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giovedì 19 dicembre 2019

Lettera ai bambini (1994) - san Giovanni Paolo II, papa

Cari bambini!
Nasce Gesù.
Tra pochi giorni celebreremo il Natale, festa intensamente sentita da tutti i bambini in ogni famiglia. Quest'anno lo sarà ancora di più, perché è l'Anno della Famiglia. Prima che esso finisca, desidero rivolgermi a voi, bambini del mondo intero, per condividere con voi la gioia di questa suggestiva ricorrenza.
Il Natale è la festa di un Bambino, di un Neonato. È perciò la vostra festa! Voi l'attendete con impazienza e ad essa vi preparate con gioia, contando i giorni e quasi le ore che mancano alla Santa Notte di Betlemme.
Mi pare di vedervi: voi state preparando in casa, in parrocchia, in ogni angolo del mondo il presepe, ricostruendo il clima e l'ambiente in cui il Salvatore è nato. 
È vero! Nel periodo natalizio la stalla con la mangiatoia occupa nella Chiesa il posto centrale. E tutti si affrettano a recarvisi in pellegrinaggio spirituale, come i pastori nella notte della nascita di Gesù. Più tardi saranno i Magi a venire dal lontano Oriente, seguendo la stella, fino al luogo dove è stato deposto il Redentore dell'universo.
Ed anche voi, nei giorni di Natale, visitate i presepi, fermandovi a guardare il Bambino deposto sulla paglia. Fissate sua Madre, San Giuseppe, custode del Redentore. Contemplando la Santa Famiglia, pensate alla vostra famiglia, quella in cui siete venuti al mondo. Pensate alla vostra mamma, che vi ha dato alla luce e al vostro papà. Essi si prendono cura del mantenimento della famiglia e della vostra educazione. Compito dei genitori infatti non è soltanto quello di generare i figli, ma anche di educarli sin dalla loro nascita.
Cari bambini, vi scrivo pensando a quando anch'io molti anni fa ero bambino come voi. Allora anch'io vivevo l'atmosfera serena del Natale, e quando brillava la stella di Betlemme andavo in fretta al presepe insieme con i miei coetanei, per rivivere ciò che avvenne 2000 anni fa in Palestina. Noi bambini esprimevamo la nostra gioia prima di tutto col canto. 
Quanto sono belli e commoventi i canti natalizi, che nella tradizione di ogni popolo si intrecciano intorno al presepe! Quali pensieri profondi vi sono contenuti, e soprattutto quale gioia e quale tenerezza essi esprimono verso il divino Bambino venuto al mondo nella Notte Santa!
Pure i giorni che seguono la nascita di Gesù sono giorni di festa: così, otto giorni dopo, si ricorda che, come voleva la tradizione dell'Antico Testamento, al Bambino fu dato un nome: fu chiamato Gesù. 
Dopo quaranta giorni, si commemora la sua presentazione al Tempio, come avveniva per ogni figlio primogenito d'Israele. In quell'occasione ebbe luogo un incontro straordinario: alla Madonna, giunta al Tempio col Bambino, venne incontro il vecchio Simeone, che prese tra le braccia il piccolo Gesù e pronunciò queste parole profetiche: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele» (Lc 2, 29-32). Poi, rivolgendosi a Maria, sua madre, aggiunse: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. 
E anche a te una spada trafiggerà l'anima» (Lc 2, 34-35). Così dunque, già nei primi giorni della vita di Gesù, risuona l'annuncio della Passione, alla quale un giorno sarà associata anche la Mamma, Maria: il Venerdì Santo Ella starà silenziosa sotto la Croce del Figlio. Del resto, non dovrà trascorrere molto tempo dalla nascita prima che il piccolo Gesù si trovi esposto ad un grave pericolo: il crudele re Erode ordinerà di uccidere i bambini al di sotto dei due anni, e per questo egli sarà costretto a fuggire con i genitori in Egitto.
Voi conoscete certo molto bene questi eventi legati alla nascita di Gesù. 
Ve li raccontano i vostri genitori, i sacerdoti, gli insegnanti, i catechisti, ed ogni anno li rivivete spiritualmente nel periodo delle feste natalizie, insieme a tutta la Chiesa: voi quindi sapete di questi aspetti drammatici dell'infanzia di Gesù.
Cari amici! Nelle vicende del Bimbo di Betlemme potete riconoscere le sorti dei bambini di tutto il mondo. Se è vero che un bambino rappresenta la gioia non solo dei genitori, ma della Chiesa e dell'intera società, è vero pure che ai nostri tempi molti bambini, purtroppo, in varie parti del mondo soffrono e sono minacciati: patiscono la fame e la miseria, muoiono a causa delle malattie e della denutrizione, cadono vittime delle guerre, vengono abbandonati dai genitori e condannati a rimanere senza casa, privi del calore di una propria famiglia, subiscono molte forme di violenza e di prepotenza da parte degli adulti. Come è possibile rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza di tanti bambini, specialmente quando è causata in qualche modo dagli adulti?
