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giovedì 17 gennaio 2019

Guida tu la tua canoa - Baden Powell

Quando ero giovane c'era in voga una canzone popolare: «Guida la tua canoa» con il ritornello: «Non startene inerte, triste o adirato. Da solo tu devi guidar la tua canoa». 
Questo era davvero un buon consiglio per la vita.
Nel disegno che ho fatto, sei tu che stai spingendo con la pagaia la canoa, non stai remando in una barca. La differenza è che nel primo caso tu guardi dinnanzi a te, e vai sempre avanti, mentre nel secondo non puoi guardare dove vai e ti affidi al timone tenuto da altri e perciò puoi cozzare contro qualche scoglio, prima di rendertene conto.
Molta gente tenta di remare attraverso la vita in questo modo. Altri ancora preferiscono imbarcarsi passivamente, veleggiando trasportati dal vento della fortuna o dalla corrente del caso: è più facile che remare, ma egualmente pericoloso.
Preferisco uno che guardi innanzi a sé e sappia condurre la sua canoa, cioè si apra da solo la propria strada. Guida tu la tua canoa.

- Baden Powell -





"Sei stato educato a scuola in una classe e non eri che una pecora del gregge. 
Ti hanno insegnato gli elementi generali del sapere e ti è stato insegnato "come imparare". 
Ora spetta a te come individuo di andare avanti e di imparare da solo quelle cose che daranno più forza al tuo carattere e ti permetteranno di riuscire nella vita facendo di te un uomo.”

- Baden Powell -








“Dobbiamo iniziare con l’essere felici 
perché è il più grande servizio che si possa rendere all’umanità.  
Se siamo felici, c’è almeno un luogo di felicità.  
La felicità deve però continuamente accrescersi, 
e si accresce man mano che altre persone diventano un po’ più felici. 
Se nella vostra vita avete reso felice anche una sola persona, 
non avete perduto il vostro tempo; 
se avete fatto felice un cane, oppure una pianta fiorita 
in un giorno di primavera che vi ha dato l’impressione di rispondervi, ne valeva la pena. 
Credo che la nostra vita sia perduta se questo dono, 
che è dentro di noi, non riesce ad essere comunicato. 
Se nessuno vuole il dono che è in voi, 
offritelo a tutti gli esseri, alla vita, al vento! 
Il vento lo porterà a quelli che ne hanno più bisogno… 
E’ il momento di dare! 
Io dono e accolgo coloro che possono avere bisogno”.

- Jean-Yves Leloup -
Da: La montagna nell’oceano


Buona giornata a tutti. :-)



sabato 25 agosto 2018

Umorismo, ultimo dono della preghiera - Alessandro Maggiolini

La preghiera non intristisce?
Non toglie il gusto della vita?
Non rende incapaci di sorridere?
Non lega ad una maschera di ascetica truce?
Non impone il disinteresse per ciò che passa?
Non consegna ad una fatalità senza scampo, a cui occorre soltanto piegarsi, come giunchi al passare della corrente?...
Niente, e così sia: e ci teniamo la nostra mestizia.
Insomma, i credenti che pregano, sanno ancora cantare, raccontare una barzelletta, godere delle cose di ogni giorno?
Nel mondo d'oggi fan da orchestra o da platea?...
Verrebbe voglia di prendere in contropiede le domande.
Davvero viviamo in un mondo che scoppia dalla felicità? 

O ridiamo a comando: quando il comico giunge alla battuta e alla televisione, fuori campo, compare il cartello luminoso: «applausi», e tutti battono le mani come collegiali? 
E il comico è felice, dentro; o fa il mestiere di suscitare l'ilarità? 
E son canti di allegria quelli che si ascoltano al juke-box - e magari non si capisce una parola -, o sono un modo di coprire col rumore una tristezza che non si riesce ad accettare? 
E gli stessi giovani, che dovrebbero essere il domani, la speranza, la freschezza dell'esistenza, son davvero felici, spensierati e serenamente impegnati come talvolta si assicura? O affogano spesso nella noia? O si inaspriscono spesso nella rabbia, nell'odio?
Non vale imbastire polemiche. Ma occorre pure accordarsi su che cosa voglia dire gioia, serenità, pace, allegria.
È il chiasso della bisboccia? È l'evasione dai problemi?
È il darsi pacche sulle spalle? È lo stordirsi fino all'esaurimento?...
Torniamo alla preghiera.
C'è un «test» infallibile per valutare se si tratta di preghiera autentica o di contraffazione. 

