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sabato 29 ottobre 2016

La storia di un uomo che voleva dannarsi, ma non aveva fatto i conti con la Madonna... - Tito Casini

C'era anticamente un uomo il quale si voleva dannare.
Non dico che si fosse proprio proposto di andare all'inferno: dico che s'era messo per una strada da finire in quel brutto posto. 
Da buon cristiano qual era stato in principio, s'era a poco a poco voltato al male, e, facendo un giorno peggio dell'altro, dì cristiano non aveva ormai più che il battesimo. 
Niente più messe (figurarsi le funzioni), né per Pasqua né per Natale, niente più prediche né vangeli, niente più confessioni né comunioni, niente più vigilie né quaresime né quattro tempora, niente più divozioni, niente più preghiere, e al posto di tutto questo tutti e sette i vizi del catechismo...
Dite se non è questa la strada che mena alla dannazione.
Vero è che per dannarsi bisogna fare i conti con la Madonna, vale a dire con una mamma. Una mamma! Io mi ricordo di quand'ero piccino e, qualche volta, per un capriccio, per rabbia ch'essa m'avesse tirato via da un pericolo, levato di mano un vetro o un coltello, raccattavo un sasso o un bacchetto e facevo l'atto di andarle contro per picchiarla. 
Nel movermi inciampicavo, andavo in terra, piangevo, e mamma lesta a rizzarmi, pigliarmi in collo, baciarmi, picchiare e chiamar brutto, cattivo, il sasso o il bacchetto che m'aveva fatto cascare, che aveva fatto cascare il suo bambino tanto buono... 
La Madonna è una mamma.
L'unica cosa di cui non si fosse proprio del tutto scordato, quest'uomo che si ricordava di Dio e dei santi soltanto per bestemmiarli, era giust'appunto la Madonna.
A volerle bene e a pregarla in modo speciale lo aveva avvezzato fin da piccino la sua mamma, ripetendogli di continuo, e con discorsi e con esempi, che non sarebbe finito del tutto a male chi si fosse mantenuto in qualche maniera devoto della Madonna.
La Madonna, infatti è la porta del paradiso, è il rifugio dei peccatori, è la nostra avvocata - e il tale per aver detto così, e la tale per aver fatto in quel modo, e i tali perché so io, s'erano tutti salvati...
Un po' per il ricordo della sua mamma, un po' perché le cose imparate da piccini è difficile che qualche cosa non lascino, questo pover uomo, mentre faceva di tutto per andare all'inferno, pregava ancora la Madonna e teneva la sua immagine a capo del letto.
La pregava a quel modo. Il rosario, che la Madonna ha tanto gusto a sentirselo dire, nemmen si ricordava che cosa fosse; aveva a poco a poco dimenticato le litanie, la salveregina; non sapeva più che l'avemmaria, e due o tre avemmarie borbottate fra lo svestirsi e l'addormentarsi, ogni sera, eran tutte le sue divozioni...
Arrivò al punto, camminando sempre per quella strada sciagurata, di scordare anche quella, e della Madonna non gli rimase che il nome, Maria, forse perché era scritto ai piedi della sua immagine, che gli pendeva sopra il letto... Se fosse stato meno duro, avrebbe sentito, da quell'immagine, le lacrime gocciargli sul viso, mentre dormiva.
La Madonna piangeva su quel figliolo che le tornava ogni notte con l'anima sempre più nera, col cuore sempre più chiuso alle sue ispirazioni, ai suoi amorosi rimproveri; e vegliandolo, come una mamma il suo piccino malato, perché la morte non lo venisse a pigliare mentr'era così in disgrazia di Dio, pregava, diceva per lui le divozioni, il confiteor, l'atto di contrizione.
Ma, se la Madonna piangeva, nemmeno lui, il figliol prodigo, era contento. Eh, no, alla tavola del diavolo la vera allegrezza non si trova, per quanto possano sul principio parer dolci i suoi vini.
È la dolcezza del veleno, che si converte in amarezza appena dal palato è disceso in corpo. Se tanti, Purtroppo, seguitano e seguitano a bere, è perché il diavolo li ha ormai ubriacati e credono che il rimedio consista nel bere ancora dell'altro, finché tanto ne bevono che finiscono per scoppiare.
Se avesse dato retta ai rimorsi che sentiva in sé dopo ogni stravizio; se avesse ascoltato il cuore che gli metteva a confronto il suo stato d'ora (dico quanto a esser contento) col suo stato di prima, di quando andava alla messa, alle funzioni, alle prediche, di quando si confessava e comunicava, diceva il rosario e le divozioni, di quando insomma era un buon cristiano, l'uomo si sarebbe forse ravvisto, e la Madonna avrebbe cessato di versare quelle sue lacrime di mamma, di cui il demonio rideva. Invece, per acchetare i rimorsi, per non sentir que' paragoni, egli si buttava da un peccato in un altro, da uno stravizio in uno stravizio peggiore - e la morte intanto si avvicinava.
Anche il pozzo dei peccati però ha un fondo, dopo il quale non c'è che tornare a galla o sprofondar senza rimedio in casa del diavolo, Che Dio ci guardi dall'arrivare a quel limite; e se per disgrazia ci s'arrivasse, ci guardi almeno dalla disperazion di salvarci, che sarebbe uno dei peccati contro lo Spirito Santo, il peccato che condusse Giuda a impiccarsi quando ancora poteva chieder perdono a Gesù!
Se non era ancora arrivato a questo, l'uomo si trovava già coi piedi sulla botola dell'inferno. La disperazione era prossima, e si sarebbe buttato ormai allo sbaraglio se non era... Eh, chi poteva essere se non quella santissima Vergine, cui egli non alzava più neppure uno sguardo, ne pronunziava appena il nome, Maria, con quella stessa bocca con cui aveva per tutto il giorno bestemmiato il suo Figliolo e i suoi santi? Fatto sta che una notte, dopo essersi involtolato nel male più di un rospo nella belletta di un pantano, rientrò in casa, cotto dal vino, rovinato dal gioco, con un gran disgusto di sé, con la disperazione nel cuore e la tentazione di ammazzarsi.
Figuratevi se pensò a dire le divozioni! Nell'atto però di cominciare a svestirsi, alzò, per caso o per abitudine, gli occhi all'immagine sopra il letto e cercò la parola, il nome, le cinque lettere a cui s'era ridotta la sua preghiera, la sua fede, la sua speranza: Maria.
Ma gli occhi - disorientati forse dal vino? - videro in altr'ordine le cinque note che suonarono tanto dolci in bocca all'arcangelo Gabriele, e lessero, invece di Maria: Riama.
Provvido errore - se fu errore! Al suo spirito, che, incerto fra la morte e la vita, riluttante a quella per il disgusto e a questa per il terrore, si chiedeva gemendo che cosa fare, quella parola, quel nome invertito fu la risposta, la risposta illuminante, consolante, acquietante: Riama.
Riama: ama di nuovo, ama come una volta, come quand'eri bambino, come quando dicev i le divozioni...