Gesù dona la Verità.
Il Bambino, che a Natale contempliamo deposto nella mangiatoia, col passar degli anni crebbe. A dodici anni, come sapete, si recò per la prima volta, insieme a Maria e Giuseppe, da Nazaret a Gerusalemme in occasione della Festa di Pasqua. Lì, confuso tra la folla dei pellegrini, si staccò dai genitori e, insieme con altri suoi coetanei, si pose in ascolto dei dottori del Tempio, quasi per una «lezione di catechismo». Le feste in effetti erano occasioni adatte per trasmettere la fede ai ragazzi dell'età, più o meno, di Gesù. Avvenne però che, durante tale incontro, l'Adolescente straordinario, giunto da Nazaret, non solo pose delle domande assai intelligenti, ma egli stesso cominciò a dare delle risposte profonde a coloro che lo stavano ammaestrando. Le domande e più ancora le risposte sbalordirono i dottori del Tempio. Era lo stesso stupore che, in seguito, avrebbe accompagnato la predicazione pubblica di Gesù: l'episodio del Tempio di Gerusalemme non era che l'inizio e quasi il preannuncio di ciò che sarebbe avvenuto alcuni anni più tardi.
Cari ragazzi e ragazze, coetanei di Gesù dodicenne, non vi tornano alla mente, a questo punto, le lezioni di religione che si svolgono in parrocchia ed a scuola, lezioni alle quali siete invitati a prender parte? Vorrei allora porvi alcune domande: qual è il vostro atteggiamento di fronte alle lezioni di religione? Vi fate coinvolgere come Gesù dodicenne al Tempio? Siete diligenti nel frequentarle a scuola e in parrocchia? Vi aiutano in questo i vostri genitori?
Gesù dodicenne fu così preso da quella catechesi nel Tempio di Gerusalemme che, in un certo senso, dimenticò persino i propri genitori. Maria e Giuseppe, incamminati insieme ad altri pellegrini sulla strada del ritorno verso Nazaret, si resero conto ben presto della sua assenza. Lunghe furono le ricerche. Ritornarono sui loro passi e soltanto il terzo giorno riuscirono a trovarlo a Gerusalemme nel Tempio. «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2, 48). Com'è strana la risposta di Gesù e come fa riflettere! «Perché mi cercavate? - egli disse - Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49). Era una risposta difficile da accettare. L'evangelista Luca aggiunge semplicemente che Maria «serbava tutte queste cose nel suo cuore» (2, 51). In effetti, era una risposta che si sarebbe resa comprensibile solo più tardi, quando Gesù, ormai adulto, avrebbe iniziato a predicare, dichiarando che per il suo Padre celeste era disposto ad affrontare ogni sofferenza e persino la morte sulla croce.
Da Gerusalemme Gesù tornò con Maria e Giuseppe a Nazaret, ove visse loro sottomesso (cf. Lc 2, 51). Circa questo periodo, prima dell'inizio della predicazione pubblica, il Vangelo nota soltanto che Gesù «cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2, 52).
Cari ragazzi, nel Bambino che ammirate nel presepe sappiate vedere già il ragazzo dodicenne che nel Tempio di Gerusalemme dialoga con i dottori. Egli è lo stesso uomo adulto che più tardi, a trent'anni, comincerà ad annunciare la parola di Dio, si sceglierà i dodici Apostoli, sarà seguito da moltitudini assetate di verità. Egli confermerà ad ogni passo il suo straordinario insegnamento con i segni della potenza divina: restituirà la vista ai ciechi, guarirà i malati, risusciterà persino i morti. E tra i morti richiamati alla vita ci sarà la dodicenne figlia di Giairo, ci sarà il figlio della vedova di Nain, restituito vivo alla madre in pianto.
È proprio così: questo Bambino, ora appena nato, una volta diventato grande, come Maestro della Verità divina, mostrerà uno straordinario affetto per i bambini. Dirà agli Apostoli: «Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite», e aggiungerà: «Perché a chi è come loro appartiene il Regno di Dio» (Mc 10, 14). Un'altra volta, agli Apostoli che discutevano su chi fosse il più grande metterà davanti un bambino e dirà: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli» (Mt 18, 3). In quella occasione pronuncerà anche parole severissime di ammonimento: «Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Mt 18, 6).
Quanto importante è il bambino agli occhi di Gesù! Si potrebbe addirittura osservare che il Vangelo è profondamente permeato dalla verità sul bambino. Lo si potrebbe persino leggere nel suo insieme come il «Vangelo del bambino».
