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martedì 24 ottobre 2017

Fraternità che resta umana - Madeleine Delbrel

La nostra vita comune non deve essere una parvenza di fraternità umana, in nome della fraternità “soprannaturale” che è. 
Sarà un’autentica fraternità soprannaturale soltanto se è una fraternità umana autentica. 
L’interdipendenza che lega i membri della fraternità li sottomette gli uni agli altri. 
Ognuno deve considerare gli altri come persone che gli sono affidate, tutti devono essere consapevoli che ognuno dei fratelli gli è stato affidato; affidato come si affida qualcuno ad un amico prima di morire. 
E’ vero che questa responsabilità è compito particolare dei responsabili; ma nessun responsabile potrebbe assumerla se prima non possiede questo senso della fraternità, e se nella comunità stessa fosse assente questo senso concreto ed esigente della fraternità. 
E’ estremamente facile dilapidare questo tesoro. 
Bastano dei comportamenti inumani: accettare delle fatiche oltre le proprie possibilità, accettare per altri condizioni di vita anormali che non si condividono con loro e alle quali non si cerca di rimediare dando un aiuto eccezionale fornito dalle nostre persone. 
L’umile campo della casa e della tavola, se sono in comune, sono da soli una miniera di carità. 
Non dimentichiamo che nulla ci è di aiuto, né delle abitudini comuni, né una comune origine geografica, né un atavismo e neppure una età comuni. 
Si potrebbe essere tentati di ricercare un’atmosfera prossima all’amicizia, ma si sceglierebbe una strada sbagliata. L’amicizia infatti ha una base di conoscenza; nasce da una conoscenza reciproca. 
Nella fraternità si parte da un fatto reale: la scelta da parte di qualcuno, che fino a ieri non conoscevamo, del nostro medesimo fine. 
Questa scelta ci lega in una medesima volontà di Dio. 
Noi dobbiamo sempre agire in funzione di un cuore che esiste. Siamo cattivi figli di Dio se noi non cerchiamo di assomigliargli nel cercare di essere per i nostri fratelli causa di gioia. Ci facciamo delle illusioni se pensiamo di poter adottare una specie di immobilismo neutrale. 
Quando non diamo felicità, è raro che non causiamo almeno un po’ di disagio, un po’ di disturbo. 
Soprattutto dobbiamo puntare al cuore quando un fratello ha qualche cosa che, normalmente, può farlo soffrire. Non è bello soffrire soli quando Dio non lo ha espressamente voluto. Anche il Signore ha cercato di non soffrire da solo. Egli ha gridato contro l’abbandono di Dio dopo aver subito l’abbandono degli uomini. 
Davanti alla sofferenza non dobbiamo allontanarci da una duplice linea di condotta: - non bisogna negare che i nostri fratelli soffrano di cose di cui noi non soffriremmo noi - almeno così crediamo; - quando li colpisce un avvenimento doloroso, non bisogna aspettare che ci manifestino la loro sofferenza per aiutarli. 
Infine, non è forse inutile aggiungere che, per essere fraterna, la compassione deve comprendere il corpo e l’anima ed immedesimarsi totalmente nel dolore che compatisce. 
Nella fraternità, deve essere considerato sbagliato e ingiusto, giudicare uno di noi in base all’intelligenza o alla sua cultura. 
Quello che vale è l’equilibrio fra la mente e il cuore, e più ancora la trasformazione della propria cultura in carità. 
In questa prospettiva acquisterà il suo valore ogni conoscenza, e non soltanto quella dei libri.

- Madeleine Delbrel - 
da: "Comunità secondo il vangelo", Gribaudi, 1996 



La passione delle pazienze 


La passione, la nostra passione, sì, noi l'attendiamo.
Noi sappiamo che deve venire, e naturalmente intendiamo
viverla con una certa grandezza.
Il sacrificio di noi stessi:
noi non aspettiamo altro che ne scocchi l'ora.
Come un ceppo nel fuoco,
così noi sappiamo di dover essere consumati.
Come un filo di lana tagliato dalle forbici,
così dobbiamo essere separati.
Come un giovane animale che viene sgozzato,
così dobbiamo essere uccisi.
La passione, noi l'attendiamo.
Noi l'attendiamo, ed essa non viene.

