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giovedì 24 maggio 2018

Salva l’umanità - san Giovanni Paolo II, papa e don Tonino Bello

O Maria Immacolata,
a Te ricorriamo con affetto filiale:
illumina, guida,
salva l’umanità redenta da Cristo,
tuo Figlio e nostro Fratello!
Richiama i lontani,
converti i peccatori,
sostieni i sofferenti,
aiuta e conforta
chi già ti conosce e ti ama!
“Grandi cose di Te si cantano, o Maria,
perchè da Te è nato il Sole di giustizia,
Cristo, nostro Dio!

- san Giovanni Paolo II, papa -




AVE o MARIA - Santa Maria, donna di parte, come siamo distanti dalla tua logica! Tu ti sei fidata di Dio e, come Lui, hai scommesso tutto sui poveri, affiancandoti a loro e facendo della povertà l'indicatore più chiaro del tuo abbandono totale in Lui il quale "ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti; ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, ha scelto ciò che nel mondo è ignobi1e e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono".
Noi, invece, andiamo più sul sicuro.
Non ce la sentiamo di rischiare.
Ci vogliamo garantire dagli imprevisti.
Sarà pure giusto lo stile aleatorio del Signore, ma intanto preferiamo la praticità terra terra dei nostri programmi.
Sicché, pur declamando con la bocca i paradossi di Dio, continuiamo a fare assegnamento sulla forza e sul prestigio, sul denaro e  sull'astuzia, sul successo e sul potere. 
Quando ci decideremo, sul tuo esempio, a fare scelte umanamente perdenti, nella convinzione che solo passando dalla tua sponda potremo redimerci e redimere?

AVE O MARIA - Santa Maria, donna di parte, tienici lontani dalla tentazione di servire a due padroni.
Obbligaci a uscire allo scoperto.
Non farci essere così incauti da voler sperimentare impossibili conciliazioni degli opposti.
Preservaci dal sacrilegio di legittimare, per un malinteso senso dell' universalità cristiana, le violenze consumate a danno degli oppressi. 
Quando, per non dispiacere ai potenti o per paura di alienarcene i favori, pratichiamo sconti sul prezzo della verità, coprici il volto di rossore.
Liberaci dall'indifferenza di fronte alle ingiustizie e a chi le compie.
Ma donaci la tolleranza. Che è un'attitudine sperimentabile solo se si sta dalla parte dove ti sei messa tu. Perché, in fondo, anche noi siamo di parte. Ma i recinti che ci racchiudono trasudano scomuniche, sanno di setta, sono privi di attese, e non hanno profumi di liberazioni imminenti.

AVE O MARIA - Santa Maria, donna di parte, noi ti preghiamo per la Chiesa di Dio, che, a differenza di te, fa ancora tanta fatica ad allinearsi coraggiosamente con i poveri.
In teoria essa dichiara "l'opzione preferenziale" in loro favore. Ma in pratica rimane spesso sedotta dalle manovre accaparratrici dei potenti.
Nelle formulazioni dei suoi progetti pastorali decide di "partire dagli ultimi".
Ma nei percorsi concreti dei suoi itinerari si mantiene prudenzialmente al coperto, andando a braccetto coi primi. 
Aiutala a uscire dalla sua pavida neutralità.
Dalle la fierezza di riscoprirsi coscienza critica delle strutture di peccato che schiacciano gli indifesi e respingono a quote subumane i due terzi del mondo. Ispirale accenti di fiducia. E mettile sulle labbra le cadenze eversive del Magnificat, di cui, talvolta, sembra che abbia smarrito gli accordi. 
Solo così potrà dare testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace. E gli uomini si apriranno ancora una volta alla speranza di un mondo nuovo. Come avvenne quel giorno di duemila anni fa sui monti di Giuda.

AVE O MARIA.

- Don Tonino Bello -


Il 24 maggio, ricorre l’annuale festa della Beata Vergine Maria “Aiuto dei cristiani” , particolarmente venerata nel santuario di She Shan, presso Shanghai , in Cina», ha ricordato papa Francesco. 
«Tale ricorrenza – ha proseguito – ci invita ad essere uniti spiritualmente a tutti i fedeli cattolici che vivono in Cina. Per loro preghiamo la Madonna, perché possano vivere la fede con generosità e serenità, e perché sappiano compiere gesti concreti di fraternità, concordia e riconciliazione, in piena comunione col Successore di Pietro». 
«Carissimi discepoli del Signore in Cina – ha concluso il Papa rivolgendosi direttamente a loro – la Chiesa universale prega con voi e per voi, affinché anche tra le difficoltà possiate continuare ad affidarvi alla volontà di Dio. La Madonna non vi farà mai mancare il suo aiuto e vi custodirà col suo amore di madre».
(da papa Francesco, udienza generale di mercoledì 23 maggio 2018)

Nel 2013 a seguito di persecuzioni dei cristiani cinesi scrissi un post tutto dedicato alla Madre "aiuto dei cristiani" 

http://leggoerifletto.blogspot.it/2013/10/preghiera-nostra-signora-di-sheshan-cina.html



