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lunedì 14 agosto 2017

14 agosto 2017 - San Massimiliano Kolbe

O Dio, dammi il coraggio di chiamarti Padre.
Sai che non sempre riesco a pensarti con l'attenzione che meriti.
Tu non ti sei dimenticato di me, anche se io vivo spesso lontano dalla luce del tuo volto.
Fatti sentire vicino, nonostante tutto, nonostante il mio peccato grande o piccolo, segreto o pubblico che sia.
Avrei tante richieste da farti poiché, come sai, qui c'è bisogno di molte cose. Ma oggi non voglio fermarmi ad esse, poiché il mio cuore mi suggerisce altro.
Dammi la pace interiore, non quella a buon mercato che viene dal sentirsi giusti, ma quella che solo tu sai dare.
Dammi la forza di essere vero, sincero; strappa dal mio volto le maschere che oscurano la consapevolezza pura e semplice che io valgo qualcosa perché sono tuo figlio.
Toglimi i sensi di colpa, ma dammi insieme la possibilità di fare il bene.
Accorcia le mie notti insonni; spazza via le tante paure che mi vengono dietro come ombre; dammi la grazia della conversione del cuore.
Fammi comprendere che si è persone anche quando ci si riconosce vulnerabili, e si ha la libertà di piangere sul male del mondo.
Ricordati, Padre, di coloro che sono fuori di qui e che provano ancora interesse per me, perché io mi ricordi, pensando a loro, che solo l'Amore crea, l'odio distrugge e il rancore trasforma in inferno le mie lunghe e interminabili giornate.
Ricordati di me, o Dio, poiché sono sempre tuo figlio e come tale desidero cominciare a vivere.

- San Massimiliano Kolbe -





«Bisogna pregare molto.
Non occorrono molte parole, e non sempre ne abbiamo il tempo, ma possiamo innalzare frequenti giaculatorie.
Dio vuole che gli uomini diffondano la Sua Gloria, e lo stesso vuole anche da noi.
Perciò dobbiamo aspergere di preghiera ogni lavoro».

"Nelle opere di Dio nulla di grande nasce senza dolore!".


- San Massimiliano M. Kolbe - 



Preghiera all'Immacolata

Concedimi di lodarti, o Vergine santissima!

Concedimi di lodarti 
con il mio impegno e sacrificio personale!

Concedimi di vivere, lavorare, soffrire, 
consumarmi e morire per Te, solamente per Te!

Concedimi di condurre a Te il mondo intero!

Concedimi di contribuire 
ad una sempre maggior esaltazione di Te,
alla più grande esaltazione possibile di Te!

Concedimi di renderti una tale gloria 
quale nessuno mai Ti ha tributato finora!

Concedi ad altri di superarmi 
nello zelo per la tua esaltazione, 
e a me di superare loro, 
così che in una nobile emulazione 
la tua gloria si accresca 
sempre più profondamente, 
sempre più rapidamente, 
sempre più intensamente, 
come desidera Colui 
che Ti ha innalzata in modo così ineffabile 
al di sopra di tutti gli esseri!

Deh, concedimi di lodarti, o Vergine santissima! 