Che vuol dire infatti: «Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel Regno dei cieli»? Non pone forse Gesù il bambino come modello anche per gli adulti? Nel bambino c'è qualcosa che mai può mancare in chi vuol entrare nel Regno dei cieli. Al cielo sono destinati quanti sono semplici come i bambini, quanti come loro sono pieni di fiducioso abbandono, ricchi di bontà e puri. Questi solamente possono ritrovare in Dio un Padre, e diventare a loro volta, grazie a Gesù, altrettanti figli di Dio.
Non è questo il principale messaggio del Natale? Leggiamo in san Giovanni: «E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (1, 14); ed ancora: «A quanti l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio» (1, 12). Figli di Dio! Voi, cari ragazzi, siete figli e figlie dei vostri genitori. 
Ebbene, Dio vuole che tutti siamo suoi figli adottivi mediante la grazia. 
Sta qui la vera fonte della gioia del Natale, della quale vi scrivo al termine ormai dell'Anno della Famiglia. Rallegratevi di questo «Vangelo della divina figliolanza». In questa gioia portino abbondanti frutti le prossime feste natalizie, nell'Anno della Famiglia.
Gesù dona se stesso
Cari amici, incontro indimenticabile con Gesù è senz'altro la Prima Comunione, giorno da ricordare come uno dei più belli della vita. L'Eucaristia, istituita da Cristo la vigilia della sua passione durante l'Ultima Cena, è un sacramento della Nuova Alleanza, anzi, il più grande dei sacramenti. In esso il Signore si fa cibo delle anime sotto le specie del pane e del vino. I bambini lo ricevono solennemente una prima volta - nella Prima Comunione, appunto - e sono invitati a riceverlo in seguito il più spesso possibile per rimanere in intima amicizia con Gesù.
Per accostarsi alla Santa Comunione, come sapete, occorre aver ricevuto il Battesimo: questo è il primo dei sacramenti e il più necessario per la salvezza. È un grande avvenimento il Battesimo! Nei primi secoli della Chiesa, quando a ricevere il Battesimo erano soprattutto gli adulti, il rito si concludeva con la partecipazione all'Eucaristia ed aveva la solennità che oggi accompagna la Prima Comunione. Successivamente, quando s'incominciò a dare il Battesimo soprattutto ai neonati - è il caso anche di molti fra voi, cari bambini, che infatti non ricordate il giorno del vostro Battesimo - la festa più solenne fu spostata al momento della Prima Comunione. Ogni ragazzo e ogni ragazza di famiglia cattolica conosce bene questa consuetudine: la Prima Comunione è vissuta come una grande festa di famiglia. In quel giorno, insieme con il festeggiato, in genere si accostano all'Eucaristia i genitori, i fratelli, le sorelle, i parenti, i padrini, talora anche gli insegnanti e gli educatori.
Il giorno della Prima Comunione è inoltre una grande festa nella parrocchia. Ricordo come fosse oggi quando, insieme con i miei coetanei, ricevetti per la prima volta l'Eucaristia nella chiesa parrocchiale del mio paese. Si suole fissare quest'evento nelle foto di famiglia, perché non venga dimenticato. Tali istantanee seguono in genere la persona per il resto degli anni. Col passare del tempo, si rivive, sfogliandole, l'atmosfera di quei momenti; si torna alla purezza e alla gioia sperimentate nell'incontro con Gesù, fattosi per amore Redentore dell'uomo.
Per quanti bambini nella storia della Chiesa l'Eucaristia è stata fonte di forza spirituale, a volte addirittura eroica! Come non ricordare, ad esempio, ragazzi e ragazze santi, vissuti nei primi secoli ed ancora oggi conosciuti e venerati in tutta la Chiesa? Sant'Agnese, che visse a Roma; sant'Agata, martirizzata in Sicilia; san Tarcisio, un ragazzo ben a ragione chiamato martire dell'Eucaristia, perché preferì morire piuttosto che cedere Gesù, che portava con sé sotto le specie del pane.
E così lungo i secoli, sino ai nostri tempi, non mancano bambini e ragazzi tra i santi e i beati della Chiesa. Come nel Vangelo Gesù manifesta particolare fiducia nei bambini, così la Mamma sua, Maria, non ha mancato di riservare ai piccoli, nel corso della storia, la sua materna premura. Pensate a santa Bernardetta di Lourdes, ai fanciulli di La Salette e, nel nostro secolo, a Lucia, Francesco e Giacinta di Fatima.
Vi parlavo prima del «Vangelo del bambino»: non ha avuto esso in questa nostra epoca un'espressione particolare nella spiritualità di santa Teresa di Gesù Bambino? È proprio vero: Gesù e la sua Mamma scelgono spesso i bambini per affidare loro compiti grandi per la vita della Chiesa e dell'umanità. Ne ho nominato solo alcuni universalmente conosciuti, ma quanti altri meno noti ne esistono! Il Redentore dell'umanità sembra condividere con loro la sollecitudine per gli altri: per i genitori, per i compagni e le compagne. Egli attende tanto la loro preghiera. Che potenza enorme ha la preghiera dei bambini! Essa diventa un modello per gli stessi adulti: pregare con fiducia semplice e totale vuol dire pregare come sanno pregare i bambini.