Buona giornata a tutti.  :-)





venerdì 18 maggio 2018

Santa Maria - don Tonino Bello

Nell'Ave Maria ripetiamo la bellissima frase di Elisabetta: "Tu sei benedetta fra le donne".
Spesso si dice di Maria che è la "Nuova Eva"; un famoso canto latino dice che l'angelo con il suo "Ave" a Maria di Nazaret capovolse il nome di "Eva".
Tutto questo per indicare che con il "sì" di Maria al messaggio di Dio, è come se tutto ricominciasse da capo.
Maria è il nuovo Paradiso terrestre, dove il Creatore e la creatura si incontrano nell'innocenza e nella perfezione. 
La Madre di Dio diventa la vera "prima donna" al posto di Eva, scelta da tutta l'eternità per essere la collaboratrice del piano di salvezza di Dio. 
Maria è la Donna preannunciata da Dio stesso nel racconto di Adamo ed Eva, nelle prime pagine della Bibbia: la Donna che riporta l'umanità alla vittoria sul serpente tentatore. 
Anche le nostre Ave Maria formano il sentiero che ci aiuta a non perderci nelle foreste di questo mondo. E che ci riporta al sicuro nelle braccia del Padre dei Cieli. Una volta Gesù disse: "Non devo perdere nessuno di coloro che mi sono stati affidati dal Padre". La Madonna continua a proteggere gli amici di suo figlio Gesù, anche Lei vuole che nessuno si perda. 
Siamo tutti come Pollicino, per segnare la strada che ci porta sicuramente in cielo, abbiamo l'"Ave Maria". 
Maria è la prima. 
E' la prima creatura della grande processione che cammina verso la salvezza eterna, verso Dio. Per questo si dice anche che Maria è la "Madre della Chiesa". 
Essere cristiani significa accogliere Gesù. Nessuno ha accolto Gesù come ha saputo fare Maria. Tra loro si capivano senza bisogno di parlare. E seguire Maria significa sempre andare verso Dio: esser sicuri di non sbagliare. Perché dov'è Gesù c'è anche la sua Mamma, che vuole che tutti gli amici di suo Figlio possano camminare sicuri verso la felicità eterna.
Santa Maria, donna elegante, liberaci da quello spirito rozzo che ci portiamo dentro, nonostante i vestiti raffinati che ci portiamo addosso, e che esplode tante volte in termini di violenza verbale nei confronti del prossimo.  

- Don Tonino Bello - 
da: "Maria donna dei nostri giorni", Ed. Paoline, Milano, 1993





Santa Maria, donna dei nostri giorni, facci comprendere che la modestia, l'umiltà, la purezza sono frutti di tutte le stagioni della storia, e che il volgere dei tempi non ha alterato la composizione chimica di certi valori quali la gratuità, l'obbedienza, la fiducia, la tenerezza, il perdono.  

- Don Tonino Bello - 



Santa Maria, donna coraggiosa, tu che sul Calvario, pur senza morire hai conquistato la palma del martirio, rincuoraci col tuo esempio a non lasciarci abbattere dalle avversità. Aiutaci a portare il fardello delle tribolazioni quotidiane, non con l'anima dei disperati, ma con la serenità di chi sa di essere custodito nel cavo della mano di Dio.  

- Don Tonino Bello - 


Buona giornata a tutti. :-)




