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domenica 23 febbraio 2014

Signore insegnaci a non amare noi stessi - Raoul Follereau -


Signore insegnaci a non amare noi stessi,
a non amare soltanto i nostri,
a non amare soltanto quelli che amiamo.
Insegnaci a pensare agli altri,
ad amare quelli che nessuno ama.

Signore, facci soffrire della sofferenza altrui.
Facci la grazia di capire che ad ogni istante,
mentre noi viviamo una vita troppo felice,
protetta da Te,
ci sono milioni di esseri umani,
che sono pure tuoi figli e nostri fratelli,
che muoiono di fame
senza aver meritato di morire di fame,
che muoiono di freddo
senza aver meritato di morire di freddo.

Signore, abbi pietà
di tutti i poveri del mondo
Abbi pietà dei lebbrosi,
ai quali Tu così spesso hai sorriso
quand'eri su questa terra;
pietà dei milioni di lebbrosi,
che tendono verso la tua misericordia
le mani senza dita,
le braccia senza mani...

E perdona a noi di averli,
per una irragionevole paura, abbandonati.
E non permettere più, Signore,
che noi viviamo felici da soli.

Facci sentire l'angoscia
della miseria universale,
e liberaci da noi stessi.
Così sia!


(Raoul Follereau)



"Quando il cuore si eleva a percepire che tutto è dono,
quando fa tale scoperta,
allora gli uomini non s'inventano più,
non inventano più se stessi,
non si fingono,
non debbono immaginarsi,
ma finalmente sono".

- Don Luigi Giussani -



" Sì, Gesù, fammi parlare sempre come fosse l’ultima parola che dico.
Fammi agire sempre come fosse l’ultima azione che faccio. 
Fammi soffrire sempre come fosse l’ultima sofferenza che ho da offrirti. Fammi pregare sempre come fosse l’ultima possibilità,
che ho qui in terra, di colloquiare con te."

- Chiara Lubich -



La rondine e la piuma



Certo, sia la rondine sia la piuma si librano nell'aria, ma la differenza è netta: la rondine sceglie la traiettoria, naviga contro il vento opponendogli il suo petto carenato; la piuma, invece, è sospinta da ogni corrente d'aria, è succube a ogni soffio. Una domanda s'impone: e noi come siamo? Siamo rondini libere e sicure o piume agitate da ogni brezza e variabilità?


(Card. Gianfranco Ravasi, Le parole e i giorni. Nuovo breviario laico)



Buona giornata a tutti :-)







sabato 11 gennaio 2014

La pietra azzurra - don Bruno Ferrero -

Il gioielliere era seduto alla scrivania e guardava distrattamente la strada attraverso la vetrina del suo elegante negozio. 
Una bambina si avvicinò al negozio e schiacciò il naso contro la vetrina.
I suoi occhi color del cielo si illuminarono quando videro uno di quegli oggetti esposti. Entrò decisa e puntò il dito verso uno splendido collier di turchesi azzurri. 
"E' per mia sorella. Può farmi un bel pacchetto regalo?". 
Il padrone del negozio fissò incredulo la piccola cliente e le chiese: "Quanti soldi hai?". 
Senza esitare, la bambina, alzandosi in punta di piedi, mise sul banco una scatola di latta, la aprì e la svuotò.
Ne vennero fuori qualche biglietto di piccolo taglio, una manciata di monete, alcune conchiglie, qualche figurina. 
"Bastano?" disse con orgoglio. "Voglio fare un regalo a mia sorella più grande. Da quando non c'è più la nostra mamma, è lei che ci fa da mamma e non ha mai un secondo di tempo per se stessa.
Oggi è il suo compleanno e sono certa che con questo regalo la farò molto felice. Questa pietra ha lo stesso colore dei suoi occhi". 
L'uomo entra nel retro e ne riemerge con una stupenda carta regalo rossa e oro con cui avvolge con cura l'astuccio. 
"Prendilo" disse alla bambina. "Portalo con attenzione". 
La bambina partì orgogliosa tenendo il pacchetto in mano come un trofeo. 
Un'ora dopo entrò nella gioielleria una bella ragazza con la chioma color miele e due meravigliosi occhi azzurri. Posò con decisione sul banco il pacchetto che con tanta cura il gioielliere aveva confezionato e dichiarò: 
"Questa collana è stata comprata qui?". 
"Si, signorina". 
"E quanto è costata?" 
"I prezzi praticati nel mio negozio sono confidenziali: riguardano solo il mio cliente e me". 
"Ma mia sorella aveva solo pochi spiccioli. Non avrebbe mai potuto pagare un collier come questo!". 
Il gioielliere prese l'astuccio, lo chiuse con il suo prezioso contenuto, rifece con cura il pacchetto regalo e lo consegnò alla ragazza. 
"Sua sorella ha pagato. Ha pagato il prezzo più alto che chiunque possa pagare: ha dato tutto quello che aveva".



