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mercoledì 30 marzo 2016

Otto consigli sulla confessione offerti da san Francesco di Sales

Prima di realizzare una confessione, bisogna essere consapevoli di quello che diremo.
Come sappiamo, la confessione è il sacramento della Riconciliazione. 
Prima di confessarci, dobbiamo essere consapevoli di ciò che diremo, ovvero dobbiamo compiere uno sforzo per ricordare tutti i peccati commessi, sia volontariamente che involontariamente, nella nostra vita (esame di coscienza).
Occorre come ripercorrere la nostra vita alla luce della Parola di Dio, dei comandamenti dell’Amore di Dio, e non solo le cose avvenute dopo l’ultima confessione, ma anche quelle che non abbiamo detto per omissione o dimenticanza.

Ecco 8 buoni consigli lasciatici da un grande santo di Dio: san Francesco di Sales. Speriamo che siano di vostro aiuto.

1.- Confessati devotamente e umilmente ogni otto giorni e, se puoi, ogni volta fai la Comunione, anche se non avverti nella coscienza il rimorso di alcun peccato mortale. In tal caso, con la confessione, non soltanto riceverai l’assoluzione dei peccati veniali confessati, ma anche una grande forza per evitarli in avvenire, una grande chiarezza per distinguerli…
2.- Abbi sempre un sincero dispiacere dei peccati che confessi, per piccoli che siano, e prendi una ferma decisione di correggerti. Molti si confessano dei peccati veniali per abitudine, quasi meccanicamente, senza pensare minimamente ad eliminarli; e così per tutta la vita ne saranno dominati e perderanno molti beni e frutti spirituali.
3.- Non fare accuse generiche, come fanno molti, in modo meccanico, tipo queste: Non ho amato Dio come era mio dovere; Non ho ricevuto i Sacramenti con il rispetto dovuto, e simili. 
Ti spiego meglio il perché: dicendo questo tu non offri alcuna indicazione particolare che possa dare al confessore un’idea dello stato della tua coscienza; tutti i santi del Paradiso e tutti gli uomini della terra potrebbero dire tranquillamente la stessa cosa. 
Cerca qual è la ragione specifica dell’accusa, una volta trovata, accusati della mancanza commessa con semplicità e naturalezza. Se, per esempio, ti accusi di non avere amato il prossimo come avresti dovuto, può darsi che si sia trattato di un povero veramente bisognoso che tu non hai aiutato come avresti potuto o per negligenza, o per durezza di cuore, o per disprezzo; cerca di capire bene il motivo!
4.- Non accontentarti di raccontare i tuoi peccati veniali solo come fatto; accusati anche del motivo che ti ha spinto a commetterli.
5.- Non dimenticarti, per esempio, di dire che hai mentito senza coinvolgere nessuno; ma chiarisci, se è stato per vanità, se era per vantarti o scusarti, o per gioco, o per cocciutaggine.
6.- Se hai peccato nel gioco, specifica se è stato per soldi, o per il piacere della conversazione, e così via. Dì se sei caduto molte volte in questa mancanza, perché la durata aumenta il peccato, perché c’è grande differenza tra una vanità passeggera e quella che si è stabilita nel nostro cuore da qualche tempo. Dì anche se sei rimasto per lungo tempo nel tuo male, perché, in genere, il tempo aggrava il peccato. C’è molta differenza tra la vanità di un momento, che ha occupato il nostro spirito sì e no per un quarto d’ora, e quella nella quale il nostro cuore è rimasto immerso per uno, due o tre giorni!
7.- Bisogna esporre il fatto, il motivo e la durata dei nostri peccati; perché, anche se comunemente non siamo obbligati ad essere così esatti nel dichiarare i nostri peccati veniali, anzi non siamo nemmeno obbligati a confessarli, è pur sempre vero che coloro che vogliono pulire per bene l’anima per raggiungere più speditamente la santa devozione, devono avere molta cura di descrivere al medico spirituale il male, per piccolo che sia, se vogliono guarire.
8.- Non cambiare facilmente di confessore, ma scegline uno e rendigli conto della tua coscienza nei giorni che avrai stabilito; e digli con naturalezza e franchezza i peccati commessi; di tanto in tanto, ogni mese o ogni due mesi, digli anche a che punto sei con le inclinazioni, benché in quelle non ci sia peccato; digli se sei afflitta dalla tristezza, dal rimpianto, se sei invece portata alla gioia, al desiderio di acquisire ricchezze, e simili inclinazioni.
“La contrizione e la confessione sono così belle e così profumate, che cancellano la bruttezza e distruggono il lezzo del peccato” 

