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martedì 2 giugno 2015

Trahison des Clercs - Don Tonino Bello


Cari intellettuali,
se do a questa lettera un titolo esotico, la ragione è duplice.
Anzitutto, perchè i poveri (voglio dire gli abituali lettori di questo foglio), vedendo in cima una misteriosa frase francese, passeranno oltre, non leggeranno il "pezzo", e voi potrete così salvarvi la faccia, almeno davanti a loro.
In secondo luogo, perchè, scegliendo una frase volutamente ambigua, pago in anticipo l'insolenza di incriminarvi di tradimento col prezzo di far fraintendere, a più d'uno, che "clercs" significhi chierici come uomini di Chiesa, e non chierici come uomini di cultura. 

Un modo forse ingenuo per farmi perdonare il mio "j'accuse" contro di voi, visto che, almeno sul piano lessicale, accenno a una certa spartizione di responsabilità in fatto di tradimento.
Spartizione, che poi è anche giusta. Non sono tanto digiuno di storia, passata e recente, da ignorare i tradimenti consumati dalla Chiesa contro di voi, i suoi sospetti sul vostro modo di inseguire la verità, la sue paure sulla vostra autonomia intellettuale, le sue preoccupazioni sul vostro modo di intendere la libertà, la sua durezza nel recepire non solo i vostri metodi di ricerca ma anche la lettura da voi data delle realtà terrestri. A un certo punto vi "ha mollati" (verbo volgarissimo corrispondente al latino "tràdere"), e ora sconta pesantemente la pena di un recupero che diventa sempre più difficile.
Io, però, voglio oggi parlarvi del vostro tradimento. E non di quello da voi messo in atto come ritorsione nei confronti della Chiesa, ma di quello ben più grave da voi operato nei confronti della città.
Ci state lasciando soli.
Vi siete ritirati nelle vostre torri d'avorio, non si sa bene se a meditare vendetta, o a ruminare sterili supplementi di analisi, o a contemplare dalle vostre aride specole i fasti di una dietrologia senza speranza.
Siete latitanti dall'agorà. E' più facile trovarvi nelle gallerie che nei luoghi dove si esprime l'impeto partecipativo che costruisce il futuro. 

State disertando la strada. 
Per scarnificare la storia di ieri, state abbandonando la cronaca di oggi che, senza di voi, è destinata a diventare solo cronaca nera.
Sul vostro labbro si coglie uno sconcertante abuso di ironia, che mentre esprime lucidità di memoria, appanna la lucidità dei progetti. 

Manca nel vostro linguaggio quel sarcasmo appassionato che è indice di solidarietà con la storia degli uomini. Vi siete staccati dal popolo, così che, per la vostra diserzione, stanno cedendo nell'organismo dei poveri anche quelle difese immunologiche che li hanno preservati finora dalle più tragiche epidemie morali.
Vittime del privatismo, il male oscuro del secolo che voi per vocazione avreste dovuto debellare, avete abbandonato i laboratori della sintesi dove la poesia si mescola col giornale, il sogno con la realtà, la tensione assiologica con le fredde esigenze della tecnica, gli spartiti musicali della vita con gli arrangiamenti banali dei rumori quotidiani.
E intanto la città muore. Col vostro nulla osta. 

La città benestante, consapevole dei suoi mezzi ma cieca nei suoi fini, corre verso un degrado di felicità mai conosciuto finora; mentre la città diseredata vive in simbiosi con la disperazione più nera e langue per asfissia da futuro.
Cari amici, non sto prendendo in prestito nulla dalla letteratura apocalittica corrente, nè mi va di fare del moralismo di maniera. Anzi se c'è qualcosa che mi ripugna come Vescovo è quello di essere considerato funzionario del buon costume.
Ma non posso chiudere gli occhi di fronte alle situazioni pesantissime di miseria, di disoccupazione, di violenza, di ingiustizia, di violazione dei diritti umani, di affossamento dei valori, di degenerazione della qualità della vita e di cento altri fenomeni patologici, di fronte ai quali viene chiamata in causa la vostra correità di intellettuali che, pur essendo vestali della luce e sentinelle della città, scorgete la barbarie andare in metastasi nel tessuto della nostra convivenza e continuate a star zitti.
Ci state lasciando soli a tamponare emorragie e a fasciare piaghe sulle trincee. E anche quando sembrate gratificarci col dire che stiamo combattendo battaglie d'avanguardia, sotto sotto ci pare di leggere nei vostri giudizi il compatimento per chi si sta solo estenuando in scaramucce di retrovia.
Cari amici, perdonatemi lo sfogo.
Se un chierico come me, più propenso per antiche deformazioni ad attaccare vizi privati e a blandire pubbliche virtù, stavolta ha sentito il bisogno di aggredire i vizi pubblici di chierici come voi, è perchè sa di poter fare affidamento sulle vostre tantissime virtù private. 

