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sabato 30 marzo 2019

Come sei bella, amica mia, come sei bella! - Dal Cantico dei Cantici, IV, 1-16




Come sei bella, amica mia, come sei bella!
Gli occhi tuoi sono colombe,
dietro il tuo velo.
Le tue chiome come un gregge di capre,
che scendono dalle pendici del Galaad.
I tuoi denti come un gregge di pecore tosate,
che risalgono dal bagno;
tutte procedono appaiate,
e nessuna è senza compagna.
Come un nastro di porpora le tue labbra
e la tua bocca è soffusa di grazia;
come spicchio di melagrana la tua gota
attraverso il tuo velo.




Come la torre di Davide il tuo collo,
costruita a guisa di fortezza.
Mille scudi vi sono appesi,
tutte armature di prodi.
I tuoi seni sono come due cerbiatti,
gemelli di una gazzella,
che pascolano fra i gigli.




Prima che spiri la brezza del giorno
e si allunghino le ombre,
me ne andrò al monte della mirra
e alla collina dell’incenso.
Tutta bella tu sei, amica mia,
in te nessuna macchia.



Vieni con me dal Libano, o sposa,
con me dal Libano, vieni!
Osserva dalla cima dell’Amana,
dalla cima del Senir e dell’Ermon,
dalle tane dei leoni,
dai monti dei leopardi.
Tu mi hai rapito il cuore,
sorella mia, sposa,
tu mi hai rapito il cuore
con un solo tuo sguardo,
con una perla sola della tua collana!




Quanto sono soavi le tue carezze,
sorella mia, sposa,
quanto più deliziose del vino le tue carezze.
L’odore dei tuoi profumi sorpassa tutti gli aromi.
Le tue labbra stillano miele vergine, o sposa,
c’è miele e latte sotto la tua lingua
e il profumo delle tue vesti è come il profumo del Libano.
Giardino chiuso tu sei,
sorella mia, sposa,
giardino chiuso, fontana sigillata.




I tuoi germogli sono un giardino di melagrane,
con i frutti più squisiti,
alberi di cipro con nardo,
nardo e zafferano, cannella e cinnamomo
con ogni specie d’alberi da incenso;
mirra e aloe
con tutti i migliori aromi.
Fontana che irrora i giardini,
pozzo d’acque vive
e ruscelli sgorganti dal Libano.
Levati, aquilone, e tu, austro, vieni,
soffia nel mio giardino,
si effondano i suoi aromi.
Venga il mio diletto nel suo giardino
e ne mangi i frutti squisiti.

Cantico dei Cantici, IV, 1-6 
Fonte: La sacra Bibbia, Conferenza Episcopale Italiana, 1974 Roma




Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore,
tenace come gli inferi è la passione:
le sue vampe son vampe di fuoco,
una fiamma del Signore!
Le grandi acque non possono spegnere l'amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell'amore, non ne avrebbe che dispregio

Cantico dei Cantici 8:6-7

Buona giornata a tutti. :-)



sabato 24 novembre 2018

Dagli inizi dell’umanità ci si è posto l’interrogativo: perché il male? Perché le malattie?

Oggi i giornali, le tv, i media esibiscono quotidianamente uomini e donne giovani, belli, sani: questi per loro sono l'uomo o la donna! 
La cultura di massa nasconde costante­mente la sofferenza e il disagio, mostrando i valori esteriori all'uomo, la produttività, l'efficienza, l'apparenza ecc. 
Nonostante i proclami ufficiali e le leggi, spesso i malati e gli anziani sono trattati come «oggetti»: si cura la malattia, non la persona malata. 

A volte la disperazione porta ad attribuire a Dio, il Padre, la nostra sofferenza: «Che cosa ho fatto di male perché Dio mi debba castigare così?». Sia nelle prediche sia nelle preghiere è ancora presente la concezione che «fare la volontà di Dio» sia rassegnazione passiva all'ingiu­stizia, ai mali dell'esistenza, alla fatalità. 
Anche appellarsi al destino come a un fattore predeterminante, al di fuori di ogni razionalità, pesa sull'esistenza di molti cristiani che, come i pagani, prestano fede ai luoghi comuni: «È stato il destino!».