- San Francesco di Sales - 
(1608). Introduzione alla vita devota. La santa confessione (capitolo XIX)




Cercate di fare bene oggi senza pensare al giorno seguente, poi, il giorno seguente, cercate di fare lo stesso. 

- San Francesco di Sales - 





“La tradizione vostra dei cappuccini è una tradizione di perdono”, ha esordito il Papa. E richiamando i Promessi Sposi di Manzoni, ha aggiunto: “Oggi ci sono tanti bravi confessori ed è perché si sentono peccatori come il nostro fra’ Cristoforo: sanno che sono grandi peccatori. Davanti alla grandezza di Dio chiedono: ascolta e perdona. Perché sanno pregare, così sanno perdonare”….
“Io – ha detto Francesco a braccio – vi parlo come fratello e in voi vorrei parlare a tutti i confessori in quest’anno della misericordia: il confessionale è per perdonare e se tu non puoi dare l’assoluzione per favore non bastonare”. La gente, infatti, “viene a cercare pace per la sua anima”, perciò è necessario “che trovi un padre che dia pace, e gli dica: Dio ti vuole bene…”.

- papa Francesco ai frati cappuccini -
Messa in Basilica Vaticana, 9 febbraio 2016


 Nei Vangeli si parla più di misericordia che di peccato e bisogna ritrovare l'idea che l'incontro sacramentale tra il presbitero e il penitente non è come quello che si attua in tribunale, ma ha un carattere intimo e raro come gli incontri di tenerezza e di amore.  

-fratel Michael Davide -
da: "Vivere il perdono"


Buona giornata a tutti. :-)












lunedì 13 aprile 2015

Amami come sei - Parole di Gesù all'Anima - Mons. Lebrum

"Conosco la tua miseria, le lotte e le tribolazioni della tua anima, le deficienze e le infermità del tuo corpo; so la tua viltà, i tuoi peccati, e ti dico lo stesso: Dammi il tuo cuore, amami come sei... Se aspetti di essere un angelo per abbandonarti all'amore, non amerai mai.
Anche se sei vile nella pratica del dovere e della virtù, se ricadi spesso in quelle colpe che vorresti non ricommettere più, non ti permetto di non amarmi. Amami come sei. In ogni istante e in qualunque situazione tu sia, nel fervore o nell'aridità, nella fedeltà o nella infedeltà, amami... come sei...
Voglio l'amore del tuo povero cuore; se aspetti di essere perfetto, non mi amerai mai. Non potrei forse fare di ogni granello di sabbia un serafino radioso di purezza, di nobiltà e di amore? Non sono io l'Onnipotente? 
E se mi piace lasciare nel nulla quegli esseri meravigliosi e preferire il povero amore del tuo cuore, non sono io padrone del mio amore? 
Figlio mio, lascia che io Ti ami, voglio il tuo cuore.
Certo voglio col tempo trasformarti, ma per ora ti amo come sei... e desidero che tu faccia lo stesso; io voglio vedere dai bassifondi della miseria salire l'amore. Amo in te anche la tua debolezza, amo l'amore di poveri e dei miserabili; voglio che dai cenci salga continuamente un gran grido: "Gesù ti amo". Voglio unicamente il canto del tuo cuore, non ho bisogno ne' della tua scienza, ne' del tuo talento.
Una cosa sola m'importa, di vederti lavorare con amore. Non sono le tue virtù che desidero; se te ne dessi, sei così debole che alimenterebbero il tuo amor proprio; non ti preoccupare di questo. Avrei potuto destinarti a grandi cose; no, sarai il servo inutile; ti prenderò persino il poco che hai... perché ti ho creato soltanto per l'amore.
Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! 

Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. Non allargare la tua miseria; se tu conoscessi perfettamente la tua indigenza, moriresti di dolore. 
Ciò che mi ferirebbe il cuore sarebbe di vederti dubitare di me e mancare di fiducia. 
Voglio che tu pensi a me ogni ora del giorno e della notte; voglio che tu faccia anche l'azione più insignificante solo per amore.
Conto su di te per darmi gioia... Non ti preoccupare di non possedere virtù; ti darò le mie. Quando dovrai soffrire ti darò la forza. Mi hai dato l'amore, ti darò di saper amare al di là di quanto puoi sognare... Ma ricordati... amami come sei... Ti ho dato mia Madre; fa passare, fa passare tutto dal suo Cuore così puro.

Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonarti all'amore, non mi ameresti mai... Va..."

 - Mons. Lebrum -  



E’ un buon segno che il Nemico combatta un anima: questo vuol dire che non è sua.

- San Francesco di Sales - 



Senza le tentazioni non si sperimenta la Provvidenza e l'amore di Dio non si radica nell'anima dell'uomo.

- Isacco di Ninive -



Le Chiese hanno dita che mostrano il Cielo,

- Baden-Powel - 




Buona giornata a tutti. :-)







martedì 11 febbraio 2014

Per i tuoi amici preti


Ti preghiamo, o Signore,
per i "tuoi" amici Preti,
che tu hai affidato al Padre
alla vigilia della tua passione.
Ti preghiamo per i "nostri" Sacerdoti,
testimoni deboli e forti della tua presenza
di Pastore buono
e guide sapienti della tua Chiesa.
Dona loro il discernimento dell’essenziale,
perché siano capaci di scegliere
le cose decisive tra quelle importanti,
le importanti tra quelle urgenti.
Metti nel loro cuore la nostalgia di te,
perché sappiano incontrarti nel silenzio,
all’ombra dei tuoi Tabernacoli solitari.
Aiutali a non scoraggiarsi
nelle fatiche deludenti del Ministero
Fa’ che si fermino, o Signore,
per ascoltarti,
senza lo sguardo sul tempo che corre;
per accogliere le pene della gente,
questuante di luce e di speranza.
Dona loro, o Signore,
l’intelligenza dei tempi,
la passione per la tua Parola,
il gusto della preghiera,
la cura del "roveto ardente"
della tua Eucaristia,
l’amore per la tua Chiesa,
segnata da rughe e luci.
Fa’ crescere nel loro cuore
i germi fruttuosi di Santità
ed il desiderio del mare aperto,
per annunciare con la vita donata
la bellezza del tuo Regno,
Amen!





Se avete paura dell’amore, non fatevi mai sacerdoti… Se avete paura della gente, non dite mai Messa! Perché quando cominciate a dir Messa lo Spirito di Dio si sveglia come un gigante dentro di voi e infrange la serratura del vostro santuario privato e chiama tutta la gente del mondo, affinché entri nel vostro cuore. 

Padre Thomas Merton




Non si può negare che la devozione, la quale ci mette maggiormente davanti all’amore di Dio e maggiormente ricorda e comunica l’amore, è quella del Sacro Cuore di Gesù considerato specialmente nel suo immolarsi per noi e nel suo darsi a noi e nel suo offrirsi in sacrificio per noi e nel suo darsi in sacramento a noi; dico di quella devozione sintetica che va sotto il bel nome del Cuore Eucaristico di Gesù”.

“O SS. Vergine Maria accoglici nel Tuo Cuore Immacolato e formaci secondo l’adorabile Cuore Eucaristico di Gesù.

