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martedì 7 luglio 2015

Decalogo per essere amabili

Sorridi
alla monotonia del dolore quotidiano.
Taci
quando t’accorgi che qualcuno ha sbagliato.
Elogia
chi ha operato il bene.
Partecipa
al gioco dei fanciulli, i prediletti di Dio.
Stringi
cordialmente la mano a chi è nella tristezza.
Parla con dolcezza
agli impazienti e agli importuni.
Guarda
con affetto chi cela un dolore.
Saluta
affabilmente gli umili.
Riconosci
umilmente il tuo torto.
Rammaricati
sinceramente del male fatto.




Finché non si impara ad amare se stessi difficilmente si riesce ad amare gli altri.
Finché non si accetta se stessi difficilmente si accettano gli altri.
Finché non si accolgono le proprie zone d’ombra difficilmente si accolgono quelle altrui.
Finché non si realizza pienamente se stessi difficilmente si riesce a permettere che gli altri realizzino se stessi.

Bruno Scattolin – 
da: "Siamo qui con te"




I segni dentro

La resina è il prodotto di un dolore, una lacrima che cola dall'albero ferito.
Quelle gocce giallo miele, non scappano, non scivolano via come l'acqua, non abbandonano l'albero. Rimangono incollate al tronco, per tenergli compagnia, per aiutarlo a resistere, a crescere ancora.
I ricordi sono gocce di resina che sgorgano dalle ferite della vita. Anche quelli belli diventano punture. Perché, col tempo, si fanno tristi, sono irrimediabilmente già stati, passati, perduti per sempre.
... indelebili sono rimasti attaccati al tronco.
Come fili di resina emanano profumi, sapori, nostalgie.
Tutto ... ha lasciato un segno dentro di noi ...


- Mauro Corona - 




Buona giornata a tutti.:-)



lunedì 15 giugno 2015

Rimanete saldi - Santo Curato d'Ars

E' nella lotta che proviamo a Dio il nostro amore, e nell'accettazione dei dolori che ci manda.
C'era una volta una grande santa (credo che sia santa Teresa) che si lamentava con Nostro Signore dopo la tentazione, e gli diceva: «Dove dunque sei stato, Gesù mio amatissimo, dove sei stato durante questa terribile tempesta? ». Nostro Signore le rispose: «Ero al centro del tuo cuore, e gioivo nel vederti lottare ».
Se siete tentati di superbia, offrite la tentazione per ottenere l'umiltà; (se siete tentati) da pensieri disonesti (offrite la tentazione) per ottenere la purezza; se è contro il vostro prossimo, (per ottenere) la carità. 
Offrite anche. la tentazione per chiedere la conversione dei' peccatori: ciò indispettisce il demonio e lo mette in fuga, poiché la tentazione si rivolge contro di lui.
Come il buon soldato non ha paura del combattimento, così il buon cristiano non deve aver paura della tentazione. Tutti i soldati sono bravi in caserma: è sul campo di battaglia che si fa la differenza tra i coraggiosi e i codardi.
Ecco come egli (il demonio) si comporta di solito con i peccatori che ritornano a Dio. Li lascia gustare le dolcezze dei primi momenti della loro conversione, perché sa bene che non ci guadagnerebbe niente: sono troppo fervorosi. 
Aspetta qualche mese finché il loro ardore sia passato; poi comincia col far trascurare loro la preghiera, i sacramenti, li attacca con diverse tentazioni. Poi, vengono le grandi lotte: è allora soprattutto che bisogna chiedere la grazia di non lasciarsi abbattere.
Tre cose sono assolutamente necessarie contro la tentazione: la preghiera per illuminarci, i sacramenti per fortificarci e la vigilanza per preservarci.
Il demonio viene soltanto quando perdiamo la presenza di Dio, perché sa bene che altrimenti non ci guadagnerebbe niente.
Non bisogna ascoltare il demonio che cerca sempre,dopo che ci ha fatto fare il male, di gettarci nella disperazione.
Le prove mostrano chiaramente quanto un'opera sia gradita a Dio.
Si dice qualche volta: «Dio castiga coloro che ama ». 
Non è vero. Le prove, per coloro che Dio ama, non sono castighi, sono grazie.
Le condanne del mondo sono benedizioni di Dio.
Soltanto le croci ci daranno sicurezza nel giorno del giudizio. 
Quando verrà quel giorno, come saremo felici dei nostri dolori, fieri delle nostre umiliazioni e ricchi dei nostri sacrifici.
Oh, quanto è sapiente e vero cristiano colui che sa sopportare gli inconvenienti della sua posizione con calma e rassegnazione! E' questa la via della santità e della felicità, e il nostro titolo di gloria nei cieli, perché quaggiù, tutti gli uomini dal sovrano al pastore, dalla gloria del comando all'abnegazione della dipendenza che è tanto gloriosa dinanzi a Dio, tutti gli uomini soffrono in mille modi differenti, i ricchi come i poveri, i sapienti come gli ignoranti, i sani come gli ammalati, in una parola, tutti.