E le antiche divozioni rifiorirono come per miracolo prima nel cuore e poi sui labbri bruciati dalla bestemmia: Ave, Maria, gratia plena...
Piegato a terra da una forza dolce e invisibile, l'uomo abbandonò fra le mani il viso sulla sponda del letto, sotto l'immagine, e pianse, e pianse, e pianse.
E la Madonna cessò di piangere; la Madonna sorrise, perché quel suo figliolo era salvo.

- Tito Casini - 

Madonna della Misericordia, 1472
Domenico Ghirlandaio, Cappella Vespucci,
Chiesa di Ognissanti, Firenze, Italy


Maria è la stella dell'evangelizzazione perché non ha portato una parola particolare a un popolo particolare [...] ha portato la Parola fatta carne a l'ha portata (anche fisicamente) al mondo intero! Non ha mai predicato, non ha pronunziato che pochissime parole, ma era piena di Gesù e dovunque andava ne spandeva il profumo.

- Padre Raniero Cantalamessa -


"Se qualche volta non sai come parlargli o che cosa dirgli, oppure non osi cercare Gesù dentro di te, rivolgiti a Maria, "tota pulchra" – tutta pura, meravigliosa –, per confidarle: Madonna, Madre nostra, il Signore ha voluto che fossi tu, con le tue mani, a guidare Dio: insegnami – insegna a tutti noi – a parlare a tuo Figlio!"