Vengono, invece, le pazienze.
Le pazienze, queste briciole di passione,
che hanno lo scopo di ucciderci lentamente per la tua gloria,
di ucciderci senza la nostra gloria.

Fin dal mattino esse vengono davanti a noi:
sono i nostri nervi troppo scattanti o troppo lenti,
è l'autobus che passa affollato,
il latte che trabocca, gli spazzacamini che vengono,
i bambini che imbrogliano tutto.
Sono gl'invitati che nostro marito porta in casa
e quell'amico che, proprio lui, non viene;
è  il telefono che si scatena;
quelli che noi amiamo e non ci amano più;
è la voglia di tacere e il dover parlare,
è la voglia di parlare e la necessità di tacere;
è voler uscire quando si è chiusi
è rimanere in casa quando bisogna uscire;
è il marito al quale vorremmo appoggiarci
e che diventa il più fragile dei bambini;
è il disgusto della nostra parte quotidiana,
è il desiderio febbrile di quanto non ci appartiene.

Così vengono le nostro pazienze,
in ranghi serrati o in fila indiana,
e dimenticano sempre di dirci
che sono il martirio preparato per noi.

E noi le lasciamo passare con disprezzo,
aspettando – per dare la nostra vita –
un'occasione che ne valga la pena.
Perché abbiamo dimenticato che
come ci sono rami che si distruggono col fuoco,
così ci son tavole che i passi lentamente logorano
e che cadono in fine segatura.
Perché abbiamo dimenticato che
se ci son fili di lana tagliati netti dalle forbici,
ci son fili di maglia che giorno per giorno
si consumano sul dorso di quelli che l'indossano.
Ogni riscatto è un martirio,
ma non ogni martirio è sanguinoso:
ce ne sono di sgranati da un capo all'altro della vita.

E' la passione delle pazienze.

- Madeleine Delbrel -
Tratto da Madeleine Delbrêl, Il piccolo monaco, P.Gribaudi editore, Torino, 1990


Buona giornata a tutti. :-)







venerdì 20 ottobre 2017

Perdonare è dimenticare - Madeleine Delbrel

La vita comune è fatta di piccoli perdoni e di conseguenza di piccoli oblii. 
Il non volere dimenticare ci irrigidisce ed il nostro irrigidimento radica ancor più il nostro fratello nell’atteggiamento che ci ha ferito. 
Quasi tutti siamo suscettibili. 
La suscettibilità è un rifiuto della nostra croce personale. 
Essere riconoscenti per un atteggiamento che ci ferisce è una ricetta insuperabile per vincere la suscettibilità. 
Non prendere ciò che è umano per ciò che è soprannaturale, ma neppure scambiare malumori umani per mancanza di carità. 
Ci si può amare molto e sinceramente anche se vi sono malumori. 
Bisogna lottare contro di essi valutandoli per quello che sono: delle piccole cose. 
Considerarli cose grosse, può suscitare delle tentazioni a mancare gravemente di carità. 
La carità, qui come altrove, ha sempre come base la verità. 
La suscettibilità richiama tenerezza: rischia invece di richiamare l’educazione e l’educazione rovina tutto. 
L’educazione è quasi un istinto difesa contro reazioni che noi temiamo. 
La tenerezza è l’amore del cuore di Gesù verso i nostri fratelli e sorelle sempre infermi. 
La rigidità è un altro istinto di difesa. Sembra dire: “attenzione!”. 
Il cuore di Gesù non ci dice “attenzione”, esso è disposto in partenza ad accogliere le piccole sofferenze che ripara soffrendole. 
Il dimenticare le pene sopportate da noi o da coloro che amiamo ci colloca nella semplicità di un cuore “liberale”, cioè libero verso ogni ricordo, fuorchè il ricordo del cuore di Cristo che sempre si dona, che sempre mostra benevolenza e fiducia, che sempre spera il meglio dal cuore che incontra.