- Santo Curato d'Ars -




Per molti credenti adulti, confessarsi davanti al sacerdote è uno sforzo insostenibile – che induce sovente a scansare il Sacramento – o una pena tale che al dunque trasforma un momento di verità in un esercizio di finzione. 
San Paolo, nella Lettera ai Romani commentata da Papa Francesco, fa esattamente il contrario: ammette pubblicamente davanti alla comunità che nella “sua carne non abita il bene”..



"La vocazione non è frutto di un progetto umano o di un'abile strategia organizzativa. Nella sua realtà più profonda, è un dono di Dio, un'iniziativa misteriosa e ineffabile del Signore, che entra nella vita di una persona seducendola con la bellezza del suo amore, e suscitando di conseguenza un donarsi totale e definitivo a questo amore divino."

- Papa Benedetto XVI -
dal messaggio del 21 gennaio 2011



La confessione dei peccati fatta con umiltà è ciò che la Chiesa chiede a tutti noi, come ricorda l’invito di S. Giacomo: “Confessate tra voi i peccati”.
Ma non per fare pubblicità, ma per dare gloria a Dio e riconoscere che è Lui che mi salva. Ecco perché, per confessarsi si va dal fratello, il fratello prete: è per comportarsi come Paolo. Soprattutto,con la stessa concretezza.
Alcuni dicono: ‘Ah, io mi confesso con Dio’. Ma è facile, è come confessarti per e-mail, no? 
Dio è là lontano, io dico le cose e non c’è un faccia a faccia, non c’è un quattrocchi. Paolo confessa la sua debolezza ai fratelli faccia a faccia.
Altri: ‘No, io vado a confessarmi’ ma si confessano di cose tanto eteree, tanto nell’aria, che non hanno nessuna concretezza. 
E quello è lo stesso che non farlo. Confessare i nostri peccati non è andare ad una seduta di psichiatria, neppure andare in una sala di tortura: è dire al Signore ‘Signore sono peccatore’, ma dirlo tramite il fratello, perché questo dire sia anche concreto. ‘E sono peccatore per questo, per questo e per questo’.
Concretezza, onestà e anche una sincera capacità di vergognarsi dei propri sbagli: Come i bambini.
I piccoli hanno quella saggezza: quando un bambino viene a confessarsi, mai dice una cosa generale. ‘Ma, padre ho fatto questo e ho fatto questo a mia zia, all’altro ho detto questa parola’ e dicono la parola. Ma sono concreti, eh? Hanno quella semplicità della verità. ...
. Ma c’è una cosa bella: quando noi confessiamo i nostri peccati come sono alla presenza di Dio, sempre sentiamo quella grazia della vergogna. Vergognarsi davanti a Dio è una grazia. E’ una grazia: ‘Io mi vergogno’. Pensiamo a Pietro quando, dopo il miracolo di Gesù nel lago: ‘Ma, Signore, allontanati da me, io sono peccatore’. Si vergognava del suo peccato davanti alla santità di Gesù Cristo”.

