Altri insistevano sulla religione. 
Altri ancora affermavano che la cosa più importante era l'arte militare. L'imperatore non fu soddisfatto da nessuna delle risposte, e la ricompensa non venne assegnata. 
Dopo parecchie notti di riflessione, l'imperatore decise di andare a trovare un eremita che viveva sulle montagne e che aveva fama di essere un illuminato. Voleva cercarlo per rivolgere a lui le tre domande, pur sapendo che l'eremita non lasciava mai le montagne e riceveva solo la povera gente, rifiutandosi di trattare con i ricchi e i potenti. 
Perciò, rivestiti i panni di un semplice contadino, ordinò alla sua scorta di attenderlo ai piedi del monte e si arrampicò da solo su per la china in cerca dell'eremita. 
Giunto alla dimora del sant'uomo, l'imperatore lo trovò che vangava l'orto nei pressi della sua capanna. 
Alla vista dello sconosciuto, l'eremita fece un cenno di saluto col capo senza smettere di vangare. 
La fatica gli si leggeva in volto. Era vecchio, e ogni volta che affondava la vanga per smuovere una zolla, gettava un lamento. 
L'imperatore gli si avvicinò e disse: "Sono venuto per chiederti di rispondere a tre domande: qual è il momento migliore per intraprendere qualcosa? Quali sono le persone più importanti con cui collaborare? Qual è la cosa che più conta sopra tutte?". 
L'eremita ascoltò attentamente, ma si limitò a dargli un'amichevole pacca sulla spalla e riprese a vangare. 

L'imperatore disse: "Devi essere stanco. Sù, lascia che ti dia una mano''. L'eremita lo ringraziò, gli diede la vanga e si sedette per terra a riposare. 
Dopo aver scavato due solchi, l'imperatore si fermò e si, rivolse all'eremita per ripetergli le sue tre domande. 
Di nuovo quello non rispose, ma si alzò e disse, indicando la vanga: , "Perché non ti riposi? Ora ricomincio io''. Ma l'imperatore continuò a vangare. Passa un'ora, ne passano due. Finalmente il sole comincia a calare dietro le montagne. 
L'imperatore mise giù la vanga e disse all'eremita: ''Sono venuto per rivolgerti tre domande. Ma se non sai darmi la risposta ti prego di dirmelo, così me ne ritorno a casa mia''. L'eremita alzò la testa e domandò all'imperatore: "Non senti qualcuno che corre verso di noi?".
L'imperatore si voltò. Entrambi videro sbucare dal folto degli alberi un uomo con una lunga barba bianca che correva a perdifiato premendosi le mani insanguinate sullo stomaco. L'uomo puntò verso l'imperatore, prima di accasciarsi al suolo con un gemito, privo di sensi. 
Rimossi gli indumenti, videro che era stato ferito gravemente. L'imperatore pulì la ferita e la fasciò servendosi della propria camicia che però in pochi istanti fu completamente intrisa di sangue. Allora la sciacquò e rifece la fasciatura più volte, finché l'emorragia non si fu fermata. Alla fine il ferito riprese i sensi e chiese da bere. 
L'imperatore corse al fiume e ritornò con una brocca d'acqua fresca. Nel frattempo, il sole era, tramontato e l'aria notturna cominciava a farsi fredda. L'eremita aiutò l'imperatore a trasportare il ferito nella capanna e ad adagiarlo sul suo letto. L'uomo chiuse gli occhi e restò immobile. 
L'imperatore era sfinito dalla lunga arrampicata e dal lavoro nell'orto. Si appoggiò al vano della porta e si addormentò. 
Al suo risveglio, il sole era già alto. Per un attimo dimenticò dov'era e cos'era venuto a fare. Gettò un'occhiata al letto e vide il ferito che si guardava attorno smarrito. 
Alla vista dell'imperatore, si mise a fissarlo intensamente e gli disse in un sussurro: "Vi prego, perdonatemi". "Ma di che cosa devo perdonarti?", rispose l'imperatore. 'Voi non mi conoscete, maestà, ma lo vi conosco. Ero vostro nemico mortale e avevo giurato di vendicarmi perché nell'ultima guerra uccideste mio fratello e vi impossessaste dei miei beni. Quando seppi che andavate da solo sulle montagne in cerca dell'eremita, decisi di tendervi un agguato sulla via del ritorno e uccidervi. Ma dopo molte ore di attesa non vi eravate ancora fatto vivo, perciò decisi di lasciare il mio nascondiglio per venirvi a cercare. Ma invece di trovare voi mi sono imbattuto nella scorta, che mi ha riconosciuto e mi ha ferito. Per fortuna, sono riuscito a fuggire e ad arrivare fin qui. 
Se non vi avessi incontrato, a quest'ora sarei morto certamente. Volevo uccidervi, e invece mi avete salvato la vita! La mia vergogna e la mia riconoscenza sono indicibili. Se vivo, giuro di servirvi per il resto dei miei giorni e di imporre ai miei figli e nipoti di fare altrettanto. Vi prego, concedetemi il vostro perdono''. 
L'imperatore si rallegrò infinitamente dell'inattesa riconciliazione con un uomo che gli era stato nemico. 
Non solo lo perdonò, ma promise di restituirgli i beni e mandargli il medico e i servitori di corte per accudirlo finché non fosse completamente guarito. Ordinò alla sua scorta di riaccompagnarlo a casa, poi andò in cerca dell'eremita. Prima di ritornare a palazzo, voleva riproporgli le tre domande per l'ultima volta. 
Lo trovò che seminava nel terreno dove il giorno prima avevano vangato. L'eremita si alzò e guardò l'imperatore. "Ma le tue domande hanno già avuto risposta". 
"Come sarebbe?", chiese l'imperatore, perplesso. "Se ieri non avessi avuto pietà della mia vecchiaia e non mi avessi aiutato a scavare questi solchi, saresti stato aggredito da quell'uomo sulla via del ritorno. Allora ti saresti pentito amaramente di non essere rimasto con me. Perciò, il momento più importante era quello in cui scavavi i solchi, la persona più importante ero io, e la  cosa più importante da fare era aiutarmi. 
Più tardi, quando è arrivato il ferito, il momento più importante era quello in cui gli hai medicato la ferita, perché se tu non lo avessi curato sarebbe morto e avresti perso l'occasione di riconciliarti con lui. 
Per lo stesso motivo, la persona più importante era lui e la cosa più importante da fare era medicare la sua ferita. 
Ricorda che c'è un unico momento importante: questo. 
Il presente è il solo momento di cui siamo padroni. 
La persona più importante è sempre quella con cui siamo, quella che ci sta di fronte, perché chi può dire se in futuro avremo a che fare con altre persone? 
La cosa che più conta sopra tutte è rendere felice la persona che ti sta accanto, perché solo questo è lo scopo della vita''. 

Lev Tolstoj -


Il racconto di Tolstoj sembra un brano di letteratura religiosa: non ha nulla da invidiare a qualunque testo sacro. 
Parliamo di servizio sociale, di servire la gente, l'umanità, persone che vivono in un paese lontano, di contribuire alla pace nel mondo, ma spesso dimentichiamo che le persone a cui dobbiamo dedicarci sono innanzitutto quelle che ci vivono accanto. 
Se non sapete servire vostra moglie, vostro marito, i vostri figli, come potrete servire la società? 
Se non sapete rendere felici i vostri figli, come credete di poter rendere felice qualcun altro?



Buona giornata a tutti. :-)


seguimi e iscriviti al mio canale YouTube. Grazie!!!!