Visualizzazione post con etichetta Pavese Cesare. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Pavese Cesare. Mostra tutti i post

sabato 29 novembre 2014

La pioggia nel pineto - Gabriele D’Annunzio -

Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.

Ascolta. Piove

dalle nuvole sparse.
Piove su le tamerici
salmastre ed arse,
piove su i pini
scagliosi ed irti,
piove su i mirti
divini,
su le ginestre fulgenti
di fiori accolti,
su i ginepri folti
di coccole aulenti,
piove su i nostri volti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
t’illuse, che oggi m’illude,
o Ermione.
Odi? La pioggia cade
su la solitaria
verdura
con un crepitío che dura
e varia nell’aria
secondo le fronde
più rade, men rade.

Ascolta. Risponde
al pianto il canto
delle cicale
che il pianto australe
non impaura,
nè il ciel cinerino.
E il pino
ha un suono, e il mirto
altro suono, e il ginepro
altro ancóra, stromenti
diversi
sotto innumerevoli dita.
E immersi
noi siam nello spirto
silvestre,
d’arborea vita viventi;
e il tuo volto ebro
è molle di pioggia
come una foglia,
e le tue chiome
auliscono come
le chiare ginestre,
o creatura terrestre
che hai nome
Ermione.
Ascolta, ascolta. L’accordo
delle aeree cicale
a poco a poco
più sordo
si fa sotto il pianto
che cresce;
ma un canto vi si mesce
più roco
che di laggiù sale,

dall’umida ombra remota.

Più sordo e più fioco
s’allenta, si spegne.
Sola una nota
ancor trema, si spegne,
risorge, trema, si spegne.
Non s’ode voce del mare.
Or s’ode su tutta la fronda
crosciare
l’argentea pioggia
che monda,
il croscio che varia
secondo la fronda
più folta, men folta.
Ascolta.
La figlia dell’aria
è muta; ma la figlia
del limo lontana,
la rana,
canta nell’ombra più fonda,
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su le tue ciglia,
Ermione.
Piove su le tue ciglia nere
sìche par tu pianga
ma di piacere; non bianca
ma quasi fatta virente,
par da scorza tu esca.
E tutta la vita è in noi fresca
aulente,

il cuor nel petto è come pesca
intatta,
tra le pàlpebre gli occhi
son come polle tra l’erbe,
i denti negli alvèoli
con come mandorle acerbe.
E andiam di fratta in fratta,
or congiunti or disciolti
(e il verde vigor rude
ci allaccia i mallèoli
c’intrica i ginocchi)
chi sa dove, chi sa dove!
E piove su i nostri vólti
silvani,
piove su le nostre mani
ignude,
su i nostri vestimenti
leggieri,
su i freschi pensieri
che l’anima schiude
novella,
su la favola bella
che ieri
m’illuse, che oggi t’illude,
o Ermione.

- Gabriele D’Annunzio -




Un po' di sole, una raggera d'angelo,
e poi la nebbia; e gli alberi,
e noi fatti d'aria al mattino.

- Salvatore Quasimodo -
 Acque e terre





...Quest’è il giorno che salgono le nebbie dal fiume
nella bella città, in mezzo a prati e colline,
e la sfumano come un ricordo. I vapori confondono
ogni verde, ma ancora le donne dai vivi colori
vi camminano. Vanno nella bianca penombra
sorridenti: per strada può accadere ogni cosa.
Può accadere che l’aria ubriachi....

- Cesare Pavese -





Per questo preferisco di gran lunga l’autunno alla primavera, perché in autunno si guarda il cielo. In primavera la terra.

(Soren Kierkegaard)





martedì 1 luglio 2014

Estate - Cesare Pavese -

È riapparsa la donna dagli occhi socchiusi 
e dal corpo raccolto, camminando per strada. 
Ha guardato diritto tendendo la mano, 
nell'immobile strada. Ogni cosa è riemersa. 
Nell'immobile luce dei giorno lontano 
s'è spezzato il ricordo. La donna ha rialzato 
la sua semplice fronte, e lo sguardo d'allora 
è riapparso. La mano si è tesa alla mano 
e la stretta angosciosa era quella d'allora. 
Ogni cosa ha ripreso i colori e la vita 
allo sguardo raccolto, alla bocca socchiusa.
È tornata l'angoscia dei giorni lontani 
quando tutta un'immobile estate improvvisa 
di colori e tepori emergeva, agli sguardi 
di quegli occhi sommessi. È tornata l'angoscia 
che nessuna dolcezza di labbra dischiuse 
può lenire. Un immobile cielo s'accoglie 
freddamente, in quegli occhi. 
Fra calmo il ricordo 
alla luce sommessa dei tempo, era un docile 
moribondo cui già la finestra s'annebbia e scompare. 
Si è spezzato il ricordo. La stretta angosciosa 
della mano leggera ha riacceso i colori 
e l'estate e i tepori sotto il viviclo cielo. 
Ma la bocca socchiusa e gli sguardi sommessi 
non dan vita che a un duro inumano silenzio.