Tra queste mi pare che ancora ci sia la speranza.
E allora, da essa guidati per mano, intraprendiamo insieme la strada dell'esodo. Che è la strada della misericordia.
Divenuti pellegrini, usciremo sulla Gerusalemme-Gerico. Forse insieme riscatteremo la freddezza del sacerdote, chierico del sacro, e l'apatia del levita, chierico del sapere.
Insieme, fatti prossimo, ridaremo la mezza vita all'uomo mezzo morto boccheggiante sulla strada.
E le stelle non staranno più a guardare, come nei romanzi di Cronin.

Vi voglio bene.

don Tonino, vescovo
Tratto da: ”Il Volto del Sud”



"Libera i credenti, o Signore, dal pensare che basti un gesto di carità a sanare tante sofferenze".

- don Tonino Bello - 




"Coraggio, fratello che soffri. C'è anche per te una deposizione dalla croce. C'è già una mano forata che schioda dal legno la tua".

- don Tonino Bello - 




"Il pellegrinaggio più lungo non è quello verso Santiago de Campostela, ma quello che va dall'uscio di casa nostra verso quello di fronte".

- don Tonino Bello - 





Buona giornata a tutti. :-)











lunedì 1 giugno 2015

Mi ami? – don Bruno Ferrero -

In un grande stagno, una graziosa girina si era spo­sata con un pesce. Ma un giorno le spuntarono le zam­pe e, come succede a tutti i girini, cominciò a tra­sformarsi lentamente in una ranocchia.
Si rivolse allora al marito pesce: «Io devo segui­re il mio destino e quindi devo andare a vivere sulla terra. Perciò dovrai abituarti anche tu a vivere sulla terra».
«Ma cara», protestò il pesce, «come vuoi che fac­cia, con le mie pinne e le mie branchie? Morirei!».
La girina (quasi ranocchia) sospirò: «Mi ami o non mi ami?».
«Certo, che ti amo», sospirò il pesce.
«Allora, vieni, no?», concluse la girina.

Un uomo e una donna sedevano presso una fine­stra che si apriva sulla primavera. Sedevano vicini l'uno all'altra. E la donna disse: «Ti amo. Sei bello, e ricco, e indossi sempre begli abiti».
E l'uomo disse: «Ti amo. Sei un pensiero mera­viglioso, sei una cosa troppo preziosa per tenerla nella mano, sei una canzone nei miei sogni».
Ma la donna distolse il volto, incollerita, e disse:
«Lasciami, te ne prego. Non sono un pensiero, e non sono una cosa che passa nei tuoi sogni. Sono una don­na. Voglio che mi desideri come moglie, come 
ma­dre dei bimbi che un giorno avremo». E si separarono.
E l'uomo disse: «Ecco che un altro sogno si dis­solve in nebbia».
E la donna disse: «Che farsene di un uomo che mi trasforma in nebbia e sogno?» (Kahlil Gibran)

– don Bruno Ferrero - 
da: "Il canto del grillo", ed. Elledici




"Il forte non può essere coraggioso. Solo il debole può esserlo."

- Gilbert Keith Chesterton -
da: "Eretici"



Nel bel mezzo dell'odio, ho trovato che c'era, 
dentro di me, un invincibile amore.
Nel bel mezzo delle lacrime, ho trovato che c'era, 
dentro di me, un invincibile sorriso.
Nel bel mezzo del caos, ho trovato che c'era,
dentro di me, un'invincibile calma.
Nel bel mezzo dell'inverno,
ho infine imparato che vi era in me un'invincibile estate.
- Albert Camus -



Curiosamente consideriamo "normale" ciò che invece è "ideale". 
Crediamo che una vita normale sia una vita felice e ci disperiamo ad ogni minimo problema. L'idea di normalità riflette la nostalgia di uno stato armonioso che non riusciamo a ritrovare ma che crediamo ci sia, in qualche modo, dovuto. 
È la nostalgia della nostra matrice, dell'uomo dell'Eden, del disegno di Dio non avariato dal peccato. 
In nome di questa nostalgia possiamo assaporare una speranza che non meritiamo ma che ci è stata promessa. 