(don Bruno Ferrero)
Dal libro “La vita è tutto quello che abbiamo” di Bruno Ferrero




Una vera amicizia e un amore autentico non ti fanno più dire "Io" ma "Noi", perché sentimenti e vita si intrecciano in una comunione di affetti, di pensieri, di scelte, di ideali. Ed è per questo che quando l'altro muore, tu senti "una grande pena", come afferma Davide, perché è stata amputata una parte di te stesso. 


- Cardinale Gianfranco Ravasi -


Diffida di ogni gioia che non derivi dalla gratitudine.

- Theodor Haecker -


Dobbiamo sempre ricordare che non è il nostro fare più o meno esasperato che compie il miracolo della fede, bensì il consentire attraverso di noi il fare del Signore, il non ostacolarlo e anzi favorire la sua attrattività. 
Lui fa nascere figli di Abramo dalle pietre (cfr Lc 3,8), Lui dobbiamo collocare sempre più al cuore della nostra attività e delle nostre relazioni, Lui riconoscere come il senso vero di ogni iniziativa catechetica e di ogni sforzo per rinnovarla, Lui soprattutto la Presenza palpitante di una liturgia meno pragmatica e sciattamente didascalica, perché meglio capace di far incontrare il Signore, non noi. 
È nella cura ai sacramenti, a partire da quelli dell’iniziazione cristiana, che parrocchie e diocesi mettono in gioco il permanere della loro cattolicità. 
Non abbiamo un prodotto da imporre – come ci avvertiva il Messaggio finale del Sinodo – ma una Persona, una presenza, un’amicizia che cambia la vita. 

- Cardinale Angelo  Bagnasco -


"Chi non crede nei miracoli, non è realista"


- Audrey Hepburn -



Buona giornata a tutti :-)







domenica 24 novembre 2013

In prigione per Cristo -Cardinale Van Tuan Francois Xavier -


Mi chiamo Francesco Nguyen Van Thuan e sono vietnamita, ma in Tanzania e in Nigeria i giovani mi chiamano Uncle Francis; così è più semplice chiamarmi zio Francesco, o meglio solo Francesco.
Fino al 23 aprile 1975 sono stato, per 8 anni, vescovo di Nhatrang, nel centro del Viet Nam, la prima diocesi che mi è stata affidata, dove mi sentivo felice, e verso la quale conservo sempre la mia predilezione. Il 23 aprile 1975 Paolo VI mi ha promosso arcivescovo coadiutore di Saigon. Quando i comunisti sono arrivati a Saigon, mi hanno detto che questa nomina era frutto di un complotto tra il Vaticano e gli imperialisti, per organizzare la lotta contro il regime comunista. Tre mesi dopo, sono stato chiamato al Palazzo presidenziale per esservi arrestato: era il giorno dell' Assunzione della Beata Vergine, 15 agosto 1975.
Quella notte, su una strada lunga 450 km che porta al luogo della mia residenza obbligatoria, tanti pensieri confusi vengono alla mia mente: tristezza, abbandono, stanchezza, dopo 3 mesi di tensioni. .. 
Ma nella mia mente sorge chiara una parola che disperde tutto il buio, la parola che monsignor John Walsh, vescovo missionario in Cina, pronunciò quando fu liberato dopo 12 anni di prigionia: «Ho passato la metà della mia vita ad aspettare ». E verissimo: tutti i prigionieri, incluso io stesso, aspettano ogni minuto la liberazione. Ma poi ho deciso: «Io non aspetterò. Vivo il momento presente, colmandolo di amore».
Non è una ispirazione improvvisa, ma una convinzione che ho maturato in tutta la vita. Se io passo il mio tempo ad aspettare, forse le cose che aspetto non arriveranno mai. La sola cosa che sicuramente arriverà è la morte.