- San Massimiliano M. Kolbe -

Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 10 febbraio 2017

Lo chiamavano il treno della vergogna -


Lo chiamavano il Treno della vergogna. Ancora oggi è la locuzione popolare con cui si ricorda il convoglio ferroviario che il 10 febbraio del 1947 trasportò dalla stazione di Ancona chi proveniva dal quarto convoglio marittimo di Pola, carico di esuli italiani che al termine della seconda guerra mondiale furono costretti ad abbandonare i loro paesi, le loro abitazioni e le loro proprietà in Istria, Quarnaro e Dalmazia nel contesto storico generale ricordato come l'esodo istriano. 
Una buona parte dei ferrovieri di allora, lo aveva definito il treno dei fascisti, a testimonianza della disinformazione e del contesto estremamente politicizzato in cui tale vicenda si consumò.
A quel treno, un carro merci da bestiame, nessuno poteva avvicinarsi, nemmeno il personale della Croce Rossa, nessuno per dare acqua, cibo o latte alle centinaia di bambini che ci viaggiavano.
Da Ancona a Bologna, il treno dei fascisti, il treno di profughi italiani che fuggivano dall'Istria, minacciati, perseguiti, spogliati di ogni bene e possesso.
Il treno dei fascisti, il treno della vergogna, di quelli che fuggivano dalle foibe e dai partigiani del maresciallo Tito.
Non un treno, ma un viaggio della vergogna, la pagina più vergognosa, schifosa e misera di quella guerra finita, di quei marchi che gli stessi italiani apponevano sulla pelle dei loro stessi connazionali.
Ci facciamo belli a condannare i fascisti, i nazisti e noi nel 1947 siamo stati capaci di un gesto così vergognoso e vile.
Nel 2007 alla stazione di Bologna, accanto alla ex sala mensa dei ferrovieri, lungo il binario  1 fu apposta una lapide ipocrita:
“Nel corso del 1947 da questa stazione passarono i convogli che portavano in Italia esuli istriani, fiumani e dalmati: italiani costretti ad abbandonare i loro luoghi dalla violenza del regime nazional-comunista jugoslavo e a pagare, vittime innocenti, il peso e la conseguenza della guerra d’aggressione intrapresa dal fascismo. 
Bologna seppe passare rapidamente da un atteggiamento di iniziale incomprensione a un’accoglienza che è nelle sue tradizioni, molti di quegli esuli facendo suoi cittadini. 
Oggi vuole ricordare quei momenti drammatici della storia nazionale. Bologna 1947-2007." 

Per quanto scritto su quella targa, tanti profughi ed esuli di allora, si ribellarono per l'ipocrisia di quanto e come era stato ricordato e per aver nascosto l'insulto e la cattiveria degli italiani, dei comunisti che con le bandiere con falce e martello ripudiavano i loro stessi connazionali. 
Alla fine prevalse il pensiero: purchè se ne parli.



Dal libro “Magazzino 18” di Simone Criticchi:

“Il treno rallentò piano piano fino a fermarsi. Ad accoglierci trovammo tanta gente, con le bandiere rosse. Le stesse di Tito. Non capivo. Allora mi girai verso la mamma e le chiesi: «Mamma, ma il treno si è sbagliato? Siamo tornati a Fiume?». No. Erano gli operai e i ferrovieri comunisti che improvvisavano uno sciopero per impedire al convoglio di fermarsi nella loro città. «Fascisti, viaaa!» gridavano. «Siete tutti criminali fascisti!» 

La nostra patria era affamata, diffidente. Diversi erano convinti che chi fuggiva dall’Istria «rossa», dal paradiso del comunismo, fosse un criminale. 
Alle dame di carità, arrivate in stazione per darci latte e coperte, fu impedito di avvicinarsi. Nemmeno il latte ai bambini. Le porte del treno rimasero chiuse. Non so neanche quante ore passarono, il viaggio mi parve infinito.”



Per onore della cronaca furono 270 mila gli italiani che dopo il trattato di Parigi dovettero lasciare l'Istria e la Dalmazia.
Almeno 11 mila invece furono infoibati, ma questa è un'altra storia.



Vengono definiti massacri delle foibe o, semplicemente, "foibe", le uccisioni di migliaia di cittadini italiani, compiute per motivi etnici-politici dall'Armata Popolare di Liberazione della Jugoslavia, alla fine (e durante) la seconda guerra mondiale. I massacri avvennero in Venezia Giulia e Dalmazia. 
Il nome deriva da "foibe", inghiottitoi di natura carsica, dove furono rivenuti i cadaveri di centinaia di vittime. Per estensione i termini "foibe" e il neologismo "infoibare" sono in seguito diventati sinonimi degli eccidi, che furono in realtà perpetrati con diverse modalità. Il vero e proprio "massacro delle foibe" si ebbe subito dopo la fine della guerra, anche se un preambolo si ebbe nel corso dell'occupazione delle città dalmate dove risiedevano comunità italiane, come a Zara (ottobre 1944). 
A partire dal maggio del 1945, i massacri si verificarono in tutta la Venezia Giulia (Trieste, Gorizia, Istria e Fiume). A Gorizia e Trieste (occupate dai il 1° maggio), i massacri cessarono con l'arrivo degli alleati il 12 giugno: si riscontrò l'uccisione di diverse migliaia di persone, molte delle quali gettate VIVE nelle foibe.  


http://digilander.libero.it/lefoibe/testimonianze.htm

I baratri venivano usati per l'occultamento di cadaveri con tre scopi: eliminare gli oppositori politici e i cittadini italiani che si opponevano (o avrebbero potuto opporsi) alle politiche del Partito Comunista Jugoslavo di Tito; dominare e terrorizzare la popolazione italiana delle zone contese ed in qualche caso vendicarsi di nemici personali, magari per ottenere un immediato beneficio patrimoniale. 
Nelle foibe sono stati gettati molti dei cadaveri delle persone eliminate dai partigiani jugoslavi. Le vittime civili e militari sono state fucilate e gettate in foiba. In alcuni casi, come è stato possibile documentare, furono precipitate nell'abisso non colpite o solo ferite.