- San Josemaría Escrivà de Balaguer -


Tutta bella sei Maria
E la macchia originale non è in te
Tu gloria di Gerusalemme
Tu letizia di Israele
Tu onore del nostro populo
Tu avvocata dei peccatori
O Maria, o Maria,
Vergine prudentissima, Madre clementissima
Prega per noi Gesù,
Intercedi per noi presso il Signore Gesù Cristo.


Buona giornata a tutti. :-)







domenica 18 settembre 2016

«Ti nomino esorcista» - Padre Gabriele Amorth

Mi trovo nell’appartamento del cardinale Ugo Poletti, vescovo vicario di Roma.
Come tutti sanno il vescovo di Roma è il Papa. Ma il Pontefice, dal sedicesimo secolo in poi, ne ha delegato il governo pastorale a un vicario.
È l’11 giugno 1986. Poletti usa ricevere i preti senza fissare un appuntamento.
Anche io, quel giorno, ho seguito la prassi. Mi sono presentato senza appuntamento. E sono stato immediatamente ricevuto.
Non ho qualcosa di particolare da chiedere al mio vescovo, voglio soltanto scambiare con lui quattro chiacchiere. Spesso è di questo che i preti hanno bisogno.
Poletti lo sa e non pretende mai che si debba avere una motivazione importante per bussare alla sua porta. Mi chiede del mio lavoro all’interno della Società San Paolo. Sono, infatti, un prete paolino, giurista, appassionato di mariologia, giornalista professionista e direttore del mensile «Madre di Dio».
Non so spiegare per quale motivo, ma a un certo punto la conversazione cade su padre Candido Amantini, e cioè su colui che da trentasei anni è l’esorcista ufficiale della diocesi di Roma.
«Lei conosce padre Candido?» mi chiede Poletti sorpreso. «Sì» rispondo. «Mi sono avvicinato al luogo dove fa esorcismi, il Santuario della Scala Santa che si trova a pochi passi da qui, per curiosità. L’ho conosciuto e ogni tanto vado a trovarlo.»
Poletti è un cardinale capace di governare. E di decidere. Quando prende una decisione la mette subito per iscritto, con tanto di firma leggibile e timbro in calce al foglio.
Rimango sorpreso quando, senza dare spiegazioni, apre un cassetto della scrivania, tira fuori un foglio con la carta intestata della diocesi e si mette a scrivere a mano. Scrive per un minuto. Poche righe vergate con inchiostro nero. Quindi tira fuori un timbro, un solo colpo secco in basso a destra.
Non oso chiedere nulla.
Un presentimento si affaccia alla mia mente ma subito lo scaccio in attesa che sia lui a parlare. «Benissimo» dice il cardinale chiudendo il foglio in una busta che lascia aperta prima di porgermela. «Questa busta è per lei. Complimenti. So che farà bene.» Per qualche istante non so che dire. Mentre ricevo la busta mi viene in mente quello che sempre mi diceva il mio padre spirituale ai tempi del seminario.

«Come si fa a sapere se si sta facendo la volontà di Dio? Solo se si obbedisce al proprio vescovo si è sicuri di essere sulla giusta strada.»

- Padre Amorth con Paolo Rodari - 

Da: L’ultimo esorcista, La mia battaglia contro Satana - ed. Piemme



Decido di aprire la busta davanti al cardinale.
Ne leggo il contenuto e vi trovo esattamente quanto avevo immaginato. Poche parole piuttosto eloquenti.

Roma, 11 giugno 1986
Io, il cardinale Ugo Poletti, arcivescovo vicario della città di Roma, con la presente nomino esorcista della diocesi padre Gabriele Amorth, religioso della Società San Paolo. Egli si affiancherà a padre Candido Amantini fino a quando sarà necessario.
In fede, card. Ugo Poletti
arcivescovo vicario di Roma