Ed arrivo ad un punto importante di questa mia Lettera: al termine ormai dell'Anno della Famiglia, è alla vostra preghiera, cari piccoli amici, che desidero affidare i problemi della vostra e di tutte le famiglie del mondo. 
E non soltanto questo: ho ancora altre intenzioni da raccomandarvi. 
Il Papa conta molto sulle vostre preghiere. Dobbiamo pregare insieme e molto, affinché l'umanità, formata da diversi miliardi di esseri umani, diventi sempre più la famiglia di Dio, e possa vivere nella pace. Ho ricordato all'inizio le indicibili sofferenze che tanti bambini hanno sperimentato in questo secolo, e quelle che molti di loro continuano a subire anche in questo momento. Quanti, anche in questi giorni, cadono vittime dell'odio che imperversa in diverse regioni della terra: nei Balcani, ad esempio, ed in alcuni paesi dell'Africa. Proprio meditando su questi fatti, che colmano di dolore i nostri cuori, ho deciso di chiedere a voi, cari bambini e ragazzi, di farvi carico della preghiera per la pace. Lo sapete bene: l'amore e la concordia costruiscono la pace, l'odio e la violenza la distruggono. 
Voi rifuggite istintivamente dall'odio e siete attratti dall'amore: per questo il Papa è certo che non respingerete la sua richiesta, ma vi unirete alla sua preghiera per la pace nel mondo con lo stesso slancio con cui pregate per la pace e la concordia nelle vostre famiglie.
Lodate il nome del Signore!
Permettete, cari ragazzi e ragazze, che al termine di questa Lettera ricordi le parole di un Salmo che mi hanno sempre commosso: Laudate pueri Dominum! Lodate, fanciulli del Signore, lodate il nome del Signore. Sia benedetto il nome del Signore, ora e sempre. Dal sorgere del sole al suo tramonto sia lodato il nome del Signore! (cf. Sal 112/113, 1-3). Mentre medito le parole di questo Salmo, mi passano davanti agli occhi i volti dei bambini di tutto il mondo: dall'oriente all'occidente, dal settentrione al mezzogiorno. È a voi, piccoli amici, senza differenze di lingua, di razza o nazionalità, che dico: Lodate il nome del Signore!
E poiché l'uomo deve lodare Dio prima di tutto con la vita, non dimenticatevi di ciò che Gesù dodicenne disse a sua Madre e a Giuseppe nel Tempio di Gerusalemme: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49). L'uomo loda Dio seguendo la voce della propria vocazione. Dio chiama ogni uomo e la sua voce si fa sentire già nell'anima del bambino: chiama a vivere nel matrimonio oppure ad essere sacerdote; chiama alla vita consacrata o forse al lavoro nelle missioni... Chi sa? Pregate, cari ragazzi e ragazze, per scoprire qual è la vostra vocazione, per poi seguirla generosamente.
Lodate il nome del Signore! I bambini di ogni Continente, nella notte di Betlemme, guardano con fede al neonato Bambino e vivono la grande gioia del Natale. Cantando nelle loro lingue, lodano il nome del Signore. Così per tutta la terra si diffondono le suggestive melodie del Natale. Sono parole tenere, commoventi che risuonano in tutte le lingue umane; è come un festoso canto elevato da tutta la terra, che s'unisce a quello degli Angeli, messaggeri della gloria di Dio, sopra la stalla di Betlemme: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14). Il Figlio prediletto di Dio si presenta tra noi come un neonato; intorno a Lui i bambini di ogni Nazione della terra sentono su di sé lo sguardo colmo d'amore del Padre celeste e gioiscono perché Dio li ama. L'uomo non può vivere senza amore. Egli è chiamato ad amare Dio e il prossimo, ma per amare veramente deve avere la certezza che Dio gli vuole bene.
Dio vi ama, cari ragazzi! Questo voglio dirvi al termine dell'Anno della Famiglia e in occasione di queste feste natalizie che sono in modo particolare le vostre feste.
Vi auguro che esse siano gioiose e serene; vi auguro di fare in esse una più intensa esperienza dell'amore dei vostri genitori, dei fratelli, delle sorelle e degli altri membri della vostra famiglia. 
Quest'amore poi si estenda all'intera vostra comunità, anzi a tutto il mondo, grazie proprio a voi, cari ragazzi e bambini. 
L'amore allora raggiungerà quanti ne hanno particolare bisogno, specialmente i sofferenti e gli abbandonati. 
Quale gioia è più grande di quella portata dall'amore? 
Quale gioia è più grande di quella che tu, Gesù, porti a Natale nell'animo degli uomini, e particolarmente dei bambini?