- papa Francesco,  25 ottobre 2013 -




Buona giornata a tutti. :-)






domenica 7 giugno 2015

Un appunto - Wislawa Szymborska

La vita – è il solo modo
per coprirsi di foglie,
prendere fiato sulla sabbia,
sollevarsi sulle ali;
essere un cane,
o carezzarlo sul suo pelo caldo;
distinguere il dolore
da tutto ciò che dolore non è;
stare dentro gli eventi,
dileguarsi nelle vedute,
cercare il più piccolo errore.


Un’occasione eccezionale
per ricordare per un attimo
di che si è parlato
a luce spenta;
e almeno per una volta
inciampare in una pietra,
bagnarsi in qualche pioggia,
perdere le chiavi tra l’erba;
e seguire con gli occhi
una scintilla nel vento;
e persistere nel non sapere
qualcosa d’importante.

  (Wislawa Szymborska)


Immagine di Alain Laboile

Le persone si instupidiscono all’ingrosso, 
e rinsaviscono al dettaglio.
Dunque amiamo e sosteniamo i casi al dettaglio.

- Wislawa Szymborska -


 "Finché quella donna del Rijksmuseum 
nel silenzio dipinto e in raccoglimento 
giorno dopo giorno 
versa il latte dalla brocca nella scodella, 
il Mondo non merita 
la fine del mondo."

- Wisława Szymborska vs Vermeer -





Osservate con quanta previdenza la natura, madre del genere umano, ebbe cura di spargere ovunque un pizzico di follia. 
Infuse nell'uomo più passione che ragione perché fosse tutto meno triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso.
Se i mortali si guardassero da qualsiasi rapporto con la saggezza, la vecchiaia neppure ci sarebbe.
Se solo fossero più fatui, allegri e dissennati godrebbero felici di un'eterna giovinezza.
La vita umana non è altro che un gioco della Follia.

- Erasmo da Rotterdam - 



Buona giornata a tutti.:-)










martedì 2 giugno 2015

Trahison des Clercs - Don Tonino Bello


Cari intellettuali,
se do a questa lettera un titolo esotico, la ragione è duplice.
Anzitutto, perchè i poveri (voglio dire gli abituali lettori di questo foglio), vedendo in cima una misteriosa frase francese, passeranno oltre, non leggeranno il "pezzo", e voi potrete così salvarvi la faccia, almeno davanti a loro.
In secondo luogo, perchè, scegliendo una frase volutamente ambigua, pago in anticipo l'insolenza di incriminarvi di tradimento col prezzo di far fraintendere, a più d'uno, che "clercs" significhi chierici come uomini di Chiesa, e non chierici come uomini di cultura. 

Un modo forse ingenuo per farmi perdonare il mio "j'accuse" contro di voi, visto che, almeno sul piano lessicale, accenno a una certa spartizione di responsabilità in fatto di tradimento.
Spartizione, che poi è anche giusta. Non sono tanto digiuno di storia, passata e recente, da ignorare i tradimenti consumati dalla Chiesa contro di voi, i suoi sospetti sul vostro modo di inseguire la verità, la sue paure sulla vostra autonomia intellettuale, le sue preoccupazioni sul vostro modo di intendere la libertà, la sua durezza nel recepire non solo i vostri metodi di ricerca ma anche la lettura da voi data delle realtà terrestri. A un certo punto vi "ha mollati" (verbo volgarissimo corrispondente al latino "tràdere"), e ora sconta pesantemente la pena di un recupero che diventa sempre più difficile.
Io, però, voglio oggi parlarvi del vostro tradimento. E non di quello da voi messo in atto come ritorsione nei confronti della Chiesa, ma di quello ben più grave da voi operato nei confronti della città.
Ci state lasciando soli.
Vi siete ritirati nelle vostre torri d'avorio, non si sa bene se a meditare vendetta, o a ruminare sterili supplementi di analisi, o a contemplare dalle vostre aride specole i fasti di una dietrologia senza speranza.
Siete latitanti dall'agorà. E' più facile trovarvi nelle gallerie che nei luoghi dove si esprime l'impeto partecipativo che costruisce il futuro. 

