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lunedì 3 settembre 2018

Consigli per l'anno scolastico - Mons. Alessandro Maggiolini

Non crediate che una pagina letta, magari velocemente e distrattamente vi stia nella memoria per l'eternità. Tabelline. Alfabeto latino e greco. Ortografia. 
Arricchimento di vocaboli, per non parlare con la sciatteria della televisione. Procedimenti algebrici. Perché no? 
Qualche brano di poesia a memoria: quelle espressioni che prendono e che accendono la fantasia e che potete recitare nei momenti di silenzio forzato. Non stancatevi di ripetere le formule e le frasi più chiare e seducenti. Soprattutto se si tratta di lingue straniere, bisognerà esercitarsi con monotonia e con testardaggine così che parole e frasi si fissino nella mente e, parlando o scrivendo, non abbiate ad arrestarvi ogni istante per scartabellare mentalmente un vocabolario che non avete a portata di mano. 
Costanza. Persistenza. 
La memoria è la facoltà che dimentica. Soprattutto quando, come oggi, non viene esercitata.

- Mons. Alessandro Maggiolini -
(Il Giornale, 2 ottobre 2007)
 




Educare è equipaggiare il motore di una barca...

Serve prendere le misure, pesare, equilibrare...

e mettere tutto in funzione.
Ma per questo si deve avere nell'animo un po' del marinaio... un po' del pirata... un po' del poeta... e un chilo e mezzo di pazienza concentrata.
Ma è consolante sognare, mentre si lavora, che quella barca, quel bambino, prenderà il largo, se ne andrà lontano.
Sognare che quel bastimento porterà il nostro carico di parole verso porti distanti, verso isole lontane.
Sognare che quando si sarà messa a dormire la nostra barca, nuove barche porteranno inalberata la nostra bandiera.

- Gabriela Mistral -
pseudonimo di Lucila de Marìa del Perpetuo Socoro Godoy Alcayga 
1889, 1957, Premio Nobel per la letteratura nel 1945  




Preghiera dell’Insegnante

Fa che io sia più madre di una madre
nel mio amore e nella difesa del bambino
che non è sangue del mio sangue.

Aiutami affinchè ognuno

dei “miei” bambini
diventi la poesia migliore.

E nel giorno in cui non canteranno più

le mie labbra,
lascia dentro di lui o di lei
la più melodiosa delle melodie.


- Gabriela Mistral -

La oracion de la maestra

Dame el ser más madre que las madres,
para poder amar y defender como ellas
lo que no es carne de mis carnes.
Dame que alcance a hacer de una
de mis niñas
mi verso perfecto
y a dejarte en ella clavada
mi más penetrante melodía,
para cuando mis labios no canten más.

- Gabriela Mistral -


Buon anno scolastico!!!




giovedì 18 gennaio 2018

15 consigli per educare i nostri figli

Dal Metodo educativo di Maria Montessori abbiamo estrapolato 15 principi che possono essere considerati validi anche oggi, a distanza di quasi un secolo:

1. Educate con l’esempio: mamma e papà devono essere il migliore esempio per i figli. I bambini sono come spugne, apprendono da tutto ciò che li circonda: non solo dalle parole, ma soprattutto dai fatti.

2. Non criticateli sempre e soprattutto in pubblico: diventeranno degli adulti frustrati e saranno portati a giudicare il prossimo.

3. Elogiateli in maniera sincera per i comportamenti positivi che mettono in atto. Gli elogi li aiuteranno ad imparare a dare valore alle cose.

4. Non siate ostili e arrabbiati in loro presenza o nei loro confronti. Tenderanno a litigare più frequentemente se avranno a che fare con dei genitori perennemente arrabbiati.




5. Non ridicolizzateli mai o avranno una bassa autostima che sfocerà in una forte timidezza che difficilmente riusciranno a debellare nel corso del tempo.

6. Abbiate fiducia nelle loro capacità e nei loro sogni, aiutateli ad accrescere la loro autostima in modo da potersi relazionare agli altri dando loro fiducia a loro volta.

7. Mai sottovalutarli e dire loro che non potranno mai riuscire ad ottenere un obiettivo che si prefiggono o rischieranno di sviluppare sentimenti di frustrazione e tristezza, oltreché sensi di colpa.

8. Ascoltateli e rendeteli partecipi: si sentiranno importanti e svilupperanno fiducia in sé stessi poiché capiranno che tenete in alta considerazione le loro idee e opinioni.