Alza la tua manina, divino Bambino,
e benedici questi tuoi piccoli amici,
benedici i bambini di tutta la terra!

san Giovanni Paolo II, papa
Dal Vaticano, 13 dicembre 1994





L’attesa è quanto di più «bambino» noi possiamo immaginare. 
È questa che riluce nel mondo quando esso si desta dopo le tenebre della notte o dopo l’orda pesante di un temporale, di un malanimo, di una fatica. 
Anche nella fatica più greve, l’attesa, dal di dentro, scioglie il cuore. 
Questo perché l’attesa ci rende inesorabilmente e finalmente veri: siamo niente e tutto ci è dato e ci è stato promesso. 
Egli, l’Essere, ha fatto alleanza con noi ed è fedele alla sua alleanza. Stamattina, nel tratto percorso da quando ci siamo svegliati, che cosa abbiamo atteso? E adesso cosa attendiamo? È questa la novità, la luce, l’avvenimento che la no­stra libertà deve introdurre nell’opacità greve delle co­se, si tratti di sconfitta o si tratti di presunzione ap­parentemente vittoriosa. Sia la riuscita sia lo scacco debbono essere dal di dentro sciolti dalla forza fanciullesca dell’attesa, dalla forza del cuore fanciullo, del cuore originale.

- Luigi Giussani - 





Noi siamo amati da Dio "prima" ancora di venire all’esistenza! 
Mosso esclusivamente dal suo amore incondizionato, Egli ci ha "creati dal nulla" (cfr 2Mac 7,28) per condurci alla piena comunione con Sé.


- Papa Benedetto XVI -




Buona giornata a tutti. :-)


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mercoledì 18 dicembre 2019

Signore Gesù, che cammini sulla nostra terra ... - Card. Carlo Maria Martini

"Signore Gesù, che cammini sulla nostra terra 
e soffri le nostre povertà 
per annunciare il comandamento della carità, 
infondi in noi il Tuo Spirito d’amore che apra i nostri occhi, 
per riconoscere in ogni uomo un fratello: 
e finalmente diventi quotidiano il gesto semplice 
e generoso che offre aiuto e sorriso, 
cura e attenzione al fratello che soffre, 
perché in questo Natale non facciamo festa da soli. 
Amen".

(+Carlo Maria Martini)


Dal tronco nasce il ramo,
dal ramo nasce il fiore,
da Dio venne Maria,
da Lei Nostro Signore.

E’ Natale di gelo
e il bimbo non ha panni:
Maria si toglie il velo
che porta sui capelli.

Ha un velo come fascia, 
nel presepe, il Messia 
ed ha come sua culla 
le braccia di Maria



(Cit)




Suggerimenti per i regali di Natale

Per il tuo nemico: il perdono
Ad un avversario: la tolleranza
Ad un amico: il tuo cuore
Ai poveri: la carità
Per ogni bambino: un buon esempio

A te stesso: il rispetto


Buona giornata a tutti. :-)


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domenica 15 dicembre 2019

La pecora nera


C'era una volta una pecora diversa da tutte le altre.
Le pecore, si sa, sono bianche; lei invece era nera, nera come la pece. 

