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giovedì 3 maggio 2018

Avvicinaci a tuo figlio - san Giovanni Paolo II, papa e don Tonino Bello

Siamo uniti nella preghiera
con Te, Madre di Cristo:
con Te, che hai partecipato
alle sue sofferenze.
Tu ci conduci al Cuore
del Tuo Figlio
agonizzante sulla Croce:
quando nella sua spogliazione
si rivela fino in fondo come Amore.
O tu, che hai partecipato
alle sue sofferenze,
permettici di perseverare sempre
nell’abbraccio di questo mistero.
Madre del Redentore!
Avvicinaci al Cuore del Tuo Figlio!

- san Giovanni Paolo II, papa - 


«La portò nella sua casa». 
Sapete cosa significa?: la introdusse nel cerchio dei suoi interessi, nel cerchio dei suoi affetti, nel cerchio delle cose più care e più belle che lui potesse avere. La introdusse quindi proprio all'interno della esperienza religiosa e umana più profonda. Quindi la Madonna che diviene la madre di Giovanni, il quale simbolizza tutta la chiesa, diventa anche la mamma nostra.

Noi la possiamo chiamare «mamma» senza paura. Anzi dobbiamo considerarla così. 

Io qualche volta sono preoccupato perché nei confronti della Madonna abbiamo un rapporto un po' di grande rispetto. 


Difficilmente riusciamo a toglierle di capo il diadema delle dodici stelle per vedere quanto essa è bella a capo scoperto. 

A capo nudo la Madonna è stupenda ugualmente. 


Ecco perché io credo non ci possa essere conclusione più bella per questo vostro ritiro che prendere questa decisione: di accogliere la Madonna all'interno dei vostri affari. 

Fatela diventare socia della vostra «Ditta». Tu metti «Ditta Domenico e Maria». 


È un fatto al quale non ci pensiamo molto. 

Io queste cose non è da molto che le sperimento, cioè le vivo.
Però la considerazione degli studi, l'ascolto e poi lo stare insieme con gli altri, il sentire certe verità, ti rendono consueto con delle verità che sono straordinarie: pensare la Madonna contemporanea nostra! 

Alla fine del mese uscirà un libro che ho intitolato «Maria, donna dei nostri giorni», per indicare che era così, come le ragazze che salgono, che vengono a salutarmi. Maria è così: pulitissima nell' animo, che sembrava con i suoi sguardi bruciasse tutte le radici del peccato, della colpa, della cupidigia, che impediva pensieri che non fossero di castità in chi la guardava. 

Maria è così. 

Introducetela nei vostri affari, nei vostri disegni. 


Introducetela nei vostri pensieri. Fatela diventare non solo coinquilina di casa vostra, ma anche la persona con, cui voi confidate per prima tutti i vostri progetti. E vero! Non ci credete? Parola di uomo. E così. 

E poi io credo che quando c'è lei è chiaro che tutto il resto lo consulti con Gesù. Ma diventa spontanea, non diventa artefatta, non diventa carica di addobbi, come succede spesse volte per la nostra vita spirituale, per la nostra pietà. Abbiamo un sacco di addobbi sulle spalle, un sacco di trine, di nastri. 


E invece con Gesù, uomo libero, vi sia davvero un rapporto più libero, un rapporto più gioioso, un rapporto più forte. 

Non abbiate paura.
Il Signore vi benedica e la Madonna vi introduca nei suoi affari.

- don Tonino Bello -


 Trascrizione di una omelia rivolta ai giovani seminaristi il 23 febbraio 1993, che nella stanza del Vescovo partecipavano alla S. Messa, dopo il ritiro spirituale.

 La Madonna del Rosario - 1607
Il Caravaggio
Vienna Kunsthistorisches Museum



Buona giornata a tutti. :-)