martedì 1 maggio 2018

Un miracolo della Vergine Maria


In Sicilia, nella provincia di Tortosa, viveva tanti anni fa un uomo chiamato Teofilo, che era vicario del vescovo. Era un uomo di grande onestà e bontà, attento ai deboli e generoso verso i poveri. Era gentile e benvoluto da tutti al punto che, quando morì il vescovo, fu acclamato da tutto il popolo che lo voleva come successore. Dopo averlo eletto in modo ufficiale, inviarono una lettera all'arcivescovo pregandolo di confermare l'elezione. L'arcivescovo, avendo ricevuto chiara testimonianza della rettitudine di Teofilo, accettò il volere del popolo e ratificò l'elezione. Ma Teofilo, umile e schivo, non si sentiva all'altezza della prestigiosa carica, e rifiutò.
Fu dunque chiamato ed eletto un altro vescovo, il quale, su richiesta di alcuni individui invidiosi, tolse la dignità del vicariato a Teofilo e lo privò di tutti i privilegi di cui godeva. Teofilo era un uomo paziente e, al principio, accettò di buon grado la nuova situazione. Ma quando vide che era stato sostituito da un uomo indegno e malvagio, cominciò a rimpiangere il proprio rifiuto e fu assalito da una profonda amarezza.
E fu così che il Diavolo - che non perde mai occasione di sfruttare un momento di debolezza per far vacillare un santo - mise nel cuore e nell'immaginazione di Teofilo la vergogna per essere stato estromesso dal proprio incarico e il cruccio per aver perso il prestigio e gli onori a cui si era abituato. Teofilo cominciò a pensare. Ormai, tutti i suoi pensieri erano volti a escogitare un modo per riappropriarsi di ciò che gli era stato tolto.
Si recò allora da un negromante ebreo, esperto nelle arti magiche e nell'incantare i diavoli. Gli raccontò l'affronto e il danno subiti a causa del nuovo vescovo e lo pregò di aiutarlo e consigliarlo. «Torna a casa senza farti vedere» rispose il negromante «affinché non si venga a sapere che sei stato da me. Questa notte tornerai qui a questa stessa ora e io ti accompagnerò da messer Lucifero mio signore, così potrai chiedergli ciò che desideri».
Teofilo se ne andò, e le poche ore che dovette attendere gli parvero anni. Quando scoccò l'ora stabilita, nel cuore della notte, Teofilo tornò dall'ebreo, che lo condusse in una grotta fuori città. Durante il cammino, lungo il sentiero scosceso che li avrebbe condotti alla caverna, il negromante non fece altro che raccomandare a Teofilo di non aver paura dello spettacolo che avrebbe visto e, soprattutto, di non farsi mai per nessuna ragione il segno della croce. Giunti nell'antro buio, il negromante cominciò a incantare i demoni. Ed ecco che, dopo poco, giunse in processione una schiera di cavalieri neri coperti da spettrali mantelle lunghe fino ai piedi. Sembrava un corteo reale di nobili. Al centro stava il Principe delle Tenebre che, al termine della lugubre sfilata, si pose a sedere su un trono scavato nella roccia. Allora, il negromante prese per mano Teofilo e lo trascinò davanti a quel Tribunale
del Male. «Messere» disse con grande deferenza, «vi ho condotto quest'uomo il quale dice di aver ricevuto dal vescovo una grande ingiuria. Io ve lo raccomando e vi scongiuro di aiutarlo facendo ciò che vi chiederà». «E quale aiuto dovrei dare a questo sciagurato che serve Dio?» chiese alquanto contrariato Lucifero. «Questi cristiani sono dei veri sfrontati!» protestò sbuffando. «Adorano Dio, la Vergine e i Santi con tanti salamelecchi, ma poi quando hanno bisogno di qualcosa vengono da me! E quando hanno ottenuto dal sottoscritto quello che vogliono, si fanno beffe di me, e ritornano a Gesù Cristo, il quale sempre compiacente e misericordioso li perdona! E così io rimango scornato!».
Messer Lucifero continuò la sua prolusione spiegando che ora le cose erano cambiate. Era stanco di essere buggerato dai cristiani che gli chiedevano malefici! Ora pretendeva non solo che rinnegassero Dio, Gesù, la Vergine e i Santi inginocchiandosi per adorarlo, ma che firmassero di loro pugno un contratto scritto in cui confermavano di rinnegare la loro fede e si impegnavano solennemente a farsi servi di Belzebù. Il povero Teofilo, in preda a paura e confusione, si inginocchiò e baciò i piedi di Satana, poi con voce tremante rinnegò Dio, il Figlio e sua Madre la Vergine Maria, ed infine con mano incerta firmò un pezzo di carta in cui prometteva la propria anima al Diavolo. Infine, Lucifero disse: «Ora vattene! Domani provvederò a fare ciò che mi hai chiesto». Quel nero consesso di cortigiani del Maligno sparì dalla loro vista.
Il giorno seguente, per fattura del Diavolo, il vescovo ricevette Teofilo con grande pompa e gli restituì il vicariato con una solenne cerimonia in presenza del clero e di fronte a tutto il popolo. Ora accadde che, dopo qualche tempo, Teofilo ritornò in sé e si ritrovò in preda al rimorso. Sgomento e angoscia gli toglievano il sonno. Piangeva in solitudine, mormorando in cuor suo: “O misero me, che cosa ho fatto? O me sventurato, dove andrò, dove fuggirò? Come ho potuto rinnegare il buon Dio e sua Madre, la gloriosa Vergine Maria? Come ho ardito farmi schiavo del Diavolo e lasciargli anche una carta scritta di mio pugno? Guai a me! Cosa farò ora? Da chi andrò a chiedere aiuto e consiglio? E cosa risponderò al giudice nel Giorno del Giudizio?”. Alla fine Teofilo, con grande amarezza, nuovamente ispirato da Dio, disse a se stesso: “È vero, io mi sono macchiato di questo orrendo crimine contro Dio e contro la Vergine, ma nondimeno so che la beata Madre di Dio è anche madre misericordiosissima; Ella ama i suoi figli, anche se peccatori; mi recherò dunque nella sua chiesa, e starò là in ginocchio, e piangerò e pregherò fino a che non avrà compassione di me”.
Entrò in quella chiesa e lì vi stette per quaranta giorni e quaranta notti digiunando, piangendo e supplicando misericordia.
Dopo quaranta giorni, gli apparve la beata Vergine Maria, che gli rivolse queste parole: «Come osi chiedere misericordia, dopo aver rinnegato me e il mio Figliolo? L'ingiuria fatta a me posso anche sopportarla, ma il mio cuore di madre non può sopportare l'oltraggio fatto al mio amatissimo Figlio, che già patì per causa degli uomini insulti e infamie senza avere colpa. Ebbene, io perdono il peccato che hai commesso contro di me, poiché io amo come miei figli tutti i cristiani e in special modo coloro che ripongono speranza in me e nutrono per me una speciale devozione. Ma è troppo grave ciò che hai commesso contro mio Figlio. È necessario che tu, con profondissima contrizione di cuore, chieda a Lui il perdono che desideri».
Teofilo si inginocchiò e commosso disse: «O dolcissima Vergine Maria, io riconosco di avere molto peccato, so bene di non essere degno di misericordia, ma la fiducia e la speranza che mi danno l'ardire di implorare il perdono mi è data da santi che peccarono gravemente, ma che pentendosi trovarono misericordia, come san Pietro apostolo, il quale dopo aver rinnegato tre volte Nostro Signore, pianse amaramente e fu fondatore della Chiesa, e san Paolo che perseguitò i cristiani, ma che dopo il pentimento trovò grande favore presso Dio».
Allora, Maria chiese a Teofilo di pronunciare una solenne professione di fede: «Confessa dunque che Gesù è Figlio di Dio, vivo e vero, il quale verrà a giudicare i vivi e i morti, e io pregherò per te».
Teofilo si gettò con la faccia a terra, e con gemiti e sospiri proclamò: «Io credo, adoro e magnifico il tuo unico Figlio, e mio Signore, Cristo Gesù. Credo che è l'Unigenito Figlio di Dio in unità con il Padre e lo Spirito nella Santissima Trinità. Così credo e così confesso, e in questa confessione ti supplico, Madre dolcissima, di intercedere per me presso il tuo Figliolo, affinché perdoni il mio peccato». Maria, vedendo il profondo dolore e il pentimento di Teofilo, gli promise di pregare per lui; poi scomparve.
Teofilo, rincuorato da questa promessa, attese tre giorni e tre notti, nella gelida chiesa, senza mangiare e senza bere.
Dopo tre giorni, la Vergine apparve con un viso allegro e occhi lieti, e con voce benigna e mansueta gli annunciò: «O uomo, la tua penitenza basta; rallegrati perché Gesù, in virtù delle mie insistenti preghiere, ti ha perdonato, e ti ha accolto ancora nella sua Grazia, purché tu perseveri nel bene fino alla fine della vita».
Teofilo felice ringraziò la Madonna innalzando lodi al Signore, ma poi fu assalito da un nuovo timore e disse: «Santa Vergine, c'è un'altra cosa di cui ho paura. Quando nella mia scelleratezza rinnegai la fede, firmai una carta che potrebbe essere usata contro di me nel Giorno del Giudizio. Ti scongiuro, Madre clementissima, ordina a Lucifero di restituirmi quella carta, affinché io possa distruggerla». La Vergine sospirò, ma gli diede buona speranza, e ancora una volta sparì.
Teofilo riprese il digiuno e le preghiere con più fervore di prima. Maria chiamò i suoi angeli e ordinò: «Andate da Lucifero e portatelo da me, e ditegli di portare con sé il contratto firmato da Teofilo».
Gli angeli scesero all'Inferno e prelevarono il Diavolo, chiedendogli la carta di Teofilo. Quando si trovò di fronte alla Vergine, il Diavolo cominciò a scrollare la testa: «Fu Teofilo a venire da me!» protestò. «Non fui io a cercarlo. Non potete togliermi questa carta, poiché Teofilo la firmò di propria volontà e non fu costretto con la forza. Mi chiese un maleficio e io glielo concessi in cambio di questo patto!».
La Vergine, con tono solenne e sdegnato, disse a Lucifero: «Non sai forse tu che in qualunque ora il peccatore si penta, Iddio lo perdona e dimentica ogni ingiuria e ogni errore? Teofilo ha pianto amaramente il suo peccato, ed è quindi degno di ricevere la Grazia di Dio». Allora Lucifero, non potendo fare altro, restituì la carta alla Vergine Maria con urla e strepiti, furioso per essere stato imbrogliato ancora una volta.
Dopo tre giorni Maria apparve di nuovo in chiesa di fronte a Teofilo, che giaceva addormentato su una panca. Gli lasciò quel pezzo di carta sul petto e sparì. Quando Teofilo si destò, sentì nel cuore una letizia e una gratitudine mai provate prima.
Ringraziò la Vergine restando in orazione per tutta la notte. Il giorno seguente, Teofilo si recò in duomo dal vescovo e chiese che venisse radunato il clero e tutto il popolo. Davanti a tutti narrò la sua storia: di come aveva rinnegato il Signore, la Vergine e i Santi e avesse firmato un patto con il Diavolo e di come la Vergine avesse avuto pena di lui e lo avesse salvato.
La folla pianse e si commosse, cantando lodi e inni alla Vergine Maria. Teofilo partecipò alla Messa e si comunicò con reverenza. Poi regalò tutti i suoi averi ai poveri e si diede a una vita austera, vivendo di elemosina e di penitenza fino alla fine della vita.