- Beato Giustino Maria della Santissima Trinità Russolillo - 





“Miei carissimi fratelli, vi scongiuro di dedicarvi con tutta serietà allo studio; perché la scienza è per un prete come l’ottavo sacramento e alla Chiesa accaddero le più grandi sventure quando l’Arca santa si trovò in altre mani, che non fossero quelle dei suoi preti. È per questo che la nostra miserabile Ginevra poté prenderci alla sprovvista: ciò fu allorquando s’accorse della nostra sciocca ingenuità, che cioè noi non stavamo punto in guardia e ci accontentavamo di recitare il breviario senza pensare ad accrescere la nostra scienza. 
I protestanti ingannarono la semplicità dei nostri padri e di quelli che ci precedettero… 
E così mentre noi dormivamo, il nemico seminò la zizzania nel campo della Chiesa e insinuò l’errore che ha portato la divisione negli animi e messo il fuoco della discordia in tutta la contrada… Poiché dunque la Provvidenza mi ha fatto vostro Vescovo, vi esorto a dedicarvi con tutta lena allo studio, affinché istruiti e di vita intemerata, siate irreprensibili e pronti a rispondere a quanti vi interrogheranno sulla fede”.

San Francesco di Sales



Il Sacerdozio - ricordiamolo sempre - si fonda sul coraggio di dire sì a un'altra volontà, nella consapevolezza, da far crescere ogni giorno, che proprio conformandoci alla volontà di Dio, "immersi" in questa volontà, non solo non sarà cancellata la nostra originalità, ma, al contrario, entreremo sempre di più nella verità del nostro essere e del nostro ministero. 

Papa Benedetto XVI, Messa ordinazioni sacerdotali, 20 giugno 2010


Buona giornata a tutti :-)





sabato 4 gennaio 2014

Le cuffiette – don Tonino Lasconi

Ho rincorso un mio amico 
chiamandolo a squarciagola.
Niente da fare!
Portava le cuffiette agli orecchi
e non mi sentiva.
Ho dovuto prenderlo
per un braccio
e strattonarlo.
Mi ha guardato stralunato
come se io fossi un UFO,
continuando a seguire,
con la mimica del volto,
la sua musica scatenata.
Ce n'è voluto
per riportarlo alla realtà!

Signore,
continuamente Tu mi chiami
con la voce delle persone,
dei fatti, delle cose,
ma io non ti sento,
perché i miei orecchi sono pieni
di sogni e di illusioni
scambiati per realtà.
Signore,
ti prego,
non stancarti di chiamarmi,
di rincorrermi.
Prendimi per un braccio,
fermami.
Aprimi gli orecchi
e riportami,
con pazienza e amore,
dentro la realtà.

(don Tonino Lasconi)



La speranza è la finestra che al mattino ti consegna un giorno tutto nuovo. Basta che la apri. 

Tonino Lasconi



...La professione mi possiede, la società mi possiede, il divertimento mi possiede, ma io non possiedo me stesso. E così mi imbarbarisco a poco a poco anche intimamente. 
Le cose mi travolgono, sono soltanto una funzione nel loro grande trambusto.
Ma ecco che adesso Dio mi ha tratto fuori. Devo stare in silenzio. Devo aspettare. Sono costretto a riflettere su me stesso, a sopportare la solitudine, a sopportare il dolore e ad accettarmi. 
Tutto questo è difficile.
Ma non potrebbe essere che Dio mi aspetta proprio in questo silenzio? Non potrebbe essere che adesso egli compie quanto sta scritto nella parabole della vite, e cioé che pota i rami che portano frutto, affinché ne porti ancora di più (Gv 15,2)?
Se imparo ad accettarmi in questi giorni di silenzio, se accetto di buon grado la sofferenza, perché il Signore con essa mi purifica, non sono diventato più ricco che se avessi guadagnato molto denaro? In me non è allora accaduto qualcosa che è più consistente e fruttifero delle cose che posso contare e calcolare?.........

Joseph Ratzinger - da "Licht, das uns leuchtet" (Luce che ci illumina) - 1978 -




“La vita quotidiana nel suo svolgersi può regalare le sensazioni più forti di qualsiasi effetto speciale. 
La vita quotidiana è fatta di piccole cose straordinarie, che se colte nella loro bellezza sanno regalare una serenità duratura.”