- Padre Amorth con Paolo Rodari - 

Da: L’ultimo esorcista, La mia battaglia contro Satana - ed. Piemme



«Eminenza, io...» «Caro padre Gabriele, non occorre che dica nulla. Così ho deciso e così deve essere. La Chiesa ha un disperato bisogno di esorcisti. Roma soprattutto. Ci sono troppe persone che soffrono perché possedute e nessuno è incaricato di liberarle. Padre Candido da tempo mi ha chiesto un aiuto. Io ho sempre tergiversato. Non sapevo chi mandargli. Quando lei mi ha detto che lo conosceva ho capito che non potevo indugiare oltre. Lei farà bene. Non abbia paura. Padre Candido è un maestro speciale. Saprà come aiutarla.»
Rimango senza parole. Il Vangelo lo conosco bene.
So che il potere di scacciare i demoni Cristo l’ha dato agli apostoli e ai loro successori, i vescovi, i quali, a loro volta, possono delegarlo a dei semplici preti. So che la Chiesa non può stare senza esorcisti, tante sono le persone possedute nel mondo. Ma, mi domando, sarò capace? E poi, perché io?
Perché proprio a me viene affidato un compito così difficile e pericoloso? La lotta tra il bene e il male, tra Satana e Cristo, affonda le proprie radici nella notte dei tempi. Da sempre due eserciti lottano per la supremazia sul mondo: l’esercito di Satana e l’esercito di Cristo.
Perché Satana esiste, perché uno degli angeli più belli e nobili del paradiso abbia deciso a un certo punto di ribellarsi a Dio e divenire il principe delle tenebre nessuno lo sa. Fatto sta che lui, Satana, esiste e vuole una sola cosa, portare il mondo all’autodistruzione, gli uomini alla dannazione eterna. In questa lotta che sembra senza fine il Papa ha una funzione chiave. È lui, forse prima e più di tutti, che deve lottare perché le porte degli inferi non prevalgano sulla Chiesa.
Insieme a lui ci sono gli uomini di buona volontà che della Chiesa fanno parte.
Tra gli uomini un ruolo speciale lo ricoprono gli esorcisti.
Sono come le punte di diamante di questo esercito che al male contrappone il bene. Preti scelti per scacciare la presenza straordinaria di Satana e del suo esercito, i demoni gerarchicamente sottomessi a Satana, dall’uomo e quindi dal mondo. Ma, mi domando, perché io devo essere uno di questi? 
Esco dall’ufficio del cardinale Poletti con il foglio di nomina in mano e tante domande e qualche paura nella mente. Dopo pochi passi capisco che c’è una sola cosa sensata da fare. E la faccio subito.

- Padre Amorth con Paolo Rodari - 

Da: L’ultimo esorcista, La mia battaglia contro Satana - ed. Piemme


La basilica di San Giovanni in Laterano è la più antica e nobile di Roma. Una delle sue cappelle laterali ha sempre presente il Santissimo, il corpo di Cristo.
Entro. M’inginocchio su una delle tante panche di legno. E qui faccio la mia richiesta al cielo, o meglio alla Madonna.
«Madre di Dio, accetto questo incarico, ma tu proteggimi col tuo manto.»
È una supplica semplice. Poche ma sentite parole. Voglio obbedire al mio vescovo e metto nelle mani della Madonna tutte le mie paure.
Chi sono io per combattere il principe delle tenebre? Non sono nessuno. Ma Dio è tutto.
Il demonio non si combatte con le proprie forze ma con quelle del cielo.
Un giorno, parecchio tempo dopo aver fatto quella supplica, mi trovo a esorcizzare un posseduto. Attraverso la sua voce è Satana che mi parla. Mi sputa addosso insulti, bestemmie, accuse e minacce.
Ma a un certo punto mi dice: «Prete, vattene. Lasciami stare». «Vattene tu» gli rispondo. «Ti prego, prete, vattene. Contro di te non posso fare nulla.» «Dimmi, nel nome di Cristo, perché non puoi fare nulla?»
«Perché tu sei troppo protetto dalla tua Signora. La tua Signora col suo manto ti circonda e io non posso raggiungerti.»

- Padre Amorth con Paolo Rodari - 

Da: L’ultimo esorcista, La mia battaglia contro Satana - ed. Piemme


Ieri è salito al cielo padre Gabriele Amorth. Era nato il 1° maggio 1925. 
Il vuoto che lascia è incolmabile.
Un combattente del maligno, un grande combattente. Padre Amorth non temeva il maligno, anzi lo combatteva fiero e deciso con le armi della Chiesa. Un uomo umile, innamorato di Maria.
Caro padre Amorth, adesso prega per noi. Noi pregheremo per te, per la tua anima, affinché possa eternamente contemplare Gesù.