Quando passava per i campi tutti la deridevano, perché in un gregge tutto bianco spiccava come una macchia di inchiostro su un lenzuolo bianco, alcune dicevano : «Guarda una pecora nera! Che animale originale; chi crede mai di essere? »
Altre compagne pecore le gridavano dietro: «Pecora sbagliata, non sai che le pecore devono essere tutte uguali, tutte avvolte di bianca lana?» 
La pecora nera non ne poteva più, quelle parole erano come pietre e non riusciva a digerirle.
E così decise di uscire dal gregge e andarsene sui monti, da sola: almeno là avrebbe potuto brucare in pace e riposarsi all'ombra dei pini. 
Ma nemmeno in montagna trovò pace. ... 
«Che vivere è questo? Sempre da sola!» 
Una sera, vide lontano una grotta illuminata da una debole luce e disse : «Dormirò là dentro » e si mise a correre. 
Correva come se qualcuno la attirasse. Una voce appena fu entrata le domandò : «Chi sei?» rispose la pecora nera : «Sono una pecora che nessuno vuole: una pecora nera! Mi hanno buttata fuori dei gregge».
La voce continuò : «La stessa cosa è capitata a noi ! Anche per noi non c'era posto con gli altri nell'albergo. Abbiamo dovuto ripararci qui, io Giuseppe e mia moglie Maria. Proprio qui ci è nato un bel bambino. Eccolo!». 
La pecora nera era piena di gioia.
Prima di tutte le altre poteva vedere il piccolo Gesù e disse : «Avrà freddo; lasciate che mi metta vicino per riscaldarlo!». Maria e Giuseppe risposero con un sorriso. 


La pecora si avvicinò stretta stretta al bambino e lo accarezzò con la sua lana.
Gesù si svegliò e le bisbigliò nell'orecchio: «Proprio per questo sono venuto: per le pecore smarrite!». La pecora si mise a belare di felicità.




Il Natale dovrebbe essere legna che arde nel caminetto, profumo di pino e di vino, buone chiacchiere, bei ricordi e amicizie rinnovate. 
Ma...se questo manca basterà l'amore.


- Jesse O'Neill -


"Maria donna del pane. Per questo, nella notte del rifiuto, ha usato la mangiatoia come il canestro di una mensa. Quasi per anticipare con quel gesto profetico l'invito che Gesù, nella notte del tradimento, avrebbe rivolto al mondo intero: prendete e mangiatene tutti". 

- don Tonino Bello - 



Dio, formatore della luce

Benedetto sei tu,
Signore nostro Dio, re del mondo,
che formi la luce e crei la notte,
che fai la pace e crei ogni cosa,
tutti ti lodano e tutti ti celebrano…

Tu che illumini la terra
E i suoi abitanti con misericordia,
e che nella tua bontà rinnovi sempre
ogni giorno l'opera della tua creazione…
Dio eterno, nella tua grande misericordia
Abbi compassione di noi,
Signore della nostra forza, 
roccia del nostro rifugio,
scudo della nostra salvezza,
nostra sola difesa.
Benedetto sei tu Signore, 
che crei la luce.

(Dalla Liturgia ebraica)





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sabato 14 dicembre 2019

Il lupo di Betlemme - don Bruno Ferrero

C'era una volta un lupo.
Viveva nei dintorni di Betlemme.
I pastori lo temevano tantissimo e vegliavano l'intera notte per salvare le loro greggi. C'era sempre qualcuno di sentinella, così il lupo era sempre più affamato, scaltro e arrabbiato.
Una strana notte, piena di suoni e luci, mise in subbuglio i campi dei pastori. L'eco di un meraviglioso canto di angeli era appena svanito nell'aria.
Era nato un bambino, un piccino, un batuffolo rosa, roba da niente. Il lupo si meravigliò che quei rozzi pastori fossero corsi tutti a vedere un bambino.
"Quante smancerie per un cucciolo d'uomo" pensò il lupo. Ma incuriosito e soprattutto affamato com'era, li seguì nell'ombra a passi felpati.
Quando li vide entrare in una stalla si fermò nell'ombra e attese. I pastori portarono dei doni, salutarono l'uomo e la donna, si inchinarono deferenti verso il bambino e poi se ne andarono.
Gli occhi e le zanne del lupo brillarono nella notte: stava per giungere il suo momento. L'uomo e la donna stanchi per la fatica e le incredibili sorprese della giornata si addormentarono. "Meglio così" pensò il lupo, "comincerò dal bambino".
Furtivo come sempre scivolò nella stalla. Nessuno avvertì la sua presenza.
Solo il bambino.
Spalancò gli occhioni e guardò l'affilato muso che, passo dopo passo, guardingo ma inesorabile si avvicinava sempre più. Gli occhi erano due fessure crudeli. Il bambino però non sembrava spaventato.
"Un vero bocconcino" pensò il lupo. Il suo fiato caldo sfiorò il bambino. Contrasse i muscoli e si preparò ad azzannare la tenera preda.
In quel momento una mano del bambino, come un piccolo fiore delicato, sfiorò il suo muso in una affettuosa carezza. Per la prima volta nella vita qualcuno accarezzò il suo ispido e arruffato pelo, e con una voce, che il lupo non aveva mai udito, il bambino disse: "Ti voglio bene, lupo".
Allora accadde qualcosa di incredibile, nella buia stalla di Betlemme. La pelle del lupo si lacerò e cadde a terra come un vestito vecchio. Sotto, apparve un uomo. Un uomo vero, in carne e ossa. L'uomo cadde in ginocchio e baciò le mani del bambino e silenziosamente lo pregò.
Poi l'uomo che era stato un lupo uscì dalla stalla a testa alta, e andò per il mondo ad annunciare a tutti :"E' nato il bambino divino che può donarvi la vera libertà! Il Messia è arrivato! Egli vi cambierà!". 