sabato 14 aprile 2018

Ho un sogno - Blessing Sunday Osuchukwu

Ho un sogno che un giorno i bambini diventeranno bambini
in tutte le parti del mondo,
Ho un sogno che un giorno i bambini africani avranno
la possibilità di giocare e studiare come bambini,
Ho un sogno che un giorno loro deporranno le armi perché
non ne avranno più bisogno,
Ho un sogno che un giorno loro verranno ascoltati,
tollerati e che potranno anche decidere cosa fare da grandi.
Nel mio sogno vedo che i bambini africani non
moriranno più di fame, sete e malattie banali,
Nel mio sogno vedo che questi bambini andranno a scuola
la mattina anziché andare nei vari cantieri,
Nel mio sogno vedo che questi bambini lasceranno le grotte,
i tombini e le strade per andare a dormire
nelle case.
Ho un sogno che un giorno i bambini africani
lasceranno i campi profughi,
Ho un sogno che un giorno loro non avranno più
bisogno di camminare per chilometri in cerca d'acqua
sporca da bere,
Ho un sogno che un giorno i loro piedi saranno
protetti dalle scarpe e i loro corpi coperti dai vestiti.
Nel mio sogno vedo che i bambini africani avranno la
possibilità di vaccinarsi contro le malattie infantili,
Nel mio sogno vedo che i loro destini non saranno più
decisi dalle tragedie causate dai grandi,
Nel mio sogno vedo che i bambini africani avranno la
possibilità di riuscire un giorno a sognare!

- Blessing Sunday Osuchukwu -




Dare è la più alta espressione di potenza. 
Nello stesso atto di dare, io provo la mia forza, la mia ricchezza, il mio potere. 
Questa sensazione di vitalità e di potenza mi riempie di gioia. 
Mi sento traboccante di vita e di felicità. 
Dare dà più gioia che ricevere, non perché è privazione, ma perché in quell’atto mi sento vivo; amare è più importante che essere amato.

- Erich Fromm - 




«Pace è solidarietà col prossimo. 
È condividere col fratello gioie e dolori, progetti e speranze. 
È portare gli uni i pesi degli altri, con la tenerezza del dono. 
È attesa irresistibile di incontri festivi. 
È ansia di sabati senza tramonto, da vivere insieme sul cuore della terra».

- don Tonino Vescovo - 


buona giornata a tutti. :-)







sabato 31 marzo 2018

Maria, donna del Sabato santo – don Tonino Bello


Santa Maria, donna del Sabato santo, estuario dolcissimo nel quale almeno per un giorno si è raccolta la fede di tutta la Chiesa, tu sei l'ultimo punto di contatto col cielo che ha preservato la terra dal tragico blackout della grazia. Guidaci per mano alle soglie della luce, di cui la Pasqua è la sorgente suprema.
Stabilizza nel nostro spirito la dolcezza fugace delle memorie, perché nei frammenti del passato possiamo ritrovare la parte migliore di noi stessi. 
E ridestaci nel cuore, attraverso i segnali del futuro, una intensa nostalgia di rinnovamento, che si traduca in fiducioso impegno a camminare nella storia.
Santa Maria, donna del Sabato santo, aiutaci a capire che, in fondo, tutta la vita, sospesa com' è tra le brume del venerdì e le attese della domenica di Risurrezione, si rassomiglia tanto a quel giorno. 
È il giorno della speranza, in cui si fa il bucato dei lini intrisi di lacrime e di sangue, e li si asciuga al sole di primavera perché diventino tovaglie di altare.
Ripetici, insomma, che non c'è croce che non abbia le sue deposizioni. 
Non c'è amarezza umana che non si stemperi in sorriso. 
Non c'è peccato che non trovi redenzione. 
Non c'è sepolcro la cui pietra non sia provvisoria sulla sua imboccatura. Anche le gramaglie più nere trascolorano negli abiti della gioia. 
Le rapsodie più tragiche accennano ai primi passi di danza. E gli ultimi accordi delle cantilene funebri contengono già i motivi festosi dell'alleluia pasquale.
Santa Maria, donna del Sabato santo, raccontaci come, sul crepuscolo di quel giorno, ti sei preparata all'incontro col tuo figlio Risorto. 
Quale tunica hai indossato sulle spalle? 
Quali sandali hai messo ai piedi per correre più veloce sull'erba? 
Come ti sei annodata sul capo i lunghi capelli di nazarena? 
Quali parole d'amore ti andavi ripassando segretamente, per dirgliele tutto d'un fiato non appena ti fosse apparso dinanzi?
Madre dolcissima, prepara anche noi all'appuntamento con lui.
Destaci l'impazienza del suo domenicale ritorno. 
Adornaci di vesti nuziali. Per ingannare il tempo, mettiti accanto a noi e facciamo le prove dei canti.
Perché qui le ore non passano mai.