Ed è questo: vedere se ci si alza dal colloquio con Dio rasserenati ed impegnati al tempo stesso, o se ci si alza affranti o irritati.
Nel secondo caso, quel che si è fatto non è preghiera: è narcisismo; un guardarsi allo specchio per detestarsi - ne abbiamo tutti i motivi - o per compiacerci - fa tenerezza questa candida e un po' stupida esaltazione di noi stessi -; o è un caricarci di aggressività: il prender coscienza delle esigenze dell'uomo e il buttarci con risentimento, con disperazione nel nostro compito di aiutare i fratelli, camusianamente, senza neppure la consolazione d'avere un Dio da bestemmiare, contro cui avventarci.
No, la preghiera vera è genesi d'umorismo.
D'umorismo, che è cosa diversa dall'ironia e dal sarcasmo. 
L'ironia è atteggiamento freddo, arido, distaccato. 
Il sarcasmo è perfino disprezzo e volontà di distruzione: parte da uno scetticismo cattivo che mette in ridicolo per umiliare, per annientare...
L'umorismo... L'umorismo, dicevo, è frutto della preghiera. Bisogna chiederlo al Signore perché è arte difficile, e non sempre la natura lo consente pienamente.
È un osservare le persone e le cose con simpatia, sapendo cogliere gli aspetti positivi anche là dove tutto sembrerebbe da condannare - il mezzo bicchiere pieno, non il mezzo bicchiere vuoto -; è un riuscire a godere delle vicende più usuali, quelle che càpitano nei giorni qualsiasi e che ci lasciamo scivolare accanto senza neppure badarci... 

E tutto ciò non con l'aria indifferente del disinteressato, dallo scettico blu, ma con la partecipazione cordiale di chi vuole costruire la storia, mutare il mondo, o non so cosa; ma pure non si lascia impaurire dall'ultimo fatto di cronaca: guarda lontano e si impegna come può. 
Come Dio, questo supremo barzellettista e comico che «gioca - dice la Scrittura - nel mondo», ma pure vi è presente fino a morirne...
La preghiera: consola e spinge ad assumere le proprie responsabilità. 

Non c'è ideologia che riesca a consolare una donna brutta. 
Non c'è politica Che riesca ad esigere, col pane, i gerani alla finestra... Eppure si tratta di cose importanti...
Lasciatemi ripetere una frase vieta, amici:
un cristiano triste è un triste cristiano.
Per invitare a pregare.

- Alessandro Maggiolini - 
vescovo di Como 1931 - 2008
da: "Scommettere su Dio", Piemme 1995


Preghiera per il sorriso


O Maria,
rendi il mio amore sorridente.
Fa in modo che il mio sorriso possa esprimere la più pura bontà.
Insegnami a dimenticare con un sorriso 
le mie preoccupazioni e le mie pene
per prestare attenzioni soltanto alla gioia degli altri.
Il mio volto sorridente renda i miei contatti 
con il prossimo più caldi e cordiali
e più ricchi di fraternità.
Conservami il sorriso nelle ore dolorose perchè, 
anche in quei momenti,
io possa continuare a donarmi al prossimo.
Aiutami a custodire in fondo al cuore quella gioia di amare
che si manifesta attraverso il sorriso.
Insegnami, o Maria, a servire il signore con gioia,
sorridendo in qualunque momento della mia vita.
Amen.


Buona giornata a tutti. :-)