State disertando la strada. 
Per scarnificare la storia di ieri, state abbandonando la cronaca di oggi che, senza di voi, è destinata a diventare solo cronaca nera.
Sul vostro labbro si coglie uno sconcertante abuso di ironia, che mentre esprime lucidità di memoria, appanna la lucidità dei progetti. 

Manca nel vostro linguaggio quel sarcasmo appassionato che è indice di solidarietà con la storia degli uomini. Vi siete staccati dal popolo, così che, per la vostra diserzione, stanno cedendo nell'organismo dei poveri anche quelle difese immunologiche che li hanno preservati finora dalle più tragiche epidemie morali.
Vittime del privatismo, il male oscuro del secolo che voi per vocazione avreste dovuto debellare, avete abbandonato i laboratori della sintesi dove la poesia si mescola col giornale, il sogno con la realtà, la tensione assiologica con le fredde esigenze della tecnica, gli spartiti musicali della vita con gli arrangiamenti banali dei rumori quotidiani.
E intanto la città muore. Col vostro nulla osta. 

La città benestante, consapevole dei suoi mezzi ma cieca nei suoi fini, corre verso un degrado di felicità mai conosciuto finora; mentre la città diseredata vive in simbiosi con la disperazione più nera e langue per asfissia da futuro.
Cari amici, non sto prendendo in prestito nulla dalla letteratura apocalittica corrente, nè mi va di fare del moralismo di maniera. Anzi se c'è qualcosa che mi ripugna come Vescovo è quello di essere considerato funzionario del buon costume.
Ma non posso chiudere gli occhi di fronte alle situazioni pesantissime di miseria, di disoccupazione, di violenza, di ingiustizia, di violazione dei diritti umani, di affossamento dei valori, di degenerazione della qualità della vita e di cento altri fenomeni patologici, di fronte ai quali viene chiamata in causa la vostra correità di intellettuali che, pur essendo vestali della luce e sentinelle della città, scorgete la barbarie andare in metastasi nel tessuto della nostra convivenza e continuate a star zitti.
Ci state lasciando soli a tamponare emorragie e a fasciare piaghe sulle trincee. E anche quando sembrate gratificarci col dire che stiamo combattendo battaglie d'avanguardia, sotto sotto ci pare di leggere nei vostri giudizi il compatimento per chi si sta solo estenuando in scaramucce di retrovia.
Cari amici, perdonatemi lo sfogo.
Se un chierico come me, più propenso per antiche deformazioni ad attaccare vizi privati e a blandire pubbliche virtù, stavolta ha sentito il bisogno di aggredire i vizi pubblici di chierici come voi, è perchè sa di poter fare affidamento sulle vostre tantissime virtù private. 

Tra queste mi pare che ancora ci sia la speranza.
E allora, da essa guidati per mano, intraprendiamo insieme la strada dell'esodo. Che è la strada della misericordia.
Divenuti pellegrini, usciremo sulla Gerusalemme-Gerico. Forse insieme riscatteremo la freddezza del sacerdote, chierico del sacro, e l'apatia del levita, chierico del sapere.
Insieme, fatti prossimo, ridaremo la mezza vita all'uomo mezzo morto boccheggiante sulla strada.
E le stelle non staranno più a guardare, come nei romanzi di Cronin.

Vi voglio bene.

don Tonino, vescovo
Tratto da: ”Il Volto del Sud”



"Libera i credenti, o Signore, dal pensare che basti un gesto di carità a sanare tante sofferenze".