- Don  Tonino Bello - 
da: Maria donna dei nostri giorni, ed. San Paolo


Oggi il sole di giustizia si è manifestato non dal cielo, ma dagli inferi.
Infatti un qualcosa di inatteso è accaduto: gli inferi sono diventati immagine dell'oriente e il sole di giustizia si è levato di là.
Egli, infatti, discese a illuminare quelli che erano in basso, per mezzo della sua morte; e salì a illuminare quelli che erano in alto, per mezzo della sua risurrezione.

Omelia siriaca anonima, V-VI sec.


Oggi un grande silenzio avvolge la terra. Un grande silenzio e una grande calma. Un grande silenzio, perché il Re dorme. La terra ha rabbrividito e si è ammutolita, perché Dio si è addormentato nella carne, e l'inferno ha tremato. Dio si è addormentato per un istante, e ha svegliato coloro che erano negl'inferi... Va alla ricerca dell'uomo come della pecorella smarrita... Prende per mano l'uomo e gli dice: «Svegliati, o tu che dormi, sorgi fra i morti e Cristo t'illuminerà» (Ef. 5, 14).

- Epifanio di Salamina - 
Omelie per il Sabato Santo, PG 43, 349, 451, 462-463



Silenzio.. Oggi è giornata di attesa e di preghiera.

lunedì 5 marzo 2018

Lettera ai giovani - don Tonino Bello

"Vivete la vita che state vivendo con una forte passione!"

Ricordo i miei anni del ginnasio: un mare di dubbi.
Dubitavo perfino della mia capacità di affrontare la vita. Che età difficile! Hai paura di non essere accettato dagli altri, dubiti del tuo charme, della tua capacità d'impatto con gli altri e non ti fai avanti. E poi problemi di crescita, problemi di cuore...

Ma voi non abbiate paura, non preoccupatevi! Se voi lo volete, se avete un briciolo di speranza e una grande passione per gli anni che avete...cambierete il mondo e non lo lascerete cambiare agli altri.

Vivete la vita che state vivendo con una forte passione. Non recintatevi dentro di voi circoscrivendo la vostra vita in piccoli ambiti egoistici, invidiosi, incapaci di aprirsi agli altri. Appassionatevi alla vita perché è dolcissima.

Mordete la vita!
Non accantonate i vostri giorni, le vostre ore, le vostre tristezze con quegli affidi malinconici ai diari. Non coltivate pensieri di afflizione, di chiusura, di precauzioni. Mandate indietro la tentazione di sentirvi incompresi.
Non chiudetevi in voi stessi, ma sprizzate gioia da tutti i pori.

Bruciate...perché quando sarete grandi potrete scaldarvi ai carboni divampati nella vostra giovinezza.
Incendiate...non immalinconitevi. Perché se voi non avete fiducia, gli adulti che vi vedono saranno più infelici di voi.

Coltivate le amicizie, incontrate  la gente.
Voi crescete quanto più numerosi sono gli incontri con la gente, quante più sono le persone a cui stringete la mano.
Coltivate gli interessi della pace, della giustizia, della solidarietà, della salvaguardia dell'ambiente

Il mondo ha bisogno di giovani critici.
Vedete! Gesù Cristo ha disarmato per sempre gli eserciti quando ha detto: "rimetti la spada nel fodero, perché chi di spada ferisce, di spada perisce". Ma noi cristiani non siamo stati capaci di fare entrare nelle coscienze questo insegnamento di Gesù.

Diventate voi la coscienza critica del mondo. Diventate sovversivi. Non fidatevi dei cristiani "autentici" che non incidono la crosta della civiltà. Fidatevi dei cristiani "autentici sovversivi" come San Francesco d'Assisi che ai soldati schierati per le crociate sconsigliava di partire.
Il cristiano autentico è sempre un sovversivo; uno che va contro corrente non per posa ma perché sa che il Vangelo non è omologabile alla mentalità corrente.

E verranno i tempi in cui non ci saranno più né spade e né lance, né tornado e né aviogetti, né missili e né missili-antimissili. Verranno questi tempi. E non saremo più allucinati da questi spettacoli di morte!

Non so se li ricordate, se li avete letti in qualche vostra antologia quei versi di Neruda in cui egli si chiede cosa sia la vita. 