Dagli inizi dell’umanità ci si è posto l’interrogativo: perché il male? 
Perché le malattie?
Non potendo trovare la risposta nell’umano, si è ricercata nel divino, nella religione anziché nella condizione esistenziale dell’uomo. E la risposta della religione fu che esistevano due divinità, una buona, ed era il Dio Creatore, quello della Vita, del Benessere, della Salute, e una divinità malvagia, ed era il Dio della Morte, della Malattia, della Povertà. 
Questa spiegazione era molto semplice, ma risolveva efficacemente il problema del perché della malattia, e della morte……
…. Questa relazione tra la malattia e la colpa dell’uomo è penetrata mettendo le radici nell’intimo delle persone, e nonostante Gesù abbia smentito categoricamente alcuna relazione tra la malattia e il peccato, questo fa che le persone quando vengono a conoscenza di essere affette da una malattia hanno dapprima una reazione di incredulità (Non è possibile!), poi di rifiuto/rabbia (Perché proprio a me?) e infine il devastante senso di colpa: Che cosa ho fatto di male per meritare questo?
Enorme è la responsabilità della Chiesa che ignorando il messaggio evangelico ha favorito la categoria veterotestamentaria della malattia come conseguenza del peccato. E così il concetto del castigo divino è stato inculcato generazione dopo generazione fin dalla più tenera età, cominciando dai bambini, che venivano al mondo già gravati da una colpa, il peccato originale, e ai quali veniva fin dalla più tenera età insegnato l’Atto di Dolore: Mi pento con tutto il cuore dei miei peccati, perché peccando ho meritato i tuoi castighi… 
Questa orazione, strettamente legata al sacramento della Confessione, è stata trasmessa inalterata di generazione in generazione con l’unica leggera variante del passaggio dal voi al tu (da vostri a tuoi castighi).

- Padre Alberto Maggi -
da: "Sacralità della vita o dell'uomo"
12 novembre 2016, Congresso AIPO, Civitanova Marche (Italy)


Il cristiano guarda agli infermi con realismo, partecipando con tutto il cuore alle loro sofferenze: tuttavia, non può diventare un consolatore stucchevole. Va loro incontro con amore: esprime, con la sua sollecitudine, la fiducia nella Provvidenza che tutto dispone nell'esistenza per il nostro bene. 
Non sappiamo spiegare il «perché» della sofferenza: non è una punizione né una fatalità. 
Appartiene a un disegno misterioso, nascosto per ora alla nostra comprensione. 
Solo la fede ci aiuta a infondere nei malati la speranza nella Provvidenza e nella presenza del Signore Gesù che dà la forza di affrontare ogni situazione, affidandosi a Lui.
Il Signore non sempre ci libera dalla sofferenza, ma ci pre­serva nella tribolazione.




Nella Bibbia alcuni passi del libro di Giobbe ci illuminano, presentandoci la sua fidu­cia che Dio non lo abbandonerà anche nelle prove della vita, nonostante le discussioni e le provocazioni degli amici: 42,1-6. 
Anche il libro di Tobia ci racconta la storia edificante di un uomo colpito dalla sofferenza e dalle disgrazie, ma sempre accompagnato da Dio in ogni mo­mento. 
Alcuni Salmi ci offrono parole di conforto per rivolgerci a Dio: 41, «Beato l'uomo che ha cura del debole»; 71, «In te, Signore, mi sono rifugiato»; 121, «Alzo gli occhi verso i monti».
Gesù non ha prodotto nessuna teoria sul «perché» della sofferenza. 
Egli ha agito gua­rendo i malati, integrando gli emarginati, vincendo la morte. Come Figlio di Dio si è fatto solidale con la nostra sofferenza, assumendola. Ci ha rivelato la «bella notizia» che anche i malati possono essere felici, se confidano in Dio. 
Nel testo di Giacomo 5,14-15 si parla espressamente della cura della comunità verso i malati, attraverso laici e sacerdoti; si esprime la convinzione che i credenti non accolgono la sofferenza né con la rassegnazione passiva né come punizione di Dio, ma con la cura, la sollecitudine e la solidarietà sia nella preghiera sia nel comportamento pratico. 
La misericordia di Dio si manifesta nella solida­rietà del Figlio di Dio e nell'accoglienza della Chiesa verso i malati.


Buona giornata a tutti. :-)







martedì 13 novembre 2018

Se ne avessimo il coraggio, diremmo "No!" al Signore. - padre Anthony Bloom

Quando leggiamo con onestà le Scritture dobbiamo riconoscere che certi brani ci dicono ben poco. 
Siamo disposti ad acconsentire con Dio perché non abbiamo ragioni per essere in disaccordo con lui. 
Possiamo approvare questo o quel comando o quell'atto divino perché non ci tocca personalmente, non cogliamo ancora le domande che esso pone alla nostra persona.
Altri passi francamente non ci piacciono affatto. 
Se ne avessimo il coraggio, diremmo "No!" al Signore. 
Dovremmo prendere l'abitudine di annotare con cura questi brani. 
Sono la misura della distanza che ci separa da Dio, nonché della distanza fra ciò che siamo ora e quel che potremmo essere potenzialmente.
L'evangelo, infatti, non è un succedersi di comandi esteriori, ma un'intera galleria di quadri interiori. 
E ogni volta che diciamo di no all' evangelo, ci rifiutiamo di essere persone nel senso più pieno del termine.

