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mercoledì 27 dicembre 2023

Dove finirono l'oro, l'incenso e la mirra? - don Bruno Ferrero

 Anche se non lo davano a vedere, i più eccitati erano l'asino e il bue. Non riuscivano ad addormentarsi. Quella notte e quella giornata erano state meravigliosamente caotiche: la nascita del bambino, gli angeli, i pastori, la stella e poi l'arrivo dei tre re con i manti di stoffe ricamate e le pellicce e i loro strani quadrupedi con la gobba. E soprattutto il luccichio degli scrigni che racchiudevano i doni portati dai tre re. Li avevano ammirati tutti e ora stavano là, abbandonati sulla paglia, mentre la donna cullava dolcemente il bambino e l'uomo dalle mani grandi e forti attizzava il fuoco e porgeva un po' di fieno alle due bestie.
Tra le fessure sconnesse della baracca, altri due occhi fissavano eccitati i doni dei re. Erano occhi pieni di ingenua astuzia. Non avevano perso un solo attimo della giornata e ora osservavano con interesse il primo sbadiglio di stanchezza fiorito sulla bocca dell'uomo. Erano gli occhi di Disma, il più bravo dei ladruncoli di Betlemme, agile e svelto come un furetto.
Il bambino si addormentò per primo, poi la madre si assopì sul mucchio di paglia che l'uomo aveva preparato e rassettato. L'uomo aspettò che il fuoco si spegnesse, poi si abbandonò anche lui sulla paglia con un sospiro di stanchezza e si addormentò. L'asino e il bue lo imitarono. Un silenzio profondo avvolse la baracca.
Un fagotto tintinnante.
Disma scivolò nell'ombra e si avvicinò alla porta. Era sbarrata da un robusto paletto. Non poteva scardinarla: avrebbe svegliato tutti. Esaminò le pareti, sfiorandole con la mano. Un' assicella si mosse. Disma intuì che poteva allargare la fessura quel tanto che bastava per permettergli di infilarsi dentro la vecchia stalla. Con consumata abilità, il ragazzo spostò l'asse cercando di non farlo cigolare e si infilò nel varco con le movenze sinuose di un gatto.
Si mosse leggero, cercando di abituare gli occhi all'oscurità. I tre scrigni erano sotto la culla improvvisata del bambino, illuminati dall'ultimo bagliore delle braci del fuoco.
Il bue sbuffò nel sonno e l'asino scalciò nella paglia. Sognavano anche loro. Disma trattenne il fiato, immobile. Nella stalla i respiri ripresero regolari.
Il ragazzo si mosse rapidamente. 
Afferrò i tre scrigni e li infilò nella bisaccia di tela che portava a tracolla. Diede un'occhiata al bambino e gli parve di vedere sul suo piccolo viso un sorriso, scosse le spalle e uscì dalla fessura che aveva aperto. 
Quando fu fuori della stalla, sorridendo rimise a posto l'assicella che aveva spostato per entrare, poi si allontanò di corsa. Faceva grandi balzi di gioia, tenendo con le due mani il fagotto tintinnante della refurtiva. 
Ripassava a memoria il contenuto e pensava eccitato alla bella somma che ne avrebbe ricavato. 
Il più grosso degli scrigni conteneva monili, bracciali e monete d'oro, il secondo era pieno di purissimo incenso e il terzo conteneva una fiala di preziosissima mirra. 
Un colpo di fortuna incredibile. Doveva solo essere prudente e nascondere tutto bene. Il mondo era pieno di ladri.

- don Bruno Ferrero - 
da: "Storie di Natale"