- Madeleine Delbrel - 
da: "Comunità secondo il vangelo", Gribaudi, 1996 



Ciò che logora le nostre anime nel modo più rapido e peggiore possibile è perdonare senza dimenticare.


- Arthur Schnitzler -
Aphorismen und Betrachtungen



Preghiera per restare svegli

O Signore,
che continuamente c'incitasti
a star svegli
a scrutare l'aurora
a tenere i calzari
e le pantofole,
fa' che non ci appisoliamo
sulle nostre poltrone
nei nostri anfratti
nelle culle in cui ci dondola
questo mondo di pezza,
ma siamo sempre attenti a percepire
il mormorio della tua Voce,
che continuamente passa
tra fronde della vita
a portare frescura e novità.
Fa' che la nostra sonnolenza
non divenga giaciglio di morte
e - caso mai - dacci Tu un calcio
per star desti
e ripartire sempre.

- Madeleine Delbrel -


Buona giornata a tutti. :-)





martedì 24 gennaio 2017

Vergine Maria proteggi il tuo popolo

O Maria, che sei invocata quale Rifugio dei Peccatori, 
rivolgi il Tuo sguardo pietoso sulla nostra amata Italia, 
che porta in sé la grande eredità dei santi Apostoli, 
dei Martiri, dei Pastori, delle beate Vergini 
e di tanti discepoli del tuo Figlio Gesù: 
è vero, questa nostra Patria ormai da troppo tempo tiene 
in dispregio le leggi divine e i mandati del Divin Redentore, 
per cui i pubblici flagelli che in questi tempi 
ci opprimono sono espiazione di quelle colpe onde le pubbliche autorità 
e le nazioni si sono allontanate da Dio, 
però noi egualmente peccatori, ma figli Tuoi, ci rivolgiamo a Te.
Guarda con benevolenza il popolo italiano 
che in larghe sue parti soffre oggidì per la recrudescenza del terremoto, 
per il freddo intenso ed il gelo: 
a te sono noti i suoi peccati e le sue virtù, 
le sue ricchezze e le sue miserie, 
le sue debolezze e i suoi gesti di bontà e per questo trattieni, 
o Madre pietosissima, ancora una volta il braccio di Dio onnipotente, 
che guarda la terra e la fa tremare, che comanda agli elementi e li placa.
Intercedi per noi, o Vergine Maria, 
affinchè Iddio perdoni a quelli che lo temono, 
usi misericordia con chi lo supplica, cosicché, 
come paventiamo la Sua ira che scuote le fondamenta della terra, 
così sperimentiamo la Sua clemenza nel ripararne le rovine.
Prega per le anime delle vittime, 
asciuga le lacrime di chi ha perso i suoi cari, 
soccorri coloro che sono nella tribolazione, 
aiuta quelli che con sincera generosità cercano di portare ausilio 
in questi giorni di calamità 
senza precedenti alle popolazioni martoriate e non negare, 
o Vergine benedetta, che la tua materna protezione 
ci accompagni ogni giorno, in questa valle di lacrime.


Salve Regina.



„Tutti dovettero avere una grande superbia, un grande orgoglio, un alto senso si sé, di sé come individui e di sé come comunità, se subito dopo il terremoto vollero e seppero ricostruire miracolosamente quelle città, con quelle topografie, con quelle architetture barocche: scenografiche, ardite, abbaglianti concretizzazioni di sogni, realizzazioni di fantastiche utopie. 
Sembrano nei loro incredibili movimenti, nelle loro aeree, apparenti fragilità, una suprema provocazione, una sfida ad ogni futuro sommovimento della terra, ad ogni ulteriore terremoto; e sembrano insieme, le facciate di quelle chiese, di quei conventi, di quei palazzi pubblici e privati, nei loro movimenti, nel loro ondeggiare e traballare "a guisa di mare", nel loro gonfiarsi e vibrare come vele al vento, la rappresentazione, la pietrificazione, l'immagine, apotropaica o scaramantica, del terremoto stesso: la distruzione volta in costruzione, la paura in coraggio, l'oscuro in luce, l'orrore in bellezza, l'irrazionale in fantasia creatrice, l'anarchia incontrollabile della natura nella leibniziana, illuministica anarchia creatrice; il caos in logos, infine, che è sempre il cammino della civiltà e della storia.“

