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giovedì 18 aprile 2019

Farsi pane - card. Giacomo Biffi



«Sapete ciò che vi ho fatto?», ci interroga oggi il Signore. 
Alla sua consapevolezza deve corrispondere la nostra. Questa non è la sera in cui si possa restare svagati o distratti; più che in ogni altro momento dell’anno, dobbiamo sapere, ricordare e capire. 
«Sapete ciò che vi ho fatto?»: lo sguardo del nostro Salvatore è su di noi e ci scava nell’anima. 
Sapete – egli dice – che sono passato per una via così dolorosa da questo mondo al Padre, perché anche a voi fosse reso possibile questo «ritorno a casa» e ridiventasse accessibile la vostra autentica mèta? 
Sapete che vi ho amati sino alla fine, perché anche la vostra adesione a me fosse senza esitazioni e senza avarizie? 
Sapete che anche tra voi dovete volervi bene e servirvi, dal momento che «io vi ho dato l’esempio»? (Gv 13,15). 
Sapete che sono io il Signore della storia (anche se oggi mi vedete spesso ignorato dal mondo), appunto perché possiedo l’onnipotenza dell’amore e mando sugli uomini l’energia trasformante dello Spirito? 
Sapete che nel rito dell’eucaristia tutti questi favori, tutte queste speranze, tutti questi ideali sono compendiati e resi a voi disponibili, nella verità sublime della mia presenza?

Chiediamo in quest’ora la grazia di metterci in ascolto della voce penetrante del nostro Signore e Maestro, chiediamo la grazia di comprendere e di non dimenticare mai i suoi doni mirabili, chiediamo la grazia di avvicinarci un poco al nostro divino modello. 
Egli ancora una volta ci dice: «Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi» (ib.). 

card. Giacomo Biffi -
Cena Domini 1992




Per farsi pienamente cosa loro, Gesù si diede in pasto e bevanda: la maniera più diretta per entrare in comunicazione con l’intero uomo. Fattosi nutrimento degli uomini, poteva comportarsi in unica sostanza vitale con loro. In tal modo si offerse prima all’uomo poi a Dio. Compì un’unica offerta in due fasi successive, per saldare in sé – la vittima – quella divinità e quella umanità che erano dal peccato separate.

- Igino Giordani -
da: Il sangue di Cristo Primavera Missionaria (1937) 1989, pag.57






Può essere bello, ma non è certo facile farsi pane.
Significa che non
puoi più vivere per te, ma per gli altri.
Significa che devi
essere disponibile, a tempo pieno.
Significa che devi
avere pazienza e mitezza, come il pane
che si lascia
impastare, cuocere e spezzare.
Significa che devi
essere umile, come il pane,
che non figura nella
lista delle specialità;
ma è sempre lì per
accompagnare.
Significa che devi
coltivare la tenerezza e la bontà,
perché così è il
pane, tenero e buono.

- R. Prieto -

Buona giornata a tutti. :-)