martedì 10 aprile 2018

Ode alle donne imperfette e altro - Ada Luz Márquez

Le donne imperfette con orgoglio onorano le rughe e le cicatrici, perché con esse ricordano che sono state, sono e saranno più forti del dolore. 
Le donne imperfette hanno il coraggio di sognare ad alta voce, muovendosi in sincronia da vari mondi, creando una nuova tela in cui sono necessari tutti i colori e l'accettazione dei loro errori come apprendimento prezioso. 
Le donne imperfette rispettano tutta la vita e chiedono rispetto e giustizia per loro. 
Le donne portano radici imperfette ai piedi, ancorate alla Madre Terra. Hanno nei loro passi le antenate, sorelle, figlie e nipoti. 
Danzano attorno ai falò per mantenere viva la fiamma di tutte le donne che sono stati bruciate nel loro essere più imperfette.
Le donne imperfette celebrano l'immenso dono che la vita ha dato loro essere donne, godono della loro sessualità e difendono il diritto fondamentale di possedere i loro corpi e le loro vite. 
Le donne imperfette onorano l'altro, si tengono per mano e si sostengono celebrando i successi delle altre e piangendo insieme per i propri dolori. 
Le donne imperfette scelgono gli uomini imperfetti, sensibili, che camminano sul loro stesso sentiero. 
Le donne imperfette imparano che le loro mestruazioni sono un dono, una potente apertura in altri mondi. Esse comprendono che il dolore è segno di connessione con tutte le donne che le hanno precedute e comporta la riconciliazione con il proprio grembo e il grembo di Madre Terra. 
Le donne imperfette iniziano a ricordano che il sangue non è spazzatura, il proprio sangue è sacro e porta all'alchimia della vita.
Le donne imperfette chiedono giustizia in silenzio per i propri diritti e per la propria femminilità, perchè il silenzio contiene il grido di tutte le donne e il grido di ogni donna ha l'eco di tutte le canzoni, il cielo e tutti i voli, il seme di tutti i fiori. 
Nelle loro pance portano una canzone antica e sono incinte di speranza. Partoriscono le stelle perchè hanno bisogno di Luce. 
Le donne imperfette dicono forte e chiaro che non hanno paura, camminano senza paura e senza amnesia in un mondo pieno di paura. 
Le donne non sono proprietà di chiunque perchè imperfette, loro sono proprietà di loro stesse, non sono la costola di nessuno o l'oggetto del desiderio, nè sono invisibili. 
Sono donne e vogliono essere chiamate Donne. 
Le donne sono incredibilmente perfette quando hanno il coraggio di essere imperfette, quando hanno il coraggio di essere, né più né meno, di essere. 
Le donne imperfette iniziano a sentire il desiderio di ristabilire il contatto con altre donne imperfette e ricordano a tutti che l'anima non dimentica. Ricordano che non sono sole, che non lo sono mai state,e non lo saranno mai. Perché essere imperfette le rende uniche, Uniche per il mondo, per loro stesse e per la loro Libertà". 

- Ada Luz Márquez - 
Ode alle donne imperfette


Paul Baudry, Le rêve


Le rughe dei miei occhi sono raggi di sole. 
Le rughe sulle mie guance sono onde del mare.
Le rughe della mia fronte sono onde di sabbia.
Il mio viso è una tela dove è impresso il paesaggio che ho vissuto, la grande opera infinita che è la vita. 
Il mio viso è la poesia di Madre Terra, scritta sulla mia pelle. 
Le mie risate e le mie lacrime, i miei canti ed i miei silenzi, la vita vissuta ad ogni respiro.
Amo le mie rughe e le mie cicatrici, perché mi ricordano che sono stata, che sono e che sarò sempre più grande di ogni possibile dolore.

- Ada Luz Márquez -



Allegoria della pittura, Artemisia Gentileschi


Disse la vecchia guaritrice dell'anima:
Non fa male la schiena, fa male il carico.
Non fanno male gli occhi, fa male l'ingiustizia.
Non fa male la testa, fanno male i pensieri.
Non fa male la gola, fa male quello che non si esprime o si esprime con rabbia.
Non fa male lo stomaco, fa male quello che l'anima non digerisce.
Non fa male il fegato, fa male la rabbia.
Non fa male il cuore, fa male l'amore.
Ed è proprio lui,
L' amore stesso,
Che contiene la più potente medicina.