Buona giornata a tutti. :-)

giovedì 25 agosto 2016

Preghiera alla Madonna del terremoto e altri racconti

… sendo giunto all’ultimo del mese di dicembre, all’undici hore cominciò a tremare la terra e così con gran strepito per un quarto d’hora tremò, che die’ spavento a tutto il popolo. E perciò rovinarono molti fumaroli di camini, e spezaronsi due cathene che tenevano congiunte le volte della chiesa di S.Giacomo, alquanto aprendosi la fazzata di detta chiesa. 
Parimenti se spezzò una catena di ferro nella chiesa di S.Maria di Galiera. Sentendo questo tremore della terra le cittadini, benché fusse la notte, tutti fuggendo delle loro case senza vestimente, paventati cercavono di ritrovare luogo sicuro, acciò dalli edifici non fossero soffocati dubitando che non cascassero.
E così con questo pavento s’entrò nell’anno 1505 certamente anno infelice tenendo il primato della città messer Giovani Bentivoglio sotto il pontificato di Giulio secondo sendo vice legato Altobello Averoldo bresciano vescovo di Pola … entrati nel maggistrato li signori antiani, la note del terzo giorno cioè fra l’9 e X hore un’altra volta movendosi la terra con maggior forza di prima, ma non con tanto strepito alcuna volta riforzandosi et altresì mittigandosi così perserverò insino alli dodici hore et alcuna volta anchor cessando , con tanta rovina d’eddifici e pavento delle persone, che scrivere no’ lo potrei.
… Così seguitando li terramoti o pocho o assai la notte, tanto ciascun era paventato, che parevano fuori di sé. Il che considerando il senato e vedendo il continovare di quelli, e avertendo questa percussione esser mandata da Iddio per li peccati che si facevano, pigliò conseglio di placare l’ira sua tanto quanto fosse possibile … 
Et fecero portare alla città la Madonna di S.Lucca alli 4 del detto, per portarla in processione. … E per tanto la seguente domenica, ordinata la processione, che fu alli 5 fu portata con gran riverenza la detta Madonna da S. Lucca, il capo di S. Anna, il capo di S. Petronio, di S. Domenico, di S. Floriano, Isidoro, di S. Proculo, il brazzo di S. Cecilia, con molte altre reliquie intervenendovi tutto il chericato, il senato con tutto il popolo e così devotamente con lagrime andarono a S. Pietro e quivi solennemente fu cantata la messa. 