La sorpresa

Entrò in casa dal tetto, come faceva di solito. Non aveva né padre né madre e il vecchio parente che lo teneva in casa non si curava di lui.
Nella sua stanzetta, sotto il pavimento ricoperto di paglia, Disma aveva scavato una nicchia in cui nascondeva le sue cose preziose.
«Terrò nascosti per qualche mese l'oro, l'incenso e la mirra. Poi li venderò un poco alla volta, a Gerusalemme o anche a Damasco, dove non desterà sospetti...» pensava.
Accese una lampada ad olio finemente incisa che proveniva dall'atrio della casa del centurione romano, che la stava ancora cercando, ed esaminò il bottino. Aprì con cautela il primo scrigno e non riuscì a trattenere un'imprecazione stizzita: «Ma che diavolo è successo?». 
Spalancò con furia gli altri due astucci, guardò, annusò e poi imprecò ancora più rabbiosamente. Qualcuno gli aveva giocato uno scherzo terribile. Forse quell'uomo era molto più furbo di quanto desse a vedere. 
Invece dell'oro, lo scrigno conteneva un grosso martello, al posto dell'incenso c'erano tre grossi chiodi e la bottiglietta, invece della mirra raffinata, conteneva volgare aceto.
«Accidenti, accidenti! Che me ne faccio di questa robaccia? La rifilerò ai soldati romani per qualche moneta...».

- don Bruno Ferrero - 
da: "Storie di Natale"



Tre croci

Passarono gli anni. Disma era diventato il più ricco e sfrontato predone del deserto. I suoi uomini compivano razzie nelle più ricche città d'Oriente e l'esercito di Roma era stato costretto più volte a scendere a patti con lui. 
Ma un giorno, arrivò da Roma un governatore ambizioso di nome Ponzio Pilato che, per fare carriera e ingraziarsi i notabili di Gerusalemme, decise di catturare Disma. Ci riuscì con un tranello e Disma fu condannato alla pena più terribile ed infamante: la morte mediante crocifissione.
Erano in tre a salire sul Golgota, il luogo delle condanne, poco fuori Gerusalemme, dove erano state preparate tre croci. Disma conosceva il vecchio brigante legato con lui, ma non riusciva a spiegarsi il terzo condannato. Aveva il volto nobile e pieno di bontà, anche sotto i segni della tortura. Dicevano che era un profeta di Galilea di nome Gesù, che faceva miracoli, che era stato condannato perché si era proclamato Figlio di Dio e Messia.
Gli occhi gelidi e feroci di Disma si incontrarono con quelli del terzo condannato. Per il bandito tutto divenne stranamente diverso: la sua rabbia feroce svanì e si sentì stranamente in pace.
Il boia cominciò il suo miserabile compito con il profeta galileo: impugnò un grosso martello e tre grossi chiodi, mentre un soldato inzuppava una spugna di aceto. Improvvisamente Disma capì: eccoli i doni dei re che lui aveva rubato tanti anni prima in una stalla di Betlemme, dove c'erano un uomo e una madre e un bambino. Quel bambino era il Messia! Quindi anche lui aveva contribuito a crocifiggere il Figlio di Dio... 
Con le lacrime agli occhi, Disma sentì che Gesù diceva: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno».
Con la solita insensibilità, i soldati si misero a litigare per dividersi le vesti dei condannati. 
Quando le tre croci furono innalzate con il loro carico di dolore, la gente cominciò a farsi beffe dei condannati. Si accanivano particolarmente contro Gesù. 
I capi del popolo lo schernivano: «Ha salvato tanti altri, ora salvi se stesso, se egli è veramente il Messia scelto da Dio». Anche i soldati lo schernivano: si avvicinavano a Gesù, gli davano da bere aceto e gli dicevano: «Se tu sei davvero il re dei Giudei salva te stesso!».
L'altro bandito crocifisso si era unito agli schernitori e insultava Gesù: «Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!». Disma lo rimproverò con asprezza: «Tu che stai subendo la stessa condanna non hai proprio nessun timore di Dio? Per noi due è giusto scontare il castigo per ciò che abbiamo fatto, lui invece non ha fatto nulla di male».
Poi aggiunse: «Gesù, ricordati di me quando sarai nel tuo regno».
Gli occhi del Messia torturato e morente guardarono Disma con bontà infinita, poi il feroce bandito udì le parole più belle e amorevoli di tutta la sua vita disperata: «Ti assicuro che oggi sarai con me in paradiso».