- Ada Luz Marquez -



The Vestal Virgin Condemned to Death, 1803, Pietro Saja


Buona giornata a tutti. :-)







venerdì 23 febbraio 2018

La manciata di fagioli – Paul Watzlawick

Prima di morire, una giovane moglie strappa al marito la promessa solenne di non avere relazioni con altre donne dopo la sua morte. “Se tu non mantieni la promessa, il mio spirito ritornerà e non ti darà pace.” 
Per un po’ l’uomo le si mantiene fedele, ma dopo alcuni mesi conosce un’altra donna e se ne innamora. 
Poco dopo comincia a presentarglisi ogni notte un fantasma, che lo accusa di aver mancato alla parola data. 
Che si tratti di un fantasma è per l’uomo fuori discussione, perché esso si dimostra informato non solo su ciò che avviene quotidianamente tra lui e la nuova donna, bensì anche riguardo a pensieri segreti, speranze e sentimenti.
Quando la situazione gli diventa insopportabile, l’uomo si rivolge a un maestro zen e gli chiede un consiglio. “La sua prima moglie è diventata un fantasma ed è a conoscenza di tutto ciò che lei fa,” gli spiegò il maestro.
“Qualunque cosa lei faccia o dica, ogni suo gesto nei confronti della donna che ama, il fantasma lo sa. Deve essere perciò uno spirito sapientissimo e lei dovrebbe in realtà esserne meravigliato. 
La prossima volta che appare, faccia un patto con lui: gli dica che è molto bene informato e che non si può nascondergli nulla, ma che lei romperà il suo fidanzamento e non si risposerà solo se risponderà a una domanda.”
“Che domanda devo porgli?” chiese l’uomo.
Il maestro rispose: “Prenda una bella manciata di fagioli e gli chieda se saprebbe dirne il numero esatto.
Se non saprà rispondere, lei avrà la certezza che si tratta di un parto della sua fantasia e non sarà più disturbato.”
Quando la notte successiva il fantasma della moglie si ripresentò, egli lo lusingò facendo le lodi della sua saggezza.
“Infatti,” rispose il fantasma, “so anche che oggi sei andato da un maestro zen.”
“E allora, visto che sai tante cose,” ribatté l’uomo, “dimmi quanti fagioli ho in mano.”

- Paul Watzlawick - 
Istruzioni per rendersi infelici


Da un essere umano, che cosa ci si può attendere?
Lo si colmi di tutti i beni di questo mondo, lo si sprofondi fino alla radice dei capelli nella felicità, e anche oltre, fin sopra la testa, tanto che alla superficie della felicità salgano solo bollicine, come sul pelo dell’acqua; gli si dia di che vivere, al punto che non gli rimanga altro da fare che dormire, divorare dolci e pensare alla sopravvivenza dell’umanità; ebbene, in questo stesso istante, proprio lo stesso essere umano vi giocherà un brutto tiro, per pura ingratitudine, solo per insultare.
Egli metterà in gioco perfino i dolci e si augurerà la più nociva assurdità, la più dispendiosa sciocchezza, soltanto per aggiungere a questa positiva razionalità un proprio funesto e fantastico elemento.
Egli vorrà conservare le sue stravaganti idee, la sua banale stupidità…”
Queste parole uscirono dalla penna dell’uomo che Friedrich Nietzsche considerava il più grande psicologo di tutti i tempi: Fédor Michajlovic Dostoevskij.
E tuttavia esse esprimono, anche se in forma piacevole e convincente, ciò che la saggezza popolare conosce da sempre: nulla è più difficile da sopportare di una serie di giorni felici.
È giunta l’ora di farla finita con la favola millenaria secondo cui felicità, beatitudine e serenità sono mete desiderabili della vita. 
Troppo a lungo ci è stato fatto credere, e noi ingenuamente abbiamo creduto, che la ricerca della felicità conduca infine alla felicità.

- Paul Watzlawick -
Istruzioni per rendersi infelici


sabato 20 gennaio 2018

La storia del martello – Paul Watzlawick

Un uomo vuole appendere un quadro. 
Ha il chiodo, ma non il martello. 
Il vicino ne ha uno, così decide di andare da lui e di farselo prestare. 
A questo punto gli sorge un dubbio: e se il mio vicino non me lo vuole prestare? Già ieri mi ha salutato appena. Forse aveva fretta, ma forse la fretta era soltanto un pretesto ed egli ce l’ha con me. 
E perché? Io non gli ho fatto nulla, è lui che si è messo in testa qualcosa. 
Se qualcuno mi chiedesse un utensile, io glielo darei subito. 
E perché lui no? Come si può rifiutare al prossimo un così semplice piacere? Gente così rovina l’esistenza agli altri. 
E per giunta si immagina che io abbia bisogno di lui, solo perché possiede un martello. 
Adesso basta! 
E così si precipita di là, suona, il vicino apre, e prima ancora che questo abbia il tempo di dire “Buon giorno”, gli grida: “Si tenga pure il suo martello, villano!”