- Anthony Bloom - 
1914 – 2003 
Da “La preghiera giorno dopo giorno” , Gribaudi Editore nella collana Meditazione e preghiera 




Vi sono dei passi dell' evangelo che fanno ardere i nostri cuori, che illuminano la nostra intelligenza e scuotono la nostra volontà. 
Essi danno vita e forza a tutto il nostro essere fisico e morale. 
Questi brani rivelano quelle regioni del nostro intimo nelle quali Dio e la sua immagine coincidono di già; mostrano a che punto ci troviamo, anche solo fugacemente, per un attimo, nella via che conduce a quel che siamo chiamati a essere.
Dovremmo prendere nota con cura di questi passi, con attenzione ancora maggiore rispetto a quella prestata ai brani di cui parlavamo poc'anzi. 
Sono i punti in cui l'immagine di Dio è già realizzata in noi uomini decaduti a causa del peccato. 
Da questi inizi possiamo lottare per continuare a trasformarci nella persona che sentiamo di voler e dover essere. 
Dobbiamo sempre restare fedeli a queste rivelazioni.
Almeno in questo, la nostra fedeltà non deve venire mai meno.

Se facciamo quanto ho appena detto, i brani di questo genere aumentano di numero, gli appelli che l'evangelo ci rivolge si fanno più ricchi e circoscritti, le nebbie a poco a poco si diradano e possiamo scorgere l'immagine della persona che dovremmo essere. 

Allora, possiamo cominciare a presentarci a Dio nella verità.


- Anthony Bloom - 
1914 – 2003 
Da “La preghiera giorno dopo giorno” , Gribaudi Editore nella collana Meditazione e preghiera 


Buona giornata a tutti. :-)






  

sabato 6 gennaio 2018

Adorazione dei Magi

Il racconto dei Re Magi  commuove ancora il mondo.
Nei Vangeli, l'apparizione dei Magi è timidissima. 
Ignoriamo chi siano i Magi che, nel Vangelo di Matteo (Matteo 2,1-23), l'unico che li ricorda, giungono da Oriente: sappiamo soltanto che seguono una stella, giungono a Betlemme, entrano nella casa di Giuseppe e Maria, vedono il bambino, si prostrano, gli rendono omaggio e gli offrono i doni: oro, argento e mirra. 
I Magi provenienti dall'Oriente rappresentano i Gentili che ricevono la rivelazione di Dio.
L'adorazione richiama la profezia di Isaia 60,6 che annuncia la liberazione dall'esilio e la confluenza di tutti i popoli a Gerusalemme, che diventerà centro di adorazione perché “è giunta la tua luce e la gloria del Signore è sorta su di te”.
L'offerta dei doni (oro, incenso e mirra) richiama il Salmo 7,10-11 che annuncia: “I re di Seba e di Saba porteranno doni; tutti i re gli renderanno omaggio”. 
Con tali richiami Matteo proclama la regalità universale di questo “Re dei Giudei” che i Magi hanno riconosciuto nel bambino di Betlemme.
Tutto il resto del racconto della Natività, che trionfa nel Vangelo di Luca, viene abolito da Matteo. 
Non ci sono i pastori e le greggi, l'angelo del Signore, la grande gioia di tutto il popolo, la nascita del Salvatore, la moltitudine dell'esercito celeste che loda Dio: «Gloria a Dio nelle sublimità e sulla terra pace agli uomini della divina benevolenza»; e sopratutto il segno singolarissimo, il paradosso dei paradossi: «Il Cristo, avvolto in fasce che giace in una mangiatoia». 
Nel Vangelo di Matteo, abbiamo soltanto questi Magi sconosciuti: saggi pagani, che anticipano la conversione dei popoli stranieri al Signore, mentre Israele lo rifiuta.  
Erode (Mt 2,13-23) in contrapposizione all'adorazione dei Magi troviamo l'indifferenza e il rifiuto da parte del mondo ebraico e di Erode.
Questa scena è un'anticipazione della passione: come Dio ha salvato il proprio Figlio dalle mani di Erode lo salverà dalla morte con la risurrezione. 
I fatti si svolgono in tre momenti: la fuga in Egitto, il massacro dei bambini, il ritorno a Nazaret.