lunedì 15 aprile 2019

La Pasqua senza la croce è vuota - padre Ermes Ronchi

«Se non vedo, se non tocco, io non credo». Non cre­de Tommaso neppure a die­ci apostoli: «non viene da voi la prova di cui ho bisogno. Io voglio sentire Cristo che toc­ca Lui la mia vita, Cristo che entra, apre, solleva, e traccia strade. Non mi accontento di parole, ho bisogno di 'senti­re' Dio, di un Dio sensibile, u­dibile, visibile; non di un rac­conto, ma di un avvenimen­to. Ho bisogno che la sua vi­ta scuota la mia vita, e senti­re che è per me, che è mio». Ed ecco che Tommaso non ricerca segni gloriosi o trion­falistici, ma vuole toccare le ferite vive e aperte della pas­sione, rivedere il corpo dato, il sangue versato: lì è con­densata l'essenza della fede. Finché non partecipi, finché non sei coinvolto nell'im­menso gioco dell'amore e del dolore di Dio, non puoi dire: io credo, Signore!
«Metti qui il tuo dito, tendi la tua mano!». Gesù si fa vicino, voce che non giudica ma in­coraggia, e i segni dei chiodi sono a distanza di mano e di cuore: il risorto è il crocifisso.
La Pasqua senza la croce è vuota.
La croce senza la Pa­squa è cieca.
Tommaso si arrende a un crocifisso amore che accondiscende alla sua fatica di credere e consegna ancora il suo corpo; si arrende a quel foro nel fianco e neppure si dice che lo abbia toccato. Si arrende all'amore che ha scritto il suo racconto sul cor­po di Gesù con l'alfabeto del­le ferite. Indelebile alfabeto, come l'amore. A ciascuno di noi Gesù ripete: «guarda, stendi la mano, tocca le pia­ghe, ritorna ai giorni della croce; guarda a fondo, fino alla vertigine, in quei fori; porta i tuoi dubbi al legno della croce, troveranno ri­sposta; non stancarti di a­scoltare la passione di Dio».
E Tommaso passa dall'incre­dulità all'estasi: «Mio Signo­re e mio Dio». Voglio custo­dire in me questo aggettivo, come una riserva di coraggio per la mia fede: «Mio». Pic­cola parola che cambia tutto, che non evoca il Dio dei libri o degli altri, ma il Dio intrec­ciato con la mia vita, mia lu­ce e mia ombra, assenza e poi più ardente presenza. Tom­maso come l'amata del Cantico dei Cantici dice: «Il mio amato è per me e io sono per lui». Mio, non di possesso, ma di appartenenza. Mio, in cui mi riconosco perché da lui sono riconosciuto. Mio, per­ché esiste per me, mia luce e mio dolore. Mio come lo è il cuore e, senza, non sarei. Mio come lo è il respiro e, senza, non vivrei.

- Padre Ermes Ronchi -
Fonte: Omelia della II Domenica di Pasqua (Anno A)
(30 marzo 2008)



Il Credo fu accettato perché corrisponde alla serratura; perché è come la vita.
È una delle tante storie; con questo di più, che è una storia vera.
È una fra le tante filosofie; con questo di più, che è la verità...
Esso apre a noi non soltanto incredibili cieli, ma una terra (può sembrare) egualmente incredibile, e la fa credibile. 
Siamo cristiani e cattolici non perché adoriamo una chiave, ma perché abbiamo varcato una porta; e abbiamo sentito lo squillo di tromba della libertà passare sopra la terra dei viventi.

- Gilbert Keith Chesterton -
da: "L’Uomo Eterno"



Solo quando avremo taciuto noi, Dio potrà parlare.
Comunicherà a noi solo sulle sabbie del deserto.
Nel silenzio maturano le grandi cose della vita:
la conversione, l'amore, il sacrificio.
Quando il sole si eclissa pure per noi,
e il Cielo non risponde al nostro grido,
e la terra rimbomba cava sotto i passi,
e la paura dell'abbandono rischia di farci disperare,
rimanici accanto.
In quel momento, rompi pure il silenzio:
per dirci parole d'amore!

E sentiremo i brividi della Pasqua.

- don Tonino Bello - 




Buona giornata a tutti. :-)

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venerdì 12 aprile 2019

Sono anch’io un crocefisso – don Primo Mazzolari

Questa sera il tabernacolo è vuoto, la croce è nuda, chiuso il sepolcro, gli altari desolati, ma la Messa continua sugli ignoti calvari di una terra ove ogni picco, ogni greco, ogni preda è un tabernacolo, un altare, una croce.

Il mio prete ha tolto anche i grossi candelieri di ferro battuto: sull'altare non c'è che il grande crocifisso e la sua ombra fatta anche più grande.