Tra i caduti figurano membri del Partito nazionale fascista, ufficiali e funzionari pubblici, parte dell’alta dirigenza italiana contraria sia al comunismo, sia al fascismo (tra cui compaiono numerosi capi di organizzazioni partigiane anti-fasciste) sloveni e croati anti-comunisti, collaboratori e nazionalisti radicali e semplici cittadini. 
Nel dopoguerra e dopo, non furono mai effettuate stime scientifiche del numero delle vittime, che venivano usualmente indicate in 15.000 (e talvolta 20.000). Studi rigorosi sono stati effettuati solo a partire dagli anni '90. Una quantificazione precisa è impossibile, vi è infatti una generale mancanza di documenti, che spesso non furono nemmeno emanati dalle autorità jugoslave. Il governo jugoslavo (e successivamente quello croato) non ha inoltre mai accettato di partecipare a inchieste per determinare il numero di decessi.
Gli studi effettuati valutano il numero delle vittime come compreso tra le 5.000 e le 11.000.
Non va inoltre dimenticato che gli infoibati in senso stretto sono solo una parte delle vittime, che in grande maggioranza scomparvero nei campi di concentramento e nelle prigioni jugoslave. 

« ... va ricordato l'imperdonabile orrore contro l'umanità costituito dalle foibe (...) e va ricordata (...) la "congiura del silenzio", "la fase meno drammatica ma ancor più amara e demoralizzante dell'oblio". 
Anche di quella non dobbiamo tacere, assumendoci la responsabilità dell'aver negato, o teso a ignorare, la verità per pregiudiziali ideologiche e cecità politica, e dell'averla rimossa per calcoli diplomatici e convenienze internazionali. » 

- Giorgio Napolitano - 



Preghiera per i martiri delle “foibe”

O Dio, Signore della vita e della morte, della luce e delle tenebre,
dalle profondità di questa terra e di questo nostro dolore noi gridiamo a Te.
Ascolta, o Signore, la nostra voce. 

De profundis clamo ad Te, Domine.
Domine, audi vocem meam.

Oggi tutti i Morti attendono una preghiera, un gesto di pietà, un ricordo di affetto. E anche noi siamo venuti qui per innalzare le nostre povere preghiere e deporre i nostri fiori, ma anche per apprendere l’insegnamento 
che sale dal sacrificio di questi Morti.
E ci rivolgiamo a Te, perché tu hai raccolto l’ultimo loro grido, 
l’ultimo loro respiro.

Questo calvario, col vertice sprofondato nelle viscere della terra, costituisce una grande cattedra, che indica nella giustizia e nell’amore le vie della pace.
In trent’anni due guerre, come due bufere di fuoco, sono passate attraverso queste colline carsiche; hanno seminato la morte tra queste rocce e questi cespugli; hanno riempito cimiteri e ospedali; hanno anche scatenato qualche volta l’incontrollata violenza, seminatrice di delitti e di odio.

Ebbene, Signore, Principe della Pace, concedi a noi la Tua Pace, una pace che sia riposo tranquillo per i Morti e sia serenità di lavoro e di fede per i vivi.
Fa che gli uomini, spaventati dalle conseguenze terribili del loro odio e attratti dalla soavità del Tuo Vangelo, ritornino, come il figlio prodigo, nella Tua casa per sentirsi e amarsi tutti come figli dello stesso Padre.


Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il Tuo Nome, 
venga il Tuo regno, sia fatta la Tua volontà.
Dona conforto alle spose, alle madri, alle sorelle, ai figli di coloro che si trovano in tutte le foibe di questa nostra triste terra, e a tutti noi che siamo vivi e sentiamo pesare ogni giorno sul cuore la pena per questi nostri Morti, profonda come le voragini che li accolgono.

Tu sei il Vivente, o Signore, e in Te essi vivono. Che se ancora la loro purificazione non è perfetta, noi Ti offriamo, o Dio Santo e Giusto, la nostra preghiera, la nostra angoscia, i nostri sacrifici, perché giungano presto a gioire dello splendore dei Tuo Volto.