– Vincenzo Consolo - 
scrittore e saggista italiano 1933-2012



„Passato il sabato, all'alba del primo giorno della settimana, Maria di Màgdala e l'altra Maria andarono a visitare il sepolcro. 
Ed ecco che vi fu un gran terremoto: un angelo del Signore, sceso dal cielo, si accostò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. 
Il suo aspetto era come la folgore e il suo vestito bianco come la neve. 
Per lo spavento che ebbero di lui le guardie tremarono tramortite. Ma l'angelo disse alle donne: "Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. 
Ecco, io ve l'ho detto". Abbandonato in fretta il sepolcro, con timore e gioia grande, le donne corsero a dare l'annunzio ai suoi discepoli. 
Ed ecco Gesù venne loro incontro dicendo: "Salute a voi". Ed esse, avvicinatesi, gli presero i piedi e lo adorarono. Allora Gesù disse loro: "Non temete; andate ad annunziare ai miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno". (28, 1 – 10)“

– Matteo apostolo ed evangelista -




Ti prego, Signore,
di fronte al triste spettacolo
delle rovine causate dal terremoto.
Dio onnipotente,
buono sempre
anche quando permetti
che i tuoi figli siano colpiti dal dolore,
concedi riposo eterno
alle vittime,
rassegnazione e fortezza
ai sopravvissuti,
larghezza di cuore a tutti,
nel venire incontro
alle necessità di tanti fratelli
che sono nel bisogno.

- San Giovanni Paolo II, papa -




Buona giornata a tutti. :-)





sabato 21 maggio 2016

Da: Il Quinto Evangelio, 1975 - Mario Pomilio

Dovete sapere che San Bartolomeo aveva scritto anche lui il suo bel Vangelo. Sapendo di dover morire mandò il libro ai Settanta, che sono i Settanta preti che hanno in custodia le Scritture. Appena costoro l'ebbero letto, cominciarono a lamentarsi: “E che faremo noi se questo Vangelo si divulga? Qui è scritto che dobbiamo fare penitenza e rinunziare ai beni del mondo e quello che abbiamo metterlo in comune con chi non ha.”
 Presero dunque quel libro e lo nascosero in una grotta. Ma li vide Gesù e subito li richiamo:  “Che cosa avete fatto delle mie verità? Esponetele invece in alto, che ognuno le possa leggere.”
Stavano tutti confusi, ma il più vecchio suggerì: “Portiamo dunque il libro in alto, secondo quanto ci è ordinato.”
Andarono allora in cima al Sinai e lo esposero su una rupe in modo bensì da potersi leggere, ma solo aggrappandosi alla rupe.
È così che il Vangelo di san Bartolomeo è rimasto sconosciuto e nessuno ne parla mai. Ma ogni tanto, quando più forte soffia il vento in cima al monte, un foglio se ne stacca e va a cadere in mezzo agli uomini. E coloro che lo raccolgono, lo guardano pieni di stupore, lo trovano bello come gli altri quattro Vangeli e vanno poi gridando in giro le verità d'amore che vi sono scritte.

- Mario Pomilio -
Il Quinto Evangelio, 1975, Rusconi Editore


«Si dice che all'interno dei quattro vangeli noti è come se ce ne fosse uno ancora sconosciuto. Ma ogni volta che la fede accenna a rifiorire, è segno che qualcuno ha intravisto quel Vangelo.» (pag 86)

- Mario Pomilio -
Il Quinto Evangelio, 1975, Rusconi Editore



"Una volta un dottore incontrò il Cristo Gesù: 'Signore, io so bene che tu fosti il Messia e quel che pronunziasti è pieno di sapienza. Ma come può essere che un sol libro basti in eterno a tanta gente?'. Gli rispose Gesù: 'Egli è vero quel che dici. Ma tu non sai che il popol mio lo riscrive ogni dì'" (pag. 87)