Tunnel oscuro,- dice - tra due vaghe chiarità o nastro d'argento su due abissi d'oscurità? 
Quando ero parroco li citai durante una messa con i giovani. 
Poi chiesi: perché la vita non può essere un nastro d'argento tra due vaghe chiarità, tra due splendori?
Non potrebbe essere così la vostra vita?


Vi auguro davvero che voi la vita possiate interpretarla in questo modo bellissimo.


- don Tonino Bello -
Fonte:  "Senza misura" di don Tonino Bello, ed. La Meridiana




Nella vita non dobbiamo fare faville, non dobbiamo fare scintille, dobbiamo fare luce. E la luce si può fare anche nel silenzio.

- don Tonino Bello -





Noi cristiani non siamo scelti dal Signore per cosine piccole, andate sempre al di là, verso le cose grandi. Giocate la vita per grandi ideali! 

- Papa Francesco -

(14/01/16 Messaggio del Santo Padre per il Giubileo della Misericordia dei ragazzi e delle ragazze)



Buona giornata a tutti. :-)




domenica 24 dicembre 2017

Buon Natale, gente! - don Tonino Bello

Se mi fosse concesso di lasciare nella mezzanotte il trasognato rapimento della liturgia, e aggirarmi per le strade della città, e bussare a tutte le porte, e suonare a tutti i campanelli, e parlare a tutti i citofoni, e dare una voce sotto ogni finestra illuminata, vorrei dire semplicemente così: 


“Buon Natale, gente! Il Signore è sceso in questo mondo disperato.
E all’anagrafe umana si è fatto dichiarare con un nome incredibile: Emmanuele! Che vuol dire: Dio con noi”.

Mi chiedo, però, se questi auguri, formulati così, magari all’interno di un pianobar, o di una sala giochi o di una discoteca o di un altro tempio laico dove la gente, tra panettoni e champagne e luci psichedeliche, sta trascorrendo la notte santa, siano capaci di reggere il fastidio degli atei, lo scetticismo degli scaltri, il sorriso dei furbi, la praticità di chi squalifica i sogni, il pragmatismo di chi rifiuta la poesia come mezzo di comunicazione.





Mi domando se gli auguri di Natale formulati così, magari all’interno della stazione centrale, dove tanta gente alla deriva trova riparo dal freddo notturno nella sala d’aspetto (ma senza che aspetti più nulla e nessuno) faranno rabbia o tenerezza, susciteranno disprezzo o solidarietà, provocheranno discredito o lacrime di gioia.
Mi interrogo come saranno accolti questi auguri dalla folla dei nuovi poveri che il nostro sistema di vita ignora e perfino coltiva. 

Dagli anziani reclusi in certi ospizi o abbandonati alla solitudine delle loro case vuote. 
Dai tossicodipendenti prigionieri di una insana voluttà di autodistruzione. Dagli sfrattati che imprecano contro il destino. 
Dagli ex carcerati che non trovano affetto. 
Dai dimessi dagli ospedali psichiatrici che si aggirano come larve. 
Dagli operai in cassa integrazione senza prospettive. 
Dai disoccupati senza speranze. 
Da tutta la gente, insomma, priva dell’essenziale: la salute, la casa, il lavoro, l’accesso alla cultura, la partecipazione.
Mi domando che effetto faranno gli auguri di Natale, formulati così, su tanta gente appiattita dal consumismo, resa satura dello spreco, devastata dalle passioni. 

Sulla moltitudine di giovani incerti del domani, travagliati da drammi interiori, incompresi nei loro problemi affettivi. 
Sulle folle di terzomondiali che abitano qui da noi e ai quali ancora, con i fatti, non abbiamo saputo dimostrare di essere convinti che Gesù Cristo è venuto anche per loro.
Mi chiedo per quanti minuti rideranno dinanzi agli auguri di Natale , formulati così, coloro che si sono costruiti idoli di sicurezza: il denaro, il potere, lo sperpero, il tornaconto, la violenza premeditata, l’intolleranza come sistema, il godimento come scopo assoluto della vita.
E allora? Dovrei abbassare il tiro? 

Dovrei correggere la traiettoria e formulare auguri terra terra, a livello di tana e non di vetta, a misura di cortile e non di cielo?
No. Non me la sento di appiattire il linguaggio. 