Dal Libro del Cavaliere (XV secolo)

da: Leggende Cristiane, storie straordinarie di santi, martiri, eremiti e pellegrini a cura di Roberta Bellinzaghi, Edizioni Piemme, 2004, pagg, 98-100


Buona giornata a tutti. :-)





lunedì 1 gennaio 2018

Il giorno di Capodanno - Pablo Neruda

ANNO DOMINI 2018

Per vostra misericordia, Signore, oggi inizio un nuovo anno.

Esso si aggiungerà agli altri della mia vita e accrescerà la mia santificazione e la vostra gloria.

Rinnovo, Signore, la mia conformità ai vostri divini voleri: donatemi l'aiuto della vostra grazia perché io porti frutti di buone opere.

Rimetto nelle vostre mani la salute del corpo, il successo delle mie iniziative, la preservazione dai mali.

Il Vostro Sangue prezioso mi difenda da ogni insidia del Maligno e mi conceda di vivere nella libertà dei figli di Dio. 

Amen.


Il primo giorno dell'anno
Lo distinguiamo dagli altri
come se fosse un cavallino

diverso da tutti i cavalli.
Gli adorniamo la fronte con un nastro,
gli posiamo sul collo sonagli colorati,
e a mezzanotte lo andiamo a ricevere
come se fosse un esploratore
che scende da una stella.
Come il pane, assomiglia al pane di ieri.
Come un anello a tutti gli anelli.
La terra accoglierà questo giorno
dorato, grigio, celeste,
lo dispiegherà in colline,
lo bagnerà con frecce di trasparente pioggia
e poi, lo avvolgerà nell'ombra.
Eppure,
piccola porta della speranza,
nuovo giorno dell'anno,
sebbene tu sia uguale agli altri
come i pani a ogni altro pane,
ci prepariamo a viverti in altro modo,
ci prepariamo a mangiare, a fiorire, a sperare.

