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sabato 12 dicembre 2015

da: "Un Natale vero?" - card. Giacomo Biffi -

"Il Natale è una verità:
la verità di Dio che sorprendentemente ci ama 
ed è venuto a farsi uno di noi. 
Dio ormai non ci lascia più; 
non siamo più soli: i compagni, gli amici, i parenti 
ci possono abbandonare.
Ma il Dio che ha tanto amato il mondo 
da dare il suo unico Figlio, 
unito personalmente per sempre alla nostra natura 
di creature fragili e dolenti, 
non ci abbandonerà mai alle nostre tristezze, 
alla nostra inquietudine, 
al nostro peccato. 
Non è una fiaba, è una notizia, 
cioè l'informazione su un fatto avvenuto; 
non è un bel sogno, 
è una realtà ancora più bella 
di ciò che desidereremmo sognare. 
Nessun uomo ormai può sfuggire al suo Creatore, 
che lo insegue, 
lo vuol raggiungere e legare a sè. 
Non possiamo sfuggirgli, 
perché il suo amore corre più veloce di noi."


- Cardinale Giacomo Biffi - 
da: "Un Natale Vero?", Edizioni Studio Domenicano

Giotto -Natività, particolare- Cappella degli Scrovegni, Padova

«Cristo nella mangiatoia [...]. Dio non si vergogna della bassezza dell’uomo, vi entra dentro [...]. Dio è vicino alla bassezza, ama ciò che è perduto, ciò che non è considerato, l’insignificante, ciò che è emarginato, debole e affranto; dove gli uomini dicono “perduto”, lì Egli dice “salvato”; dove gli uomini dicono “no”, lì Egli dice “sì”. 
Dove gli uomini distolgono con indifferenza o altezzosamente il loro sguardo, lì Egli posa il suo sguardo pieno di amore ardente incomparabile. 
Dove gli uomini dicono “spregevole”, lì Dio esclama “beato”. 
Dove nella nostra vita siamo finiti in una situazione in cui possiamo solo vergognarci davanti a noi stessi e davanti a Dio, dove pensiamo che anche Dio dovrebbe adesso vergognarsi di noi, dove ci sentiamo lontani da Dio come mai nella vita, proprio lì Dio ci è vicino come mai lo era stato prima, lì 
Egli vuole irrompere nella nostra vita, lì ci fa sentire il Suo approssimarsi, affinché comprendiamo il miracolo del Suo amore, della Sua vicinanza e della Sua grazia».

- Dietrich Bonhoeffer -



Dal Natale nasce una famiglia. È la festa di oggi: la famiglia di Gesù, santa perché Sua. Non si diventa familiari di Dio per diritto; non è un’eredità; non è mai un possesso. È la famiglia di coloro che lo hanno accolto nella fede, che da lui ricevono il potere di diventare figli di Dio.
È una famiglia larga, di uomini e donne veri, di fratelli più piccoli di Gesù, di peccatori perdonati, di uomini qualsiasi chiamati a seguirlo. È quella discendenza enorme che compone il cielo stellato promesso ad Abramo.
La liturgia ci presenta la Santa Famiglia di Nazareth. Cosa vuole insegnarci? Che il bambino Gesù ne è il centro, il cuore, il motivo dell’amore. Come dire che senza Gesù, e senza averlo preso con sé, non ci sarebbe stata quella famiglia, si sarebbe rotta al suo nascere.
Prendiamo Gesù con noi e saremo salvi. Prendiamo Gesù con noi e sapremo vivere assieme, in famiglia e con gli altri. Accogliamo la parola dell’Angelo, il Vangelo, e sapremo percorrere le vie della vita, sapremo evitare i pericoli, e comunque trovare il nostro Egitto, il nostro rifugio, anche se ci costa.