- Max Westermarck -





Buona giornata a tutti. :-)









lunedì 16 febbraio 2015

E ti bacio la bocca bagnata di crepuscolo - Pablo Neruda -

No, non voglio baciarti
in una giornata di sole.
Non voglio che sia estate.
Non voglio che sia in mezzo alla folla.
Vorrei baciarti in una di queste sere d'inverno,
quando il sole scolora nel grigio e nel freddo;
quando sarà più  facile
trovare, insieme,
l'alba dentro l'imbrunire.


- Pablo Neruda - 

Da: "20 poesie d’amore e una canzone disperata", Edizioni Accademia

Lionello Balestrieri (1872 - 1958), "Il bacio"


La speranza ha due bellissime figlie: lo sdegno e il coraggio...
Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle.

- Pablo Neruda -




Amo l'amore che si suddivide
in baci, letto e pane.
Amore che può essere eterno
e può esser fugace.
Amore che vuol liberarsi
per tornare ad amare.

- Pablo Neruda -



L'amore, mentre la vita ci incalza,
è semplicemente un'onda alta sopra le onde.

- Pablo Neruda -
da "Cento sonetti d'amore"



Oggi lasciate
che sia felice,
io e basta,
con o senza tutti,
essere felice
con l'erba
e la sabbia,
essere felice
con l'aria e la terra,
essere felice
con te, con la tua bocca,
essere felice.

- Pablo Neruda -


da "Ode al giorno felice" 



Buona giornata a tutti. :-)

giovedì 29 gennaio 2015

Siete lì - Madre Teresa di Calcutta

Oggi fra i giovani del mondo, Gesù vive la propria passione nei giovani sofferenti, affamati, handicappati... in quel bambino che mangia un pezzo di pane, briciola dopo briciola, perché sa che, quando quel tozzo di pane sarà finito, non ce ne sarà più e avrà di nuovo fame.
Ecco una stazione della Via Crucis. Siete lì con quel bambino?
E quelle migliaia che muoiono, non solo per un tozzo di pane, ma per un po' d'amore, di considerazione...
Ecco una stazione della Via Crucis. Siete lì?
E quando i giovani cadono, come Gesù è caduto più e più volte per noi, noi siamo lì come Simone il Cireneo, a risollevarli, a prendere su di noi la croce? I barboni, gli alcolizzati, i senzatetto vi guardano. Non siate come quelli che guardano senza vedere. Guardate e vedete.
Possiamo iniziare a percorrere la Via Crucis, passo dopo passo, con gioia.
Gesù si è fatto pane della vita per noi. Abbiamo Gesù, sotto forma di pane della vita a darci forza.

- Madre Teresa di Calcutta -
da: Discorso ai giovani durante un Congresso Eucaristico

un po' di biografia:



Non abbiate timore di amare sino alla sofferenza, poiché è il modo in cui Gesù ci ha amato.

- Madre Teresa di Calcutta - 




L'amore comincia in casa. Ogni cosa dipende da come vicendevolmente ci amiamo. Fate in modo che le vostre comunità vivano in questo amore e diffondano la fragranza dell'amore di Gesù ovunque vadano.


- Madre Teresa di Calcutta -




"Non si può accogliere Cristo nella comunione e non accogliere i poveri".

- Papa Benedetto XVI - 
dall'esortazione apostolica Africae Munus






Buona giornata a tutti :-)









lunedì 29 dicembre 2014

Il Saggio e il Professore - Nyogen Senzaki -

Un saggio maestro giapponese, noto per la saggezza delle sue dottrine, ricevette la visita di un dotto professore di università, che era andato da lui per interrogarlo sul suo pensiero. Il saggio maestro, secondo l’usanza, prima di tutto servì il thé: cominciò a versarlo, colmando la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare tranquillamente, con una espressione serena e sorridente. Il professore guardava il thé traboccare, ed era talmente stupito, da non riuscire a chiedere spiegazione di una distrazione così contraria alla norme della buona educazione. 
Ad un certo punto non riuscì più a contenersi: “E’ ricolma! Non ce ne sta più” – esclamò spazientito. 
“Come questa tazza – disse il saggio imperturbabile – tu sei ricolmo della tua cultura, delle tue sicurezze, delle tue congetture erudite e complesse. E allora, come posso parlarti della mia dottrina, che è comprensibile solo agli animi semplici e aperti, se prima non vuoti la tua tazza?” 