- Leandro Alberti – 
Historie di Bologna, Tomo I


Era una tranquilla e fredda mattina di fine anno, verso le 5:00 si registrò una leggera scossa, ma nulla lasciava presagire che tra circa 21 minuti l’intera area dello stretto sarebbe stata scossa dal più grande cataclisma che la storia moderna dell’intero bacino del Mediterraneo ricordi. 
Alle 5:21 del 28 Dicembre 1908 dalle profondità dello stretto si erge un fortissimo boato, la terra iniziò a tremare in maniera molto violenta tra Scilla e Cariddi.
La prima forte scossa ebbe prevalente moto sussultorio, dopo un breve intervallo ne segui un’altra più forte in senso ondulatorio e poi un’altra ancora stavolta in senso “vorticoso”, la più lunga e devastante che portò al completo crollo di tutti gli edifici.
Gli unici palazzi rimasti integri furono trovati spostati di alcuni gradi su se stessi.
In questo terribile terremoto venne classificato per la prima volta il “moto vorticoso”, esso si generà quando la componente orizzontale (scossa ondulatoria) si incontra con la componente verticale (scossa sussultoria), la somma delle due direzioni provoca un violento movimento vorticoso che fa crollare ogni abitazione lungo l’area epicentrale.
Finito il sisma le città di Reggio e Messina si trasformarono in veri e propri cimiteri a cielo aperto.
Ad aggravare la già devastante situazione si aggiunse un altro fenomeno naturale, lo tsunami, che in alcune aree dello stretto ebbe una violenza tale da causare un numero di morti quasi superiore a quella del sisma.
A determinare tuttò ciò sarebbe stata una grossa frana sottomarina avvenuta lungo la costa ionica a circa 80-100 km a largo di capo Taormina, lungo la ripida “scarpata continentale siciliana”.
La gigantesca frana sottomarina, di un volume stimato di circa 20 km3, si sarebbe staccata dalla scarpata continentale siciliana in seguito al fortissimo movimento tellurico che interessò tutta l’area Calabro-Peloritana.
Il corpo della frana scivolando a grandissima velocità lungo gli abissi dello Ionio avrebbe favorito l’attivazione dell’onda di maremoto che una volta formata si è diretta con grande impeto verso le coste calabresi e siciliane.
In meno di 5 minuti, secondo le testimonianze dei sopravvissuti raccolte dal geografo vogherese Mario Baratta (nel 1910), l’onda colpì per prima l’area prospicente l’evento franoso sottomarino, lungo la costa tra Giardini Naxos e Taormina.
In seguito il maremoto iniziò a propagarsi lungo la costa ionica messinese risalendo da sud, in direzione dello stretto, con una velocità di propagazione elevatissima, non inferiore ai 300 km/h (tipico delle onde di tsunami).
Intanto bisogna dire che furono i litorali posti nella parte meridionale dello stretto ad essere maggiormente colpiti dalle violente ondate, mentre nella parte nord e su Messina l’onda di marea arrivò molto più smorzata, con un’altezza di appena 2-3 metri sopra il livello del mare.
Dai dati a nostra disposizione possiamo notare come il valore più elevato in tutta la costa siciliana si registrò proprio a capo S.Alessio dove l’onda raggiunse un picco massimo di quasi 12 metri sul livello del mare, radendo al suolo quel che restava del piccolo borgo di pescatori.
A Messina furono maggiormente colpiti i numerosi casali della zona sud della città, lungo l’antica via del dromo.
Al terrificante maremoto si deve la completa distruzione del famoso borgo marinaro di Cala S.Paolo (l’attuale Briga marina), qui le ondate alte fino a 8-9 metri annegarono decine di persone risucchiando al largo i corpi dei numerosi superstiti del sisma che cercavano un rifugio sicuro nella spiaggia.
A Messina le ondate arrivarono circa 10-15 minuti dopo l’evento sismico, solo lungo la foce del torrente Portalegna (l’attuale cavalcavia ad angolo con la via Don Blasco) si raggiunsero altezze maggiori fino a 6 metri.
Diverso invece è il discorso che va fatto per la costa calabra, anche qui le altezze vanno a crescere man mano che ci avviciniamo allo Ionio.
La città di Reggio, posta pochi chilometri più a sud di Messina, l’onda che penetrò da sud-ovest creò autentici disastri andando ad inabissare l’intera banchina del porto che sprofondò in mare.
Ma proprio nella zona di Pellaro, poco a sud di Reggio, si ebbero i maggiori danni, qui probabilmente si raggiunsero i 12 metri d’altezza.
Il maremoto fece deragliare persino un treno che in quel momento stava transitando vicino la zona di Pellaro, il riflusso fu talmente forte da trascinare a mare diversi carri.



«L'orribilissimo terremoto dell'anno 1693 è stato, senza alcun dubbio, il maggiore il più pernicioso che tra tanti avesse danneggiato la Sicilia, e sarà sempre l'infaustissima sua memoria luttuosa negli annali dell'isola, tanto per la sua durazione, quanto per la rovina portata dappertutto. 
Il giorno di venerdì 9 gennaio nell'ora quarta e mezza della notte tutta la Sicilia tremò dibattuta dalla terribile terremoto. Nel Val di Noto e nel Val Demone fu più gagliardo: nel Val di Mazara più dimesso […]. 
Ma la domenica 11 dello stesso mese, circa l'ore 21, fu sconquassata tutta la Sicilia con violentissimo terremoto, con la strage e danno non accaduti maggiori ne' secoli scorsi. »

(A. Mongitore, Istoria cronologica de' terremoti di Sicilia (1743))