E a noi dona rassegnazione e fortezza, saggezza e bontà.
Tu ci hai detto: Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia, beati i pacificatori perché saranno chiamati figli di Dio, beati coloro che piangono perché saranno consolati, ma anche beati quelli che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati in Te, o Signore, 
perché è sempre apparente e transeunte il trionfo dell’iniquità.

O signore, a questi nostri Morti senza nome ma da Te conosciuti e amati, dona la Tua pace. Risplenda a loro la Luce perpetua e brilli la Tua Luce anche sulla nostra terra e nei nostri cuori, E per il loro sacrificio fa che le speranze dei buoni fioriscano.

Domine, coram te est omne desiderium meum et gemitus meus te non latet. Così sia”.

composta nel 1959 da Mons. Antonio Santin, Arcivescovo di Trieste e Capodistria



Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 27 gennaio 2017

La paura - Eva Picková

Di nuovo l’orrore ha colpito il ghetto,
un male crudele che ne scaccia ogni altro.
La morte, demone folle, brandisce una gelida falce
che decapita intorno le sue vittime.
I cuori dei padri battono oggi di paura
e le madri nascondono il viso nel grembo.
La vipera del tifo strangola i bambini
e preleva le sue decime dal branco.
Oggi il mio sangue pulsa ancora,
ma i miei compagni mi muoiono accanto.
Piuttosto di vederli morire
vorrei io stesso trovare la morte.
Ma no, mio Dio, noi vogliamo vivere!
Non vogliamo vuoti nelle nostre file.
Il mondo è nostro e noi lo vogliamo migliore.
Vogliamo fare qualcosa. E’ vietato morire!

- Eva Picková  -
nata nel 1931, morta nel 1943 (12 anni)



La memoria è determinante. È determinante perché io sono ricco di memorie e l’uomo che non ha memoria è un pover’uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte, perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover’uomo. Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita.

 - Mario Rigoni Stern - 


“La nostra voce, e quella dei nostri figli, devono servire a non dimenticare e a non accettare con indifferenza e rassegnazione, le rinnovate stragi di innocenti. 
Bisogna sollevare quel manto di indifferenza che copre il dolore dei martiri! Il mio impegno, in questo senso, è un dovere verso i miei genitori, mio nonno, e tutti i miei zii. 
È un dovere verso i milioni di ebrei ‘passati per il camino’, gli zingari, figli di mille patrie e di nessuna, i Testimoni di Geova, gli omosessuali e verso i mille e mille fiori violentati, calpestati e immolati al vento dell’assurdo; è un dovere verso tutte quelle stelle dell’universo che il male del mondo ha voluto spegnere… 
I giovani liberi devono sapere, dobbiamo aiutarli a capire che tutto ciò che è stato storia, è la storia oggi, si sta paurosamente ripetendo.”

- Elisa Springer - 


La strage di Treblinka 

Quasi 900 mila ebrei e 2 mila rom furono uccisi in questo campo di sterminio in Polonia. Ad ucciderli, non più di 150 soldati. A gestire Treblinka c'erano solo una ventina di persone dell'SS e un centinaio di guardiani, provenienti dalla Germania e dall'Europa dell'est. 
Tra loro, anche ex prigionieri di guerra sovietici. 
Il 2 agosto 1943 gli internati si ribellarono: a guidarla più di 700 ebrei che riuscirono a prendere possesso delle armi e a incendiare il lager. 
Le SS, armate di mitragliatrici e supportate dai rinforzi, repressero la rivolta, uccidendo i ribelli.



L'odio non è forza creativa. Solo l'amore è forza creativa!
[rivolto ad un internato come lui, nel campo di sterminio di Auschwitz]

- San Massimiliano Maria Kolbe -



L’ultima, proprio l’ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
così gialla, così gialla!
L’ultima,
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile.
Ma qui non ho rivisto nessuna farfalla.
Quella dell’altra volta fu l’ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.

- Pavel Friedman - 
 (1921 – 1944)


































Never use politics as a metric for ethics.
Non usare mai la politica come un sistema metrico per l'etica.