- don Tonino Bello - 




"Coraggio, fratello che soffri. C'è anche per te una deposizione dalla croce. C'è già una mano forata che schioda dal legno la tua".

- don Tonino Bello - 




"Il pellegrinaggio più lungo non è quello verso Santiago de Campostela, ma quello che va dall'uscio di casa nostra verso quello di fronte".

- don Tonino Bello - 





Buona giornata a tutti. :-)











giovedì 7 maggio 2015

Perchè? (1916) e altre poesie - Giuseppe Ungaretti -

Ha bisogno di qualche ristoro
il mio buio cuore disperso.
Negli incastri fangosi dei sassi
come un'erba di questa contrada
vuole tremare piano alla luce.
Ma io non sono
nella fionda del tempo
che la scaglia dei sassi tarlati
dell'improvvisa strada
di guerra.
Da quando
ha guardato nel viso
immortale del mondo
questo pazzo ha voluto sapere
cadendo nel labirinto
del suo cuore crucciato.
Si è appiattito
come una rotaia
il mio cuore in ascoltazione
ma si scopriva a seguire
come una scia
una scomparsa navigazione.
Guardo l'orizzonte
che si vaiola di crateri.
Il mio cuore vuole illuminarsi
come questa notte
almeno di zampilli di razzi.
Reggo il mio cuore
che s'incaverna
e schianta e rintrona
come un proiettile
nella pianura
ma non mi lascia
neanche un segno di volo.
Il mio povero cuore
sbigottito
di non sapere.


 - Giuseppe Ungaretti -
Carsia Giulia, 1916
da: "L'Allegria", Ed. Mondadori

Ivan Aivazovsky


Dolce declina il sole.
Dal giorno si distacca
Un cielo troppo chiaro.
Dirama solitudine
Come da gran distanza
Un muoversi di voci.
Offesa se lusinga,
Quest'ora ha l'arte strana...
Eppure, eppure griderei:
Veloce gioventù dei sensi
Che all'oscuro mi tiene di me stesso
E consenti le immagini all'esterno,

Non mi lasciare, resta, sofferenza!

- Giuseppe Ungaretti -




Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie.

- Giuseppe Ungaretti - 
da Soldati, ne L'allegria




Mattina

M’illumino d’immenso.

- Giuseppe Ungaretti -
Santa Maria la Longa, 26 gennaio 1917



Buona giornata a tutti. :-)




martedì 24 febbraio 2015

Chi sono, io? - Dietrich Bonhoeffer

Chi sono, io? Mi dicon spesso
che esco dalla mia cella
calmo e lieto e saldo
come il padrone del suo castello.
Chi sono, io? Mi dicon spesso
che parlo alle mie guardie
libero e amichevole e chiaro
come fossi io a comandare.
Chi sono, io? Mi dicon anche
che sopporto i giorni della sventura
impavido e sorridente e fiero
come chi è avvezzo alla vittoria.
Io, in realtà, son ciò che gli altri dicono di me?
O sono solo ciò che so io di me stesso?
Inquieto, nostalgico, malato come un uccello in gabbia
bramoso d'un respiro vivo come mi strozzassero alla gola
affamato di colori, di fiori, di voci d'uccelli
assetato di parole buone, di presenza umana
tremante di collera davanti all'arbitrio 
e alla più meschina umiliazione
roso per l'attesa di grandi cose
impotente e preoccupato per l'amico ad infinita distanza
stanco e vuoto per pregare, per pensare, per creare
esausto e pronto a prendere congedo da tutto?
Chi sono, io? Questo o quello?
Oggi uno, domani un altro?
Sono tutt'e due insieme? Davanti agli uomini un simulatore
e davanti a me stesso uno spregevole, querulo rottame?
O ciò che in me c'è ancora rassomiglia all'esercito sconfitto
che si ritira in disordine prima della vittoria del già vinto?
Chi sono, io? - domandare solitario che m'irride.
Chiunque io sia, tu mi conosci, tuo sono io, o Dio!