- Pablo Neruda -



Consacrazione a Maria

O Immacolata, Regina del cielo e della terra, rifugio dei peccatori e Madre nostra amorosissima, cui Dio volle affidare l’intera economia della misericordia, io .................... , indegno peccatore, mi prostro ai vostri piedi supplicandovi umilmente di volermi accettare tutto e completamente come cosa e proprietà vostra, e di fare con me e con tutte le facoltà della mia anima e del mio corpo, con la mia vita, morte ed eternità, ciò che vi piace.

Disponete pure, se volete, di tutto me stesso senza alcuna riserva per compiere ciò che è stato detto di Voi: "Ella ti schiaccerà il capo" [Gen. 3, 15], come pure "Tu sola hai distrutto tutte le eresie sul mondo intero" [ufficio della B.V. Maria], affinché nelle vostre mani immacolate e misericordiosissime io divenga uno strumento utile per innestare e incrementare il più fortemente possibile la vostra gloria in tante anime smarrite e indifferenti e per estendere, in tal modo, quanto più è possibile il benedetto Regno del sacratissimo Cuore di Gesù.

Dove Voi entrate, infatti, ottenete la grazia della conversione e della santificazione, poiché ogni grazia scorre attraverso le vostre mani dal Cuore dolcissimo di Gesù fino a noi.

V. Concedetemi di lodarvi, o Vergine Santissima.

R. Datemi forza contro i vostri nemici.
Amen!

- San Massimiliano M. Kolbe -


Preghiera di protezione contro il Fuoco Eterno 

Io mi getto a terra davanti a Voi, 
o Vergine Maria e con gemiti grido: 
"Salvate la povera anima mia dal giudizio 
che viene e dal fuoco eterno, 
o Madre di Dio."
Sotto il flusso della vostra intercessione 
irrigate la mia anima consumata 
dalla fiamma delle mie passioni 
e rendetela feconda, o Vergine Maria. 
Santificatemi interamente, 
illuminatemi, o difesa dei credenti; 
per le vostre preghiere, 
o Vergine, fate di me, ve ne prego, 
la dimora della Santa Trinità. 
In Voi io riconosco il porto della pace, 
divina Genitrice, O Maria, 
e grido dal fondo del cuore: 
non permettete che sia sommerso dai marosi nemici.

Canone alla Madre di Dio sec.XII



In questo nuovo anno affidiamo totalmente noi ed i nostri cari al Cuore Immacolato di Maria affinchè ci benedica e ci protegga da ogni male. 
E con la protezione della Vergine Maria, tanti auguri di Buon Anno a tutti voi, ai sogni che vorrete realizzare, ai buoni propositi ed ai traguardi che vorrete superare.

Vi auguro la pace nel cuore, 
questa è la nostra più grande ricchezza!


Carissimi amici ed amiche buon 2018 a voi e ai vostri cari.

- Stefania -











sabato 16 dicembre 2017

Il quarto dono - Gulli Morini

Gesù è nato a Betlemme e dal lontano oriente tre sapienti si sono messi in viaggio per venire a conoscere il re dei re. 
Li guida una stella, ma in realtà non sanno cosa troveranno. 
Il linguaggio degli astri ha detto loro che è nato un re: porterà la pace nel mondo, inizierà un regno che non avrà mai fine e unirà il cielo con la terra, ma non ha detto loro dove accadrà tutto questo e, soprattutto, come. Ecco allora che, seguendo la stella, arrivano in Palestina.
Dove andreste a cercare il futuro re? Nella città più grande, nei palazzi dove abitano i ricchi e i potenti, ed è proprio quello che fanno i tre magi a Gerusalemme.
«Dov'è il re dei Giudei che è nato?», vanno chiedendo a tutti, ma nessuno sa rispondere loro.
«Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo» affermano con sicurezza i tre forestieri, e all'udire queste parole tutti, ma proprio tutti, si stupiscono, perché a un re normalmente si fa omaggio, ma non adorazione; per questo tutti comprendono bene che i Magi cercano un grande re, non uno dei tanti che regnano sulla terra.
Il loro abbigliamento, le loro domande insistenti non passano inosservate e vengono riferite a chi ha il potere in quel paese, e cioè al re Erode, ma anche ai soldati romani che da anni hanno conquistato la Palestina e sono di fatto i veri padroni del territorio.
Il comandante del presidio di Gerusalemme invia loro un soldato con la scusa di proteggerli, ma in realtà per sapere cosa c'è di vero nelle loro affermazioni.
Erode raduna i suoi consiglieri più fidati, gli studiosi della bibbia di quel tempo per conoscere dove avrebbe dovuto nascere il più grande di tutti i re, cioè il Messia d'Israele. La risposta, come potete leggere nel Vangelo di S. Matteo, è Betlemme, allora il re fa' chiamare segretamente i Magi perché ha in mente un piano. Invia i magi a Betlemme e chiede loro di tornare quando l'avranno trovato, così potrà andare anche lui ad ad «adorarlo». Di fatto pensa solo ad individuare il suo rivale per eliminarlo.
Ecco allora che i tre Magi riprendono il cammino assieme al soldato romano che li scorta sul suo cavallo, armato di lancia e di spada. 
I tre personaggi parlano tra di loro, sono emozionati perché sperano di arrivare presto alla fine del loro viaggio. 
Il soldato, che si chiama Longino, ascolta tutto con grande attenzione, così impara quali sono le caratteristiche di questo re nato da poco che i tre sapienti stanno cercando con impazienza.
Sarà un re più grande di ogni altro re; il suo regno si estenderà su tutti i popoli (e questo preoccupa molto il romano se pensa che l'impero della sua Roma possa essere in pericolo), ma nonostante tutto questo sarà un regno di pace, un regno buono, come non ce ne sono stati altri.
Alla sera, quando si accendono le prime stelle, i tre saggi scrutano con visibile apprensione il cielo e d'improvviso scoppiano in esclamazioni di gioia: la stella, ecco di nuovo la stella!
«Quale stella?» chiede Longino ai sapienti che lo guardano con occhi pieni di felicità.
«Guarda, quella è la stella che ci ha guidati», dice Melchiorre indicando un punto luminoso nel cielo.
«E' la stella del più grande dei re, come dicono tutti i libri che insegnano il linguaggio delle stelle», continua Gasparre.
«L'abbiamo vista per la prima volta nei territori d'oriente, da dove veniamo, alcuni mesi fa», aggiunge Baldassarre.
«Per settimane ci ha guidato, poi è sparita, così abbiamo proseguito il cammino solo sulla fiducia», riprende Melchiorre.
«Ma ora i nostri occhi la vedono di nuovo e la nostra gioia è talmente grande che tu non puoi nemmeno immaginare», conclude Gasparre.
«Voi saggi stranieri non lo sapete - dice Longino - ma la stella è proprio nella direzione di Betlemme, che dista da qui meno di un'ora di cammino».
I tre Magi sono eccitati come bambini.
«Cosa aspettiamo? Presto, prepariamo i doni. Partiamo subito», si dicono l'un l'altro.
Longino vorrebbe trattenerli, ma i tre sapienti insistono tanto che alla fine il romano è costretto a far loro da guida.