- Don Bruno Ferrero - 
Da: "Storie di Natale" di don Bruno Ferrero, ed. Elledicì


Buona giornata a tutti. :-)

lunedì 11 aprile 2022

Le Croci - don Tonino Bello

 Miei cari fratelli,

mi era venuta in mente l’idea di intitolare questa lettera così: “L’Internazionale della Croce”. Ma poi l’ho scartata. 
Prima di tutto, perchè poteva apparire solo una bella frase ad effetto. E poi perchè temevo che evocasse spettri di chi sa quali contaminazioni. La frase, però, mi sarebbe servita tantissimo per far comprendere una verità fondamentale: che non c’è solo la Croce mia, la sofferenza tua, il dolore di Angela, la tragedia di Franco, l’agonia dei singoli. C’è anche una croce collettiva.
C’è anche una sofferenza comune. C’è anche un dolore di classi. C’è anche una tragedia di popoli. C’è anche un’agonia di gruppi umani ben definiti.
E per poco che uno, da un terrazzo del Calvario, si metta a contemplare il panorama sottostante, gli è dato sentire non solo l’affanno dei malati, il pianto dei delusi, il gemito degli sfortunati che arrancano sui tornanti del Golgota.
Ma gli toccherà giù, alle pendici del colle, Croci enormi che ondeggiano sospinte da folle sterminate di oppressi. Lì c’è la Croce dei paesi del Quarto Mondo condannati allo sterminio per fame. Accanto, avanza la croce sostenuta da una turba, incredibilmente privata dei diritti fondamentali dell’uomo, su cui grava la congiura del silenzio. Più in fondo si intravede il patibolo di intere popolazioni considerate marginali dalle grandi potenze, e destinate cinicamente al genocidio.
Ecco lì la croce dei “desaparecidos”. 
Ecco quella degli abitanti di Haiti. 
Ecco quella dei massacrati del Guatemala. 
Ecco la croce che schiaccia la schiena delle popolazioni afgane. 
Ecco quella trascinata dalle tribù violente dell’Iran. 
Più in là la croce dei dissidenti dell’Est, che copre, con la sua ombra, interminabili campi di concentramento, squallide prigioni e lontanissime terre di esilio. 
Poi sotto gli occhi, ecco la croce delle grandi masse di tutta la Terra discriminate dalle leggi razziali del mercato. 
Condannate dalle centrali del Capitalismo mondiale, a non risollevarsi mai, a rimanere sempre subalterne, a diventare sempre più schiave, sempre più umiliate, sempre più offese.
Miei cari fratelli, non fate lo sbaglio di dire che il vostro Vescovo sta facendo politica solo perchè cerca di distogliervi da un certo “uso intimistico” della Croce, o da una visione “formato personale” della via del Calvario. Non accusatelo d’inquinare l’atmosfera quaresimale con ingredienti poco ascetici sol perchè tenta di sottrarvi al consumo troppo domestico della Passione di Gesù. Se è vero che ogni cristiano deve accogliere la sua croce, ma deve anche staccare tutti coloro che vi sono appesi, noi oggi siamo chiamati ad un compito della portata storica senza precedenti:”Sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi”.
Pertanto, non solo dobbiamo lasciare “il belvedere” delle nostre competizioni panoramiche e correre in aiuto del fratello che geme sotto la sua croce personale, ma dobbiamo anche individuare con coraggio ed intelligenza, le botteghe dove si fabbricano le croci collettive.
In oscure centrali della terra ci sono dei Cagliostri che con alchimie macabre di potere confezionano per noi croci sintetiche che addossano poi sulle masse sterminate di poveri.
Per noi, oggi, essere fedeli alla Croce di Gesù Cristo, nostro indistruttibile amore, significa disintegrare queste fucine di morte e distruggere tutte le agenzie periferiche di questi arsenali di giustizia planetaria.
E forse non c’è bisogno di andare troppo lontano per scovarle. Perchè piccole succursali di queste botteghe, veramente oscure, dove si confezionano croci collettive, esistono anche nelle nostre città.

Con grande Speranza. Vostro.
- Don Tonino Bello -


La morte di croce respinge "l’incompreso" nella zona del silenzio...