Nel villaggio di Cày Vong, dove sono stato assegnato con residenza obbligatoria, sotto la sorveglianza aperta e nascosta della polizia « confusa» tra il popolo, giorno e notte mi sentivo ossessionato dal pensiero: Popolo mio! Popolo mio che amo tanto: gregge senza pastore! Come posso entrare in contatto con il mio popolo, proprio nel momento in cui hanno più bisogno del loro pastore? Le librerie cattoliche sono state confiscate, chiuse le scuole; le suore, i religiosi insegnanti vanno a lavorare nei campi di riso. La separazione è uno shock che distrugge il mio cuore.
«Io non aspetterò. Vivo il momento presente, colmandolo di amore; ma come?».

Una notte, viene una luce: «Francesco, è molto semplice, fai come san Paolo quando era in prigione: scriveva lettere a varie comunità ». La mattina seguente, nell'ottobre 1975, ho fatto segno a un ragazzo di 7 anni, Quang, che ritornava dalla Messa alle 5, ancora nel buio: «Di' a tua mamma di comprare per me vecchi blocchi di calendari ». Nella tarda sera, di nuovo al buio, Quang mi ha portato i calendari, e tutte le notti di ottobre e di novembre del 1975 ho scritto al mio popolo il mio messaggio dalla cattività. Ogni mattina, il ragazzo veniva a raccogliere i fogli per portarli a casa e far ricopiare il messaggio dai suoi fratelli e dalle sue sorelle. Ecco come è stato scritto il libro Il cammino della speranza, pubblicato in 8 lingue: vietnamita, inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, coreano, cinese.
La grazia di Dio mi ha dato l'energia per lavorare e per continuare, anche nei momenti più disperati. Ho scritto il libro di notte, in un mese e mezzo, perché avevo paura di non poterlo terminare: temevo di essere trasferito in un altro luogo. Quando sono arrivato al numero 1001 ho deciso di fermarmi: sono come le «mille e una notte »...

Nel 1980, in residenza obbligatoria a Giangxa, nel Viet Nam del Nord, ho scritto, sempre di notte e in segreto, il mio secondo libro, Il cammino della speranza alla luce della Parola di Dio e del Concilio Vaticano II, poi il mio terzo libro, I pellegrini del cammino della speranza:
« Io non aspetterò. Vivo il momento presente, colmandolo di amore ».
Gli apostoli avrebbero voluto scegliere la via facile: « Signore, lascia andare la folla, così che possa procurarsi il cibo... ». Ma Gesù vuole agire nel momento presente: «Date loro da mangiare voi stessi» (Lc 9,13). Sulla croce, quando il ladrone gli ha detto: «Gesù, ricordati di me, quando verrai nel tuo regno », egli ha risposto: «Oggi sarai con me in paradiso» (Lc 23,42-43). Nella parola« oggi» sentiamo tutto il perdono, tutto l'amore di Gesù.
Padre Massimiliano Kolbe viveva questo radicalismo quando ripeteva ai suoi novizi: « Tutto, assolutamente, senza condizione ». Ho sentito Dom Helder Camara dire: «La vita è imparare ad amare ». Una volta, Madre Teresa di Calcutta mi ha scritto: «L'importante non è il numero di azioni che facciamo, ma l'intensità di amore che mettiamo in ogni azione ».
Come attingere questa intensità di amore nel momento presente? Penso che devo vivere ogni giorno, ogni minuto come l'ultimo della mia vita. Lasciare tutto ciò che è accessorio, concentrarmi soltanto sull'essenziale. Ciascuna parola, ciascun gesto, ciascuna telefonata, ciascuna decisione è la cosa più bella della mia vita, riservo a tutti il mio amore, il mio sorriso; ho paura di perdere un secondo, vivendo senza senso...
Ho scritto nel libro Il cammino della speranza: «Per te, il momento più bello è il momento presente (cfr. Mt 6,34; Gc 4,13-15). Vivilo appieno nell' amore di Dio. La tua vita sarà meravigliosamente bella se sarà come un cristallo formato da milioni di tali momenti. Vedi come è facile?» (CS, n. 997).
Carissimi giovani, nel momento presente Gesù ha bisogno di voi. Giovanni Paolo II vi chiama, insistente, ad affrontare le sfide del mondo di oggi: « Viviamo in un' epoca di grandi trasformazioni, nella quale tramontano rapidamente ideologie che sembravano dover resistere a lungo all'usura del tempo e nel pianeta si vanno ridisegnando confini e frontiere. L'umanità si ritrova spesso incerta, confusa e preoccupata (Mt 9,36), ma la parola di Dio non tramonta; percorre la storia e, nel mutare degli eventi, resta stabile e luminosa (Mt 24,35). La fede della Chiesa è fondata su Gesù Cristo, unico salvatore del mondo: ieri, oggi e sempre (Eb 13,8)» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la XII giornata mondiale della Gioventù, 1997, n. 2).