Questa nudità m'agghiaccia.
Ho l'impressione di trovarmi per la prima volta in faccia alla morte, all'ingiustizia, al dolore, alla guerra... Come siano arrivate queste nostre tristezze fin sull'altare, non so: come si siano legate a quel tronco, fatte una sola cosa col crocifisso, non so...
So che ci sono anch'io lassù, sul legno, inchiodato sul legno...
inchiodato con la fame di tutti gli uomini,
con l'esilio di tutti,
con la desolazione di tutti,
con l'odio che fa la guerra,
con la menzogna che fa l'ingiustizia.

Son venuto per vedere e mi trovo inchiodato. 
Sono anch'io un crocifisso!
Quanti siamo qui o anche gli altri..., tutti dei crocifissi.

Ogni tentativo di fuga mi è impossibile questa sera. 
Cristo mi fa uomo con lui, come lui, uomo di dolore, uomo di offerta.
Le mie ragioni non tengono: i miei alibi son falsi; ci sono arrivato per tutte le strade, con tutti i disperati, i percossi, gli affamati, con tutti i felici, gli oppressori, i sazi...
Il crocifisso è mio: io sono nel crocifisso.

Chi mi ha condotto in chiesa questa sera? Chi m'ha gettato contro codesto crocifisso enorme proprio in questo Venerdì santo? Tutti e nessuno.
Bisognava pure che quel «resto» senza nome, che nessuno vuole, che nessuno capisce, lo mostrassi a qualcuno: bisognava trovargli un nome (c'è troppa orfanezza nel mio cuore!), un rifugio.
E adesso che ne so il nome, che ne vedo il volto, cos'ho guadagnato?
Quando troverò uno che ha fame... non gli potrò più dire (era così spiccio e comodo!): «Non so chi tu sia», perché ti ho visto.
Davanti allo sguardo mortificato del mio operaio, al quale nego l'aumento del salario, adesso che tutto cresce, non potrò più voltargli le spalle dignitoso e sdegnato, perché io non ti posso più licenziare, o Cristo.
Se vedrò piangere, non potrò più scantonare, perché sei tu che piangi.
Quando leggerò dei morti che la guerra ammucchia, non potrò pensare che i miei dividendi crescono per la sola ragione che gli altri muoiono, perché tu mi obbligheresti a guardarmi le mani. E chi può guardare delle mani, le proprie mani che grondano sangue? Questo ho guadagnato stasera.
Il «resto» che da anni e anni, con sforzi disumani ero riuscito a serrare in un angolo morto della mia anima, ha rotto gli argini, m'inonda e mi sommerge. Per la prima volta, a faccia aperta, ho fissato in volto il mio male.


Crocifissi come te.

Ma tu, dall'alto della tua croce, invochi perdono: noi, dalla nostra croce, odiamo;
tu doni il Paradiso a un ladrone, noi togliamo il pane anche all'orfano.
Tu sulla croce, sei nudo, sei l'uomo. Noi siamo obbligati a portare la maschera dell'uomo forte, dell'uomo grande, dell'uomo implacabile... fin sulla croce.
Signore, toglimi questa maschera, fammi vedere come sono, come siamo per avere almeno pietà gli uni degli altri.
Tu ci hai comandato di amarci gli uni gli altri come tu ci ami.
Ho paura che quel giorno sia ancora molto lontano, troppo lontano.
Almeno potessimo arrivare ad aver pietà gli uni degli altri!
A vivere e a morire da uomini, da poveri uomini come siamo, in pace con noi stessi!

- don Primo Mazzolari -
 Fonte: Tempo di passione di Primo Mazzolari, Paoline 2005




«Ora è solo nella notte, solo in mezzo agli uomini, solo in faccia a Dio. 
Uomo di carne e di sangue, uomo che sa che la sua distruzione è vicina, che la sua carne sarà trafitta, che il suo sangue colerà sulla terra. 
Nessuno saprà forse mai il significato vero delle parole che il Figlio indirizza al Padre, nella solitudine nera degli ulivi. 
La preghiera del Getsemani è il più imperscrutabile mistero divino della storia di Cristo.»