Buona giornata a tutti. :-)





domenica 14 agosto 2016

“Ave Maria”, furono le sue ultime parole - San Massimiliano Maria Kolbe -

14 agosto 1941. Erano già passate due settimane. I prigionieri morivano uno dopo l’altro e ne rimanevano solo quattro, tra i quali padre Massimiliano, ancora in stato di conoscenza… Un giorno fu inviato il criminale tedesco Bock per fare un’iniezione di acido fenico ai prigionieri… Quando Bock arrivò là, lo dovetti accompagnare alla cella. Vidi padre Massimiliano, in preghiera, porgere lui stesso il braccio al suo assassino. Non potevo sopportarlo. Con la scusa che avevo del lavoro da fare, me ne andai. Ma non appena gli uomini delle SS e il boia se ne furono andati, tornai. Gli altri corpi, nudi e sporchi, erano stesi sul pavimento, con i volti che mostravano i segni della sofferenza. Padre Massimiliano era seduto, eretto, appoggiato al muro. Il suo corpo non era sporco come gli altri, ma pulito e luminoso. La testa era piegata leggermente da una parte. Il suo volto era puro e sereno, raggiante. Chiunque avrebbe notato e pensato che questi fosse un santo».
il francescano martire volontario, tese il braccio per l'iniezione mortale dicendo “Ave Maria”, furono le sue ultime parole.


In ogni focolare cattolico, anche i più poveri, potete trovare un rosario. Nei momenti di gioia o di tristezza, quando i credenti si rivolgono a Dio, pregano il rosario...
A Lourdes, l'Immacolata sgrana le perle del suo rosario e incoraggia Bernadette a recitarlo con lei. Se desideriamo crescere nell'amore di Gesù, dobbiamo meditare i misteri del Rosario con Maria ripetendo incessantemente e bisbigliando l'Ave Maria. Nessuno al mondo, neanche tra gli angeli, hanno amato e amano tanto il Signor Gesù, quanto la Madre di Dio.

- San Massimiliano Kolbe -


Padre Kolbe, l’innamorato di Gesù e dell’Immacolata, ripeteva: “Bisogna affogare nei gorghi della verità ogni manifestazione di errore che ha trovato nella stampa la più potente alleata. E’ necessario inondare la terra di un diluvio di stampa cristiana e mariana, e fasciare il mondo di carta scritta con parole di vita: solo così l’umanità di oggi potrà trovare la gioia di vivere e la via della salvezza”.

Dopo trent’anni dalla morte, il 17 ottobre 1971, è stato beatificato dal Papa Paolo VI.
Il Santo Padre Giovanni Paolo II l’ha proclamato Santo il 10 ottobre 1982.





Buona giornata a tutti. :-)

sabato 23 aprile 2016

da: "L'idiota" - Fëdor Michajlovič Dostoevskij -

„Ma sarà meglio parlarvi di un altro individuo, che conobbi or fa un anno. C'era, nel suo caso, una circostanza strana: dico strana, perché rara. 
Era stato condannato, insieme con altri, alla fucilazione. Per non so che delitto politico, doveva essere giustiziato. 
Gli fu letta la sentenza di morte. Se non che, venti minuti dopo, arrivò la grazia, cioè la commutazione della pena. 
Nondimeno, durante quei venti o quindici minuti, egli visse nella ferma convinzione che di lì a poco sarebbe morto. [... ] E così egli distribuì il suo tempo: due minuti per dire addio ai compagni, due altri per raccogliersi e pensare a sé, un minuto per dare un'occhiata intorno. 
Aveva ventisette anni; era sano e robusto. Accomiatandosi da uno dei compagni, si ricordava di aver fatto una domanda insignificante e di averne aspettato con interesse la risposta. 
Agli addii successero i due minuti di raccoglimento. Sapeva già a che cosa avrebbe pensato: "Adesso sono vivo; ma fra tre minuti, che sarò? Qualcuno o qualche cosa, e dove?". 
Non lontano sorgeva una chiesa, e la cupola dorata splendeva nel sole. Aveva guardato fisso a quella cupola: gli pareva che quei raggi ripercossi fossero la sua nuova natura e che fra tre minuti egli si sarebbe con essi confuso. 
L'ignoto che lo attendeva era certamente terribile; ma più assai l'atterriva l'assiduo pensiero: "E se non morissi? se la vita continuasse?... che eternità! e tutta, tutta a mia disposizione... Oh allora, di ogni minuto io farei una esistenza e non un solo ne perderei!" 
Questo pensiero a tal segno lo invadeva, che avrebbe voluto esser fucilato all'istante."
[... ] "Siete un po' saltuario, principe", osservò Aleksandra. "Che volete provare, insomma? che ogni attimo della vita è prezioso, e che a volte cinque minuti valgono più di un tesoro? E sia, ammettiamolo pure... Ma, scusate, a quel vostro amico che vi contava i suoi spasimi gli commutarono la pena, non è così?... In altri termini, secondo lui e secondo voi, gli fecero dono di una vita senza fine, di un tesoro. E che ne fece egli di questo tesoro? tenne poi conto scrupoloso di ogni minuto?"
"Nient'affatto! Glielo domandai una volta, e mi confessò di averne perduti molti."
"Cosí abbiamo una prova che utilizzare tutti, tutti i minuti della vita è impossibile... Per una ragione o per l'altra, fatto sta che non è possibile.“ 