- don Bruno Ferrero - 
Fonte “ Il segreto dei pesci rossi” di don Bruno Ferrero, ed. Elledicì


L'uomo non capisce oggi, come non capiva tanti anni fa, quando a Betlemme gli ha chiuso la porta in faccia, mentre le bestie l'hanno ospitato cedendogli stalla e mangiatoia.


- Primo Mazzolari - 



 La luce di Gesù Bambino splende nelle tenebre dell'egoismo dell'uomo.  

- Marcello Lanza -



Buona giornata a tutti. :-)




venerdì 13 dicembre 2019

I regali nello sgabuzzino - don Bruno Ferrero


Il postino suonò due volte. 
Mancavano cinque giorni a Natale. Aveva fra le braccia un grosso pacco avvolto in carta preziosamente disegnata e legato con nastri dorati. “Avanti”, disse una voce dall’interno. Il postino entrò. Era una casa malandata: si trovò in una stanza piena d’ombre e di polvere.
Seduto in una poltrona c’era un vecchio. 
“Guardi che stupendo pacco di Natale!” disse allegramente il postino. “Grazie. Lo metta pure per terra”, disse il vecchio con la voce più triste che mai. “Non c’è amore dentro” 
Il postino rimase imbambolato con il grosso pacco in mano. Sentiva benissimo che il pacco era pieno di cose buone e quel vecchio non aveva certo l’aria di spassarsela male.
Allora, perché era così triste? “Ma, signore, non dovrebbe fare un po’ di festa a questo magnifico regalo?”. “Non posso… Non posso proprio”, disse il vecchio con le lacrime agli occhi. 
E raccontò al postino la storia della figlia che si era sposata nella città vicina ed era diventata ricca. 
Tutti gli anni gli mandava un pacco, per Natale, con un bigliettino: “Da tua figlia Luisa e marito”. 
Mai un augurio personale, una visita, un invito: “Vieni a passare il Natale con noi”. 
“Venga a vedere”, aggiunse il vecchio e si alzò stancamente. Il postino lo seguì fino ad uno sgabuzzino. il vecchio aprì la porta. “Ma … ” fece il postino. Lo sgabuzzino traboccava di regali natalizi. 
Erano tutti quelli dei Natali precedenti. 
Intatti, con la loro preziosa carta e i nastri luccicanti. “Ma non li ha neanche aperti!” esclamò il postino allibito. “No”, disse mestamente il vecchio. 
“Non c’è amore dentro”.

- don Bruno Ferrero -



Il segreto della vera gioia è nel presepe - papa Benedetto XVI


La madre Chiesa, mentre ci accompagna verso il santo Natale, ci aiuta a riscoprire il senso e il gusto della gioia cristiana, così diversa da quella del mondo. 
È per me motivo di gioia sapere che nelle vostre famiglie si conserva l’usanza di fare il presepe. Però non basta ripetere un gesto tradizionale, per quanto importante. 
Bisogna cercare di vivere nella realtà di tutti i giorni quello che il presepe rappresenta, cioè l’amore di Cristo, la sua umiltà, la sua povertà. 
È ciò che fece san Francesco a Greccio: rappresentò dal vivo la scena della Natività, per poterla contemplare e adorare, ma soprattutto per saper meglio mettere in pratica il messaggio del Figlio di Dio, che per amore nostro si è spogliato di tutto e si è fatto piccolo bambino.
La benedizione dei “Bambinelli” – come si dice a Roma – ci ricorda che il presepio è una scuola di vita, dove possiamo imparare il segreto della vera gioia. 
Questa non consiste nell’avere tante cose, ma nel sentirsi amati dal Signore, nel farsi dono per gli altri e nel volersi bene. 
Guardiamo il presepe: la Madonna e san Giuseppe non sembrano una famiglia molto fortunata; hanno avuto il loro primo figlio in mezzo a grandi disagi; eppure sono pieni di intima gioia, perché si amano, si aiutano, e soprattutto sono certi che nella loro storia è all’opera Dio, il Quale si è fatto presente nel piccolo Gesù. 
E i pastori? Che motivo avrebbero di rallegrarsi? 
Quel Neonato non cambierà certo la loro condizione di povertà e di emarginazione. 
Ma la fede li aiuta a riconoscere nel “bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia”, il “segno” del compiersi delle promesse di Dio per tutti gli uomini “che egli ama” (Lc 2,12.14), anche per loro!