...Essere uomini significa essere destinati alla morte. Essere uomini significa dover morire, conoscere la contraddizione per cui, dal punto di vista biologico, morire è un fatto naturale e necessario, ma, al tempo stesso, nella sfera biologica si è dischiuso un centro spirituale che aspira all’eternità e alla cui luce il morire non è un fatto naturale, bensì illogico, è un essere cacciati dalla sfera dell’amore, è una lacerazione di quel rapporto di comunione che vuole stabilità. In questo mondo, vivere significa morire. «Si è fatto uomo» significa, dunque, anche questo: ha imboccato la via della morte. La contraddittorietà propria della morte umana conosce in lui tutta la sua asprezza. In lui, infatti, che vive fino in fondo la comunione e il dialogo con il Padre, l’isolamento assoluto della morte appare del tutto inconcepibile. D’altra parte, proprio in lui la morte trova la sua più specifica necessità. Abbiamo visto, infatti, che proprio il suo essere con il Padre fonda anche l’incomprensione da parte degli uomini e così il suo isolamento nella vita pubblica. 
La morte di croce è l’atto ultimo e conseguente di questa non-comprensione, di questo rifiuto dell’incompreso, respinto nella zona del silenzio...

- Card. Joseph Ratzinger  -
da "Il Dio di Gesù Cristo" 




"Grazie terra mia, piccola e povera, che mi hai fatto nascere povero come te, ma che proprio per questo mi hai dato la ricchezza incomparabile di capire i poveri e di potermi oggi disporre a servirli".

- Don Tonino Bello - 



“A me, vostro vescovo e padre, viene la voglia di inginocchiarmi davanti a voi per ricevere la vostra benedizione. Non abbiate timore. Dátemela, nel nome del padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E così, rafforzato dal vostro segno di Croce, sarò più pronto e più forte nel proclamarvi le meraviglie compiute da Dio, lo Sposo che ci ha sedotti ma senza abbandonarci”.

- Don Tonino Bello - 


Non demordete: la coerenza paga, anche se con qualche ritardo. Paga anche l'onestà. E la speranza non delude.

 - don Tonino Bello -

Buona giornata a tutti. :-)

mercoledì 2 marzo 2022

Preghiera della strada

Signore, devo uscire di casa, 
avvertire che i muri mi stanno stretti,
il tetto mi ruba il cielo, la finestra mi rende spettatore,
la porta mi nega l'avventura e l'orario mi fa perdere l'incontro.
Signore, fammi capire che è consentito 

vivere soltanto all'aperto;
si è cristiani soltanto all'aria libera. 
Il Vangelo cammina per le strade;
non devo pretendere di muovermi unicamente 

se il tempo è bello.
Il Vangelo, come la vita, si vive nelle intemperie, 
in condizioni sfavorevoli;
devo lasciarmi avvolgere dalla nebbia, dal buio della notte,
lavare dalla pioggia, asciugare dal vento, pungere dal freddo,
sentirmi al sicuro nella precarietà, 

possedere la certezza del provvisorio.
Bisogna che smetta di incaricare i vestiti 

o il termosifone di scaldarmi,
è bello essere obbligato ad accendere il fuoco dentro,
a riscaldarmi dall'interno, a coprirmi delle certezze del cuore,
indovinare il sole oltre lo spessore dei nuvoloni neri,
scoprire il cammino consultando la speranza,
sentire il tempo attraverso il corpo liberato dagli ingombri,
inventare il canto al ritmo dei passi,
sentirmi garantito da ciò che mi sono lasciato alle spalle
e arricchito da tutto quello che non ho più.
Provare la gioia di non possedere niente e quindi di avere tutto.
Si, perché il Tutto può essere contenuto, trovare posto unicamente nel nulla.
Signore, fammi chiudere gli occhi 

per essere raggiunto dalla luce,
insegnami ad attendere la luce ad occhi chiusi.
Signore, fammi uscire di casa senza voler 

sapere prima che tempo fa:
sulla strada, nell'oscurità, nel gelo, 

nella paura, nel vuoto, nell'assenza,
è tempo della tua presenza.



"A voi giovani che siete all'inizio della vostra vita, chiedo: avete pensato ai talenti che Dio vi ha dato? 
Avete pensato come metterli a servizio degli altri? 
Non sotterrate i talenti, scommettete su ideali grandi che renderanno fecondi i vostri talenti! 
La vita non ci è data perché la conserviamo gelosamente, per noi stessi, ma perché la doniamo. 
Cari giovani, abbiate un animo grande, non abbiate paura di sognare cose grandi". 

- Papa Francesco -


Un giorno San Tommaso d'Aquino visitando San Bonaventura gli dimandò di qual libro più si fosse servito per registrar tante belle dottrine ch'egli avea scritte. 
San Bonaventura gli dimostrò l'immagine del Crocifisso, tutta annerita per tanti baci che l'avea dati, dicendo: “Ecco il mio libro, da cui ricavo tutto ciò che scrivo; egli mi ha insegnato tutto quel poco che ho saputo.”