- Fëdor Michajlovič Dostoevskij -
da: "L'idiota"


Pietà quanta se ne vuole, ma non lodate le cattive azioni: date loro il nome di male.

Fëdor Michajlovič Dostoevskij  - 



"Secondo me, uccidere perché si è ucciso rappresenta una punizione incomparabilmente più terribile dello stesso delitto commesso. Venire giustiziato in base ad un verdetto è molto più terribile che venire ucciso da briganti."
"Chi viene ucciso da un brigante, mettiamo di notte nel bosco o in qualche altro modo, continua indubbiamente a sperare di salvarsi fino all'ultimo istante di vita. Ci sono esempi di persone che, già con la gola tagliata, continuavano a sperare, cercavano di fuggire o chiedevano pietà. E qui invece ti viene tolta con assoluta certezza proprio quest'ultima speranza grazie alla quale morire è dieci volte più più facile. Su di te è stato pronunciato un verdetto, e nella certezza che a quel verdetto non potrai scampare sta proprio la sofferenza più terribile, la più spaventosa che ci sia al mondo. 
Prendete un soldato, mettetelo davanti a una bocca di cannone e sparate contro di lui, e lui continuerà pur sempre a sperare; ma leggete a quello stesso soldato una sentenza che lo condanna con certezza, e lui impazzirà o scoppierà a piangere. 
Chi è in grado di dire che la natura umana sia in grado di sopportare una cosa simile senza impazzire? A che serve una tortura così mostruosa, inutile, assurda? Può darsi che ci sia qualcuno a cui sia stata letta la sentenza di morte, gli abbiano fatto provare tutte le torture dell'attesa e alla fine gli abbiano detto: 'Va' pure, sei stato graziato'. Ecco, un uomo che avesse vissuto tutto ciò potrebbe raccontare cosa si prova. Anche Cristo ha parlato di quell'angoscia, di quella terribile sofferenza. No, non è permesso trattare così una persona umana!" 


- Fëdor Michajlovič Dostoevskij -
da: "L'idiota" (Myskin: 1998, pp. 47-48)




Vi sono persone che trovano una straordinaria soddisfazione nella propria permalosa irritabilità, e ciò specialmente quando un tale stato raggiunge l'estremo limite (il che avviene sempre molto rapidamente); si direbbe che in quegl'istanti essi preferiscano e addirittura godano a venire offesi. 
Queste persone così irritabili provano poi terribili rimorsi per essersi lasciate andare, se, naturalmente, sono intelligenti e se sono in grado di rendersi conto di essersi riscaldate dieci volte più del necessario. (Ippolìt: 1998, p. 496)

- Fëdor Michajlovič Dostoevskij -
da: "L'idiota"

 

(Foto: Dostoevskij imprigionato nella fortezza di Omsk - Siberia, 1853)

Mi sono proposto di eseguire il mio compito con onestà e fermezza. 
Con la gente, forse, mi annoierò, e sarà dura. Per prima cosa ho deciso di essere con tutti gentile e sincero; nessuno pretenderà da me niente di più. Forse anche qui mi considereranno un bambino. Sia pure! Chissà perché, tutti mi prendono anche per un idiota. 
Effettivamente, una volta ero tanto malato, e allora ero simile a un idiota, ma che idiota sono ora, se capisco io stesso che mi considerano un idiota? 
Entro e penso: “Ecco, mi considerano un idiota, però io sono intelligente, e loro neanche se lo immaginano...”