(cardinale Van Tuan Francois Xavier)


Secondo il Progetto della prestigiosa Università di Cambridge: “Investigare l'Ateismo”, “gli atei hanno fatto appello alla scienza in difesa della loro ateismo fin dalla circolazione a partire dalla metà del XVII secolo di manoscritti dichiaratamente atei. Tuttavia, come l'esperto tedesco sull'ateismo Winfried Schroeder ha dimostrato che il rapporto tra l'inizio del moderno ateismo e la scienza, tendeva a mettere in difficoltà , piuttosto che rafforzare, le tesi del neonato ateismo " (Università di Cambridge)

Sotto l' ateismo di stato militante abbracciato dall'Unione Sovietica, i comunisti atei erano irrevocabilmente in opposizione al Big Bang come origine dell'universo, poiché contraddiceva la loro visione del mondo materialista. Gli atei cosmologi occidentali come Fred Hoyle, inoltre, non hanno accettato il Big Bang, ma invece hanno preferito un modello che non ha avuto una sola epoca della creazione e che quindi eliminerebbe la necessità di un Creatore .

Un altro esempio è la genetica mendeliana, che delinea la trasmissione dei caratteri ereditari da organismi genitori alla loro prole, e cio' trova conferma a livello molecolare nella decifrazione del codice genetico. Alla fine del 1940 , Stalin abolì la genetica mendeliana in tutta l'Unione Sovietica , approfittando del fatto che il suo fondatore, Gregor Johann Mendel, era un prete cristiano cattolico, con il risultato di screditare la scienza. 

D' altra parte, vale la pena ricordare la succinta “formulazione” di C.S. Lewis ' presa da [Alfred North] Whitehead,: “Gli uomini divennero scientifici perché si aspettavano di trovare leggi in natura e che si aspettavano di trovare leggi in natura perché credevano in un datore di tali leggi".


"Ogni Paese, non solo il mio, 
ha bisogno di pace.
La pace nasce dal cuore
e per raggiungerla 
bisogna sradicare la fonte dell'odio 
che è la paura"

Aung San Suu Kyi,
premio Nobel per la pace 
in udienza dal Papa 29 ottobre 2013


"La fede dei semplici è la vera saggezza 
Questa saggezza vera della fede semplice, 
che non si lascia divorare dalle acque, 
è la forza della Chiesa"

Don Giacomo Tantardini
citando BenedettoXVI ad un convegno organizzato da FidesVita 
nell’ottobre del 2010 a San Benedetto del Tronto.
pubblicato da: "Piccole note"



Non siamo totalmente soli davanti alle decisioni fondamentali dell'esistenza. C'è, infatti, la grazia di un Dio che non abbandona la sua creatura, pur esigendo da lei un'adesione libera e non costretta. 