Il viaggio diventa sempre più disagiato, perché ormai il buio è totale e si intravede solo la via al bagliore delle stelle. L'aspettativa dell'evento ha contagiato anche il soldato, cosicché la comitiva procede in silenzio. Ognuno pensa a ciò che tra poco troverà: un sapiente, un re, un inviato dal cielo, un pericoloso concorrente. Dopo più di un'ora di viaggio difficoltoso i quattro finalmente giungono in vista delle luci di Betlemme. A quel tempo non c'erano le strade illuminate come adesso. Solo chi era sveglio aveva un lume acceso che filtrava appena dalle finestre già chiuse. Nel buio totale della campagna bastava una luce o due per segnalare la presenza di un villaggio.
Eccolo il paesino tanto a lungo cercato. Una decina di case costruite sulla roccia, qualche muro che circonda cortili e piccoli orti, una luce accesa fuori di una porta dalla quale esce luce e un brusìo continuo.
I quattro entrano e si trovano in una locanda. 
Tre soldati romani ad un tavolo, qualche altro cliente agli altri tavoli, ben lontani dai soldati. Longino si avvicina ai commilitoni, scambia qualche parola in latino, poi va dall'oste, parla animatamente per qualche minuto, poi torna dai Magi che aspettano in piedi vicino alla porta.
«Nessuno sa nulla, nessun personaggio importante è passato di qui ultimamente. Tanti ebrei sono passati di qui in occasione dell'ultimo censimento, ma si trattava quasi esclusivamente di povera gente, se non proprio di straccioni. In qualche momento c'è stata tanta gente che qualcuno ha dovuto alloggiare nelle grotte dei pastori che si trovano intorno al villaggio.»
I quattro escono delusi dalla locanda e si ritrovano in una specie di piazza, nello spazio lasciato libero da alcune casette tutt'intorno. I magi guardano il cielo e interrogano muti la stella che li ha guidati fin qui. Tutte le stelle brillano con qualche tremore della luce, ma questa brilla in un modo strano anche se non fa più luce delle altre.

«E' qui vicino, guardate la stella, sembra che danzi», dice Gasparre come in trance.
«Sembra che stia cantando e che ci chiami», risponde Melchiorre come in estasi.
«Andiamo», dice Gasparre come in sogno.
Longino non capisce bene, ma anche lui è affascinato da questa strana atmosfera che si è creata e senza parlare segue i tre sapienti che si sono incamminati per un sentiero che esce dal paese, nella stessa direzione della stella.
A meno di cinque minuti di cammino c'è una grotta, dentro una piccola luce. 

I piedi camminano da soli, i quattro procedono come automi e si fermano sulla soglia della grotta. Quello che vedono è molto diverso da quel che si aspettavano. Un giovane uomo che gioca con un bimbo in braccio mentre la moglie, giovanissima, sta cucinando in un angolo della grotta.

Di fianco a loro un bue ed un asinello legati vicino ad una greppia. Il giovane uomo si accorge della presenza dei nuovi arrivati e senza nessuna esitazione li invita ad entrare.
«La notte è umida, lì fuori: entrate e dividete con noi la nostra cena.» Poi, rivolto alla moglie: «Maria, il Signore benedice la nostra dimora con quattro ospiti.»
«Siate i benvenuti, riposatevi qualche istante mentre io impasterò e cuocerò per voi delle focacce», risponde lei.
I quattro entrano, si siedono su alcune logore stuoie per terra ed osservano questa piccola famiglia cercando con gli occhi conferme ai loro pensieri più profondi. Si aspettavano tutto tranne la straordinaria normalità di ciò che vedono: una semplice famiglia che vive l'ancor più semplice felicità di tutti i giorni che è stata loro concessa dalla nascita di un figlio. 
La sicurezza che accompagnava i tre saggi durante la loro ricerca è svanita. Più che delusi sono sorpresi. 
Qui niente ha l'apparenza dell'abitazione di un re, nemmeno le persone che stanno davanti a loro hanno un comportamento di chi aspira a comandare, le parole che sentono non son quelle di chi ha studiato tanto sui libri o di chi ha grandi sogni ed ambizioni. 

