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giovedì 15 dicembre 2011

Giulietta si uccide - William Shakespeare

Romeo ha ingerito la fiala di veleno, un ultimo bacio a Giulietta e poi la morte.
Dall'altra parte del cimitero entra Frate Lorenzo, con una lanterna, una leva e una vanga.

Frate Lorenzo: San Francesco m'assista!
Quante volte stanotte questi vecchi piedi miei
si sono incespicati nelle tombe!
Chi è là?

E’ Baldassare. Spiega a Frate Lorenzo che la luce che  arde là in fondo è quella di Romeo,nella cappella dei Capuleti.Prosegue dicendo che il padrone gli ha vietato di stare con lui e lo ha anche minacciato di morte se l’avesse spiato. Frate Lorenzo, ha paura, teme che sia successo qualcosa di brutto e decide di andare da solo.

Frate Lorenzo: (avvicinandosi al sepolcreto)
Romeo!... Ahimè, ahimè, che sangue è questo,
sulla soglia di pietra del sepolcro?
Che sono queste spade insanguinate,
abbandonate, lì, sul pavimento,
in questo luogo di pace?...

(Entra nel sepolcreto)

Oh, Romeo!
Oh, com'è tutto pallido!... E quest'altro?
Come! Anche Paride?... Intriso di sangue?
Ah, quale sciagurato contrattempo
è reo di questa sorte sciagurata!...

La ragazza si muove...

Giulietta si sveglia e sorge in piedi

Giulietta: Oh, Fra' Lorenzo!
Che conforto vedervi!... E il mio signore?
Dov'è?... Ricordo bene adesso il luogo
dove dovevo trovarmi per lui...
e mi trovo... Ma il mio Romeo dov'è?

(Rumori da dentro)

Frate Lorenzo: Sento qualche rumore... Vieni fuori,
figliola mia, da quel nido di morte,
di contagio e di sonno innaturale.
Un potere, cui non possiamo opporci
perché a noi superiore,
ha contrastato il nostro piano. Vieni.
Tuo marito è lì, morto sul tuo petto;
e Paride con lui. Andiamo, vieni.
Penserò io a procurarti asilo
fra una comunità di pie sorelle.
Non indugiarti a far domande adesso,
sta venendo il guardiano. Vieni, andiamo,
Giulietta, non mi far trovare qui.

Giulietta: Va', va'... Va' pure, tu: io resto qui.

(Esce Frate Lorenzo)

E questa che cos'è?... Tra le sue dita
stringe una fiala il mio fedele amore?

(Prende la fiala dalla mano di Romeo)
Veleno!... È stato questo la sua fine.
Cattivo! L'hai bevuto fino in fondo,
senza lasciarmene una goccia amica
che m'avrebbe aiutato!...
Bacerò le tue labbra: c'è rimasto
forse un po' di veleno, a darmi morte
come per un balsamico ristoro.

(Lo bacia)

Come son calde ancora le tue labbra!

(La voce di un guardiano, da dentro)

Guardiano: Facci strada, ragazzo. Da che parte?

Giulietta: Ah, dei rumori... Allora non c'è tempo!

(Vede il pugnale di Romeo, lo sfodera)

Pugnale benedetto!... Ecco il tuo fodero...
(Si colpisce al petto)
qui dentro arrugginisci, e dammi morte!

(Cade sul corpo di Romeo e muore)
(William Shakespeare)

mercoledì 30 novembre 2011

Romeo muore - William Shakespeare

SCENA III - Un cimitero col monumento sepolcrale dei Capuleti. Notte.
Entra Paride che reca fiori, il suo paggio ha una torcia accesa.

Paride: Ragazzo, dammi adesso quella torcia,
e tieniti a distanza; anzi, no, spegnila,
ché non vorrei che alcuno mi vedesse.
Vatti a stender laggiù, sotto quei tassi
con l'orecchio poggiato bene a terra,
e bada a percepire tutti i passi
che senti rimbombare sul terreno
malfermo per lo sterro delle fosse,
e se senti qualcosa, fammi un fischio.
Dammi quei fiori e fa' quel che t'ho detto.

Paggio tra sé

Trovarmi solo, in questo cimitero...
Ho paura... Facciamoci coraggio!...

(Si allontana)

Paride: O profumato fiore, d'altri fiori
ecco, io cospargo il tuo letto di sposa...
Oh, struggimento! È tutto pietra e polvere
questo tuo baldacchino!
Ma ogni notte verrò qui ad aspergerlo
di dolce acqua, e se acqua non avrò,
delle lagrime distilleranno
le mie lamentazioni.
L'esequie ch'io celebrerò per te
saranno di cospargere ogni notte
di lacrime e di fiori il tuo sepolcro.