- Cardinale Gianfranco Ravasi -



Buona giornata a tutti :-)

domenica 20 ottobre 2013

L'acqua - Wislawa Szymborska -

Sulla mano mi é caduta una goccia di pioggia,
attinta dal Gange e dal Nilo,
dalla brina ascesa in cielo sui baffi d’una foca,
dalle brocche rotte nelle citta di Ys e Tiro.
Sul mio dito indice il mar Caspio è un mare aperto,
e il Pacifico affluisce docile nella Rudawa,
la stessa che svolazzava come nuvoletta su Parigi
nell’anno settecentosessantaquattro
il sette maggio alle tre del mattino.
Non bastano le bocche per pronunciare
tutti i tuoi fuggevoli nomi, acqua.
Dovrei darti un nome in tutte le lingue
pronunciando tutte le vocali insieme
e al tempo stesso tacere – per il lago
che non è riuscito ad avere un nome
e non esiste in terra – come in cielo
non esiste la stella che si rifletta in esso.
Qualcuno annegava, qualcuno ti invocava morendo.
E’ accaduto tanto tempo fa, ed è accaduto ieri.
Spegnevi case in fiamme, trascinavi via case
come alberi, foreste come città.
Eri in battisteri e in vasche cortigiane.
Nei baci, nei sudari.
A scavar pietre, a nutrire arcobaleni.
Nel sudore e nella rugiada di piramidi e lillà.
Quanto é leggero tutto questo in una goccia di pioggia.
Con che delicatezza il mondo mi tocca.
Qualunque cosa ogniqualvolta ovunque sia accaduta,
é scritta sull’acqua di babele.



(Wislawa Szymborska)



Nulla è in regalo, tutto è in prestito.
Sono indebitata fino al collo.
Sarò costretta a pagare per me
con me stessa,
a rendere la vita in cambio della vita.

(da Nulla è in regalo! 1998)



Non c'è dissolutezza peggiore del pensare.
Questa licenza si moltiplica come gramigna
su un'aiuola per le margheritine.

- Wislawa Szymborska -





La bellezza della vita è proprio nel saper vivere contemporaneamente come se tutto fosse donato e guidato dall'alto e come se tutto dipendesse da noi, in un dosaggio che non è certo paritetico ma che necessita di entrambe le componenti. 


Cardinale Gianfranco Ravasi




:-) Buona giornata a tutti





sabato 12 ottobre 2013

Il punto nero – Card. Gianfranco Ravasi -

Un maestro indù mostrò un giorno ai discepoli un foglio di carta con un puntino nero nel mezzo. «Che cosa vedete?», chiese. Ed essi: «Un punto nero!». «Come? Nessuno di voi è stato capace di vedere il grande spazio bianco tutt'attorno?».        
              
Alle porte di una chiesa milanese, dove sosto uscendo per qualche momento dal frastuono della via, trovo alcune copie del bollettino parrocchiale. 
Ne prendo una e leggo queste pagine limpide e semplici. 
C'è un articolo molto bello del parroco: egli parla alle giovani coppie che si sono preparate con lui alla celebrazione del loro matrimonio.  
M'imbatto, così, in questo apologo orientale e mi è facile proporlo a tutti i miei lettori per una riflessione semplice ma significativa e forse necessaria. Passiamo, infatti, la vita a scovare le pagliuzze negli occhi altrui, a lamentarci per le piccole amarezze dell'esistenza, a elencare puntigliosamente tutto quello che non va nella società, nella Chiesa, nel mondo. Lo sguardo è sempre proteso ai puntini neri che costellano il cielo della storia. 
Ma non ci accorgiamo quasi mai del tanto, anzi, dell'immenso candore che c'è nelle anime, dell'amore che in  ogni istante è nascostamente donato, della bontà, della giustizia, della verità che pure popolano i nostri giorni e la nostra terra. Certo, non si deve volteggiare nell'orizzonte di un ottimismo di maniera, perché il male esiste ed è sempre attivo. Ma aveva ragione lo scrittore Joseph Conrad quando nel suo romanzo L'agente segreto (1907) denunciava «la macchia di quel rassegnato pessimismo che corrompe il mondo». 
«Non abbiate paura - ci ripete Cristo - perché io ho vinto il mondo» ed è questa l'ultima parola della storia.