9. Date loro tutte le cure e l’amore di cui siete capaci. Sentendosi amati impareranno a trovare l’amore nel mondo.


10. Non parlate mai male dei vostri bambini, né in loro presenza, né tantomeno quando sono assenti.

11. Curate la crescita emotiva dei vostri figli: un genitore ha il dovere di prestare grande attenzione alle competenze sociali ed emozionali proprie e dei propri figli, coltivando con impegno queste abilità del cuore.

12. Non ignorateli mai, ma rispondete sempre quando vi parlano o cercano di comunicarvi qualcosa.

13. Tutti sbagliamo, anche i bambini, devono poterlo fare per imparare a vivere: davanti ai loro errori, rispettateli comunque. Gli sbagli saranno corretti nel tempo.

14. “Aiutiamoli a fare da soli”: aiutateli quando è necessario, ma abbiate anche la pazienza di lasciarli liberi di commettere errori in modo che trovino la strada migliore da sé.
15. Rivolgetevi ai vostri figli con gentilezza, con positività e affetto: è sicuramente il primo passo per garantire loro un sano equilibrio affettivo. Cercate sempre di offrire loro il meglio di voi. Ve ne saranno sempre grati!


E tu, lo sai cosa sei?
Sei una meraviglia.
Sei unico.

In tutti gli anni che sono trascorsi
non c'è mai stato un altro bambino come te.

Le tue gambe, le tue braccia,
le tue dita abili,
il modo in cui ti muovi.

Potrai diventare uno Shakespeare,
un Michelangelo,
un Beethoven.

Hai la capacità di fare qualunque cosa:
ricavare cibo dalla terra o fare,
di tanti piccoli mattoni,
una grande casa;
guidare un treno,
pilotare un aereo
o insegnare matematica.

Si, sei una meraviglia.


E quando crescerai,
potrai allora far del male a un altro che sarà,
come te, una meraviglia?


Bisogna lavorare - tutti noi dobbiamo lavorare -
per rendere il mondo degno dei suoi bambini.

- J.Canfield & M.V.Hansen -

Fonte: “Brodo caldo per l'anima” di  Jack Canfìeid e  Mark Victor Hansen,  Armenia Edizioni, 2004


A Francesca. 
Che il Signore ti benedica e ti protegga.





sabato 2 dicembre 2017

I sette strumenti musicali

C’era una volta un complesso di sette strumenti musicali: erano un pianoforte, un violino, una chitarra classica, un flauto, un sassofono, una cornetta e una batteria.
Vivevano nella medesima stanza, ma non andavano d’accordo. 
Erano così orgogliosi che ognuno pensava di essere il re degli strumenti e di non aver bisogno degli altri. 
Non solo, ma ciascuno voleva suonare le melodie che aveva nel cuore e non accettava di eseguire uno spartito. 
Tutti ritenevano ciò una imposizione intollerabile che violava la loro libertà di espressione.
Quando al mattino si svegliavano ognuno cominciava a suonare liberamente le proprie melodie e per superare gli altri usava i toni più forti e violenti.
 

Risultato: un inferno di caotici rumori.

Una notte capitò che la batteria non riuscisse a chiudere occhio per il nervoso. Per passare il tempo cominciò a scatenarsi con le sue percussioni. 
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. 
Per la prima volta tutti gli strumenti si trovarono d’accordo su una cosa: la decisione di andare ognuno per conto suo.
Stavano per uscire quando alla porta bussò una bacchetta con uno spartito in cerca di strumenti da dirigere.
Parlando con garbo e diplomazia chiese loro di fare una nuova esperienza, quella di suonare ognuno secondo la propria natura, ma con note, ritmi e tempi armonizzati.
“Con un occhio guardate lo spartito, con l’altro i miei cenni, dopo che avrò dato il via, disse la bacchetta”.
Un po’ perché erano molto stanchi del caos in cui vivevano, un po’ per la curiosità di fare una nuova esperienza, accettarono.
Si misero a suonare con passione dando ognuno il meglio di se stesso e con una obbedienza totale alla bacchetta… magica.
A mano a mano che andavano avanti si ascoltavano l’un l’altro con grande piacere. Quando la bacchetta fece il cenno della fine un’immensa felicità riempiva il loro cuore: avevano eseguito il famoso Inno alla gioia di Beethoven.

Cosa mi dice questa storia :

L'essere umano non e' nato per vivere da solo, dunque per vivere in una comunita' sono importantissime le regole che comportano diritti e doveri. 
La libertà assoluta non può che andare a ledere la libertà degli altri, per cui e' necessario trovare dei compromessi affinchè si rispettino gli altri ed al tempo stesso gli altri rispettino noi.
Da qui l'importanza dell'insegnamento dell'educazione civica, sin dai primi mesi di vita da parte dei genitori , della scuola e della comunità.