Sono così denutrite le speranze del mondo, che sarebbe un vero sacrilegio se, per paura di dover sperimentare la tristezza del divario tra la formulazione degli auguri e il loro reale adempimento, mi dovessi adattare al dosaggio espressivo dei piccoli scatti o dovessi sbilanciarmi sul versante degli auspici con gli indici di prudenza oggi in circolazione.
Anzi, se c’è una grazia che desidero chiedere a Gesù che nasce, per me e per tutti, è proprio quella di essere capace di annunciare, con la fermezza di chi sa che non resteranno deluse, speranze sempre eccedenti su tutte le attese del mondo.
 
Buon Natale!

- don Tonino Bello - 




Buon Natale amici ed amiche mie.
Buon Natale di Nostro Signore Gesù Cristo
 a tutte le persone di buona volontà!

- Stefania - 


domenica 17 dicembre 2017

Attesa. Vigilanza. Speranza. Preghiera. Povertà. Penitenza. Conversione. Testimonianza. Solidarietà. Pace. Trasparenza – + don Tonino Bello, Vescovo

C’è una parola chiave che caratterizza quest’arco dell’anno liturgico, e attorno alla quale noi articoliamo abilmente i contenuti dell’annuncio cristiano: attesa. 
E’ come una bambola russa: ad aprirla, cioè, ne trovi un’altra: vigilanza
Se apri anche questa, ci trovi dentro speranza
E così via, fino a giungere alle più interessanti sottospecie della stessa famiglia. Messe tutto allo scoperto, queste bambole riempirebbero un tavolo di buoni sentimenti. 
E’ un gioco bellissimo di implicazioni e di esplicazioni, che ci fa vedere quanto sia esteso il fronte su cui deve esprimersi la nostra conversione in questo periodo che ci prepara al Natale.

Attesa. Vigilanza. Speranza. Preghiera. Povertà. Penitenza. Conversione. Testimonianza. Solidarietà. Pace. Trasparenza. 

Dopo aver meditato i testi biblici, sarebbe interessante sedersi attorno al tavolo con la gente e chiedere, per ogni bambola russa, il nome delle altre successivamente racchiuse. Ne verrebbe fuori un campionario di atteggiamenti interiori davvero interessante che, proprio perché elaborato da un processo critico, potrebbe essere assunto con più facilità come telaio ascetico su cui disegnare il cammino dell’avvento.

Ma, con questa procedura, si rimane ancora un po’ troppo dalla parte dell’uomo. Si dà troppo l’impressione, cioè, che l’avvento costituisca un espediente ciclico che, con le sue risorse, ci stimola a ricentrare la vita sul piano morale, e basta.