(Stephen Littleword - "Piccole cose")


Dipinto di Amedeo Merello (1890-1979) - "Mele", del 1942

"Una mela guasta può far marcire una mela sana, ma una mela sana non può sanare una mela guasta."

(Mario Rigoni Stern, da "Il sergente nella neve")


Buona giornata a tutti. J




lunedì 18 novembre 2013

Essere lievito - San Giovanni Crisostomo



C’è nulla di peggio di un cristiano che non si cura della salvezza degli altri? Non puoi qui tirar fuori la povertà; infatti quella donnetta che mise le due monetine ti accuserà (Mc 12,48). 
Anche Pietro diceva al paralitico: Non ho né argento né oro (At 3,6). 
Così Paolo era talmente povero da patire spesso la fame e mancare del cibo necessario. 
Non puoi mettere avanti la tua umile condizione; gli apostoli infatti erano umili e di basse origini. 
Non puoi addurre il pretesto dell’ignoranza; anche loro erano illetterati. Fossi schiavo o fuggiasco, puoi sempre fare ciò che dipende da te. 
Così era la situazione di Onesimo di cui Paolo fa l’elogio (Fil; Col 4,9). 
Non puoi obiettare che sei debole; così era anche Timoteo. 
Chiunque può essere utile al prossimo, se vuole compiere la sua parte.
Non vedete gli alberi delle foreste, come sono rigogliosi, come sono belli, sviluppati, snelli e alti? Ma se avessimo un orto vorremmo avere melograni e olivi fecondi piuttosto che quelli sterili... Così sono coloro che vedono soltanto i propri interessi...
Se il lievito mescolato alla farina non porterà tutto a fermentazione, è davvero lievito? 

E che dire di un profumo che non investa quanti si accostano? Lo si chiamerà ancora profumo? 
E non dire che è impossibile influenzare gli altri al bene, perché, se sei cristiano, è impossibile che qualcosa non si trasmetta; fa parte della natura stessa del cristiano... 
Dire che un cristiano non può essere utile al prossimo è come negare al sole la possibilità di illuminare e riscaldare.


(San Giovanni Crisostomo)
sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa, ca 345-407
Omelie sugli Atti degli Apostoli, 20






Alberi inutili

"Quest'albero non dà frutti...Taglialo dunque! Perché sfruttare il 
 terreno?”. Ma quello rispose: “Padrone, lascialo ancora quest'anno, 
 finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime...tra un anno.."


E' brutto accorgersi, che non ci sono frutti.
Nel rapporto con gli altri.
Che non ti capiscono nel modo che vorresti.
Nella propria vita,
Quando e come te li aspetti.

E subito, potente, una sola tentazione.
Tagliare tutto e con tutti.
Superba disperazione del "tutto o nulla".
Subito.
E invece Tu sei un Dio lento.
"all'ira e ricco di amore".
Lontano da gesti eclatanti,
ci chiedi solo di continuare.

A "zappettare e a concimare."
A curare quello che ci umilia vedere.
La nostra povertà.
A maneggiare concime.
A sperare che dia frutti tra un anno.
Tempo di attesa,
che riteniamo "troppo "umiliante.
Perchè "troppo" orgogliosi. E impazienti. 




"Il concime bisogna farlo riposare, seccare, deve decomporsi lentamente.
Con il tempo diventa malleabile, inodore, leggero, fecondo. E' allora che dà i fiori più belli e la crescita migliore.Dio si serve del nostro passato come concime per la nostra vita. Per farci crescere.
Ma se tieni la testa nel tuo passato ancora caldo, quello ti soffoca.
Bisogna lasciarlo riposare. Dentro di noi, col tempo e con la grazia, senza accorgercene, ciò che non va si decompone.
Dobbiamo amare ciò di cui proviamo vergogna e che ci sembra ignobile. Quel concime diventerà fonte di fecondità. ” .