- Cesare Pavese -





L'amore ha la virtù di denudare non i due amanti l'uno di fronte all'altro, ma ciascuno dei due davanti a sé. 

(Cesare Pavese)






Vidi che mi guardava con quegli occhi, occhi fermi, trasparenti, grandi dentro. Io non lo seppi allora, ma ero già cosa sua.

- Cesare Pavese -


Meravigliosa lettera del 1942 da Pavese a Einaudi

Tratto da "Cesare Pavese" di Franco Vaccaneo, Gribaudo Editore





























Buona giornata a tutti :-)

www.leggoerifletto.it




giovedì 30 gennaio 2014

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi - Cesare Pavese

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi,
questa morte che ci accompagna
dal mattino alla sera, insonne,
sorda, come un vecchio rimorso
o un vizio assurdo. I tuoi occhi
saranno una vana parola,
un grido taciuto, un silenzio.
Così li vedi ogni mattina
quando su te sola ti pieghi
nello specchio. O cara speranza,
quel giorno sapremo anche noi
che sei la vita e sei il nulla.

Per tutti la morte ha uno sguardo.
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.
Sarà come smettere un vizio,
come vedere nello specchio
riemergere un viso morto,
come ascoltare un labbro chiuso.
Scenderemo nel gorgo muti.

(Cesare Pavese)


"Vorrei essere almeno la mano che ti protegge - una cosa che non ho mai saputo fare con nessuno e con te invece mi è naturale come il respiro."

- Cesare Pavese - 

Tamara de Lempicka


Mi strugge l'anima

Mi strugge l’anima perdutamente
il desiderio d’una donna viva...
starle d’accanto dolcemente...
a contemplare
il suo viso soave di fanciulla,
ingenuo, come avvolto in un dolore
e ascoltare la sua voce leggera
parlarmi lentamente, come in un sogno…

Cesare Pavese




" Tu sarai amato il giorno in cui potrai mostrare la tua debolezza
senza che l’altro se ne serva per affermare la sua forza. "

Cesare Pavese




"Amore, non è donare qualche cosa, ma soprattutto donare qualcuno. 
Tu amerai se ti donerai o se ti unirai interamente ai tuoi doni, anche i più materiali."

- Padre Michel Quoist -

Buona giornata a tutti :-)





venerdì 18 ottobre 2013

Vorrei (1927) – Cesare Pavese

Vorrei poter soffocare
nella stretta delle tue braccia
nell'amore ardente del tuo corpo
sul tuo volto, sulle tue membra struggenti
nel deliquio dei tuoi occhi profondi
perduti nel mio amore,
quest'acredine arida
che mi tormenta.


Ardere confuso in te disperatamente
quest'insaziabilità della mia anima
già stanca di tutte le cose
prima ancor di conoscerle
ed ora tanto esasperata
dal mutismo del mondo
implacabile a tutti i miei sogni
e dalla sua atrocità tranquilla
che mi grava terribile
e noncurante
e nemmeno più mi concede
la pacatezza del tedio
ma mi strazia tormentosamente
e mi pungola atroce,
senza lasciarmi urlare,
sconvolgendomi il sangue
soffocandomi atroce
in un silenzio che è uno spasimo
in un silenzio fremente.


Nell'ebrezza disperata
dell'amore di tutto il tuo corpo
e della tua anima perduta
vorrei sconvolgere e bruciarmi l'anima
sperdere quest'orrore
che mi strappa gli urli
e me li soffoca in gola
bruciarlo annichilirlo in un attimo
e stringermi a te
senza ritegno più
ciecamente, febbrile,
schiantandoti, d'amore.


Poi morire, morire,
con te.
Il giorno tetro
in cui dovrò solitario
morire (e verrà, senza scampo)
quel giorno piangerò
pensando che potevo
morire così nell'ebbrezza
di una passione ardente.


Ma per pietà d'amore
non l'ho voluto mai.
Per pietà del tuo povero amore
ho scelto, anima mia,
la via del più lungo dolore.

(Cesare Pavese)


Ti amo. Di questa parola so tutto il peso – l’orrore e la meraviglia – eppure te la dico, quasi con tranquillità. L’ho usata così poco nella mia vita, e così male, che è come nuova per me. 

Cesare Pavese





Io trovo molto bello questo maltrattarci insaziabile [...]
siamo una bellissima coppia discorde.


(dal carteggio tra Cesare Pavese e Bianca Garufi)


« Tu non sai le colline dove si è sparso il sangue. Tutti quanti fuggimmo tutti quanti gettammo l’arma e il nome. »

Cesare Pavese
(La terra e la morte 9 novembre 1945)


Buona giornata a tutti :-)