- Mario Pomilio -
Il Quinto Evangelio, 1975, Rusconi Editore



"Un uomo andava pellegrino cercando il quinto evangelio. Lo venne a sapere un santo vescovo e, per l'affetto di averlo veduto vecchio e stanco, gli mandò a dire queste parole: “Procura d'incontrare il Cristo e avrai trovato il quinto evangelio'"(pag. 323)

- Mario Pomilio -
Il Quinto Evangelio, 1975, Rusconi Editore



"La tradizione cristiana in fondo cos'altro è se non un lungo apocrifo, un andare cercando il Vangelo dei Vangeli?" (pag. 347) 

- Mario Pomilio -
Il Quinto Evangelio, 1975, Rusconi Editore




"... l'aspettativa quasi d'un altro libro che finisca quello che gli altri hanno lasciato incompiuto. E in pratica, mentalmente, lo veniamo scrivendo: ogni nuova domanda che ci poniamo intorno al Cristo che altro è, in definitiva, se non una pagina di quel libro?" (pag. 349)
- Mario Pomilio -
Il Quinto Evangelio, 1975, Rusconi Editore




Preghiera a Maria Addolorata

Regina dei martiri, 
che sostenesti i più atroci dolori 
e compisti nel tuo cuore il più eroico dei sacrifici, 
io voglio unire le mie pene alle tue.
Vorrei essere vicina a te come san Giovanni 
e le pie donne per consolarti della perdita del tuo Gesù. 
Purtroppo riconosco che anch'io con i miei peccati 
sono stato causa della morte del tuo Figlio diletto.
Ti chiedo perdono, o madre addolorata. 
Accetta in riparazione l'offerta che io ti faccio di me stesso, 
e il proposito di volerti sempre amare per l' avvenire.
Metto nelle tue mani tutta la mia vita; 
fa' che io possa farti amare anche da tante anime 
che vivono lontane del tuo Cuore materno. Amen.

Buona giornata a tutti. :-)


venerdì 23 ottobre 2015

Un lampo - Piero Gribaudi -

Quando vide che il tramonto stava dipingendo di viola le nubi, Eleazar si accorse, come ridestandosi da un sogno, di averla fatta grossa. 
Che cosa avrebbe detto a casa? Gli avrebbero creduto? Ma soprattutto che cosa avrebbero mangiato, quella sera, il babbo e la mamma?
Fu quest'ultimo pensiero a spingerlo di corsa verso i 12 canestri allineati accanto a un pozzo abbandonato. Vuoti! Vuoti anch'essi come la sua bisaccia, che sentiva rendergli sul fianco floscia come un pensiero inutile.
La sua bisaccia che poche ore prima conteneva un tesoro: cinque pani e due grandi pesci essiccati.
Che cosa era successo? Perché si era prestato con tanta spontaneità, lui - l'unico che avesse con sé un po' di cibo - a quell'incredibile gioco cui aveva assistito con stupore, gioia, emozione, sino a dimenticare il correre del tempo?
Stentava ancora a raccapezzarsi, in quel susseguirsi di eventi: la richiesta del suo prezioso cibo da parte dei discepoli di Gesù, il suo sì immediato, e poi il movimento continuo della mano del Rabbi nell'estrarre dalla sua bisaccia quel che non poteva contenere: migliaia di pani, migliaia di pesci, a saziare le migliaia di persone tra le quali si era infilato anche lui quasi per caso, per curiosità, per udire parole che solo in parte aveva capite ma che gli erano scese nel cuore come il più squisito dei cibi.
E poi, quell'allegro desinare in gruppi a forma di aiuole di cinquanta, cento persone, rese un po' ebbre dell'abbondanza del cibo spirituale e di quello materiale; al punto che il Rabbi, vedendo lo spreco dei rifiuti nell'erba, aveva ordinato di raccoglierli in dodici cesti.
Tutto straordinario, incredibile, quasi magico. Ma la conclusione? Lui, che pure si era saziato, aveva completamente dimenticato i suoi cinque pani e i suoi due pesci.
Ce n'erano talmente tanti! Ce n'erano, appunto... Ma adesso, che tutti se n'erano andati, pure i cesti degli avanzi erano stati svuotati. E lui che era costretto a tornare a casa a raccontare cose dell'altro mondo, però a mani vuote.
A Eleazar venne un groppo in gola, un grosso nodo di pianto e rabbia. 
E diede un gran calcio all'ultimo cesto. Vide così, acceso dall'ultimo raggio dell'ultimo sole, un piccolissimo lampo. Gli si avvicinò.
Era un pesciolino non più lungo del suo mignolo, rimasto incastrato fra le maglie del cesto. Lo raccolse, e fu allora che notò una formica trascinare una mollica di pane dieci volte più grande di lei.
Raccolse anche la mollica. Forse, mostrando a casa quei minuscoli avanzi, avrebbe potuto illustrare meglio tutte le meraviglie cui aveva assistito. 
Ne era assai poco convinto, Eleazar, ma tentar non nuoce.
Fu così che lo avrete già capito, Eleazar trasse quella sera a casa, sul povero tavolo disadorno, di fronte alle ghirlande di occhi dei fratellini e di mamma e papà, non uno ma diecimila pesciolini piccini e diecimila briciole di pane.
Sinché il tavolo fu colmo sino al soffitto, e i pesciolini scivolavano a terra e ai piedi del tavolo si moltiplicavano pure i gatti e le galline facendo un gran chiasso.