Tim Guénard




"Spesso diciamo che non siamo nulla, anzi che siamo la miseria in persona, la spazzatura del mondo; ma resteremmo molto male se ci prendessero alla lettera e se ci considerassero in pubblico secondo quanto diciamo ... fingiamo di fuggire e di nasconderci solo perché ci inseguano e ci cerchino; dimostriamo di voler essere gli ultimi, seduti proprio all’ultimo angolino della tavola, ma soltanto per passare con grande onore a capotavola.
L’uomo sinceramente umile sarebbe più contento se fosse un altro, anzichè lui stesso, a dire di lui che è un miserabile, un nulla, un buono a nulla; o, perlomeno, se sa che si dice, non si oppone, ma approva di cuore. 
Perché, se è vero che ne è convinto, è naturale che ne sia contento di vedere condivisa la sua opinione."

- San Francesco di Sales - 



Buona giornata a tutti :-)


sabato 2 novembre 2013

Il giorno dei morti ed il silenzio di Dio - Iacono Alfonso Maurizio -

Appartengo alla generazione dei bambini del Sud che ricevevano i doni il giorno dei morti. Babbo Natale era ancora lontano così come il Nord. 
La notte prima dell’arrivo dei morti che portavano i doni, quasi non si dormiva. Eccitazione, ma anche paura. Mia nonna mi raccontava che arrivavano in fila, con un lenzuolo e con una candela. Sotto le coperte, ad ogni minimo rumore, chiudevo gli occhi, curiosi e nello stesso tempo impauriti. Vinto dal sonno, crollavo. 
Al risveglio, erano tutti lì, mio padre, mia madre, i miei nonni, i miei zii. 
Sì, perché non stavo in una famiglia, come si dice oggi, mononucleare. Abitavamo tutti insieme, in una grande casa, nel palazzo dei mutilati (mio nonno era stato ardito nella prima guerra mondiale ed erano stato ferito e reso invalido), davanti a una piazza, il vero luogo della mia vita di bambino, che si affacciava sulla Valle dei Templi e sul mare (ancora oggi, ma qualche palazzo in più e nel mezzo mi fa usare l’imperfetto). Erano tutti lì ad aspettare. Sì perché i regali erano nascosti da qualche parte ed io dovevo scoprirli. E poi la gioia. Ricordo come fosse oggi la volta che trovai la mia adorata bicicletta, una Frejius 18, mentre il mio amico d’infanzia Pino, che stava nella porta accanto (un fratello per me), trovò una Bianchi 18. Le avevano portate i morti. Ci credevo e non ci credevo. Volevo crederci. In fondo poco importava se era vero oppure no. I doni erano veri e la bicicletta pure! In tarda mattinata, al cimitero. Pesante odore di candele, di fiori, di urla e di pianti. Donne vestite di nero gettate sulle tombe. 
Orfanelle in fila per due, con l’aria indifferente, costrette a pregare per dei morti di cui non sapevano nulla. 
Non mi piaceva la spettacolare teatralità della morte socializzata e ammucchiata. Eppure, i doni dei morti convivevano con i pianti dei vivi, così, con naturalezza. La morte fu una misteriosa sparizione quando morì troppo presto la madre di Pino. 
La prima persona morta che vidi fu invece la nonna di un mio vicino di casa. Alla notizia, io e Pino entrammo. Eravamo curiosi. Non ci toccava il dolore dei parenti. Volevamo solamente vedere cosa si provava a vedere un morto vero. Sembrava che dormisse. 
Questa volta a scomparire fu il mistero della morte. E poi, forse come tutti i bambini che stanno per strada, ne vidi altri. Uno per strada, un altro al mare annegato. E poi morì Ignazio. Giocava con noi, ma era malato e deformato dalla malattia. Non so esattamente cosa avesse, ma lo ricordo pieno di ferri, muoversi e camminare con difficoltà. Un giorno ci dissero che era morto. Andammo a casa sua e vedemmo Totuccio piangere senza consolazione. 
Era il suo migliore amico. 
E poi, con il passare degli anni, i morti aumentano. 
I nonni, i genitori, i tuoi maestri, alcuni dei tuoi migliori amici. Non ho subito i traumi di morti violente e ingiuste, così come è capitato ad altri, ma nel tempo, il senso dell’irreversibile si fa sempre più grande e ingombrante. 
E con esso, il rimpianto di non avere detto o fatto cose che non puoi più dire e fare. Per nove anni sono stato preside di facoltà e mi è toccato preparare e fare molti discorsi per il funerale di molti colleghi, amici, maestri. Pronunciarli in pubblico, davanti alla bara, in un’atmosfera irreale, perché la bara dà il senso dell’irrealtà. Il morto è là dentro, ma non lo vedi fisicamente. E’ un assente che è presente con pesantezza. 
Un assurdo, tanto più assurdo se il cadavere che sta dentro è un tuo amico o tuo padre. 