Senza dubbio, tutto questo non è sbagliato. Però si corre il rischio di trasformare l’avvento in una specie di palestra spirituale, in cui si pratica l’allenamento intensivo alle buone virtù. 
La qual cosa resta sempre un’esercitazione eccellente, ma dà un’immagine riduttiva di questo grande momento di grazia. 
Occorre allora guardare le cose anche dalla parte di Dio. Sì, perché anche in cielo oggi comincia l’Avvento, il periodo dell’attesa. Qui sulla terra è l’uomo che attende il ritorno del Signore. Nel cielo è il Signore che attende il ritorno dell’uomo. 
E’ una visione prospettica splendida, che ci fa recuperare una dimensione meno preoccupata degli aspetti morali della vita cristiana e più interessata a cogliere il disegno divino di salvezza. 
Forse si potrebbe ripetere anche qui il gioco delle bambole russe. Visto che anche per Dio la parola chiave dell’avvento è attesa: ma quali ulteriori parole si potrebbero successivamente trovare l’una all’ interno dell’altra? Si può provare a indicarne due, cogliendo l’anima dei testi biblici proclamati: salvezza e pace. 
La parola salvezza evoca il progetto finale di Dio, così come viene abbozzato nelle prime letture e nel salmo responsoriale. I popoli che salgono al monte del Signore e che esultano finalmente dinanzi a Gerusalemme esprimono il trasalimento di Dio, che vede raccolte attorno a sé tutte le genti, nello stadio finale del Regno. Attese irresistibili di comunione. Solidarietà con l’uomo. Bisogno di comunicargli la propria vita. Disponibilità a un perdono senza calcoli. Questo sono i sentimenti di Dio, così come ci viene dato di coglierli nella filigrana delle letture bibliche.
Oggi è impossibile, durante la liturgia, non rifarsi alla tenerezza del Padre, alle sue sollecitudini, alle sue ansie per il ritorno a casa di ogni figlio. Viene in mente l’espressione della parabola del figlio prodigo: «Mentre era ancora lontano, il padre lo vide (Lc 15,20). Di qui l’avvio della speranza in ognuno di noi. Coraggio, «la notte è avanzata, il giorno è vicino. La nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti» 
Di qui anche l’avvio dell’impegno. Che cosa fare per non deludere le attese del Signore? Quali sono le «opere delle tenebre» che bisogna gettare, e quali le «armi della luce» di cui bisogna rivestirsi? 
Non si potrebbe oggi fare, magari con opportuni silenzi, una sorta di check-up, individuale e collettivo, in fatto di comunione? Forse si torna ancora al prontuario dei buoni atteggiamenti morali, ma stavolta come galassia di impegni, affinché la gioia di Dio sia completa. 
La parola pace evoca, invece tutta una serie di percorsi obbligati per poter giungere alla salvezza. 
Oggi non bisogna lasciarsi sfuggire l’occasione della concretezza, per dire senza frasi smorzate che pace, giustizia e salvaguardia del creato sono il compito primordiale di ogni comunità cristiana. Che attingere a piene mani alla riserva utopica del Vangelo è l’unico realismo che oggi ci venga consentito. Che osare la pace per fede, sfidando il buon senso della carne e del sangue, è la prova del nove sul credito che sappiamo esprimere a favore della parola del Signore. Che la non violenza attiva deve divenire criterio irrinunciabile che regola tutti i rapporti personali e comunitari. 
La lettura non tollera interpretazioni di comodo. Se noi cristiani permetteremo l’ingrandirsi degli arsenali delle spade e delle lance a danno dei depositi dei vomeri e delle falci, non risponderemo alle attese di Dio. 
Così pure, se non sapremo leggere in termini fortemente critici le esercitazioni dei popoli nell’arte della guerra, sviliremo Isaia, estingueremo la nostra carica profetica, e difficilmente, nella notte di Natale, potremo accogliere l’esplosione dello «shalom», annunciato dagli angeli agli uomini che Dio ama (Lc 2,14).

+ don Tonino Bello, Vescovo 
[Antologia degli Scritti, Vol. 6, pg. 222-225]




Altro Natale:
culle insanguinate
senza lacrime di madri,
pianti sconsolati di fame
senza latte, senza pace,
senza ninne nanne.

Altro Natale
non con il piccolo presepe
tra gente semplice, fedele,
ma su strade d'asfalto,
tra l'urlo dei motori
nel brivido della morte violenta.

Altro Natale
senza compassione
dove Tu, Dio,
vuoi nascere ancora
per amare con cuore d'uomo.
Vieni, non mancare,
perché c'è sempre Lei ad aspettarti
in mezzo a noi:
la Povera,
la Vergine,
la Madre. 

 - Madre Anna Maria Cànopi -



Buona giornata a tutti. :-)







sabato 9 dicembre 2017

Litanie delle paure, della speranza, dell'impegno - + don Tonino Bello, Vescovo

litanie delle paure

[…] Paura del proprio simile. 
Paura del vicino di casa. 
Paura di chi mette in discussione i nostri consolidati sistemi di tranquillità, se non di egemonia. 
Paura dello zingaro. 
Paura dei terzomondiali. […] 
Paura di uscire di casa. 
Paura della violenza. 
Paura della guerra. […] 
Paura di non farcela. 
Paura di non essere accettati. 
Paura di non essere più capaci di uscire da certi pantani nei quali ci siamo infognati. 
Paura che sia inutile impegnarsi. 
Paura che, tanto, il mondo non possiamo cambiarlo noi. 
Paura che ormai i giochi sian fatti… Quante paure!