                                   Stampa tedesca dell’epoca che illustra i danni del terremoto

Il terremoto del 1693 rappresenta una vera e propria “pietra miliare” nella storia sismica del nostro paese. Risulta essere il più forte evento sismico (Mw=7.4) avvenuto negli ultimi 1000 anni sull’intero territorio nazionale. Inoltre, per vastità dell’area colpita, numero di vittime e gravità degli effetti provocati, è tra i terremoti maggiormente distruttivi della storia sismica italiana.
 Il terremoto colpì un territorio vastissimo in due riprese, con due violentissime scosse avvenute a distanza di due giorni. Il primo forte evento si verificò il 9 gennaio 1693 alle 4:30 secondo l’uso orario “all’italiana” in vigore all’epoca.La scossa raggiunse un’intensità epicentrale valutabile tra i gradi 8 e 9 della Scala Mercalli-Cancani-Sieberg (MCS). I danni furono gravissimi in centri come Augusta, Avola (l’attuale Avola Vecchia), Noto (l’attuale Noto Antica), Floridia e Melilli, dove crollarono molti edifici.
Il secondo terremoto avvenne il giorno 11 gennaio 1693 alle ore 21 secondo l’orario “all’italiana” in vigore all’epoca) ed ebbe effetti veramente catastrofici.
L’enorme gravità di tali effetti fu dovuta anche al fatto che questi andarono in parte a sovrapporsi a quelli della scossa del 9 gennaio. L’area colpita fu molto più vasta rispetto a quella interessata dal primo terremoto, tanto che molte località che erano state solo leggermente danneggiate, o non danneggiate affatto il 9 gennaio, questa volta subirono danni importanti o vere e proprie distruzioni. Basti pensare che solo l’area dei danni più gravi risultò estesa su un vasto territorio di oltre 14.000 kmq, che venne completamente devastato. Tutta la Sicilia orientale fu gravemente colpita.
Gli effetti più rilevanti, però, furono quelli di maremoto. La scossa dell’11 gennaio generò ondate di tsunami che investirono varie località della costa orientale della Sicilia, da Messina a Siracusa. Gli effetti più gravi si ebbero ad Augusta, dove l’onda di maremoto raggiunse l’altezza di 30 cubiti (circa 15 metri) danneggiando le galere dei Cavalieri di Malta ancorate in rada e inondando la parte della città prospiciente il porto. A Catania il mare dapprima si ritirò dalla spiaggia per alcune decine di metri, trascinando alcune barche ancorate presso la riva, poi a più riprese si riversò violentemente sulla costa con onde alte oltre 2 metri che entrarono in città fino alla piazza San Filippo (l’attuale piazza Mazzini).



Preghiera nel tempo di terremoto

O Dio creatore,
noi crediamo che tu sei nostro Padre
e che ci vuoi bene
anche se la terra trema
e le nostre famiglie sono state sconvolte
dall'angoscia
Non lasciarci soli nel momento della sventura.
Apri il cuore di molti nostri fratelli
alla generosità e all'aiuto.
A noi dona la forza e il coraggio
necessari per la ricostruzione
e l'amore per non abbandonare
chi è rimasto senza nessuno.
Così, liberati dal pericolo
e iniziata una vita nuova,
canteremo la tua lode.



Preghiera alla Madonna del terremoto

Amatissima Regina del cielo e della terra,
che mentre stavi sotto la croce di Gesù, tuo Figlio,
e la spada del dolore ti trapassava l'anima
per diventare la Madre di tutti i viventi,
hai sentito sotto i tuoi piedi tremare la terra,
soccorri i tuoi figli che gemono spaventati dal terremoto.
La terra rimbomba di un sordo boato,
attorno a noi crollano il presente e il passato
e le nostre anime smarrite si chiedono:
che cos'è l'uomo, perchè Tu, o Signore, te ne ricordi?
Fatto a immagine e somiglianza di Dio e circondato di gloria,
eppure ha divorato come un figlio dissoluto i doni del Padre,
ha tradito l'Amore di Gesù, ha spento lo Spirito Santo,
fino a meritare il castigo di Dio.
O Madre Santissima, piena di Grazia e di Misericordia,
intercedi per noi presso tuo Figlio:
prendi le nostre mani e guidaci a Lui,
perchè converta i nostri cuori e perdoni i nostri peccati.
Liberi dall'inquetitudine e dalla disperazione,
seguiremo la via della salvezza e canteremo
in eterno con te le meraviglie di Dio-
Amen.

 - don Marco Belladelli -



Come sapete ieri 24 agosto 2016 parte dell’Italia è stata colpita da un terremoto di magnitudo superiore a 6.0. Alle 3.36 c'è stata la prima scossa con epicentro la provincia di Rieti, seguita da altre di assestamento. Decine di morti e dispersi, migliaia gli sfollati. 