Eppure tutt'intorno a quel bambino c'è una tale atmosfera d'amore che i tre saggi, ma anche il soldato, ne sono conquistati. Non sono sicuri di essere davvero arrivati perché qui non corrisponde nulla alle loro aspettative, per questo debbono cambiare completamente prospettiva per poter vedere con altri occhi ciò che sta loro innanzi.

Più tardi, mentre mangiano tutti insieme, decidono di fidarsi della loro intuizione e raccontano del loro viaggio, del messaggio delle stelle, dei presagi sul futuro di quel bimbo che ora dorme nella mangiatoia degli animali. 

Maria e Giuseppe, suo sposo, ascoltano stupiti il racconto dei Magi. Capiscono che possono fidarsi di loro e raccontano dei pastori che, la notte della nascita di Gesù, loro figlio, erano accorsi raccontando di visioni di angeli nel cielo.

Longino ascolta anche queste notizie senza ben capire se deve considerarle verità o frutto d'immaginazione. L'unica cosa che percepisce chiaramente è un'atmosfera di serenità che lo circonda. 

Per i Magi invece questo racconto è la conferma che cancella tutti i loro dubbi. Sicuramente quel bimbo che dorme tranquillamente nella paglia profumata sarà il grande re annunciato dalle stelle, ma sarà anche molto diverso da tutti gli altri. Il loro cuore e non solo la mente finalmente si è aperto, è ora di aprire anche le bisacce e offrire i doni che hanno portato dal loro paese per il Re dei re. A turno depongono ai piedi del bambino Gesù l'oro, segno di ricchezza della regalità, l'incenso, profumo che sale al cielo segno di unione Dio, e mirra, profumo raro e prezioso, segno di nobiltà e di pulizia terrena, ma anche di profonda umanità, visto che viene usato anche nei riti di sepoltura.
Longino è confuso da questa atmosfera che si è creata: percepisce che quel bambino avrà un futuro misterioso e decide di donare anche lui qualcosa, ma non ha nulla. Allora prende la lancia e la depone ai piedi di Gesù: un re deve avere potere anche se sarà un re di pace: se non vorrà fare guerre almeno potrà difendersi, e la lancia è l'arma più adatta a tener lontani i nemici. Giuseppe e Maria osservano tutto con grande attenzione mista a sorpresa: anche questi doni sono davvero inaspettati. Poi Giuseppe prende la lancia e la restituisce al soldato.
«Amico soldato, non ti offendere se non accetto il tuo dono. Capisco la tua buona intenzione e te ne sono profondamente grato. Non so cosa diventerà da grande mio figlio, ma prego il Signore che non tocchi mai un'arma e che il suo potere sia solo di amore.»
Longino si guarda intorno ma non vede ombra di rimprovero o di commiserazione, ma solo sguardi di comprensione e di stima, allora riprende la lancia e torna a sedersi sulla sua stuoia silenzioso. 
C'è qualcosa che gli sfugge, che non riesce a capire, che non riesce ad accettare. È tardi, per tutti c'è bisogno di dormire. Il sonno dei Magi è ricco di emozioni, di presagi, di calcoli astronomici. Quello di Longino è un sonno pesante, un po' disilluso, ma anche affascinato dalla serenità di un incontro inaspettato.
È Gesù che sveglia tutti poco prima dell'alba perché ha fame. 
Maria lo allatta cantando sottovoce per non disturbare gli ospiti, ma questi sono già svegli. I tre saggi discutono tra si loro sommessamente, mentre Longino accompagna Giuseppe a prendere del latte dai pastori che stanno in una grotta poco lontano. 

Il cielo è ormai chiaro, è l'ora di salutarsi, ma prima che Gesù si riaddormenti i tre sapienti lo prendono a turno in braccio e lo cullano guardandolo con grande affetto. Sembra che se lo mangino con gli occhi, che vogliano fissare per sempre nella mente l'immagine di quel fanciullo che per loro è così importante. Prima di riconsegnarlo alla madre lo sollevano e tenendolo più alto delle loro teste chinano il capo in segno di omaggio, di sottomissione e di adorazione. Anche il romano saluta con gentilezza e accarezza delicatamente il piccino.

I quattro s'incamminano silenziosamente verso Betlemme, ma dopo poco Baldassarre chiede a Longino: «Cambiamo strada, non torniamo a Gerusalemme, andiamo direttamente ad oriente, torniamo a casa.»
«Ma Erode vi aspetta.»
«E lascia che aspetti: secondo me considera il bambino come un rivale che intralcia i suoi progetti», risponde Gasparre.
«E poi non potrà certamente capire quali possano essere i piani di questo fanciullo: non sono chiari nemmeno per noi!», conclude Melchiorre.
Dopo qualche giorno i Magi salutano il soldato romano e lo rimandano alla sua guarnigione.
«Vai, riferisci al tuo comandante ciò che hai visto: Roma non deve aver paura di un bimbo che parlerà di pace e non di guerra. Il cielo ti benedica buon Longino.»
Passano più di trent'anni, Gesù è stato crocifisso da pochi giorni e a Gerusalemme si è sparsa la voce che è risorto. 
Alcuni discepoli dicono perfino di averlo visto, di aver mangiato con lui. 
Nel Cenacolo sono riuniti i suoi apostoli, hanno paura perché c'è chi li ha già minacciati di morte. Il sommo sacerdote e i capi religiosi vogliono chiudere per sempre l'avventura di un maestro, di un profeta troppo scomodo che ha avuto l'ardire di chiamarsi Figlio di Dio: chiunque osa affermare che Gesù è risorto viene imprigionato. 