(S'ode il fischio del Paggio)
Paride al fischio del paggio si nasconde. Vede Romeo e Baldassare con in mano una torcia, un piccone e altri arnesi. Romeo ordina a Baldassare di non interromperlo, qualsiasi cosa lo veda fare. Gli dice che vuole contemplare il volto della sua donna per l’ultima volta e prenderle l’anello che porta al dito, ma lo sguardo  e le parole di Romeo mettono paura, così Baldassare decide di rimanere nascosto   nei dintorni.
Romeo spezza con il piccone la porta del sepolcro. Paride pensando che voglia profanare con qualche atto nefando e oltraggioso la tomba di Giulietta si fa avanti.

Paride: Interrompi quest'empia tua fatica,
vigliacco d'un Montecchi!... La vendetta
può dunque crescer oltre la morte?
Io t'arresto, furfante fuori legge.
T'ordino di seguirmi; e tu obbedisci
perché devi morire.

Romeo: E per morire sono qui venuto.
Mio caro giovanotto,
non provocare un uomo disperato;
va' via, meglio per te, lasciami solo;
pensa a tutti costoro che son morti,
e l'idea di seguirli ti spaventi.
Ti scongiuro, non far che sul mio capo
s'aggiunga, costringendomi alla furia,
altro peccato. Va', va' via di qua!
Io ti tengo più caro di me stesso,
te lo giuro sul cielo, perché armato
contro me stesso son venuto qui.
Non rimanere, va'! Vivi, e racconta
che è stata la mercé d'un forsennato
a risparmiarti.

Paride insiste nel voler arrestare Romeo. I due si battono; il paggio va a chiamare le guardie.
Paride colpito a morte chiede di giacere nella stessa tomba di Giulietta.
Romeo scoperchia la tomba, e vede il corpo di Giulietta

Romeo: Che dico, no! Una cupola di luce, giovane ucciso, perché in questo luogo giace Giulietta, e la bellezza sua di questa oscura cripta fa una sala perennemente illuminata a festa! Morto, mettiti dunque là a giacere, per la mano d'un uomo ch'è già morto.

(Depone il corpo di Paride nella tomba, poi si ferma a mirare quello di Giulietta)

Com'è vero che gli uomini, morendo,
hanno un fugace tratto di letizia:
uno sprazzo, che quelli che li vegliano
soglion chiamare "il lampo della morte".
Oh, ma poss'io chiamare questo tuo
soltanto un lampo?... Amore mio, mia sposa!
La morte che ha succhiato tutto il miele
del tuo fiato, non ha ancor trionfato
di tua beltà, non t'ha ancor conquistata!
Ancor sulle tue labbra e le tue guance
risplende rosea la gloriosa insegna
della bellezza tua: su te la Morte
non ha issato il suo pallido vessillo...
Tebaldo, tu che te ne stai là in fondo
nel tuo bianco lenzuolo insanguinato,
qual maggiore tributo posso renderti
che spezzare con questa stessa mano
che ha spezzato la tua giovane vita
quella dell'uomo che ti fu nemico?
Perdonami, cugino!... O mia Giulietta,
perché sei tanto bella ancora, cara?
Debbo creder che palpita d'amore
l'immateriale spettro della Morte?
E che quell'aborrito, scarno mostro
ti mantenga per sé qui, nella tenebra,
perché vuol far di te la propria amante?
Per tema, io resto qui con te, in eterno;
e più non lascerò questa dimora
della notte, qui, qui, voglio restare
insieme ai vermi, tue fedeli ancelle,
qui fisserò l'eterno mio riposo,
qui scrollerò dalla mia carne stanca
il tristo giogo delle avverse stelle.
Occhi, miratela un'ultima volta!
Braccia, carpitele l'estremo amplesso!
E voi, mie labbra, porte del respiro,
suggellate con un pudico bacio
un contratto d'acquisto senza termine
con l'eterna grossista ch'è la Morte!
Vieni, amarissima mia scorta, vieni,
mia disgustosa guida. E tu, Romeo,
disperato nocchiero, ora il tuo barco
affranto e tormentato dai marosi
scaglia contro quegli appuntiti ronchi
a sconquassarsi... Ecco, a te, amor mio!

(Beve la pozione)

O fidato speziale!... Le tue droghe
sono davvero rapide d'effetto...
Così, in un bacio, io muoio...