- Dietrich Bonhoeffer -
da "Chi sono, io?"



Se si esercita fin dall’inizio la disciplina della lingua, ognuno potrà fare una scoperta incomparabile. Riuscirà cioè a smettere di tener d’occhio continuamente l’altro, di giudicarlo, di condannarlo, di inquadrarlo nel posto che a lui sembra gli spetti, di esercitare violenza su di lui. Ora riesce a riconoscere il fratello nella sua piena libertà, così come Dio glielo ha posto davanti. La visione si amplia, e con sua sorpresa è in grado di riconoscere nei suoi fratelli, per la prima volta, la ricchezza e la gloria della creazione divina.

- Dietrich Bonhoeffer - 

Da ”Vita comune”



Se il mio peccato mi sembra in qualche modo inferiore a quello degli altri, meno ri­provevole, non riconosco affatto il mio esser peccatore. 
Il mio pecca­to deve per forza essere il più grande, il più grave, il più riprovevole di tutti.
Per i peccati degli altri ci pensa l’amore fraterno a trovare sempre qualche scusante, mentre per il mio non ce ne sono. 
Per questo è il più grave. A questo livello di umiltà deve giungere chi voglia servire i fratelli nella comunione.
Come potrei infatti non es­sere ipocrita nel servire umilmente anche colui che in tutta serietà mi risulta peccatore più di me? Non è inevitabile che mi metta al di sopra di lui? Mi è consentito avere ancora speranza per lui? Sa­rebbe un servizio ipocrita.
«Non credere di aver fatto progressi nella tua santificazione, se non hai un profondo sentimento della tua infe­riorità rispetto agli altri».

di Dietrich Bonhoeffer 

da: "Vita comune"

Dietrich Bonhoeffer nato nel 1906, pastore e teologo luterano protestante, morto martire, impiccato sotto il nazismo, nel campo di concentramento di Flossenbùrg all’alba del 9 aprile 1945, pochi giorni prima della fine della guerra, quando ormai Hitler era alla fine.



"Le mie battaglie le combatto contro di me, contro i miei propri demoni: ma combattere in mezzo a migliaia di persone impaurite, contro fanatici furiosi e gelidi che vogliono la nostra fine, no, questo non è proprio il mio genere. 
Non ho paura, non so, mi sento così tranquilla. Mi sento in grado di sopportare il pezzo di storia che stiamo vivendo, senza soccombere. 
Mi sembra che si esageri nel temere per il nostro corpo. 
Lo spirito viene dimenticato, s'accartoccia e avvizzisce in qualche angolino. Viviamo in un modo sbagliato, senza dignità. 
Io non odio nessuno, non sono amareggiata: una volta che l'amore per tutti gli uomini comincia a svilupparsi in noi, diventa infinito"

- Etty Hillesum -



Signore, Padre di tutti gli uomini,
accogli il grido dei piccoli, degli inermi,
delle vittime della guerra
e mostra la Tua predilezione per loro
fermando ogni violenza fratricida,
ogni progetto di distruzione e di iniquità.
Cristo nostra pace, convertici a Te,
alla Tua Croce,
al Tuo perdono universale,
al Tuo amore senza riserve per ogni creatura.
Fratello di ogni uomo,
fa sentire nel cuore di chi uccide e opprime
la Tua inquietudine di giustizia e d'amore.
Spirito Santo, Spirito della vita,
illumina la mente e scalda il cuore
di coloro che hanno in mano
la vita dei loro simili,
perché le ragioni della pace e della giustizia
trionfino sulle forze della morte
e gli uomini ed i popoli riconciliati
possano incontrarsi, parlarsi e riscoprirsi fratelli.
Amen.




Buona giornata a tutti. :-)