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venerdì 10 febbraio 2012

Le delusioni - Jean Vanier -

Seguendo Gesù, Pietro è stato deluso tre volte.
Immagino che sia stato deluso quando Gesù l'ha chiamato; una parte di lui doveva rimpiangere la sua vita di pescatore e la sua vita familiare. Ma il suo amore per Gesù e la sua speranza gli hanno permesso di superare questa prima delusione.

Poi è stato deluso perché Gesù non era esattamente come lui avrebbe voluto che fosse. Avrebbe preferito un Gesù profetico e messianico, che non gli lavasse i piedi e non parlasse di morire.

Infine, la sua più grande delusione è stata che Gesù accettasse di diventare debole e di morire, e allora l'ha rinnegato.

Sono le tre delusioni della vita comunitaria.
La prima delusione, che è sicuramente la meno difficile, è quando vi si entra. Ci sono sempre in noi delle parti che restano attaccate ai valori che si sono lasciati.

La seconda delusione è quella di scoprire che la comunità non è così perfetta come si era creduto, che ha delle debolezze e dei difetti. L'ideale e le illusioni cadono, si è davanti alla realtà.

La terza delusione è la più dolorosa, quando ci si sente mal compresi e perfino respinti dalla comunità, quando per esempio non si è rieletti responsabili, o non ci vengono date le funzioni che avevamo sperato. E questa terza delusione ne porta un'altra, quando si sentono sorgere in noi la collera e le frustrazioni.

Per arrivare all'integrazione totale in una comunità, occorre saper passare attraverso le diverse delusioni che sono tutte dei nuovi approfondimenti, dei passaggi verso la liberazione interiore.

(Jean Vanier)
Fonte: “La comunità luogo del perdono e della festa” di Jean Vanier, Ed.JakaBook, 1991
  La crocifissione di San Pietro (1600-1601)
  Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (1571-1610)
  Chiesa Santa Maria del Popolo nella Cappella Cerasi, Roma
  San Pietro si fa crocifiggere a testa in giù per umiltà nei confronti di Cristo. Tutte le figure concorrono a formare una X con le assi della croce e dei corpi degli aguzzini, dunque anche questi ultimi sono accomunati col santo dal senso della fatica.


Buona giornata a tutti. :-)







martedì 10 gennaio 2012

Le chiusure - Jean Vanier -

I due grandi pericoli di una comunità sono gli "amici" e i "ne­mici".
Molto presto la gente che si somiglia si mette insieme; fa molto piacere stare accanto a qualcuno che ci piace, che ha le nostre stesse idee, lo stesso modo di concepire la vita, lo stesso tipo di umorismo.
Ci si nutre l'uno dell'altro; ci si lusinga:
"sei meraviglioso", "anche tu sei meraviglioso", "noi siamo meravi­gliosi perché siamo i furbi, gli intelligenti."
Le amicizie umane possono cadere molto in fretta in un club di mediocri in cui ci si chiude gli uni sugli altri; ci si lusinga a vicenda e ci si fa cre­dere di essere intelligenti.

Allora l' amicizia non è più un inco­raggiamento ad andare oltre, a servire meglio i nostri fratelli e sorelle, a essere più fedeli al dono che ci è stato dato, più atten­ti allo Spirito, e a continuare a camminare attraverso il deserto verso la terra promessa della liberazione.

L'amicizia diventa soffocante e costituisce un ostacolo che impedisce di andare verso gli altri, attenti ai loro bisogni.
Alla lunga, certe amicizie si trasformano in una dipendenza affettiva che è una forma di schiavitù.
  (Jean Vanier)
   Fonte:  “La comunità luogo del perdono e della festa” di Jean Vanier



19 giugno 1997, Papa Giovanni Paolo II, nel corso di una solenne e suggestiva cerimonia in Vaticano, alla quale erano presenti portatori di handicap mentale con i loro assistenti, ha consegnato personalmente a Jean Vanier il Premio Paolo VI 1997, indetto nell'ambito della difesa dei diritti umani e dello sviluppo dei popoli.
Vanier fondatore delle Comunità dell'Arche e il movimento Foi et Lumière: "In una società che emargina i deboli e minaccia la loro vita in nome d'una pretesa libertà, la pedagogia della condivisione della vita delle persone portatrici di handicap mentale, vissuta con estrema semplicità e povertà da Jean Vanier e dagli assistenti delle Comunità dell'Arche, costituisce nel contempo una affermazione ideale ed un concreto riconoscimento del valore unico e irripetibile di ogni persona umana”.



Buona giornata a tutti. :-)




sabato 17 dicembre 2011

Dalla "comunità per me" a "io per la comunità" - Jean Vanier -

Una comunità non è tale che quando la maggioranza dei mem­bri sta facendo il passaggio da "la comunità per me" a "io per la comunità", cioè quando il cuore di ognuno si sta aprendo ad ogni membro, senza escludere nessuno. 
E il passaggio dall'egoi­smo all'amore, dalla morte alla resurrezione: è la pasqua, il pas­saggio del Signore, ma anche il passaggio da una terra di schia­vitù a una terra promessa, quella della liberazione interiore.

La comunità non è coabitazione, perché questo è una caser­ma o un albergo. Non è una squadra di lavoro e ancor meno un nido di vipere! 
E quel luogo in cui ciascuno, o piuttosto la mag­gioranza (bisogna essere realisti!) sta emergendo dalle tenebre dell'egoismo alla luce dell'amore vero.

L'amore non è né sentimentale né un'emozione passeggera. 
E' una attenzione all'altro che a poco a poco diviene impegno, riconoscimento di un legame, di un'appartenenza vicendevo­le. 
E' ascoltare l'altro mettersi al suo posto, capirlo, interessar­sene. 
E' rispondere alla sua chiamata e ai suoi bisogni più profondi. 
E' compatirlo, soffrire con lui, piangere quando piange, rallegrarsi quando si rallegra. 
Amare vuol dire anche essere felici quando l'altro è lì, tristi quando è assente; è resta­re vicendevolmente uno nell'altro, prendendo rifugio uno nel­l' altro. "L'amore è una potenza unificatrice", dice Dionigi l'Areopagita.

Se l'amore è essere teso verso l'altro, è anche e soprattutto ten­dere entrambi verso le stesse realtà; è sperare e volere le stesse cose; è partecipare della stessa visione, dello stesso ideale.



 - Jean Vanier -
Fonte: “ La comunità luogo del perdono e della festa”



  “La malattia mentale è una grossa domanda per il nostro mondo. Oggi i Paesi vogliono essere forti, i deboli vengono schiacciati. In realtà siamo nati tutti nella debolezza e moriremo nella debolezza. La nostra parte più debole è il cuore: io ho visto la sofferenza di chi non si sente amato". Viviamo in un mondo che, secondo Jean Vanier, ancora fa fatica ad accettare chi è disabile. "Esistono - prosegue - due forme di bisogno nell'essere umano: oltre ai bisogni di base, infatti, è sempre presente in noi il bisogno di sentirci apprezzati e di essere considerati unici. In sostanza, di non essere un numero in un gregge, di essere ascoltati, amati. E' un bisogno che va al di là di qualsiasi capacità o incapacità".


  Jean Vanier nato a Ginevra nel 1928, fondatore di L'Arche (L’Arca) e ispiratore del movimento Foi et Lumiere (Fede e Luce in Italia), che oggi sono centinaia e centinaia in tutti i continenti; è stato membro del Pontificio Consiglio per i Laici.



Buona giornata a tutti. :-)