Alla porta del Cenacolo qualcuno bussa: è un soldato romano, e subito il terrore si dipinge sul volto degli apostoli. Ma è un volto noto, è il vecchio Longino, il più anziano tra i soldati della guarnigione, rispettato da tutti perché non ha mai abusato del proprio potere.

Appena entrato depone la spada e la lancia per terra e chiede di parlare con Pietro. È qui a titolo personale, spiga subito, non in veste ufficiale. Vuole sapere se è vero quel che dicono di Gesù. 
Pietro si fida di lui e racconta di averlo visto più volte e di aver assistito alla sua ascensione al cielo in Galilea. Allora Longino si mette a piangere, sommessamente, ma incapace di smettere. 

Tutti gli apostoli gli sono intorno stupiti cercando di fargli coraggio, poi, finalmente, il vecchio soldato riesce a trattenersi. Viene fatto sedere e comincia il suo racconto.

«Sono io che sul Golgota ho trafitto il costato di Gesù con quella lancia», dice con fatica.
«Ti ho visto, c'ero anch'io - conferma Giovanni - ma non sei stato tu ad ucciderlo, non devi avere rimorsi».
«Lo so, ma non avevo ancora capito nulla, ero deluso per la seconda volta.»
«Non capisco per cosa tu sia rimasto deluso, e soprattutto perché la seconda volta», dice Pietro.
«E' una storia lunga», esordisce il vecchio soldato, quindi racconta il primo incontro con Gesù nella grotta di Betlemme. «Cercavo un re, il più grande dei re, ma ho trovato un bambino, una famiglia meravigliosamente normale, troppo normale per far crescere un re speciale. 
Ho provato nonostante la mia delusione ad offrirgli tutto ciò che avevo, cioè la mia lancia, ma mi è stata rifiutata, allora ho pensato, a differenza dei tre sapienti, di aver fallito la mia ricerca. 
È passato tanto tempo da quel giorno. Sono tornato a Roma e dopo parecchi anni son tornato qui e ho sentito parlare di Gesù. L'ho cercato, una volta l'ho persino ascoltato e ne sono rimasto turbato. Forse, pensavo, nonostante tutto poteva essere lui quello che doveva venire, anche se era così diverso da come l'aspettavo. Ma la mia speranza è morta con lui sul Golgota. 
Non sono io che l'ho ucciso, ma la mia incredulità lo ha trafitto, proprio con quella lancia che più di trent'anni fa lui mi aveva rifiutato. Ma adesso è risorto. Tanti lo dicevano e io non volevo crederci. Eppure questa notizia sconvolgente si è aggrappata al mio cuore e non ha più voluto staccarsi: ho cercato inutilmente di cancellarla, di pensare che era impossibile, che era una solo una voce messa in giro per confondere i più deboli e creduloni. Alla fine mi son deciso a venire da voi, i suoi amici per avere una parola definitiva, ed ora voi mi testimoniate che è vero: è risorto. Solo adesso, finalmente, i miei occhi cominciano a vedere, il mio cuore crede quel che la mia mente ha sempre rifiutato. Comincio adesso a capire che nulla è successo per caso, che tutto, proprio tutto è servito perché il suo disegno si compisse. 
Quando a Betlemme ho voluto donargli la mia lancia, Gesù non l'ha rifiutata, l'ha accettata ma me l'ha lasciata in custodia fin quando non è servita, sul Golgota. 

Sì, ha preso anche la mia lancia non per conquistare o comandare, ma solo per donarci il suo sangue fino all'ultima goccia.»

Maria, presente in mezzo al gruppo degli apostoli, non ha perso una sola parola del romano: il suo stupore e la sua commozione sono evidenti. Non apre bocca, come pure nessuno dei dodici, come se volesse ben imprimersi nella memoria quella testimonianza.
Dopo qualche istante di silenzio, Pietro propone di pregare tutti assieme e di ringraziare Dio per il dono di Gesù. Longino si ritira in un angolo della stanza per rispetto delle usanze degli Ebrei. È una preghiera semplice «Benedetto sei tu, Signore, che ci hai donato Gesù, tuo figlio, il quale ha versato il suo sangue per la nostra salvezza ed è risorto dai morti per confermare la nostra fede.»
Nel silenzio che segue alla preghiera si sente un fragore come di un vento che scuote le porte, le finestre si spalancano con frastuono e una luce, come una palla di fuoco entra nel cenacolo e si divide in tante piccole fiamme che scendono sulla testa degli apostoli e sulla Madonna. 
Ancora una volta Longino è testimone di un evento straordinario ed assiste alla prima predicazione pubblica fatta dagli apostoli per bocca di Pietro dopo la discesa dello Spirito Santo. Nei giorni successivi frequenta assiduamente i dodici, poi dà le dimissioni da soldato e si fa battezzare.
Il soldato romano che trafigge Gesù con la lancia compare anche nei Vangeli Apocrifi: è da queste fonti che abbiamo il suo nome. 
La tradizione vuole anche che la sua conversione sia stata talmente esemplare da farlo diventare uno dei primi vescovi della Cappadocia, e poi santo martire.

Gulli Morini - 





Buona giornata a tutti. :-)