- Papa Benedetto XVI - 
























Buona giornata a tutti. :-)







venerdì 28 agosto 2015

Da: “Paura dell'infinito” - Dietrich Bonhoeffer -

La paura è in un certo qual modo il nostro principale nemico. Essa si annida nel cuore dell’uomo e lo mina interiormente finché egli crolla improvvisamente, senza opporre resistenza e privo di forza.
Corrode e rosicchia di nascosto tutti i fili che ci uniscono al Signore e al prossimo. 
Quando l’essere umano in pericolo tenta di aggrapparsi alle corde, queste si spezzano, ed egli, indifeso e disperato, si lascia cadere tra le risate dell’inferno. Allora la paura lo guarda sogghignando e gli dice: ora siamo soli, tu e io, e ora ti mostro il mio vero volto.
Chi ha conosciuto e si è abbandonato a questo sentimento in un’orribile solitudine — la paura di fronte a una grave decisione, la paura di un destino avverso, la preoccupazione per il lavoro, la paura di un vizio a cui non si può più opporre resistenza e che rende schiavi, la paura della vergogna, la paura di un’altra persona, la paura di morire — sa che è soltanto una maschera del
male, una forma in cui il mondo ostile a Dio cerca di ghermirlo. 
Non c’è nulla nella nostra vita che ci renda evidente la realtà di queste forze ostili al Creatore come questa solitudine, questa fragilità, questa nebbia che si diffonde su ogni cosa, questa mancanza di vie di uscita e questa folle agitazione che ci assale quando vogliamo uscire da questa terribile disperazione. 
Avete mai visto qualcuno assalito dalla paura? Il suo viso è orribile quando è bambino e continua a essere spaventoso anche da adulto: quella fissità dello sguardo, quel tremore animalesco, quella difesa supplichevole. 
La paura fa perdere all’uomo la sua umanità. Non sembra più una creatura di Dio, ma del diavolo; diventa un essere devastato, sottomesso.
Abbiamo paura della quiete. Siamo così abituati all’agitazione e al rumore, che il silenzio ci appare minaccioso e lo rifuggiamo. 
Passiamo da un’attività all’altra per non dover stare soli, per non essere costretti a guardarci allo specchio. Ci annoiamo, a tu per tu con noi stessi. Spesso le ore che siamo costretti a trascorrere in solitudine ci sembrano le più tristi e le meno fruttuose. 
Ma non abbiamo soltanto il timore di noi e di scoprirci; temiamo molto di più l’Onnipotente. Vorremmo evitare che disturbi la nostra tranquillità e ci smascheri, creando un rapporto esclusivo a due per poi disporre di noi secondo la sua volontà. 
Questo incontro misterioso ci preoccupa e cerchiamo di sottrarci a questa esperienza. Ci teniamo alla larga dal pensiero di Dio, per evitare che Egli arrivi inaspettatamente e ci rimanga troppo vicino. Sarebbe terribile doverlo guardare negli occhi e doversi giustificare. Dal nostro volto potrebbe scomparire per sempre il sorriso. Potrebbe, per una volta, accadere qualcosa di molto serio a cui non siamo più abituati.
Questa paura è una caratteristica della nostra epoca. Viviamo con l’ansia di essere improvvisamente avvolti e manovrati dall’infinito. 
Allora preferiamo vivere in società, andare al cinema o a teatro per poi essere portati al cimitero, piuttosto che rimanere un minuto di fronte al Signore.
Nell’Apocalisse di san Giovanni leggiamo: «Temete Dio e dategli gloria, perché è giunta l’ora del suo giudizio» (14, 7). «Temete Dio», invece delle cose che vi fanno paura. 
Non temete il futuro, non temete gli altri uomini. 
Non temete la violenza e la forza, anche se possono privarvi dei vostri beni e della vostra vita. 
Non temete i potenti di questo mondo. 
Non temete nemmeno voi stessi. 
Non temete i peccati. 
Morirete a causa di tutti questi timori. 
Liberatevi da queste paure, ma temete Dio e soltanto Lui, che ha autorità su tutti i poteri terreni. Davanti a Lui deve provare timore tutta la Terra.
Può darci la vita o privarcene. Tutto il resto non ha importanza, solo il Signore conta. 