(Card. Gianfranco Ravasi)
Fonte: Avvenire, Il Mattutino

“Siamo una Chiesa di peccatori; e noi peccatori siamo chiamati a lasciarci trasformare, rinnovare, santificare da Dio”, ha detto Papa Francesco. “C’è stata nella storia la tentazione di alcuni che affermavano: la Chiesa è solo la Chiesa dei puri, di quelli che sono totalmente coerenti, e gli altri vanno allontanati. Ma questa era una eresia. No! La Chiesa, che è santa, non rifiuta i peccatori; al contrario li accoglie, è aperta anche ai più lontani, chiama tutti a lasciarsi avvolgere dalla misericordia, dalla tenerezza e dal perdono del Padre, che offre a tutti la possibilità di incontrarlo, di camminare verso la santità. ‘Mah! Padre, io sono un peccatore, ho grandi peccati, come posso sentirmi parte della Chiesa? ‘. Caro fratello, cara sorella, è proprio questo che desidera il Signore; che tu gli dica: ‘Signore sono qui, con i miei peccati. Perdonami, aiutami a camminare, trasforma il mio cuore! ‘. Nella Chiesa, il Dio che incontriamo non è un giudice spietato, ma è come il Padre della parabola evangelica. Puoi essere come il figlio che ha lasciato la casa, che ha toccato il fondo della lontananza da Dio. Quando hai la forza di dire: voglio tornare in casa, troverai la porta aperta, Dio ti viene incontro perché ti aspetta sempre, Dio ti abbraccia, ti bacia e fa festa. Il Signore ci vuole parte di una Chiesa che sa aprire le braccia per accogliere tutti, che non è la casa di pochi, ma la casa di tutti, dove tutti possono essere rinnovati, trasformati, santificati dal suo amore, i più forti e i più deboli, i peccatori, gli indifferenti, coloro che si sentono scoraggiati e perduti”.
“C’è una celebre frase dello scrittore francese Leon Bloy”, ha detto il Papa, “negli ultimi momenti della sua vita diceva: ‘C’è una sola tristezza nella vita, quella di non essere santi’. Non perdiamo la speranza nella santità, percorriamo tutti questa strada. Vogliamo essere santi? Tutti?”.




Donare un sorriso
Rende felice il cuore.
Arricchisce chi lo riceve
Senza impoverire chi lo dona.
Non dura che un istante,
Ma il suo ricordo rimane a lungo.
Nessuno è così ricco
Da poterne fare a meno
Né così povero da non poterlo donare.
Il sorriso crea gioia in famiglia,
Da sostegno nel lavoro
Ed segno tangibile di amicizia.
Un sorriso dona sollievo a chi è stanco,
Rinnova il coraggio nelle prove,
E nella tristezza è medicina.
E poi se incontri chi non te lo offre,
Sii generoso e porgigli il tuo:
Nessuno ha tanto bisogno di un sorriso
Come colui che non sa darlo.



Preghiera per la sera

Come i due discepoli del Vangelo, 
ti imploriamo, Signore Gesù: rimani con noi! 
Tu, divino Viandante, 
esperto delle nostre strade 
e conoscitore del nostro cuore, 
non lasciarci prigionieri delle ombre della sera. 
Sostienici nella stanchezza, 
perdona i nostri peccati, 
orienta i nostri passi sulla via del bene. 
Benedici i bambini, i giovani, gli anziani, le famiglie, in particolare i malati. 
Benedici i sacerdoti e le persone consacrate. 
Benedici tutta l'umanità. 
Nell'Eucaristia ti sei fatto "farmaco d'immortalità: 
dacci il gusto di una vita piena, 
che ci faccia camminare su questa terra 
come pellegrini fiduciosi e gioiosi, 
guardando sempre al traguardo della vita che non ha fine. 
Rimani con noi ,Signore! Rimani con noi! Amen

Papa Giovanni Paolo II

Preghiera di Giovanni Paolo II per l'Anno Eucaristico 2004




Buona giornata a tutti. :-)

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giovedì 14 giugno 2012

Avere gli altri in sè – Cardinale Gianfranco Ravasi -

"L'appartenenza non è un insieme casuale di persone, non è un consenso a un'apparente aggregazione, l'appartenenza è avere gli altri dentro di sé."

Non ci crederete, ma a mandarmi questa citazione desunta da una canzone di Giorgio Gaber (appunto "La canzone dell'appartenenza") sono le suore Clarisse dal loro convento di clausura di Rimini. Spero mi perdoneranno se le evoco esplicitamente, ma lo faccio anche per demolire il mito che dietro le grate incombano solo silenzio e rinuncia, negazione e rigore.