Dio Onnipotente, 
che hai inviato il tuo Figlio Gesù 
per annunciare la buona novella ai poveri e guarire i malati, 
fa che imitiamo San Francesco d'Assisi, 
il quale non esitò a seguire le orme del Cristo 
nella compassione e nella misericordia 
verso i più poveri. 
Concedici di rivestirci dei medesimi sentimenti del tuo Figlio, 
per poter partecipare alla gioia eterna del tuo regno 
insieme al povero Lazzaro, 
Lui che è Dio e vive e regna con te, 
nell'unità dello Spirito Santo, 
per tutti i secoli dei secoli. 
Amen.

Preghiera Francescana



Buona giornata a tutti. :-)

venerdì 19 aprile 2019

Lo strazio di Maria - Charles Peguy

Da tre giorni piangeva. 
Piangeva, piangeva.
 
Come nessuna donna ha mai pianto.
 
Nessuna donna. 
Ecco cosa aveva reso a sua madre. 
Mai un ragazzo era costato tante lacrime a sua madre
Mai un ragazzo aveva fatto piangere tanto sua madre
Ecco cosa aveva reso a sua madre. 
Da quando aveva cominciato la sua missione. […]

Anche lei aveva salito il Calvario. 
Che è una montagna scoscesa. 
E non sentiva neanche i suoi piedi che la portavano. 
Non sentiva le gambe sotto di sé. 
Anche lei aveva salito il suo calvario. 
Anche lei era salita, salita. 
Nella ressa, un po' indietro. 
Salita al Golgotha. 
Sul Golgotha. 
Sulla cima. 
Fino alla cima. 

Dove egli era adesso crocifisso. 
Con le quattro membra inchiodate. 
Come un uccello notturno sulla porta d'un granaio. 
Lui, il Re di Luce. 
Nel luogo chiamato Golgotha. 
Cioè il posto del Cranio. 
Ecco cosa aveva fatto di sua madre. 
Materna. 
Una donna in lacrime. 
Una poveretta. 
Una poveretta di desolazione. 
Una poveretta nella desolazione. 
Una specie di mendicante di pietà. [...]

Quello che è strano è che tutti la rispettavano. 
La gente rispetta molto i genitori dei condannati. 
Dicevano addirittura: la povera donna. 
E intanto picchiavano suo figlio. 
Perché l'uomo è fatto così. 
L’uomo è cosiffatto. 
Gli uomini sono come sono e mai li si potrà cambiare. 
Lei non sapeva che al contrario 
lui era venuto a cambiare l'uomo. 

Che era venuto a cambiare il mondo. 
Seguiva, piangeva. 
Gli uomini sono così. 
Non li si cambierà. 
Non li si rifarà. 
Non li si rifarà mai. 
E lui era venuto per cambiarli. 
Per rifarli. 

Lei seguiva, piangeva. 
Tutti la rispettavano. 
Tutti la compiangevano. 
Si diceva la povera donna. 
Perché tutte quelle persone non erano forse cattive. 
Non erano cattive in fondo. 

Compivano le Scritture. 
Quello che è strano, è che tutti la rispettavano. 
Onoravano, rispettavano, ammiravano il suo dolore. 
Non l'allontanavano, non la respingevano che moderatamente. 
Con delle attenzioni particolari. 
Perché era la madre del condannato. 
Pensavano: è la famiglia del condannato. 
Lo dicevano anche a voce bassa. 
Se lo dicevano, tra di loro, 
Con una segreta ammirazione. 

E avevano ragione, era tutta la sua famiglia. 
La sua famiglia carnale e la sua famiglia eletta. 
La sua famiglia sulla terra e la sua famiglia nel cielo. 
Lei seguiva, piangeva. 
I suoi occhi erano così offuscati che la luce del giorno
non le sarebbe più parsa chiara. 
Mai più. [...]

Lei piangeva, piangeva, ne era diventata brutta. 
Lei, la più grande Beltà del mondo. 
La Rosa mistica. 
La Torre d'avorio. 
Turris ebumea. 
La Regina di beltà. 
In tre giorni era diventata spaventosa da vedere. 
La gente diceva che era invecchiata di dieci anni. 
Non se ne intendevano. Era invecchiata più di dieci anni. 