Che cosa ci chiederà il Padre nell’ultimo giorno? Soltanto una cosa: «Avete creduto al Vangelo e gli avete ubbidito?». Non domanderà se eravamo tedeschi o ebrei, se eravamo nazisti oppure no, e nemmeno se facevamo parte della Chiesa confessante, se eravamo persone influenti e di successo, se possiamo vantarci di grandi opere, se eravamo rispettati oppure malvagi, insignificanti, inutili e sconosciuti. Il nostro unico giudice sarà il Vangelo. 
Perché io sono proprio io? Che cosa sono davvero? Chi sono?
Perché esisto? Da dove arrivo? Qual è il mio fine? Cosa ne sarà di me? 
Sono queste le domande che l’umanità si pone da sempre. L’uomo si sente aggredito da una forza superiore, da tutto un mondo, dal suo stesso io; allora comincia a indagare, a cercare, ad arrovellarsi e procede di scoperta in scoperta, sentendosi sempre più inquieto. Di fronte a se stesso viene colto da una grande paura. Per la prima volta è toccato dalla miseria dell’essere umano e il cuore si contrae nella consapevolezza della sua mancanza di libertà. A questo punto reclama una cosa soltanto: la liberazione dal demone delirio e dal suo dominio, la redenzione. 
Come posso salvare il mio io? Come posso diventare libero? Come posso dare una forma a ciò che non ne ha e organizzare ciò che è privo di coerenza?
Come posso dominare il caos?
In ogni tempio greco antico erano riportate queste parole: «Conosci te stesso!». Solo in questo modo diventerai padrone del tuo io. È un’esperienza che può fare ognuno di noi: nessuno riesce realmente a conoscersi nel corso della sua vita. Siamo e rimaniamo ignoti a noi stessi, soltanto Dio è in grado di vedere davvero dentro di noi.
Se ci lambicchiamo il cervello ci procuriamo soltanto grandi tormenti: sappiamo bene che questo atteggiamento conduce alla disperazione e non al sollievo. 
Quindi è necessario percorrere un’altra via: non quella della conoscenza di sé, ma il dominio e la formazione di sé attraverso la volontà.
Perché il problema della debolezza è così importante? 
Hai mai visto nel mondo un mistero più grande dei poveri, dei vecchi, dei malati. 
Hai mai pensato a come appare la vita a uno storpio, a un infermo senza speranza, a una persona sfruttata, a un nero in un ambiente di bianchi, a un intoccabile? Se lo hai fatto, riesci a sentire che in quei casi l’esistenza ha un significato diverso da quello che le attribuisci tu? Comprendi che anche tu, comunque, appartieni alla categoria degli sfortunati, perché anche tu sei un essere umano come loro, perché sei forte e non debole, perché in tutti i tuoi pensieri avvertirai la loro fragilità? Non ci siamo resi conto che non potremo mai essere felici finché questo universo della debolezza, da cui forse finora siamo stati risparmiati ci rimane estraneo e sconosciuto, distante, finché lo teniamo lontano dalla nostra portata, in modo consapevole o inconsapevole?
Che cosa significa debolezza nel nostro mondo? Sappiamo che fin dai primi tempi fu rimproverato al cristianesimo di rivolgere il suo messaggio ai deboli: era considerato la religione degli schiavi, di quelli che soffrono di complessi di inferiorità; si diceva che dovesse il suo successo alla massa di
disperati dei quali ha esaltato la condizione di miseria. È stato proprio l’atteggiamento nei confronti del problema del male nel mondo che ha attirato simpatie oppure odio per questa confessione. Ha sempre prodotto l’opposizione forte e sdegnata di una filosofia aristocratica che esaltava la forza e il potere, in contrapposizione con i nuovi valori di rifiuto della violenza ed esaltazione dell’umiltà.
Anche nella nostra epoca siamo testimoni di questa lotta. Il cristianesimo resiste o fallisce con la sua protesta rivoluzionaria contro l’arbitrio e la superbia del potente, con la sua difesa del povero.
Credo che i cristiani facciano troppo poco, e non troppo, per rendere chiaro questo concetto. 
Si sono adattati troppo facilmente al culto del più forte. Dovrebbero dare molto più scandalo, scioccare molto più di quanto facciano ora.