Insomma, non pensiamo sempre col nostro ego, ma proviamo a metterci sempre dall'altra parte e vedere se saremmo felici che qualcuno ci faccia quello che noi stiamo facendo.

(dal web)


Ci sono le divisioni sociali e ci sono le disuguaglianze economiche; opulenza e miseria. Razionalmente e cristianamente esse andrebbero vagliate in un confronto dialettico, sistemi elettorali, dialoghi, indagini, e altri metodi di pace. Se chi governa, governa nell’interesse del popolo, non dovrebbe alimentare con stampa e comizi, le discordie, che massacrano la comunità..

- Igino Giordani - 
 L’unico amore, Città Nuova, 1974 p.138




Far ritornare la società attuale alla carità dei primi cristiani non sarà mai possibile se i membri della conquista non siano essi stessi l'esempio pratico. 
Si legge nelle prime storie del cristianesimo che i pagani si convertivano non tanto per i miracoli, quanto piuttosto per il disprezzo che i primi cristiani avevano della gloria e del denaro.
Allora, se i miracoli non sono bastati per convertire il mondo pagano, occorrerà trovare i mezzi più adatti. E il mezzo più adatto, anzi il più efficace, credo sia la santità della nostra vita.

Sia dunque la nostra vita santa, ma di quella santità che si presenta come modello da imitare.

- beato don Luigi Monza -

martedì 7 novembre 2017

La ginnastica vista da un genitore che ha capito...

"La ginnastica vista da un genitore che ha capito...
Un amico chiede: "Perchè continui a pagare soldi per far fare ginnastica ai tuoi figli?"
Beh, devo confessarvi che io non pago per far fare ginnastica ai miei figli; personalmente non può importarmi di meno della ginnastica.
Quindi se non sto pagando per la ginnastica per cosa sto pagando?
» Pago per quei momenti in cui i miei figli son così stanchi che vorrebbero smettere ma non lo fanno;
» Pago per quei giorni in cui i miei figli tornano a casa da scuola troppo stanchi per andare in palestra ma ci vanno lo stesso;
» Pago perchè i miei figli imparino la disciplina;
» Pago perchè i miei figli imparino ad aver cura del proprio corpo;
» Pago perchè i miei figli imparino a lavorare con gli altri e a essere buoni compagni di squadra;
» Pago perchè i miei figli imparino a gestire la delusione quando non ottengono la vittoria che speravano di avere ma devono ancora lavorare duramente;
» Pago perchè i miei figli imparino a crearsi degli obiettivi e a raggiungerli;
» Pago perchè i miei figli imparino che ci vogliono ore ed ore ed ore di duro lavoro e allenamento per creare una ginnasta, e che il successo non arriva da un giorno all'altro.. 
» Pago per l'opportunità che hanno e avranno i miei figli, di fare amicizie che durino una vita intera;
» Pago perchè i miei figli possano stare su una pedana anzichè davanti a uno schermo. 


Potrei andare avanti ancora ma, per farla breve, io non pago per la ginnastica ; pago per le opportunità che la ginnastica da ai miei figli di sviluppare qualità che serviranno loro per tutta la vita e per dar loro l'opportunità di far del bene alla vita degli altri. 
E da quello che ho visto finora penso che sia un buon investimento."



“Lasciateci descrivere l'educazione dei nostri uomini. Come deve quindi essere l'educazione? Forse potremo difficilmente trovare qualcosa di meglio di quanto ha già scoperto l'esperienza del passato, la quale consiste, io credo, nella ginnastica, per il corpo, e nella musica per la mente.” 

- Platone -



Dunque, gli appassionati di uno sport sostengono che quello sport è intrinsecamente migliore di un altro. 
Per me, tutti gli sport sono occasioni in cui altri esseri umani ci spingono ad eccellere. 

da: L'attimo fuggente



Sapete perché la gente ama lo sport? Perché nello sport c'è giustizia. Perché nello sport, prima o poi, trionfa la giustizia. Perché nello sport, prima o poi, i conti tornano, arrivano i nostri, vincono i buoni. 