(Bacia Giulietta, si accascia e muore)
(William Shakespeare)


sabato 19 novembre 2011

Romeo, il veleno e la lettera mai arrivata - William Shakespeare

ATTO QUINTO - SCENA I - Mantova, una strada
Romeo è felice, nella notte ha sognato di essere morto  e la sua donna coi baci, con le labbra,  infondeva soffio di vita al suo corpo.

”- strano sogno, che fa pensare un morto! -
e infondere, coi baci,
un tal soffio di vita alle mie labbra,
ch'io risorgevo e mi sentivo un Cesare.
Ah, com'è dolce il possesso d'amore,
s'anche sol la sua ombra
è sì ricca di gioia apportatrice!”

Entra Baldassare (paggio e amico di Romeo)

Romeo: Oh, ecco le notizie da Verona!
Hai lettere dal frate, Baldassarre?
Che fa mia moglie? Sta bene mio padre?
Ebbene, come sta la mia Giulietta?
Te lo chiedo per la seconda volta,
perché s'ella sta bene,
non c'è nulla per me che vada male.

Baldassare: Allora ella sta bene, e non c'è nulla
che vada male. Il corpo suo riposa
nel sepolcreto della sua famiglia,
e quello che di lei era immortale
vive cogli angeli. L'ho vista io stesso
distesa nella cripta sotterranea
dei Capuleti, e son partito subito
per venirvelo a dire. Oh, perdonatemi
se vi reco un annuncio sì ferale,
ma siete stato voi a incaricarmene.

Romeo: Ah, è davvero così?
E allora, stelle, stanotte vi sfido!
Baldassarre, tu sai dov'io dimoro;
cercami inchiostro e carta,
e vammi a noleggiare due cavalli.
Voglio partire subito stanotte.

Baldassare cerca di convincere Romeo a non tornare a Verona, ma Romeo esce e si reca nella bottega di uno speziale

Romeo : Senti, brav'uomo. Vedo che sei povero.
Ho qui quaranta ducati per te:
procurami una dose di veleno,
ma qualcosa d'effetto così rapido
che si diffonda subito nel sangue
e chi lo assuma, stanco di campare,
cada subito, lì, morto stecchito,
e il corpo gli si svuoti del suo fiato
con la violenza e la rapidità
con cui esce la polvere da sparo,
accesa, dalla bocca d'un cannone
seminator di morte.

Speziale: Quella droga, signore, io ce l'ho,
e micidiale. Ma la legge a Mantova
punisce con la morte chi la vende.

Romeo: E tu, tu hai paura di morire,
miserabile e nudo come sei?
Sulle tue guance si legge la fame,
negli occhi t'agonizza la miseria
ed il bisogno; porti appesi al collo
visibilmente il disprezzo del prossimo
e la più misera pezzenteria;
il mondo non t'è amico,
né ti fu mai amica la sua legge;
il mondo non ha legge
che faccia ricco uno come te.
Allora, perché vuoi restare povero?
Infrangila, la legge, e prendi questo!

Lo speziale prende il borsello con i soldi e dà a Romeo una fiale di veleno. La scena si sposta nelle cella di Frate Lorenzo.

SCENA II - La cella di Frate Lorenzo

Entra Frate Giovanni  ha ancora in mano la lettera scritta da frate Lorenzo e indirizzata a Romeo

Frate Giovanni : Per avere una compagnia nel viaggio,
m'ero messo a cercare un confratello,
un fraticello scalzo del nostro ordine
che assiste gli ammalati qui in città,
e alla fine l'avevo rintracciato,
quand'ecco che le guardie sanitarie,
sospettando che noi si fosse usciti
da una casa infestata dalla peste,
ci hanno chiuso le porte di città,
e non ci hanno permesso più di uscire.
E lì è rimasto il mio viaggio per Mantova.

Frate Lorenzo: E allora la mia lettera a Romeo,
chi la portò?

Frate Giovanni :  Nessuno. Eccola qui.
io non ho più potuto né mandargliela,
né trovar messo che te la portasse,
tanta era la paura del contagio
in ciascuno di loro.

Frate Lorenzo:  Oh, sorte avversa!
Questa lettera, pel sacro mio ordine!,
non era cosa di poca importanza,
ma gravida di serie conseguenze,
ed averne mancato la consegna
può esser causa di grossi guai!
Va', corri a procurarti un grimaldello,
e portamelo qui, nella mia cella,
ma subito, però.

Frate Giovanni : Vado, fratello:
vado di corsa, e te lo porto subito.