- Dietrich Bonhoeffer - 

in “L'Osservatore Romano” del 9 aprile 2015
Scritti inediti di Dietrich Bonhoeffer, ucciso nel campo di concentramento di Flossenbürg il 9 aprile 1945, sono appena apparsi nel volume dal titolo "La fragilità del male" (Milano, Piemme, 2015, pagine 176, Stralcio dal primo capitolo)





"I figli di Dio non devono avere quaggiù altra patria che l’universo intero. Con la totalità delle creature ragionevoli che ha contenuto e contiene e conterrà, il nostro amore deve avere la stessa estensione attraverso tutto lo spazio.
Ogni qual volta un uomo ha invocato con cuore puro Osiride, Dioniso, Crisna, Budda, Il Tao ecc. il Figlio di Dio ha risposto inviandogli lo spirito Santo e lo Spirito Santo ha agito sulla sua anima, non inducendolo ad abbandonare la sua tradizi
one religiosa, ma dandogli luce e nei migliori dei casi la pienezza della luce all’interno di tale tradizione.
Poiché in occidente la parola Dio, nel suo significato corrente, disegna una persona, quegli uomini nei quali l’attenzione, la fede e l’amore si applicano quasi esclusivamente al perfetto impersonale di Dio, possono credere e dirsi atei, sebbene l’amore soprannaturale abiti nella loro anima.
Costoro sono sicuramente salvati e si riconosce dal loro atteggiamento verso le cose di quaggiù, quelli che possiedono allo stato puro l’amore per il prossimo e l’accettazione dell’ordine del mondo compresa la sventura, costoro sono tutti sicuramente salvati, anche se vivono e muoiono in apparenza atei". 

- Simone Weil -



"Anche sogliono essere odiatissimi i buoni e i generosi perché ordinariamente sono sinceri, e chiamano le cose coi loro nomi.
Colpa non perdonata dal genere umano, il quale non odia mai tanto chi fa male, né il male stesso, quanto chi lo nomina.
In modo che più volte, mentre chi fa male ottiene ricchezze, onori e potenza, chi lo nomina è strascinato in sui patiboli, essendo gli uomini prontissimi a sofferire o dagli altri o dal cielo qualunque cosa, purché in parole ne sieno salvi." 

- Giacomo Leopardi - 





Cercavo te nelle stelle
quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
ma non mi diedero che poche volte
solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
meditai la bestemmia insensata
che il mondo era uno sbaglio di Dio,
io uno sbaglio nel mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c’eri tu.

(Primo Levi)


Titolo della poesia "11 febbraio 1946". 
Fa parte della raccolta "Ad ora incerta"


Buona giornata a tutti. :-)