- Marco Pastonesi -


Buona giornata a tutti. :-)






lunedì 18 settembre 2017

Quando i figli ci “divorano” - don Bruno Ferrero


Il guaio di avere un figlio è che poi uno ce l’ha davvero. 
E un figlio non è un bambolotto, né un piccolo robot e neppure un cagnolino. Quando un bambino diventa esasperante, non si può premere un bottone per farlo smettere.
La salmodia dei genitori che si sentono “divorati” dai figli riempie bar e uffici: «Mia figlia, che ha due anni, mi segue dappertutto, e non fa che chiedere», «Non fa altro che ribellarsi tutto il giorno, siamo sempre in conflitto. Quando non ne posso più, lo chiudo in camera sua. E’ una lotta continua, estenuante», «Piange per un niente. Ho i nervi a pezzi», «Per qualunque cosa entra in conflitto, dice no a tutto, è violento, piange, picchia, si rotola per terra, mai una volta che le cose si svolgano in modo tranquillo», «Sono tre anni che non riesco a dormire una notte intera!», « Mia figlia mi sta tra i piedi tutto il giorno: non mi molla un attimo, mi sta appiccicata. Mi succhia il sangue da quando è nata». 
Molti genitori hanno davvero la sensazione che i figli li mangino, che si nutrano del loro tempo, delle loro attenzioni, dei loro soldi, della loro vita. Permettere che questa sensazione si faccia strada nei rapporti quotidiani può rendere la vita pesante e creare un effetto “tunnel” velenoso. I genitori si sentono usati e non riescono più a godere il tempo trascorso con i figli, diventa così difficile anche regalare loro gesti d’amore e di tenerezza.

Possono essere utili alcune semplici riflessioni.

La prima cosa da fare è liberarsi dagli stereotipi che condizionano e mortificano:

- Quello della donna pimpante, in piena forma, che si divide tra figli, marito, lavoro, sempre calma e disponibile, tutto amore per i suoi cari.
- Quello dell’uomo dinamico, che si divide tra moglie, figli, lavoro e si destreggia  allegramente tra cellulare, carrozzina, giocattoli.
- Quello della famiglia «Mulino Bianco» dove è tutto perfetto, a colazione il sole brilla e tutti sono belli, gentili e allegri.

Si tratta di prendere seriamente la realtà: nessuno ha mai detto che sia facile essere genitori, non per questo deve essere considerato un lavoro forzato: non si è genitori per dovere. 
C’è  una certa normalità nel sentirsi di tanto in tanto nervosi, consumati da coloro che vivono con noi. 
Imparare a convivere significa necessariamente mettere in conto di imparare a gestire le proprie aggressività. 
Non esiste amore vero senza trattamento adeguato dell’ aggressività in cui possano essere superati il conflitto, lo scontro, la critica e questo sia nei rapporti genitori-figli, sia nei rapporti di coppia o di amicizia.

I genitori hanno però il diritto di sbuffare, quanto più potranno esprimere e soprattutto condividere le proprie esasperazioni, tanto meno terranno tutto nascosto dentro di sé e lo faranno pesare sui figli.

- È importantissimo però ricordare e raccontare, tutte le volte che si può, i momenti felici e le intense emozioni vissuti con i figli. 
Il potere del ricordo è trasformante.
- Amare non significa dare tutto e permettere tutto.
- Essere un bravo genitore non vuol dire accettare qualunque cosa.
- Significa non temere di dire “no”.
- Significa farsi rispettare e non lasciarsi divorare sempre.
- Significa dare senza perdersi.
- Anche i figli devono essere accompagnati a poco a poco ad accettare il principio di realtà e la realtà esteriore.

Bisogna far uscire i figli  dall'illusione dell'onnipotenza: è questa una delle missioni dei genitori.

I limiti posti nel modo giusto strutturano e non traumatizzano. Un fiume senza sponde si trasforma in una palude. Anche una famiglia. 
Il genitore che vuole essere sempre e solo buono, a costo di crollare, trasmette un messaggio ambiguo. Ciò che il bambino registra non è di avere un genitore buono, bensì fragile, cosa nient’affatto rassicurante.
I genitori devono essere felici della propria vita di uomo o di donna per non chiedere ai figli ciò che non possono dare, tenersi alla giusta distanza da loro, non essere né troppo lontani, né troppo assenti, né troppo intrusivi. Allevare un figlio non vuol dire cercare di conquistarlo. 
Significa aiutarlo a non farsi sottomettere dall'onnipotenza delle sue pulsioni, a imparare a rinunciare o a rimandare la soddisfazione dei suoi desideri.

È importantissima una buona gestione del tempo.
La vita familiare richiede un minimo di organizzazione o cola a picco nello stress. 

È vitale evitare lo zapping frenetico da un'attività all'altra. 
I genitori sappiano prendersi il tempo di respirare, di creare una camera di decompressione per riprendere fiato quando non se ne può più. 
È salutare accorgersene e cercare allora di far calare la pressione prima di rientrare in contatto con i figli: fermarsi un minuto a gustarsi un caffè, telefonare, leggere qualche pagina, non correre, camminare lentamente mentre si va all'asilo, ascoltare musica, ecc.