litanie delle speranze e dell’impegno

Ebbene di fronte a questo quadro così allucinante di paure umane, che cosa ci dice oggi il Signore? […] Rivolge a ciascuno di noi la stessa esortazione che l’angelo rivolse alla Vergine dell’Avvento e dell’Attesa. «Non temere, Maria». 
Non aver paura, Chiesa. 
Vedete: paura ha la stessa radice di pavimento. 
Viene dal latino «pavére». «Pavere» significa battere il terreno per livellarlo. Anche terrore ha la stessa radice di terra. 
Paura, quindi, è la conseguenza dell’essere battuto, appiattito, livellato, calpestato. 
Ora, che cosa mi dice il Signore di fronte a queste paure: rimani lì steso sul pavimento? Rimani appiattito atterrato? No! Mi dice la stessa cosa che ha detto a Maria: «non temere». 
E adopera due verbi bellissimi: alzatevi e levate il capo. 
Sono i due verbi dell’Avvento. Sono le due luci che ci devono accompagnare nel cammino che porta al Natale. 
Alzarsi significa credere che il Signore è venuto sulla terra duemila anni fa, proprio per aiutarci a vincere la rassegnazione. 
Alzarsi significa riconoscere che se le nostre braccia si sono fatte troppo corte per abbracciare tutta intera la speranza del mondo, il Signore ci presta le sue. 
Alzarsi significa abbandonare il pavimento della cattiveria, della violenza, dell’ambiguità, perché il peccato invecchia la terra. 
Alzarsi significa, insomma, allargare lo spessore della propria fede. 
Ma alzarsi significa anche  allargare lo spessore della speranza, puntando lo sguardo verso il futuro, da dove Egli un giorno verrà nella gloria per portare a compimento la sua opera di salvezza. 
E allora non ci sarà più pianto, né lutto, e tutte le lacrime saranno asciugate sul volto degli uomini. 
levare il capo che cosa significa? 
Fare un colpo di testa. Reagire. Muoversi. 
Essere convinti che il Signore viene ogni giorno, ogni momento nel qui e nell’ora della storia, [e] viene come ospite velato. E, quindi, saperlo riconoscere nei poveri, negli ultimi, nei sofferenti. 
Significa in definitiva: allargare lo spessore della carità. 
Ecco il senso di questo Avvento di solidarietà, ben espresso dall’augurio fortissimo che S. Paolo ci ha formulato nella seconda lettura «il Signore vi faccia crescere nell’amore vicendevole e verso tutti».

Verso tutti. Senza esclusione di nessuno.

[…] accanto ai poveri, agli ultimi, ai sofferenti, ai malati cronici, agli handicappati, agli anziani, ai malati terminali, ai dimessi dal carcere e dai manicomi… per condividerne tempo, gioie e speranze. […] accanto agli immigrati, ai migranti, ai terzomondiali, non soltanto dando loro un letto e la buona notte, ma incalzando soprattutto le pubbliche istituzioni perché i provvedimenti di legge siano meno disumani delle norme vigenti. […]

Vissuto così, l’Avvento non sarà il contenitore delle nostre paure, ma l’ostensorio delle nostre speranze.

+ don Tonino Bello, Vescovo 
[Antologia degli Scritti, Vol. 2, pagg. 177-183]



[…] Ogni momento il Signore compare come ospite velato. Avete ascoltato – dice Elia – il Signore è venuto ma non lo hanno riconosciuto. Il problema è del «riconoscimento». 
Per noi conoscere Gesù non è poi tanto difficile: lo conosciamo nella Liturgia, nella Bibbia, negli studi di Teologia, nelle nostre meditazioni, nel Tabernacolo; conosciamo il suo pensiero, la sua parola, la sua opera. 
Il problema è «riconoscere» che è molto più difficile di conoscere, perché bisogna sempre togliere il muro d’ombra, dice Ungaretti nella sua poesia «la Madre». 
Il nostro corpo è come il muro d’ombra, quando il cuore si fermerà, cadrà il muro d’ombra e davanti al Signore comparirà l’essere profondo della nostra persona.[…]

Sarebbe un guaio se non riconoscessimo il Signore che viene.

Se saremo sul passo degli ultimi, se cadenzeremo il nostro passo con gli ultimi, ci sarà più facile attardarci con gli ultimi; mentre si cammina insieme, aiutando coloro che viaggiano con noi, si ha anche la possibilità di dire: «Sei tu Signore che compari sotto la specie dell’uomo, sacramento di Te, sotto le specie consacrate che sono costituite dal corpo e dal sangue del nostro fratello».

Ed è una chiamata che erompe oggi dal cuore della storia… 

+ don Tonino Bello, Vescovo 
[Antologia degli Scritti, Vol. 2, pagg. 177-183]




in principio è la paura

[…] La catastrofe non è soltanto l’evento ultimo e conclusivo, è un processo. Va letta come un processo che investe le cose e le distrugge come una alluvione segreta che porta morte. E’ un fatto che va constatato, non sfuggendo all’evidenza creandoci piccole isole di sicurezza, come durante una alluvione, mentre l’acqua sale, si sta tutti addossati nell’ultimo isolotto rimasto indenne dall’acqua. L’acqua arriva anche lì. Tutto sommergerà se noi ci affidiamo alla falsa solidità delle cose acquisite. Il «principio di morte» – direbbero gli psicanalisti – entra e prevale.