- Giuseppe Papini -
da Storia di Cristo




«E adesso, che prima di riprendere la Messa, ripeterò il gesto di Cristo nell’ultima cena, lasciate che io pensi per un momento al Giuda che ho dentro di me, al Giuda che forse anche voi avete dentro. 
E lasciate che io domandi a Gesù, a Gesù che è in agonia, a Gesù che ci accetta come siamo, lasciate che io gli domandi, come grazia pasquale, di chiamarmi amico. 
La Pasqua è questa parola detta ad un povero Giuda come me, detta a dei poveri Giuda come voi.  
Anche quando noi ci rivolteremo tutti i momenti contro di Lui, anche quando lo bestemmieremo, anche quando rifiuteremo il Sacerdote all’ ultimo momento della nostra vita, ricordatevi che per Lui noi saremo sempre gli amici.»

- don Primo Mazzolari -






Sei la vita
per gli uomini e la luce: al tuo morire
nel buio son piombati. Ma l'estremo
sospiro tuo fu oscurità d'incendio,
fu tenebra d'amore fiammeggiante
ove la luce di risurrezione
già palpitava. E fu degna corona
il tuo disincarnarti, e compimento
dell'obbedienza che ti fece Uomo.

- Miguel de Unamuno - 
da: "Il Cristo di Velasquez", p. 84




Buona giornata a tutti. :-)





giovedì 11 aprile 2019

Un pezzo di legno - don Bruno Ferrero

C'è un uomo che tiene appeso in salotto, nel posto d'onore, uno strano oggetto. Quando qualcuno gli chiede il perché di quella stranezza racconta:
Il nonno, una volta mi accompagnò al parco. Era un gelido pomeriggio d'inverno. 
Il nonno mi seguiva e sorrideva, ma sentiva un peso. Il suo cuore era malato, già molto malandato. Volli andare verso lo stagno. 
Era tutto ghiacciato, compatto! "Dovrebbe essere magnifico poter pattinare", urlai, "vorrei provare a rotolarmi e scivolare sul ghiaccio almeno una volta!". Il nonno era preoccupato. Nel momento in cui scesi sul ghiaccio, il nonno disse: "Stai attento...". 
Troppo tardi. Il ghiaccio non teneva e urlando caddi dentro. 
Tremando, il nonno spezzò un ramo e lo allungò verso di me. Mi attaccai e lui tirò con tutte le sue forze fino ad estrarmi dal crepaccio di ghiaccio. 
Piangevo e tremavo. Mi fecero bene un bagno caldo e il letto, ma per il nonno questo avvenimento fu troppo faticoso, troppo emozionante. 
Un violento attacco cardiaco lo portò via nella notte. Il nostro dolore fu enorme. Nei giorni seguenti, quando mi ristabilii completamente, corsi allo stagno e ricuperai il pezzo di legno. 
È con quello che il nonno aveva salvato la mia vita e perso la sua! Ora, fin tanto che vivrò, starà appeso su quella parete come segno del suo amore per me!
Per questo motivo noi cristiani oggi ci inginocchiamo dinanzi a quel legno, cui si è appeso l'Amore-Gesù; per questo teniamo nelle nostre case un "pezzo di legno" a forma di croce... 
Per ricordare come si ama, e a chi dobbiamo guardare per amare senza stancarci!

- don Bruno Ferrero -



Tu
Uno come Te
lo si può cercare a lungo.
Uno come te

non lo si trova tanto in fretta.
Uno come te
non lo si può mai perdere.
Uno come te,
Signore!


- Ludwig Soumagne - 

"Lavanda dei piedi" - Giovanni Agostino da Lodi (1500) 
Gallerie dell'Accademia - Venezia)

Per incontrare il risorto non si può stare fermi. 
Lui mi ha cercato e mi ha trovato, ma poi spetta a me decidere che seguirlo significa davvero imparare a spostarsi: incontro oggi il Salvatore non alle mie condizioni ma alle sue, là dove lui è. 