Fëdor Michajlovič Dostoevskij  - 
da: "L'idiota"



Buona giornata a tutti. :-)




giovedì 31 marzo 2016

Da: "Un vescovo contro Hitler" - Clemens Von Galen

«Eccellenza, anch’io fino a questo momento ho lasciato correre tutto questo senza pronunciare la protesta pubblica. Io ho tranquillizzato la mia coscienza dicendo a me stesso: se il cardinale Bertram e tanti vescovi, che mi superano per esperienza e per virtù, di fronte a tutto ciò restano tranquilli e si contentano di proteste cartacee e inefficaci, completamente ignorate dall’opinione pubblica, o dalle proteste, anch’esse sconosciute della Conferenza di Fulda, sarebbe arrogante, sarebbe disdicevole per la dignità degli altri illustri e reverendissimi signori, sarebbe forse anche pazzesco, se fossi io a lanciarmi in una “fuga nella pubblicità”. Mi mostrerei antipatico, probabilmente provocherei misure ancora più gravi nei confronti della Chiesa. Ma la mia coscienza non sopporta di essere messa in pace con questi argomentiex auctoritate. Penso spesso a San Tommaso Moro e al suo comportamento a proposito dell’argomentoex auctoritate. Mi torna in mente la parola di Isaia a proposito dei “canes muti non valentes latrare”; egli stesso soggiunse poi: “Ipsi pastores ignoraverunt intelligentiam”. 
Queste cose accadevano dunque solo nell’ Antico Testamento?»

Da: "Un vescovo contro Hitler", Von Galen, Pio XII e la resistenza al nazismo, di Stefania Falasca, San Paolo, p. 129



Un estratto della lettera che il beato Clemens Von Galen (1878-1946), vescovo di Münster, scrisse a Wilhelm Berning , vescovo di Osnabrück, il 26 maggio 1941. Pochi mesi dopo Von Galen ruppe gli indugi e salì sul pulpito proununciando una serie di memorabili omelie anti-naziste. 




Gigantesco in tutti i sensi, moralmente e fisicamente: il “Leone di Munster”, beato cardinale conte August von Galen. Fu colui che dal pulpito, sin dal primo momento, apertis verbis denunciò senza censura alcuna la radicale “anticristianità” del nazismo: o la Croce di Cristo o la croce di Hitler, dinanzi a questa altenativa poneva i suoi fedeli. Odiatissimo da Hitler, molteplici furono i piani per assassinarlo. Ma furono tutti accantonati: enorme era la sua popolarità nella Baviera cattolicissima, già di per sè freddissima nei confronti del nazismo. Non si potevano provocare oltre i cattolici bavaresi: uccidere il loro arcivescovo significava alienarseli tutti definitivamente.



"Non possiamo rinunciare a confessare che esiste qualcuno di più elevato della razza, del popolo e della nazione: l’Onnipotente ed eterno Creatore dei popoli e delle nazioni, al quale tutti i popoli devono adorazione e servizio, Colui che è Egli stesso il fine ultimo di ogni cosa".

- Beato Clemens August von Galen - 





“Questo è il messaggio del Beato Von Galen: la fede non si riduce a sentimento privato, da nascondere quando diventa scomodo, ma implica la testimonianza anche in ambito pubblico in favore dell’uomo, della giustizia e della Verità".

- papa Benedetto XVI -






“Noi siamo l’incudine, non il martello. Rimanete forti e irremovibili come l’incudine sotto l’imperversare dei colpi che si abbattono su di noi… Ma siate anche pronti al supremo sacrificio, secondo la parola: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini!”… Diventate duri, diventate irremovibili! Come un incudine sotto i colpi del martello! Può darsi che l’obbedienza a Dio, la fedeltà alla coscienza costi a me e a voi la vita, la libertà, l’esilio”. 

- Beato Clemens August von Galen - 





De profùndis clamàvi ad te, Dòmine;
Dòmine, exàudi vocem meam.
Fiant àures tuæ intendèntes
in vocem deprecatiònis meæ.
Si iniquitàtes observàveris, Dòmine,
Dòmine, quis sustinèbit?
Quia apud te propitiàtio est
et propter legem tuam sustìnui te, Dòmine.
Sustìnuit ànima mea in verbo ejus,
speràvit ànima mea in Dòmino.
A custòdia matutìna usque ad noctem,
speret Ìsraël in Dòmino,
quia apud Dòminum misericòrdia,
et copiòsa apud eum redèmptio.
Et ipse rèdimet Ìsraël ex òmnibus iniquitàtibus ejus.


Buona giornata a tutti. :-)