Una volta, di passaggio per una conferenza in quella città, sono stato accolto da loro con festosità e con mille attenzioni: la separatezza della clausura è in realtà un orizzonte ben più popolato di presenze e di voci di quanto lo siano le nostre case rumorose. E le parole di Gaber sono proprio la spiegazione profonda di un'esperienza, spesso ignota a chi vive in una folla, muovendosi in spazi immensi e in mezzo a tante cose.
Infatti per avere una presenza autentica, per vivere in pienezza le relazioni, per scoprire vicende vere non è sufficiente e neppure necessario aggregarsi e incontrarsi: quanti giovani sono soli, pur vivendo in un branco, quante solitudini nelle città sono a folla, quanti contatti si fermano alla pelle, quanti rapporti si trascinano stancamente e senza ardore.

Ecco, allora, la vera appartenenza che altro non è se non la genuina declinazione del vero amore: «Avere gli altri dentro di sé», come carne della tua carne, pensiero dei tuoi pensieri, parte della tua stessa vita.

Le suore di clausura spesso, senza che noi lo sappiamo, ci portano con loro, strappandoci dalla nostra superficialità, custodendoci dai rischi del male, offrendoci a Dio, anche se noi siamo distratti e protesi verso gli idoli.

(Cardinale Gianfranco Ravasi)

Fonte: "Mattutino, Avvenire 4 gennaio 2007


Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 14 maggio 2012

Tra luce e tenebra - Cardinale Gianfranco Ravasi -

"La fede è un intreccio di luce e di tenebra: possiede abbastanza splendore per ammettere, abbastanza oscurità per rifiutare, abbastanza ragioni per obiettare, abbastanza luce per sopportare il buio che c'è in essa, abbastanza speranze per contrastare la disperazione, abbastanza amore per tollerare la sua solitudine e le sue mortificazioni.
Se non avete che luce, vi limitate all'evidenza; se non avete che oscurità, siete immersi nell'ignoto. Solo la fede fa avanzare".

In un articolo che sto leggendo m'imbatto in questa riflessione del teologo e autore spirituale francese Louis Evely. Alcuni sono convinti che la fede sia solo luce, certezza, evidenza e ignorano che Abramo sale verso la vetta del Moria armato, sì di fede, ma anche di paura e col cuore segnato dall'oscurità. Così sarà per Giobbe, il credente che lotta con Dio. Se fosse solo evidenza, allora la fede sarebbe solo una variante della matematica o della geometria.
Se fosse solo tenebra, allora sarebbe l'anticamera della disperazione.

Credere è, invece, "avanzare" come dice Evely, è rischiare. E' per questo suo "intreccio di luce e di tenebra" che la fede non ammette il fanatismo, che è una sua orribile scimmiottatura, ma non cade neppure nel dubbio sistematico, riducendosi a mera e sconsolata domanda.
Quando, perciò, il cielo s'oscura, non temiamo di aver perso necessariamente la fede; quando la luce è sempre e solo evidente, interroghiamoci sul Dio che stiamo seguendo, per non cadere nell'illusione.

Vorrei concludere ancora con Evely che così definisce la sua fede: "Grazie a quello che di Te conosco, credo in Te per ciò che non conosco ancora, e, in virtù di quello che ho già capito, ho fiducia in Te per ciò che non capisco ancora".



(Cardinale Gianfranco Ravasi)

  Mattutino di Avvenire del 23 ottobre 2011
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venerdì 13 aprile 2012

Le stagioni dell’amore – Cardinale Gianfranco Ravasi -

Il vero amore: la vecchiaia lo rende ancor più forte, la morte lo consacra, l’eternità lo fa continuare.

Sono tanti i nemici che stanno in agguato quando l’amore passa nella nostra vita, pronti ad assalirlo, ferirlo e umiliarlo. Tra questi ci sono anche le infinite melensaggini dette e canticchiate sull’amore: si provi a sfogliare certe antologie sul tema o a divertirsi coi bigliettini degli innamorati o con quelli coi quali vengono avvolti dei dolci notissimi.