- Cesare Beltrami - 




Mi hai fatto male, Dio mio,
e non parlo del corpo
con il quale ho ormai imparato
a convivere decentemente,
ma di quello che ci sta dentro:
questo cuore balordo
che rimbalza
ad ogni sussulto d’affetto,
quest’anima screpolata
che lascia passare
spifferi di dubbio
e di gelida incredulità.
Mi ha fatto male, Signore,
troppo duro il mattino,
troppo sensibile la sera;
troppo fragile sempre.
Mi hai fatto male, Signore,
eppure un giorno
- ne sono certo -  
mettendo insieme
tutte le macerie
dei miei anni,
capirò il perché
e sarò felice di essere
quello che sono. 
Perché mi hai fatto Tu.

- Eric Pearlman - 


Buona giornata a tutti. :-)





domenica 1 aprile 2018

Cristo è risorto! Alleluia!


Al mondo intero, attento o sordo che sia, gridiamo il nostro gaudio vivissimo: Gesù Cristo è risorto! 
Sì, egli vive. La pietra del suo sepolcro è rovesciata; un giorno lo sarà anche quella del nostro. 
Questa è la nostra gioia. 
E' la nostra vittoria. 
E' la nostra salvezza, ora oggetto della nostra speranza.


- Beato Paolo VI -
papa Domenica di Pasqua, 14 aprile 1974


Chi è il più forte?

Su una vecchia quercia stava un vecchio Gufo, più taceva e più sapeva, più sapeva e più taceva...
Un giorno, la pietra disse: «Sono la più forte!». Udendo ciò, il ferro disse: «Sono più forte di te! Lo vuoi vedere?». Subito, i due lottarono fino a quando la pietra fu ridotta in polvere.
Il ferro disse a sua volta: «lo sono il più forte! Udendolo, il fuoco disse: «lo sono più forte te! Lo vuoi vedere?». Allora i due lottarono finché il ferro fu fuso.
Il fuoco disse a sua volta: «lo sì che sono forte!». Udendo ciò, l'acqua disse: «lo sono più forte di te! Se vuoi te lo dimostro». Allora, lottarono fin quando il fuoco fu spento.
L'acqua disse a sua volta: «Sono io la più forte!». Udendola il sole disse: «lo sono più forte ancora! Guarda!».   I due lottarono finché il sole fece evaporare l'acqua.
Il sole disse a sua volta: «Sono io il più forte!». Udendolo, la nube disse: «lo sono più forte ancora! Guarda!».    I due lottarono finché la nube nascose il sole.
La nube disse a sua volta: «Sono io la più forte!». Ma il vento disse: «lo sono più forte di te! Te lo dimostro». Allora i due lottarono fin quando il vento soffiò via la nube ed essa sparì.
ll vento disse a sua volta: «lo sì, che sono forte!». I monti dissero: «Noi siamo più forti di te! Guarda!». Subito i due lottarono fino a che il vento restò preso tra le catene dei monti.
I monti, a loro volta, dissero: «Siamo i più forti!». Ma sentendoli, l'uomo disse: «lo sono più forte di voi! E, se lo volete vedere ... ». L'uomo, dotato di grande intelligenza, perforò i monti, impedendo che bloccassero il vento. Dominando il potere dei monti, l'uomo proclamò: «lo sono la creatura più forte che esista!».
Ma poi venne la morte, e l'uomo che si credeva intelligente e tanto forte, con un ultimo respiro, morì.
La morte a sua volta disse: "Sono io la più forte! Perché prima o poi tutto muore e finisce nel nulla”.
La morte già festeggiava quando, inatteso, venne un uomo e, dopo soli tre giorni dalla morte, risuscitò, vincendo la morte.

Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi, costruttori è diventata testata d'angolo… Buona Pasqua!






"Buona Pasqua, accogliete tutti questo augurio, pieno di speranza, pieno di energia.
La vita è bella se è nuova, è nuova se è buona, se è saggia, se è forte, in una parola, se è cristiana."