Ho paura della morte? Sì! A volte penso che vorrei arrivarci talmente affaticato da poterla accettare per stanchezza. 

Lucio Magri, che mi ha molto insegnato in politica e nella vita, ha voluto decidere la sua morte. Non voleva perdere il controllo di sé e del suo destino. Non voleva più vivere. Rispetto la sua decisione e la comprendo, ma non credo che farei lo stesso. Non solo perché la vita non appartiene soltanto a me, essendo padre di tre figli, ma anche perché forse con la morte bisognerebbe fare come i siciliani fanno con lo scirocco quando lo scirocco spira da terra ed è caldo, molto caldo. 
Se ti ci metti contro, ti prende l’ansia e forse anche il panico, se ti lasci attraversare da esso, se lo accetti, allora quel caldo che spira e ti avvolge diventa dolce, ti rallenta e ti fa chiudere gli occhi non per paura, ma perché sei dentro e nello stesso tempo quasi ti annulli nell’ondata d’aria calda. Allora forse puoi morire. Lotti contro la morte se accetti di non essere il centro dell’universo, ma per noi occidentali, educati alla cultura dell’onnipotenza è difficile. Non sono credente ma non mi hanno mai consolato quegli artifizi filosofici secondo cui non bisogna avere paura della morte perché dove c’è lei tu non ci se e viceversa. Non ho tutta questa sicurezza materialistica da consolarmi pensando che faccio parte di un mondo più grande e che il mio corpo ritornerà alla natura. 
L’idea di non esistere mi fa rabbia e paura, ma non posso credere in un’altra vita solo perché provo rabbia e paura. Non con la mia testa. E neanche per amore di un dio che non conosco e da cui non sono conosciuto. Detesto l’idea che un dio sia onnipotente. Mi piace di più quel che hanno da dire gli ebrei (e con essi anche alcuni cristiani di oggi): il rapporto con dio è basato sull’incertezza, sull’improvvisazione, sull’incompiutezza. 
Questo è ciò che dice André Neher rivendicando il silenzio di dio dopo Auschwitz, dopo cioè che bambini innocenti sono stati divorati dalla macchina dell’orrore nazista, dopo che il dio degli ebrei restò muto, mentre il suo popolo veniva stritolato nei Lager. Hans Jonas, dopo Auschwitz, rivendica un dio non più onnipotente, ma buono, incapace di fermare il male che non ha voluto, ma capace di soffrire con gli uomini. 
Del resto, la rabbia di Cristo che, in punto di morte, si dispera perché il padre lo ha abbandonato (Marco, 15, 34; Matteo, 27, 46), è l’espressione di un fallimento e di una delusione. E’ in questa condizione umana che vedo il divino. Un divino che non può essere confinato al regno dei credenti, ma richiama la responsabilità tutta umana nei confronti del male che facciamo e che subiamo proprio perché dio, essendosi ritirato, non c’è e non vuole esserci. Posso amare solo un dio che fallisce oppure un dio che sa ritrarsi. Poco mi importa che esista oppure no.