- Nyogen Senzaki -






"Le persone hanno delegato le loro anime ai preti, la salute ai medici, i soldi ai banchieri e i figli alla scuola, e così hanno smesso di controllare la propria vita."

(Raymon Grace)



"Fin da quando nasciamo gli altri ci dicono che il mondo è in un determinato modo, e naturalmente noi non abbiamo altra scelta che accettare che il mondo sia come gli altri ci hanno detto che è. Il bambino apprende come deve percepire il mondo per essere pienamente integrato. Passo dopo passo, gli viene resa familiare una descrizione del mondo, che egli impara a percepire, mantenere e difendere come "la vera realtà". La ragione ci induce a dimenticare che la descrizione è soltanto una descrizione, e prima che arriviamo a capirlo, molti di noi hanno intrappolato la loro essenza in un circolo vizioso da cui emergono solo di rado nell'arco della vita."

(Carlos Castaneda)




"La maggior parte degli uomini è schiava di antichi tabù, retaggi ereditari e condizionamenti ambientali; essa è dominata dal pensiero, dal modo di vivere e di agire degli altri, nonchè dalle proprie emozioni e sentimenti. 
Pur non avendo alcun controllo su di sè e sulla propria vita, ribatte indignata: "Io faccio quello che voglio, agisco come mi pare e piace..." senza però spiegare da cosa ha avuto origine il suo "quel che voglio". 
Quanti pochi sono i pensieri e le azioni originali di un uomo medio! La triste realtà è che la maggior parte degli individui non è che il prodotto, il riflesso di altre personalità infinitamente più forti; il problema principale consiste nel fatto che questi individui non si rendono conto di possedere, oltre al "Me", quel qualcosa chiamato "Io" che, se lasciato inattivo, si atrofizza e perde di forza."

(Kybalion)




Buona giornata a tutti e tutte. :-)






mercoledì 9 luglio 2014

La Leggenda del pianista sull'oceano, monologo finale -

"Tutta quella città, non si riusciva a vederne la fine… la fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? Era tutto molto bello su quella scaletta, e io ero grande, con quel bel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi che sarei sceso, non c’era problema.
Non è quello che vidi che mi fermò, Max… è quello che non vidi. 

Puoi capirlo. Quello che non vidi… in tutta quella sterminata città c’era tutto, tranne la fine. C’era tutto! Ma non c’era una fine. 
Quello che non vidi è dove finiva tutto quello, la fine del mondo.
Tu pensa ad un pianoforte: i tasti iniziano, i tasti finiscono. 

Ma tu lo sai che sono ottantotto, e su questo nessuno può fregarti. Ma non sono infiniti loro: tu sei infinito; e dentro a quegli ottantotto tasti la musica che puoi fare è infinita. E questo a me piace, in questo posso vivere. 
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di tasti che non finiscono mai – e questa è la verità: che non finiscono mai – quella tastiera è infinita. 
Ma se quella tastiera è infinita non c’è musica che puoi suonare. E sei seduto sul seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio.
Cristo, ma le vedevi le strade?! Anche soltanto le strade, ce n’erano a migliaia! Ma dimmelo, come fate voi altri laggiù a sceglierne una? 

A scegliere una donna? Una casa? Una terra che sia la vostra? Un paesaggio da guardare? Un modo di morire?
Tutto quel mondo addosso, che nemmeno sai dove finisce e quanto ce n’è, ma non avete paura voi di finire in mille pezzi solo a pensarla quella enormità? Solo a pensarla, a viverla! Io ci sono nato su questa nave. E vedi anche qui il mondo passava, ma a non più di duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano, ma non più di quelli che ci potevano stare su una nave, tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato a vivere in questo modo.
La terra è una nave troppo grande per me. È una donna troppo bella, è un viaggio troppo lungo, è un profumo troppo forte, è una musica che non so suonare.
Non scenderò dalla nave. Al massimo posso scendere dalla mia vita. In fin dei conti è come se non fossi mai nato. Sei tu l’eccezione, Max. Solo tu sai che sono qui. E sei una minoranza, non ti resta che adeguarti. Perdonami, amico mio, ma io non scenderò".