- Paul Watzlawick - 
da: "Istruzioni per rendersi infelici"



L’Inferno di Dante è di gran lunga più geniale del suo Paradiso; lo stesso vale per il Paradiso perduto di Milton, in confronto al quale il Paradiso riconquistato è del tutto insipido; la caduta, nella Leggenda di ognuno di Hugo von Hofmannstahl, è appassionante, mentre l’intervento finale degli angioletti salvatori fa una penosa impressione; il Faust I commuove fino alle lacrime, il Faust II fa sbadigliare. 
Parliamoci chiaro: cosa e dove saremmo senza la nostra infelicità? 
Essa ci è, nel vero senso della parola, dolorosamente necessaria.

- Paul Watzlawick - 
da: "Istruzioni per rendersi infelici"

venerdì 29 dicembre 2017

Il linguaggio del cagnolino - Don Mauro Manzoni

Rincasavo frettolosamente nel tardo pomeriggio, desideroso solo di una buona doccia e il solito riposino sul divano. 
Ero stressato e un po' nervoso per dei problemi sorti al lavoro. 
Giornata di metà autunno, con una pioggerellina che entrava nelle ossa. Lungo la strada del ritorno, ho incontrato i soliti poveri, ai quali ho dato i soliti spiccioli, ricambiato dai soliti cenni di ringraziamento, ma con la solita insoddisfazione che mi rimaneva dentro dopo quel piccolo gesto di carità. 
Era facile, troppo facile, mettere le mani in tasca e sentirsi a posto in coscienza. 
Stavo attraversando la strada che porta a casa mia, quando mi sono accorto che dietro di me camminava un cagnolino tutto bagnato, col pelo arruffato. 
Mi fermavo e lui si fermava. Camminavo e lui camminava. 
Davanti al portone di casa ho tentato di accarezzarlo, ma lui si allontanava per poi ritornare vicino. 
L'acqua che scendeva la vinse sulla curiosità ed entrai in casa. 
Affacciandomi alla finestra vidi il cagnolino seduto con la testa che guardava in su verso la mia finestra. Allora decisi che aveva fame, scesi e offrii un po' di pane e un po' di latte in una scodella. Ma non dette neanche uno sguardo al cibo, fissava i miei occhi, facendo due passi indietro e ritornando vicino a me. Per tre o quattro volte si allontanava da me e poi ritornava. 
Non conoscendo affatto il linguaggio canino, intuii però che dovevo seguirlo. E così feci. Mi condusse ai margini di un prato, vicino ad un cespuglio robusto. Si sdraiò davanti ad una cagnolina che stava allattando quattro cuccioli. 
La bellezza di quella scena mi riempì il cuore di tenerezza e gli occhi di lacrime. 
Prima, non ha voluto né acqua né cibo, voleva solo che fossi presente. 
Non conosco il linguaggio degli animali, chissà quante volte non ho capito quello delle persone!

- Don Mauro Manzoni -



Per trovare la felicità, bisogna cercare la felicità degli altri. 
Il migliore, l'unico modo di servire se stessi, è servire gli altri uomini.

- Leone Tolstoi -


Non fidatevi di chi vi distrae dalla vera ricchezza, che siete voi, dicendovi che la vita è bella solo se si hanno molte cose; diffidate di chi vuol farvi credere che valete quando vi mascherate da forti, come gli eroi dei film, o quando portate abiti all'ultima moda. 
La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una "app" che si scarica sul telefonino: nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell'amore.