Stephen Littleword a proposito del terremoto scrisse:

"La terra ha tremato ancora, sento quel fremito che vibra ancora nelle ossa, e l’angoscia di sentire che c’è qualcosa di più grande di noi: la natura ha potere di distruggere e creare".

Sono momenti nei quali tacere ci fa passare per indifferenti ma parlare è anche peggio, troppo comodo farlo da casa, circondati dai nostri cari.
Grazie a tutti i volontari che si attiveranno per dare un sostegno fisico e morale alle famiglie vittime di questa tragedia.

"Questo non il tempo della retorica, questo è il tempo della solidarietà. 
Chi può faccia qualcosa. Anche un'Ave Maria è sempre molto meglio delle mille interpretazioni e delle vane parole sul mistero del male e del dolore. 
Ve lo dico per esperienza: chi vive certi drammi ha bisogno di "eccomi" non di "perché". 
Verrà poi il tempo del significato e del bisogno di elaborare il dolore. Ma ora è sangue vivo e c'è bisogno di altro. Maria non elabora il lutto sotto la Croce. Non parla, non interpreta, non spiega. "Maria STAVA sotto la croce del figlio". Ora è voce del verbo "esserci", ognuno come può. Il resto è bestemmia." #terremoto 

- don Luigi Maria Epicoco -


Che la Vergine Maria ci aiuti e ci protegga, asciughi le nostre lacrime. Amen



martedì 31 maggio 2016

Il detenuto e la formica – don Bruno Ferrero

Un uomo fu condannato a 20 anni di carcere. Il suo problema era ovviamente ammazzare il tempo.
Dopo alcuni mesi scoprì che alcune formiche risiedevano stabilmente sotto l'intonaco scheggiato della sua cella. Una di quelle formiche sembrava particolarmente dotata e il detenuto decise di ammaestrarla.
Ci volle un sacco di pazienza, ma dopo cinque anni la formica ubbidiva agli ordini, ballava su un capello ben teso e faceva il doppio salto mortale. 
Altri cinque anni dopo, la meravigliosa (e longeva) formichina sapeva cantare tutte le canzoni di Sanremo. 
Cinque anni dopo la formica parlava correttamente quattro lingue.
Stava per imparare la quinta quando l'uomo venne scarcerato. Si mise in tasca la preziosa formica nella speranza che gli servisse a guadagnare un mucchio di soldi esibendosi alla televisione.
Uscito di prigione, andò diritto in un bar e, dopo aver bevuto, non resistette alla tentazione di sfoggiare la bravura della sua formica. La posò sul bancone e chiamò il barista: "Guardi questa formica!".
Il barista, senza perdere un attimo di tempo schiacciò la formica dicendo: "La prego di scusarci signore".

Tanti genitori ed educatori dedicano anni di fatica e di passione per educare i loro ragazzi. Spesso basta un attimo e il risultato di tanti sforzi va in rovina. Perché c'è sempre un malaugurato "barista" dietro l'angolo. E' meglio addestrare elefanti che formiche.

- Don Bruno Ferrero -
Da: “L'Importante è la rosa”, Elledici


Da ogni difficoltà, può nascere il bene.
"Pen­so che il naufragio (di San Paolo) parli per noi. 
Dal suo naufragio, per Malta è nata la fortuna di avere la fede. Così anche noi possiamo pensare che i naufragi della vita possono fare il progetto di Dio e possono essere utili per nuovi inizi nella nostra vita...
Senza un morire, senza il naufragio di ciò che è solo nostro,
non c’è comunione con Dio, non c’è redenzione".

- papa Benedetto XVI - 


Una vita tutta dolcezza sarebbe insulsa; il sale è amaro, se preso da solo, ma quando è gustato nella pietanza, dà sapore alla carne. Le difficoltà sono il sale della vita. 

- Robert Baden-Powell - 


 Ave, Maria, piena di grazia,
il Signore è con te.
Tu sei benedetta fra le donne
e benedetto è il frutto del tuo seno, Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori,
adesso e nell'ora della nostra morte.
Amen.


Ave Maria, gratia plena,
Dominus tecum,
benedicta tu in mulieribus,
et benedictus fructus ventris tui, Iesus.
Sancta Maria, mater Dei,
ora pro nobis peccatoribus, 
nunc et in hora mortis nostrae.
Amen.

Buona giornata a tutti. :-)