Prof. Alfonso Maurizio Iacono
(Agrigento, 16 settembre 1949) è un filosofo italiano. Ordinario di Storia della Filosofia all'Università di Pisa, nell'anno accademico 2002-2003 è stato Visiting Professor all'Université de Paris 1 (Sorbonne-Panthéon). È attualmente Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Pisa.


Casorati, Il giorno dei morti


Il Credo dell'uomo che soffre

Credo che Cristo ha sofferto per noi lasciandoci l'esempio,
perchè anche noi seguiamo le sue orme.
Credo che Cristo crocifisso,
pazzia per la sapienza di questo mondo,
è la potenza e la sapienza di Dio.
Credo che, accettando con amore la sofferenza,
compio in me la passione di Cristo
per la crescita del suo corpo che è la Chiesa.
Credo che tutto coopera al bene
per coloro che amano Dio.
Credo che la nostra tribolazione momentanea e di breve peso
ci procura uno smisurato dono di gioia.
Credo che chi soffre con Cristo
con lui sarà glorificato.
Credo che chi muore con Cristo
con lui pure risorgerà.
Credo che Dio farà cieli nuovi e terra nuova
in cui asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi:
e allora la morte non ci sarà più,
né lutto, né pianto ci saranno più.
Credo che vedremo Dio faccia a faccia;
che nella mia carne contemplerò il Signore,
mio redentore e mia salvezza".




Con la pietà verso i defunti noi saziamo la fame ed estinguiamo la sete di quelle anime; pagando i loro debiti, noi veniamo come a spogliarci dei nostri tesori spirituali per rivestirne esse; noi le liberiamo da una schiavitù più dura che qualsiasi prigionia; noi diamo ospitalità a quei pellegrinanti nella casa stessa di Dio, il Cielo. Venendo il giorno del Giudizio, si alzerà un coro di voci che giustificherà noi stessi. 

- S. Francesco di Sales -



Se mi chiedessero quale certezza vorrei avere in punto di morte, risponderei che l'unica a rendermi sereno il trapasso sarebbe la certezza di aver distribuito agli uomini la speranza. 

- Balducci don Ernesto -



Filotea per i defunti:
San Tommaso dice che la preghiera per i morti è più accetta di quella per i vivi, perché i Defunti, che hanno grande bisogno, non possono aiutarsi da se stessi, come lo possono i vivi.





Cos'è il morire?
Me ne sto sulla riva del mare, una nave apre le vele alla brezza del mattino e parte per l'oceano.
E' uno spettacolo di rara bellezza e io rimango ad osservarla fino a che svanisce all'orizzonte...
 
e qualcuno accanto a me
 dice: 
"E' andata!".
Andata! Dove? 
E' sparita dalla mia vista: questo è tutto.
Nei suoi alberi, nella carena e nei pennoni essa è ancora grande come quando la vedevo, e come allora è in grado di portare a destinazione il suo carico di esseri viventi.
Che le sue misure si riducano fino a sparire del tutto 
è qualcosa che riguarda me, non lei, e proprio nel momento in cui qualcuno accanto a me dice, "E' andata!" 
ci sono altri che stanno scrutando il suo arrivo, 
e altri voci levano un grido di gioia: 
"Eccola che arriva!".
E questo è il morire.

(Bishop Brent)



Indulgenza plenaria per i defunti

Possiamo acquistare a favore delle anime del Purgatorio l'indulgenza plenaria (una sola volta) dal mezzogiorno del 1° novembre fino a tutto il giorno successivo vistando una chiesa e recitando il Credo e il Padre Nostro. Sono inoltre da adempiere queste tre condizioni:
*confessione sacramentale Questa condizione può essere adempiuta parecchi giorni prima o dopo. Con una confessione si possono acquistare più indulgenze plenarie, purché permanga in noi l'esclusione di qualsiasi affetto al peccato, anche veniale.
*comunione eucaristica
*preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice recitando Padre Nostro e Ave Maria
La stessa facoltà alle medesime condizioni è concessa nei giorni dal 1° all' 8 novembre al fedele che devotamente visita il cimitero e anche soltanto mentalmente prega per i fedeli defunti.



Buona giornata a tutti. :-)