Papa Francesco -
Omelia 24 aprile 2016, Giubileo dei Ragazzi e delle Ragazze


Buona giornata a tutti. :-)













martedì 8 agosto 2017

da: "L'osteria volante" di Chesterton Gilbert Keith

«Sai, Hump», disse, «penso che gli uomini d'oggi hanno delle idee completamente sbagliate sulla vita umana. 
Sembrano aspettarsi dalla Natura quello che la Natura non ha mai promesso e fanno di tutto per distruggere quello che la Natura ha effettivamente dato. 
In tutte le cappelle atee degli Ivywood non si fa altro che parlare di Pace, della Pace Perfetta, della Pace Assoluta, della Gioia Universale e dei Cuori che battono all'unisono. 
Ma poi non sembrano particolarmente sereni: non appena finito di parlare, cosa fanno? 
Distruggono migliaia di scherzi magnifici, di storie magnifiche, di canzoni magnifiche e di amicizie magnifiche... 
«Insomma,» continuò, «mi sembra che sia chiedere troppo, per ottenere troppo poco. 
Non so se Dio voglia che gli uomini siano felici nel senso di una Felicità totale e assoluta. Ma sono sicuro che Dio vuole che gli uomini si divertano un pò; e, per quanto mi riguarda, intendo continuare a divertirmi. 
Forse il mio cuore non sarà appagato, ma almeno sarà gratificata la mia natura. I cinici, che si credono tanto intelligenti, hanno un motto, "Sii buono e sarai felice, anche se non ti divertirai." 
I cinici, come al solito, si sbagliano in pieno: sono in possesso dell'esatto opposto della verità. 
Io non ho mai fatto particolari sforzi per essere buono, Dio me n'è testimone; ma anche un mascalzone, a volte, si ritrova a dover combattere contro il mondo intero, proprio come i santi. 
Ho combattuto contro il mondo intero, et militavi non sine... come si dice, in latino, "spassarsela"? 
Non potrò certo aspirare alla Pace e alla Gioia e via dicendo, men che meno qui, tra i miei cespugli di erica. 
Non sono mai stato felice, Hump, ma mi sono divertito molto.» 

- Chesterton Gilbert Keith - 
da: "L'osteria volante", ed. Lindau



Rimase lì immobile piuttosto a lungo, senza dire una parola. 
Nel profondo della melma indurita del suo cervello da materialista, si agitavano due cose, i suoi nemici storici: l'antica favola, secondo cui si può credere a qualunque cosa, e il moderno scetticismo, secondo cui non si può credere a niente, nemmeno a quello che si vede con i propri occhi. 
Non c'era nessuna insegna, nessun segno di un'insegna in tutto il paesaggio.
Sul volto avvizzito del vecchio Marne si scorgeva una fioca rinascita di quella risata che, dal Medioevo, è rimasta in letargo. 

- Chesterton Gilbert Keith -
da: "L'osteria volante", ed. Lindau




«I pensieri più profondi sono luoghi comuni», disse Dalroy. 
«È per questo che credo nella Democrazia, al contrario di te, brutto e sporco Conservatore Britannico. 
E il luogo comune più profondo di tutti è quel "Vanitas Vanitatum" che non è pessimismo, ma l'esatto opposto del pessimismo. 
È la vanità dell'uomo che ci spinge a pensare che debba essere un Dio. 
Penso a questa galleria e a quel povero vecchio pazzo che si aggirava sul prato mentre la costruivano, l'animo infiammato di aspettative per il futuro. 
Già vedeva il mondo cambiato e i mari gremiti delle sue nuove imbarcazioni; e adesso,» e la voce di Dalroy si spezzò, «adesso tutto quel che rimane è un buon pascolo per l'asino e una quiete assoluta.»
«Sì,» disse Pump, facendogli capire di sapere benissimo che stava pensando anche a qualcos'altro. Il Capitano continuò sognante:
«E penso a un altro Lord Ivywood che passerà alla storia: anche la sua visione è grandiosa. Sì, dopotutto si tratta di una grandiosa visione e Ivywood sarà anche presuntuoso, ma è coraggioso. 
Anche lui vuole scavare una galleria - tra l'Oriente e l'Occidente - per rendere più inglese l'Impero Indiano; per compiere ciò che lui chiama "l'orientalizzazione" dell'Inghilterra, e che io chiamo la rovina della cristianità. E mi chiedo se l'ingegno acuto e la coraggiosa volontà di un pazzo siano davvero abbastanza forti per scavare come sembra quella galleria. 
O se invece, nella vostra Inghilterra, ci sia ancora abbastanza vitalità per lasciare la sua galleria nello stato di questa, sommersa dalle foreste inglesi e consumata dal mare inglese». 

- Chesterton Gilbert Keith
da: "L'osteria volante", ed. Lindau



Buona giornata a tutti. :-)