sabato 30 maggio 2015

La vittoria sul peccato e sulla morte - Dietrich Bonhoeffer

Durante la nostra vita non parliamo volentieri di vittoria: per noi è una parola troppo grande. Nel corso degli anni abbiamo subito troppe sconfitte. Troppi momenti di debolezza e colpe troppo gravi ce l’hanno preclusa. Tuttavia lo spirito che è dentro di noi vi anela, desidera il successo finale contro il male, contro il timore della morte. Nemmeno la parola di Dio ci promette che vinceremo il peccato e la morte, ma afferma con tutta la sua forza che qualcuno ha ottenuto questo risultato. Se lo considereremo nostro Signore, Egli vincerà anche noi. Non siamo noi a trionfare, ma Gesù. 
Noi oggi annunciamo e crediamo queste cose in contrasto con tutto quello che vediamo intorno, contro le tombe del nostro amore, contro la natura morente, contro tutto il dolore che la guerra ci sta portando.
Constatiamo che la morte si afferma, ma crediamo che il Messia l’abbia superata e lo testimoniamo. «La morte è stata inghiottita nella vittoria» (1Cor 15, 54). 
Egli è il vincitore. Resurrezione dei morti e vita eterna. 
La Sacra Scrittura riporta una sorta di canzone satirica dal tono trionfalistico: «Dov’è, o morte, la tua vittoria? 
Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor 15, 55). 
Si vantano la morte e il peccato, incutendo timore all’uomo, come se fossero loro i signori del mondo, ma è solo apparenza. 
È da tempo che hanno perduto il loro potere: è il Salvatore che glielo ha sottratto. Da allora nessun essere umano che rimanga accanto a Lui deve temere questi oscuri padroni. Il pungiglione con cui la morte ci colpisce non ha più nessun potere. Ma allora, ci chiediamo, perché nella nostra vita non sembra che sia davvero così, perché vediamo così pochi segni di questa vittoria? Perché il peccato e la morte incombono su di noi? 
È la stessa domanda che Dio ci pone: io ho fatto tutto questo per voi e voi vivete come se non fosse accaduto! Vi sottomettete alla paura, come se poteste ancora farlo! Perché la vittoria non è visibile nella vostra esistenza? 
Perché non volete credere che Cristo è il vero e unico vincitore. 
La mancanza di fede è causa della vostra sconfitta.

- Dietrich Bonhoeffer -
da: "La fragilità del male", ed.Piemme
26 novembre 1939




La fede non è un’assicurazione kasko. Anzi, ciò che hanno sempre vissuto i cristiani – e ne sono testimoni recenti i fratelli cristiani dell’Egitto, dell’Etiopia, dell’Iraq, della Nigeria – è già stato predetto da Gesù: «Viene l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio». 
Eppure, in questa apparente fatalità, lo Spirito del Signore opera: l’assurda persecuzione diventa una significativa testimonianza, e l’odio subito diventa un martirio d’amore. 
Facile? Per niente! 
Proprio per questo Gesù ci dona il suo Spirito. 
Solo perché lo Spirito rende testimonianza di Gesù, noi possiamo essere suoi testimoni. Vieni Spirito Santo!

- Robert Cheaib -


Una foto unica scattata da Mehmet Gokygit in Turchia. Senza parole!



Preghiera del prigioniero 
Schaechen: 1944

Dio di speranza
nelle ore lente della loro attesa
veglia su loro inermi
dà loro la forza della Fede
per sopportare le umiliazioni
dà loro le armi della Fede
per vincere lo sconforto.

Dio d'amore
nei giorni grigi e del silenzio
della lontananza e delle voci care
veglia su loro
perchè la sofferenza
si elevi in preghiera
perchè la nostalgia
si tramuti in speranza.

Dio di carità
nella notte oscura
della loro prigionia
proteggi le loro famiglie
fa che nella Tua voce divina
esse sentano l'invocazione
della loro preghiera
ed il richiamo del loro amore.

Dio di salvezza
perchè hai dato agli uomini
con la Tua morte la vita eterna
fa rivivere nella Tua luce
i compagni loro
scesi nella fredda fossa
di terra straniera
e privi dell'ultimo bacio
dei loro Cari.

Dio di bontà
per l'esempio della Tua sacra Umanità
rendi loro ogni compagno fratello
e dà ad ognuno il conforto
d'un Cuore amico
per la sottomissione alla Tua volontà
sostieni in tutti
la purezza della coscienza
e la serena forza dello Spirito
e dà alle loro anime la salvezza.

Dio di misericordia
per le ferite della Tua fronte
coronate di spina
libera loro dalla cintura di ferro
che li rinserra
per il peso della Tua Croce
e per il Tuo martirio
fa che il loro sacrificio
abbia la grazia del Tuo premio.