(Esce)

Frate Lorenzo: Ora devo dirigermi da solo
al sepolcreto, dove fra tre ore
dovrà destarsi la bella Giulietta;
e chi sa come mi maledirà
perché non ho informato il suo Romeo
di tutto quello che sta succedendo!
Scriverò subito di nuovo a Mantova,
e terrò lei con me, nella mia cella,
fintanto che Romeo non sia arrivato...
Povera morta viva,
racchiusa nel sarcofago di un morto!

(Esce)
(William Shakespeare)

sabato 29 ottobre 2011

Il sole sorge su casa Capuleti - William Shakespeare

Il  sole è appena sorto, tutti a casa Capuleti sono già svegli e in piena attività.  E’ il giorno del matrimonio tra il conte Paride e Giulietta.
 
Scena V - La camera di Giulietta

Giulietta è distesa sul letto
Entra la nutrice

Nutrice: Padroncina!... Padrona!... Su, Giulietta!...
Perbacco, se la dorme della grossa!
Sveglia, agnellino mio, madamigella!
Ah, dormigliona!... Sveglia, dico, amore!
Signora, cuore mio, signora sposa!
Come sarebbe... perché non rispondi?
Ho capito, vuoi farti la provvista.
Vuoi dormire per una settimana;
perché stanotte, te lo garantisco,
il conte già riposa sull'idea
di farti riposare molto poco.
Dio mi perdoni, Vergine Santissima,
certi pensieri... Ma che sonno duro!
Però debbo svegliarla, ad ogni costo.
Madamigella, su, madamigella!
Sì, sì, fatti trovare ancora a letto
dal conte Paride, vedrai che sveglia
ti darà lui allora, e che spavento!
Oh, no!... Ma come mai! Tutta vestita?
Ti sei vestita, e poi di nuovo a letto?...
Eh, ma bisogna proprio che ti svegli.
Signora, su... signora, su, signora!...
Oh, Dio! Oh, Dio! Aiuto! Aiuto! Aiuto!
La mia padrona è morta!... Oh, che disgrazia!
Oh, non fossi mai nata!... Ohilà, voialtri!
Dell'assenzio!... Signore mio! Signora!...

Alle urla della nutrice accorrono tutti i presenti nella casa, Monna Capuleti, papa Capuleto, Frate Lorenzo, Paride e i musici. Il dolore espresso da ognuno dei presenti ben delinea il  carattere dei personaggi.

Paride: Tradito, divorziato, contrastato,
coperto di disprezzo, assassinato!
Morte esecrabile, tu m'hai tradito,
rovinato per sempre, crudelissima!
O amore! O vita!... No, non c'è più vita,
e sol riposto è nella morte amore!

Capuleto:  Oppresso, disprezzato, torturato,
odiato, ucciso! O sorte sciagurata,
hai voluto distruggere così
la nostra festa!... Figlia, figlia mia!
Anima, più che figlia, anima mia!
Morta!... La mia bambina non c'è più,
e con lei è sepolta ogni mia gioia!

Frate Lorenzo: Pace, pace, signori!
Non si curano i mali coi lamenti.
Il cielo e voi aveste parte insieme
a far questa fanciulla,
ed ora il cielo l'ha tutta per sé;
ed è meglio per lei che sia così:
voi non potreste togliere alla morte
la parte vostra, il ciel serba la sua,
e la mantiene nella vita eterna.
Non era vostra somma aspirazione
il vederla salir sempre più in alto,
e trovar nella sua elevazione
il vostro paradiso sulla terra?
Ed ora che è salita tanto in alto,
oltre le nubi, al vero paradiso,
voi piangete? Se è questo l'amor vostro
per vostra figlia, è un amore distorto
perché impazzisce a saperla felice.
Ben maritata non è quella donna
che vive a lungo in stato maritale;
meglio sposata è quella
che morte coglie ancor giovane sposa.

Asciugate perciò le vostre lacrime
e cospargete questa bella salma
di rosmarino, e portatela in chiesa,
vestita delle sue più belle vesti,
com'è l'uso; ché se pur la natura,
sensibile com'è, ci spinga al pianto,
le lacrime che muove la natura
son motivo di riso alla ragione.
…………

I musici lamentano fra di loro che per oggi non mangeranno  e si accordano di suonare al funerale e quando i piangenti  andranno via con la salma,  potranno finalmente andare in cucina e mangiare tutto quello che era stato preparato per le nozze.

(Escono Capuleto, Monna Capuleti, Paride e Frate Lorenzo - La Nutrice e i Musici cospargono di fiori il letto di Giulietta e ne tirano le cortine del baldacchino)

(Shakespeare William)
Sarà Amore per sempre

i funerali di Giulietta