Alla fine, smise di affondare la mano nella bisaccia, perché le dita gli dolevano, il sole era ormai alto, i fratellini dormivano per la grande abbuffata. Mamma e papà continuavano a chiedergli di quell'uomo, Gesù, e di quale magia avesse fatto lui, il loro figliolo generoso e distratto. E lui non sapeva che rispondere, se non con un sorriso.

- Piero Gribaudi - 
da: "Bimbi del Vangelo"

Moltiplicazione dei pani e dei pesci 
mosaico in S. Apollinare Nuovo, Ravenna

È la vita a costituire l'unica realtà e il vero mistero. 
La vita è molto di più che semplice materia chimica, che nelle sue fluttuazioni assume quelle forme elevate che ci sono note. 
La vita persiste, passando come un filo di fuoco attraverso tutte le forme prese dalla materia. 
Lo so. Io sono la vita. 
Sono passato per diecimila generazioni, ho vissuto per milioni di anni, ho posseduto numerosi corpi. Io, che ho posseduto tali corpi, esisto ancora, sono la vita, sono la favilla mai spenta che tuttora divampa, colmando di meraviglia la faccia del tempo, sempre padrone della mia volontà, sempre sfogando le mie passioni su quei rozzi grumi di materia che chiamiamo corpi e che io ho fuggevolmente abitato.


- Jack London - 





«Sulla vita affettiva, sulla personalità e lo sviluppo, sui diritti e sui doveri, gli "esperti" sanno tutto. E i genitori devono solo ascoltare, imparare e adeguarsi. Privati del loro ruolo, essi diventano spesso eccessivamente appesantiti e possessivi nei confronti dei loro figli, fino a non correggerli. 
Tendono ad affidarli sempre più agli "esperti", anche per gli aspetti più delicati e personali della loro vita, mettendosi nell’angolo da soli; e così i genitori oggi corrono il rischio di autoescludersi dalla vita dei loro figli. 
E questo è gravissimo!» 

- Papa Francesco - 
20 maggio 2015





Preghiera all’angelo custode

"Angelo Santo, amato da Dio, 
ti prego, per amore a Gesù Cristo, 
che quando sarò ingrato e ostinatamente sordo ai tuoi consigli, 
tu non voglia, per questo abbandonarmi; 
al contrario, riportami subito sulla retta via, se ho deviato; 
insegnami, se sono ignorante; 
rialzami, se sono caduto; 
sostienimi, se sono in pericolo e conducimi alla felicità eterna. 
Amen."


- San Giovanni Berchmans -



Buona giornata a tutti. :-)