Tratto dal film "La leggenda del pianista sull'oceano"

film italiano del 1998 con Tim Roth, regia di Giuseppe Tornatore




The park of Schloss Kammer . Klimt


Spesso diciamo: "Ho pianto fino a non avere più lacrime". 
In realtà può succedere che per una ferita profonda (chissà di quanti anni) le lacrime non finiscano. 
Possono smettere per un un poco, poi riprendono copiose. 
Bisogna lasciarle scorrere "perché le ferite diventino feritoie".





".........I desideri stavano strappandomi l'anima. Potevo viverli, ma non ci son riuscito. Allora li ho incantati […]

E a uno ad uno li ho lasciati dietro di me...
Ho disarmato l'infelicità. 
Ho sfilato via la mia vita dai miei desideri. 
Se tu potessi risalire il mio cammino, li troveresti uno dopo l'altro, incantati, immobili, fermati lì per sempre a segnare la rotta di questo viaggio strano che a nessuno mai ho raccontato se non a te...."



- Alessandro Baricco - 
Novecento - 




Perchè sei sempre triste? gli ho chiesto.
Non sono triste.

Si che lo sei.

Non è quello, mi ha detto. Mi ha detto che secondo lui la gente vive per anni e anni, ma in realtà è solo in una piccola parte di quegli anni che vive davvero, e cioè negli anni in cui riesce a fare ciò per cui è nata. Allora, lì, è felice. Il resto del tempo è tempo che passa ad aspettare o a ricordare.

Quando aspetti o ricordi, mi ha detto, non sei nè triste nè felice. Sembri triste, ma è solo che stai aspettando, o ricordando. Non è triste la gente che aspetta, e nemmeno quella che ricorda. Semplicemente è lontana.
Io sto aspettando, mi ha detto.
Cosa?
Sto aspettando di fare ciò per cui sono nato.

- Alessandro Baricco -
(Questa storia)




Buona giornata a tutti. :-)


giovedì 29 dicembre 2011

Dammi il supremo coraggio dell’Amore – Kahlil Gibran -

Dammi il supremo coraggio dell'Amore,
questa è la mia preghiera,
coraggio di parlare,
di agire, di soffrire,
di lasciare tutte le cose,
o di essere lasciato solo.
Temperami con incarichi rischiosi,
onorami con il dolore,
e aiutami ad alzarmi ogni volta che cadrò.
Dammi la suprema certezza nell'amore,
e dell'amore,
questa è la mia preghiera,
la certezza che appartiene alla vita nella morte,
alla vittoria nella sconfitta,
alla potenza nascosta nella più fragile bellezza,
a quella dignità nel dolore,
che accetta l'offesa,
ma disdegna di ripagarla con l'offesa.
Dammi la forza di amare
sempre  
e ad ogni costo.
(Kahlil Gibran)




“Quelli che amano il silenzio trovino altra gente che ama il silenzio 
e creino silenzio e pace gli uni per gli altri” 

dal libro il “Segno di Giona” di Thomas Merton 
(Parte quinta, 19 novembre, p. 357)



Buona giornata a tutti. :-)








lunedì 22 agosto 2011

Preghiera del coraggio, A Prayer For Courage – Rabindranath Tagore -

Che io non preghi per essere al riparo dai pericoli, 
ma per avere il coraggio di affrontarli.
Che io non preghi perché venga lenito il mio dolore,
ma per riuscire a superarlo.
Che io non mi affidi agli alleati sul campo di battaglia della vita,
ma piuttosto alla mia propria resistenza.
Che io non brami mai,
angosciato di paura,
d’essere salvato,
ma speri piuttosto nella pazienza necessaria a conquistare la mia libertà.
Fa’ che io non sia un vigliacco,
e non riconosca la tua misericordia solo nel successo,
ma fammi trovare la stretta della tua mano nel fallimento.




(Rabindranath Tagore)



A Prayer For Courage – Rabindranath Tagore


Let me not pray to be sheltered from dangers,
But to be fearless in facing them.
Let me not beg for the stilling of my pain,
But for the heart to conquer it.
Let me not look for allies in life’s battlefield,
But to my own strength.
Let me not crave in anxious fear to be saved,
But hope for the patience to win my freedom.
Grant me that I may not be a coward,
feeling your mercy in my success alone,
But let me find the grasp of your hand in my failure.



(Rabindranath Tagore)

Icona della Trinità - Corfù (Grecia)


Buona giornata a tutti. :-)