- papa Benedetto XVI - 


Ecco, cari amici, in che cosa consiste la vera gioia: è il sentire che la nostra esistenza personale e comunitaria viene visitata e riempita da un mistero grande, il mistero dell’amore di Dio. 
Per gioire abbiamo bisogno non solo di cose, ma di amore e di verità: abbiamo bisogno di un Dio vicino, che riscalda il nostro cuore, e risponde alle nostre attese profonde. 
Questo Dio si è manifestato in Gesù, nato dalla Vergine Maria. 
Perciò quel Bambinello, che mettiamo nella capanna o nella grotta, è il centro di tutto, è il cuore del mondo. 
Preghiamo perché ogni uomo, come la Vergine Maria, possa accogliere quale centro della propria vita il Dio che si è fatto Bambino, fonte della vera gioia.

- papa Benedetto XVI -
Angelus della III domenica di Avvento, Piazza San Pietro, domenica 13 dicembre 2009



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martedì 10 dicembre 2019

Il silenzio è lo spazio della nascita di Dio - Joseph Ratzinger

Il silenzio è lo spazio della nascita di Dio. 
Solo se anche noi entriamo nello spazio del silenzio, perveniamo lì dove avviene la nascita di Dio.......
Il Natale ci invita a entrare nel silenzio di Dio, e il suo mistero rimane nascosto a così tanti perché essi non riescono a trovare il silenzio in cui Dio agisce. 
Come lo troviamo? 
Il semplice tacere non lo crea ancora. 
Un uomo può infatti tacere esteriormente ed essere tuttavia rumorosamente agitato dentro di sé.
Fare silenzio significa trovare un nuovo ordine interiore. 
Significa non preoccuparsi solo delle cose che possiamo mostrare e ostentare. Significa non guardare solo a ciò che conta tra gli uomini e ha fra di loro un valore commerciale. 
Significa sviluppare i sensi interiori, il senso della coscienza, il senso dell'eterno in noi, della capacità di ascoltare Dio......................................
Il silenzio richiesto dalla fede consiste nel fare in modo che l'uomo non sia completamente assorbito dal sistema della civiltà economica e tecnica e ridotto a essere una sua funzione. 
Dobbiamo di nuovo imparare a vedere che tra la scienza e la superstizione c'è ancora qualcos'altro nel mezzo, quella conoscenza morale e religiosa più profonda, che sola mette al bando la superstizione e rende l'uomo umano, perché lo mantiene nella luce di Dio.........
La miseria più profonda degli uomini contemporanei non dipende infatti dalla crisi delle nostre riserve materiali, bensì dal fatto che le finestre che permettono di vedere Dio vengono murate e che corriamo così il pericolo di perdere l'aria che serve al cuore per respirare, di perdere il nucleo della libertà e della dignità umana..

- Joseph Ratzinger - 
La nuova stella da "Lode del Natale" (1982) - testi, prediche, articoli dell'arcivescovo di Monaco Joseph Ratzinger


Gesù Cristo può anche rompere gli schemi noiosi nei quali pretendiamo di imprigionarlo e ci sorprende con la sua costante creatività divina.

- Papa Francesco -
(Evangelii Gaudium)



Come un vecchio
che a fatica si sostiene su gambe instabili,
io mi appoggio al Tuo braccio,
lasciando che sia Tu a condurmi.
Come un bambino
che non conosce le vie di una grande città
io chiedo a Te la direzione giusta
per giungere a casa al sicuro.
Come uno studente un po’ somaro
che si impigrisce sui libri
io chiedo a Te la soluzione ai miei dubbi.
Come un orfano abbandonato a se stesso
io chiedo a Te consigli ed insegnamenti.
Come un autostoppista giramondo
io chiedo a Te di essere mio compagno di viaggio.
Signore, Te lo chiedo con amore e dedizione:
sii per me tutto quello di cui ho bisogno.

- Gloria Massironi -
Fonte: "Ti ascolto ti guardo", Patrizio Righero, EDB 2005


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