Dio di resurrezione
per l'intercessione
del Santo dei santi
fa che in un'alba vicina
le Campane d'Italia
cantino a distesa la Tua Gloria nella Pace
fa che la Patria nostra
dalle rovine risorga
e dalle sofferenze patite
nasca la sua Redenzione.

Dio di giustizia
per il dolore che li percuote
accendi in noi
la fiamma della Speranza
per la tristezza che li assale
accresci in loro
la luce della Fede
e dà un nome di certezza
al nostro domani
nell'attesa fa che essi ascoltino
la Tua voce e saranno già
sulla via del ritorno

e così sia.





Buona giornata a tutti. :-)




martedì 24 febbraio 2015

Chi sono, io? - Dietrich Bonhoeffer

Chi sono, io? Mi dicon spesso
che esco dalla mia cella
calmo e lieto e saldo
come il padrone del suo castello.
Chi sono, io? Mi dicon spesso
che parlo alle mie guardie
libero e amichevole e chiaro
come fossi io a comandare.
Chi sono, io? Mi dicon anche
che sopporto i giorni della sventura
impavido e sorridente e fiero
come chi è avvezzo alla vittoria.
Io, in realtà, son ciò che gli altri dicono di me?
O sono solo ciò che so io di me stesso?
Inquieto, nostalgico, malato come un uccello in gabbia
bramoso d'un respiro vivo come mi strozzassero alla gola
affamato di colori, di fiori, di voci d'uccelli
assetato di parole buone, di presenza umana
tremante di collera davanti all'arbitrio 
e alla più meschina umiliazione
roso per l'attesa di grandi cose
impotente e preoccupato per l'amico ad infinita distanza
stanco e vuoto per pregare, per pensare, per creare
esausto e pronto a prendere congedo da tutto?
Chi sono, io? Questo o quello?
Oggi uno, domani un altro?
Sono tutt'e due insieme? Davanti agli uomini un simulatore
e davanti a me stesso uno spregevole, querulo rottame?
O ciò che in me c'è ancora rassomiglia all'esercito sconfitto
che si ritira in disordine prima della vittoria del già vinto?
Chi sono, io? - domandare solitario che m'irride.
Chiunque io sia, tu mi conosci, tuo sono io, o Dio!

- Dietrich Bonhoeffer -
da "Chi sono, io?"



Se si esercita fin dall’inizio la disciplina della lingua, ognuno potrà fare una scoperta incomparabile. Riuscirà cioè a smettere di tener d’occhio continuamente l’altro, di giudicarlo, di condannarlo, di inquadrarlo nel posto che a lui sembra gli spetti, di esercitare violenza su di lui. Ora riesce a riconoscere il fratello nella sua piena libertà, così come Dio glielo ha posto davanti. La visione si amplia, e con sua sorpresa è in grado di riconoscere nei suoi fratelli, per la prima volta, la ricchezza e la gloria della creazione divina.

- Dietrich Bonhoeffer - 

Da ”Vita comune”



Se il mio peccato mi sembra in qualche modo inferiore a quello degli altri, meno ri­provevole, non riconosco affatto il mio esser peccatore. 
Il mio pecca­to deve per forza essere il più grande, il più grave, il più riprovevole di tutti.
Per i peccati degli altri ci pensa l’amore fraterno a trovare sempre qualche scusante, mentre per il mio non ce ne sono. 
Per questo è il più grave. A questo livello di umiltà deve giungere chi voglia servire i fratelli nella comunione.
Come potrei infatti non es­sere ipocrita nel servire umilmente anche colui che in tutta serietà mi risulta peccatore più di me? Non è inevitabile che mi metta al di sopra di lui? Mi è consentito avere ancora speranza per lui? Sa­rebbe un servizio ipocrita.
«Non credere di aver fatto progressi nella tua santificazione, se non hai un profondo sentimento della tua infe­riorità rispetto agli altri».

di Dietrich Bonhoeffer 

da: "Vita comune"

Dietrich Bonhoeffer nato nel 1906, pastore e teologo luterano protestante, morto martire, impiccato sotto il nazismo, nel campo di concentramento di Flossenbùrg all’alba del 9 aprile 1945, pochi giorni prima della fine della guerra, quando ormai Hitler era alla fine.