Sapendo che talvolta bisognerà sacrificare le faccende domestiche e le commissioni per fare il genitore: per ascoltare, per dare e per amare i propri figli come anche per giocare, ridere, fare i “matti”. 
È importante trasformare i momenti obbligati in momenti di condivisione, facendo dei piccoli incarichi domestici occasioni di scambio e di educazione concreta alla responsabilità: in famiglia tutti devono dare una mano.

È necessario anche aiutare il bambino ad acquisire la capacità di stare da solo per periodi progressivamente più lunghi via via che cresce, sviluppando in lui il gusto della lettura, della passione per qualche attività. Bisogna anche aiutarlo a inserirsi nell’oratorio, in una squadra sportiva, ecc. in modo che il ritrovarsi insieme come famiglia sia sempre un momento di intenso e vero piacere.

- don Bruno Ferrero -





                                                            Buona giornata a tutti. 




mercoledì 19 luglio 2017

Il bullismo ai tempi di "Cuore" - Edmondo De Amicis

Un tratto generoso
26, mercoledì

E si diede a conoscere appunto questa mattina, Garrone. 
Quando entrai nella scuola, - un poco tardi, ché m'avea fermato la maestra di prima superiore per domandarmi a che ora poteva venir a casa a trovarci, - il maestro non c'era ancora, e tre o quattro ragazzi tormentavano il povero Crossi, quello coi capelli rossi, che ha un braccio morto, e sua madre vende erbaggi. 
Lo stuzzicavano colle righe, gli buttavano in faccia delle scorze di castagne, e gli davan dello storpio e del mostro, contraffacendolo, col suo braccio al collo. Ed egli tutto solo in fondo al banco, smorto, stava a sentire, guardando ora l'uno ora l'altro con gli occhi supplichevoli, perché lo lasciassero stare. Ma gli altri sempre più lo sbeffavano, ed egli cominciò a tremare e a farsi rosso dalla rabbia. 
A un tratto Franti, quella brutta faccia, salì sur un banco, e facendo mostra di portar due cesti sulle braccia, scimmiottò la mamma di Crossi, quando veniva a aspettare il figliuolo alla porta, perché ora è malata. 
Molti si misero a ridere forte. Allora Crossi perse la testa e afferrato un calamaio glielo scaraventò al capo di tutta forza, ma Franti fece civetta, e il calamaio andò a colpire nel petto il maestro che entrava. 
Tutti scapparono al posto, e fecero silenzio, impauriti. 
Il maestro, pallido, salì al tavolino, e con voce alterata domandò: - Chi è stato? Nessuno rispose. 
Il maestro gridò un'altra volta, alzando ancora la voce: - Chi è? Allora Garrone, mosso a pietà del povero Crossi, si alzò di scatto, e disse risolutamente: - Son io. 
Il maestro lo guardò, guardò gli scolari stupiti; poi disse con voce tranquilla: - Non sei tu. E dopo un momento: - Il colpevole non sarà punito. S'alzi! 
Il Crossi s'alzò, e disse piangendo: - Mi picchiavano e m'insultavano, io ho perso la testa, ho tirato... 
- Siedi, - disse il maestro. - S'alzino quelli che lo han provocato. Quattro s'alzarono col capo chino. - Voi, - disse il maestro, - avete insultato un compagno che non vi provocava, schernito un disgraziato, percosso un debole che non si può difendere. 
Avete commesso una delle azioni più basse, più vergognose di cui si possa macchiare una creatura umana. 
Vigliacchi! 
Detto questo, scese tra i banchi, mise una mano sotto il mento a Garrone, che stava col viso basso, e fattogli alzare il viso, lo fissò negli occhi, e gli disse: - Tu sei un'anima nobile. Garrone, colto il momento, mormorò non so che parole nell'orecchio al maestro, e questi, voltatosi verso i quattro colpevoli, disse bruscamente: - Vi perdono.

 - Edmondo De Amicis -
da: "Cuore" Primo capitolo



Ho giurato di non stare mai in silenzio, in qualunque luogo e in qualunque situazione in cui degli esseri umani siano costretti a subire sofferenze e umiliazioni. 
Dobbiamo sempre schierarci. 
La neutralità favorisce l’oppressore, mai la vittima. Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato.

– Èlie Wiesel -



Molti adulti preferiscono non immischiarsi nelle storie di bullismo. considerandole sciocche questioni di poco conio oppure necessari esercizi di sopravvivenza al quale il debole deve necessariamente sottoporsi per diventare un adulto capace di navigare nelle tempeste della vita.

– Alberto Pellai -



Buona giornata a tutti. :-)