- Beato Paolo VI, papa -




Happy Easter, Joyeuse Pasques, Frohe Ostern, Felices Pascuas, Fouai Hwo Gie Quai le, Eeid -Foss’h Mubarak, Sretun Uskrs, Gezuar Pashken, Paste Fericit, Vesele Velikonoce, Veselá velká noc, Boa Pascoa, Kalo Paska, Zalig Paasfeest, Schastilvoi Paschi, Bon fiesse-d’joyeuse pôque, Felician Paskon en Kristo Resurektinta, Shnorhavor surb zatik, A fraylekhn Pesah,Gofúkkatsu Omédetoo, Ieasika Elihle, Buona Pasqua, 


sabato 31 marzo 2018

Maria, donna del Sabato santo – don Tonino Bello


Santa Maria, donna del Sabato santo, estuario dolcissimo nel quale almeno per un giorno si è raccolta la fede di tutta la Chiesa, tu sei l'ultimo punto di contatto col cielo che ha preservato la terra dal tragico blackout della grazia. Guidaci per mano alle soglie della luce, di cui la Pasqua è la sorgente suprema.
Stabilizza nel nostro spirito la dolcezza fugace delle memorie, perché nei frammenti del passato possiamo ritrovare la parte migliore di noi stessi. 
E ridestaci nel cuore, attraverso i segnali del futuro, una intensa nostalgia di rinnovamento, che si traduca in fiducioso impegno a camminare nella storia.
Santa Maria, donna del Sabato santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita, sospesa com' è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, si rassomiglia tanto a quel giorno. 
È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovaglie di altare.
Ripetici, insomma, che non c'è croce che non abbia le sue deposizioni. 
Non c'è amarezza umana che non si stemperi in sorriso. 
Non c'è peccato che non trovi redenzione. 
Non c'è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. 
Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell'alleluia pasquale.
Santa Maria, donna del Sabato santo, raccontaci come, sul crepuscolo di quel giorno, ti sei preparata all'incontro col tuo figlio Risorto. 
Quale tunica hai indossato sulle spalle? 
Quali sandali hai messo ai piedi per correre più veloce sull'erba? 
Come ti sei annodata sul capo i lunghi capelli di nazarena? 
Quali parole d'amore ti andavi ripassando segretamente, per dirgliele tutto d'un fiato non appena ti fosse apparso dinanzi?
Madre dolcissima, prepara anche noi all'appuntamento con lui.
Destaci l'impazienza del suo domenicale ritorno. 
Adornaci di vesti nuziali. Per ingannare il tempo, mettiti accanto a noi e facciamo le prove dei canti.
Perché qui le ore non passano mai.

- Don  Tonino Bello - 
da: Maria donna dei nostri giorni, ed. San Paolo


Oggi il sole di giustizia si è manifestato non dal cielo, ma dagli inferi.
Infatti un qualcosa di inatteso è accaduto: gli inferi sono diventati immagine dell'oriente e il sole di giustizia si è levato di là.
Egli, infatti, discese a illuminare quelli che erano in basso, per mezzo della sua morte; e salì a illuminare quelli che erano in alto, per mezzo della sua risurrezione.

Omelia siriaca anonima, V-VI sec.


Oggi un grande silenzio avvolge la terra. Un grande silenzio e una grande calma. Un grande silenzio, perché il Re dorme. La terra ha rabbrividito e si è ammutolita, perché Dio si è addormentato nella carne, e l'inferno ha tremato. Dio si è addormentato per un istante, e ha svegliato coloro che erano negl'inferi... Va alla ricerca dell'uomo come della pecorella smarrita... Prende per mano l'uomo e gli dice: «Svegliati, o tu che dormi, sorgi fra i morti e Cristo t'illuminerà» (Ef. 5, 14).

- Epifanio di Salamina - 
Omelie per il Sabato Santo, PG 43, 349, 451, 462-463



Silenzio.. Oggi è giornata di attesa e di preghiera.