Lei sapeva, sentiva bene che era invecchiata più di dieci anni. 
Era invecchiata della sua vita. 
Che imbecilli. 
Di tutta la sua vita. 
Era invecchiata della sua vita intera 
e più che della sua vita, più di una vita. 
Perché era invecchiata di una eternità. 
Era invecchiata della sua eternità. 

Che è la prima eternità dopo l'eternità di Dio. 
Perché era invecchiata della sua eternità. 
Era diventata Regina. 
Era diventata la Regina dei Sette Dolori. [...]

Gli occhi le ardevano, le bruciavano. 
Mai si era pianto tanto. 
Eppure piangere le era di sollievo. 
La pelle le ardeva, le bruciava. 
E lui intanto sulla croce le Cinque Piaghe gli bruciavano. 
E lui aveva la febbre. 
E lei aveva la febbre. 
Ed era associata così alla sua Passione. [...]

Piangeva. Si scioglieva. Il suo cuore si scioglieva. 
Il suo corpo si scioglieva. 
Si scioglieva di bontà. 
Di carità. [...]
Non ce l'aveva più con nessuno. 
Si scioglieva in bontà. 
In carità. [...]
Era una disgrazia troppo grande. 
Il suo dolore era troppo grande. 
Era un dolore troppo grande. 
Non si può avercela col mondo per una disgrazia che oltrepassa il mondo. [...]

Fino a quel giorno era stata la Regina di Beltà. 
E non sarebbe più stata, non sarebbe più ridiventata 
La Regina di Bellezza che in cielo. 
Il giorno della sua morte e della sua assunzione. 
Dopo il giorno della sua morte e della sua assunzione. 
Eternamente. 
Ma oggi diveniva la Regina di Misericordia. 
Come sarà nei secoli dei secoli. […] 

Lei sapeva quanto soffriva. 
Lei sentiva bene quanto male aveva. 
Lei aveva male alla sua testa e al suo fianco e alle sue Quattro Piaghe. 
E lui in se stesso diceva: Ecco mia madre. 
Che cosa ne ho fatto. Ecco cosa ho fatto di mia madre. 
Quella povera vecchia. […] 

Le aveva fatto fare la sua via crucis, a sua madre. 
Da lontano, da vicino. 
Lei aveva seguito. 
Una via crucis molto più dolorosa della sua. 
Perché è molto più doloroso veder soffrire il proprio figlio. 
Che soffrire noi stessi. 
È molto più doloroso veder morire il proprio figlio. 
Che morire noi stessi. 

- Charles Péguy - 
da: I Misteri



La Madonna sviene dal Dolore dinanzi a quel corpo privo di luce e vita, mentre la disperazione percorre gli infiniti capelli della Maddalena. 

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio una terribile eclissi, accompagnata da un violento sisma, portò il Buio ed il Silenzio su tutta la terra. 



Guido Mazzoni detto il Paganino - 'Il Compianto' - 1492
Napoli - Chiesa di Sant'Anna dei Lombardi


Temete il Signore e rendetegli onore.
Il Signore è degno di ricevere la lode e l'onore.
Voi tutti che temete il Signore, lodatelo.
Ave, Maria, piena di grazia, il Signore è con te.
Lodatelo, cielo e terra. Lodate il Signore, o fiumi tutti.

Benedite il Signore, o figli di Dio.
Questo è il giorno fatto dal Signore,
esultiamo e rallegriamoci in esso.
Alleluia, alleluia, alleluia! Il Re di Israele.
Ogni vivente dia lode al Signore.

Lodate il Signore, perché è buono;
tutti voi che leggete queste parole,
benedite il Signore.
Benedite il Signore, o creature tutte.
Voi tutti, uccelli del cielo, lodate il Signore.
Servi tutti del Signore, lodate il Signore.
Giovani e fanciulle lodate il Signore.

Degno è l'Agnello che è stato immolato
di ricevere la lode, la gloria e l'onore.
Sia benedetta la santa Trinità e l'indivisa Unità.
Il San Michele arcangelo, difendici nel combattimento.





Silenzio e digiuno