Allora, una volta che noi ci troviamo – come dice il Signore – a dover vivere con vigilanza, cosa dobbiamo fare? Io credo che il nostro primo dovere sia di non fingere falsa sicurezza, ma di farci invadere dalla paura per ciò che essa ha di giusto e di razionale: sentirla dentro di noi. E c’è un modo, che appartiene all’antica pedagogica cristiana, anzi, oso dire, umanistica, ma che è stato un po’ abbandonato. Cioè: noi abbiamo tutti, nel nostro essere personale, il modo di verifica della catastrofe: ed è la nostra morte. La morte non è solo un evento biologico di cui naturalmente abbiamo paura, ma è un evento cosmico, perché il mondo acquista senso, per ciascuno di noi, nel suo angolo di vita personale; e per quanto accettiamo le spiegazioni oggettive e collettive, guai a noi se stacchiamo l’ancora dalla profondità del nostro essere: allora ci alieniamo, passiamo tutta la vita a parlare con categorie universali e rimaniamo lontani da noi stessi. Ma la paura verrà all’improvviso.

Questo è ciò che dice il Signore quando parla del «cuore appesantito dalle dissipazioni» C’è una dissipazione di tipo intellettuale, anche. Ed è la dissipazione di tipo intellettuale quella che ci porta sempre a mettere tra parentesi «la catastrofe» che ci riguarda. […]

La fede ci dà la possibilità di un altro discorso. Il Signore allude a questa posizione là dove dice: «Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina» […] di là di quei processi catastrofici non c’è il vuoto, la cifra senza spiegazione: per noi c’è l’alleanza. C’è l’impegno dall’altra parte. Il nostro è il Dio della Promessa. […] E allora, se c’è questa promessa che si è attuata nel figlio dell’uomo, il mio atteggiamento non è più di paura invincibile, perché per quanto passino il cielo e la terra, c’è qualcosa che non passa: appunto la Parola che la fede schiude dentro come un fiore sempre vivo.

C’è un modo – per così dire – di vivere dentro la tragedia della fine e insieme di scontarla in noi. Viverla senza finzione e insieme superarla in attesa di cose nuove che devono venire. Se la nostra consuetudine con la Parola di Dio non è occasionale ma strutturale, è una specie di ritmo interno che si intreccia col battito del cuore, queste cose noi le vediamo nascere.

E allora la nostra scelta di fede sarà non quella di piangere sulle catastrofi ma quella di allearci con le cose nuove in cui traluce l’adempimento della Promessa di Dio. […] perché Egli è Colui che viene. Il giorno del Signore viene, non appartiene al nostro calendario passato, è una dimensione del futuro che irrompe, appunto è un adventus, è qualcosa che viene verso di noi. Allora la fede consiste nel discernimento di questo processo antitetico al successo della catastrofe che è processo di vita. Consiste nell’allearsi ai nuovi segni di vita.

Prima di essere una morale, la fede è discernimento, è un saper cogliere la realtà che nasce, è un passo verso ciò che nasce e cresce. Questo è il modo di incontrare Dio. […] E quando la nostra vita si è legata, con questo nesso indissolubile, al processo del Dio che viene, allora siamo liberi dalla paura.

Infatti, che cosa può avvenire poi? Cosa può avvenire che spezzi questa certezza? Niente può avvenire! 
All’interno di una vera comunità cristiana non c’è la paura di esser incompresi, perseguitati, vittime della storia. […] 
Non staremo a piangere sul mondo che ci perseguita: staremo qui ad allevare il germoglio che è nato; ad esser pronti – in qualunque parte del pianeta  – a scommettere che per la promessa di Dio, adempiuta in Cristo, la morte sarà vinta. 
E questa certezza va pagata quotidianamente, non spesa nelle orazioni domenicali: va scontata giorno per giorno nelle scelte.

padre Ernesto Balducci 
[Il mandorlo e il fuoco, Avvento, 1a domenica] 


Buona giornata a tutti. :-)