"Le mie battaglie le combatto contro di me, contro i miei propri demoni: ma combattere in mezzo a migliaia di persone impaurite, contro fanatici furiosi e gelidi che vogliono la nostra fine, no, questo non è proprio il mio genere. 
Non ho paura, non so, mi sento così tranquilla. Mi sento in grado di sopportare il pezzo di storia che stiamo vivendo, senza soccombere. 
Mi sembra che si esageri nel temere per il nostro corpo. 
Lo spirito viene dimenticato, s'accartoccia e avvizzisce in qualche angolino. Viviamo in un modo sbagliato, senza dignità. 
Io non odio nessuno, non sono amareggiata: una volta che l'amore per tutti gli uomini comincia a svilupparsi in noi, diventa infinito"

- Etty Hillesum -



Signore, Padre di tutti gli uomini,
accogli il grido dei piccoli, degli inermi,
delle vittime della guerra
e mostra la Tua predilezione per loro
fermando ogni violenza fratricida,
ogni progetto di distruzione e di iniquità.
Cristo nostra pace, convertici a Te,
alla Tua Croce,
al Tuo perdono universale,
al Tuo amore senza riserve per ogni creatura.
Fratello di ogni uomo,
fa sentire nel cuore di chi uccide e opprime
la Tua inquietudine di giustizia e d'amore.
Spirito Santo, Spirito della vita,
illumina la mente e scalda il cuore
di coloro che hanno in mano
la vita dei loro simili,
perché le ragioni della pace e della giustizia
trionfino sulle forze della morte
e gli uomini ed i popoli riconciliati
possano incontrarsi, parlarsi e riscoprirsi fratelli.
Amen.




Buona giornata a tutti. :-)







venerdì 5 dicembre 2014

Ecco io sono con voi - Padre Charles de Foucauld

Sempre con noi mediante la santa Eucaristia,
sempre con noi mediante la tua grazia,
sempre con noi mediante la tua provvidenza
che ci protegge senza interruzione,
sempre con noi mediante il tuo Amore...
O mio Dio, quale felicità! Quale felicità!
Dio con noi. Dio in noi.
Dio nel quale ci muoviamo e siamo...
O mio Dio, che cosa ci manca ancora?
Quanto siamo felici!
«Emmanuele, Dio-con-noi»,
ecco per così dire la prima parola del Vangelo...
«Io sono con voi fino alla fine del mondo»,
ecco l'ultima.
Quanto siamo felici! Quanto sei buono...
La santa Eucaristia è Gesù, è tutto Gesù!
Nella santa Eucaristia tu sei tutto intero,
completamente vivo, o mio beneamato Gesù,
così pienamente come lo eri
nella casa della Santa Famiglia di Nazareth,
nella casa di Maddalena a Betania,
come lo eri in mezzo ai tuoi apostoli...
Allo stesso modo tu sei qui,
o mio Beneamato e mio tutto...
E facci questa grazia, o mio Dio,
non a me soltanto ma a tutti i tuoi figli,
in te, per mezzo di Te e per Te:
«Dacci il nostro pane quotidiano»,
dallo a tutti gli uomini,
questo vero pane che è l'Ostia santa,
fa' che tutti gli uomini l'amino,
lo venerino, l'adorino,
e che il loro culto universale
ti glorifichi e consoli il tuo Cuore.
Amen

- Padre Charles de Foucauld -




Guardate un po' cosa c'è nella Stazione Spaziale Internazionale?

Preghiamo tutti per loro e per Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana nello spazio.

Felici di essere italiani ma, soprattutto, di essere cristiani.






Nessuno possiede Dio in modo tale da non doverlo più attendere.
Eppure non può attendere Dio chi non pensa che Dio ha già atteso lungamente lui.

- Dietrich Bonhoeffer -
 





Buona giornata a tutti. :-)