Il rischio della retorica forse lo corre un po’ anche il grande della letteratura francese che oggi abbiamo convocato, Victor Hugo, il quale ci offre una sua definizione del vero amore. La solennità dello stile con cui è formulato l’asserto può sminuire la verità che esso custodisce.
Una verità, per altro, già proclamata dal poema biblico per eccellenza dell’amore, il Cantico dei cantici che in finale ci lascia un motto indimenticabile: «sì, forte come la Morte è Amore!» (8,6).
Nel testo di Hugo si ricorda che la morte, anziché spezzare quel vincolo, lo suggella e la strada infinita dell’eternità vede i due innamorati incamminarsi nella luce e nella gioia che non verrà loro mai tolta.
Più semplicemente a noi, invece, piace ora mettere l’accento sull’ultima tappa della strada terrena, la vecchiaia. Certo, anche là può emergere la debolezza morale della persona: impressionante è la descrizione delle voglie segrete dei due anziani nei confronti della bellissima Susanna del celebre racconto biblico (Daniele 13).
Tuttavia, è altrettanto vero che ci sono moltissime coppie di vecchi che vivono il loro amore con un’intensità e una freschezza del tutto ignote ai giovani. Costoro “consumano” atti sessuali, ma non conoscono lo stupore e la felicità generati dalla tenerezza, dal sentimento, dall’implicito, dalla sintonia interiore.

Una coppia di anziani che dolcemente si tengono per braccio in un parco cittadino: ecco un emblema di serenità e di vero amore.

(Cardinale  Gianfranco Ravasi)

Fonte:  Il Mattutino pubblicato in Avvenire di oggi 14 ottobre 2011

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giovedì 8 dicembre 2011

L'Annuncio a Maria – Cardinale Gianfranco Ravasi -

Quale dev'essere la nostra risposta al dono supremo?  Nel rac­conto dell'annunciazione la risposta è formulata attraverso una autodefinizione di Maria: "Io sono la serva del Signore". L'a­spetto di umiltà in quella parola "serva" è stato spesso sottoli­neato e non sempre felicemente, dirottato spesso verso consa­pevoli o inconsce conclusioni antifemminili: l'umiltà, il nascon­dimento, la discrezione devono essere le doti della donna che vuole imitare Maria.

In realtà il titolo è solenne, è quello che esprime dignità della sposa ed è anche il titolo classico dei per­sonaggi che devono espletare una funzione decisiva nella storia della salvezza: servo del Signore è Abramo, è Mosè, Giosuè, è Davide, sono i profeti e "Servo del Signore" per eccellenza sarà il Messia: Maria ha la coscienza che in lei, donna semplice e co­mune, Dio ha realizzato l'intervento grandioso e definitivo del­la salvezza "attesa da tutte le generazioni".

Maria afferma, quin­di, la piena coscienza della sua vocazione e del suo destino: E da questo momento in avanti la sua missione è quella di acco­gliere il dono sublime di quel figlio: "avvenga di me quello che hai detto".

Con questa adesione nella fede e nell'amore Maria diventa l'emblema del vero discepolo di Dio.


(Card. Gianfranco Ravasi)

Annunciazione
Affresco  Cappella Ravacaldi
Cattedrale  di Parma, Italy
Immacolata Concezione: E’ così che si appella la Madre di Dio Maria SS. apparendo a Santa Bernadette il 25 marzo del 1858 a Lourdes.
Alla giovane che Le chiedeva quale fosse il Suo nome, la “Bella Signora” rispose:“Io Sono l’Immacolata Concezione”.
Questa rivelazione costituì certamente un evento eclatante in quanto fu una conferma del dogma proclamato da Papa Pio IX l’8 dicembre 1854.
Con tale dogma viene dichiarato, affermato e definito che “la beatissima Vergine Maria fu preservata, per particolare grazia e privilegio di Dio onnipotente, in previsione dei meriti di Gesù Cristo Salvatore del genere umano, immune da ogni macchia di peccato originale fin dal primo istante del suo concepimento, e ciò deve pertanto essere oggetto di fede certa ed immutabile per tutti i fedeli”. 
(Papa Pio IX, Ineffabilis Deus, 8 dicembre 1854)
L’Immacolata Concezione è quindi una Donna di nome Maria che per particolare privilegio di Dio e grazie ai meriti di Gesù Cristo, fu preservata dal peccato originale fin dal Suo concepimento.

Questa Donna fu destinata ad essere la “tutta pura e tutta santa”, la “piena di grazia”, la “Benedetta tra tutte le donne”, la “Madre di Dio”.