L’Adorazione dei Magi (1475)
Sandro Botticelli

Galleria degli Uffizi, Florence, Italy

Epifania del Signore 

Vere dignum et iustum est, æquum et salutáre, nos tibi semper et ubíque grátias ágere: Dómine, sancte Pater, omnípotens ætérne Deus: Quia ipsum in Christo salútis nostræ mystérium hódie ad lumen géntium revelásti, 
et, cum in substántia nostræ mortalitátis appáruit, nova nos immortalitátis 
eius glória reparásti. Et ídeo cum Angelis et Archángelis, cum Thronis et 
Dominatiónibus, cumque omni milítia cæléstis exércitus, hymnum glóriæ tuæ 
cánimus, sine fine dicéntes:


Sanctus, Sanctus, Sanctus Dóminus Deus Sábaoth.

E’ veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno. Oggi in Cristo luce del mondo tu hai rivelato ai popoli il mistero della salvezza, 
e in lui apparso nella nostra carne mortale ci hai rinnovati con la gloria nell’immortalità divina.
E noi, uniti agli Angeli e agli Arcangeli, ai Troni e alle Dominazioni e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con voce incessante l’inno della tua gloria:

Santo, Santo, Santo il Signore, Dio degli eserciti.


Gentile Da Fabriano,  Adorazione dei Magi
Galleria degli Uffizi, Florenze, Italy


Gloria a te, o Padre, 
che manifesti la tua grandezza
in un piccolo Bambino
e inviti gli umili e i poveri
a vedere e udire le cose meravigliose
che tu compi nel silenzio della notte,
lontano dal tumulto dei superbi
e dalle loro opere.

Gloria a te, o Padre,
che per nutrire di vera manna
gli affamati
poni il Figlio tuo, l'Unigenito,
come fieno in una mangiatoia
e lo doni quale cibo di vita eterna:
Sacramento di salvezza e di pace. Amen.



- Madre Anna Maria Cànopi -



Buona giornata a tutti. :-)


sabato 30 settembre 2017

Hai dimenticato una cosa! Vita di san Girolamo (30 settembre 2017)

Ben prima di diventare un sapiente e stimato esegeta, brillante consigliere di nobildonne dell'alta società romana, Girolamo aveva tentato un periodo di vita da eremita in una grotta del deserto di Giuda.
Con la presunzione tipica dell'età, il giovane Girolamo si era dedicato con ardore alle molteplici forme di ascesi allora in uso tra i monaci. Ma i risultati si facevano attendere: il tempo gli avrebbe fatto presto capire che la sua vera vocazione era altrove nella Chiesa e che il suo soggiorno tra i monaci della Palestina ne costituiva solo il preludio.
Tuttavia Girolamo doveva ancora imparare molte cose e intanto, da giovane novizio si trovava immerso nella disperazione: nonostante i suoi sforzi generosi, non riceveva alcuna risposta dal cielo.
Andava alla deriva, senza timone, in mezzo alle tempeste interiori, al punto che le vecchie tentazioni, già così familiari, non tardarono a rialzare la cresta. Girolamo era scoraggiato: cosa aveva fatto di male? Dov'era la causa di questo cortocircuito tra Dio e lui?
Come ristabilire il contatto con la grazia? Mentre Girolamo si arrovellava il cervello, notò all'improvviso un crocifisso che era comparso tra i rami secchi di un albero. Girolamo si gettò a terra e si percosse il petto con gesto solenne e vigoroso. E' in questa posizione umile e supplicante che lo raffigura la maggior parte dei pittori.
Subito Gesù rompe il silenzio e si rivolge a Girolamo dall'alto della croce: «Girolamo - gli dice - cos'hai da darmi? Cosa riceverò da te?». 
Girolamo non esita un attimo. Certo che aveva un sacco di cose da offrire a Gesù: «Naturalmente, Signore: i miei digiuni, la fame, la sete. Mangio solo al tramonto del sole!»
Di nuovo Gesù risponde: «Ottimo Girolamo, ti ringrazio. Lo so, hai fatto del tuo meglio. Ma hai ancora altro da darmi?» 
Girolamo ripensa a cosa potrebbe ancora offrire a Gesù. Ecco allora le veglie, la lunga recita dei salmi, lo studio assiduo giorno e notte della Bibbia, il celibato nel quale si impegnava con più o meno successo, la mancanza di comodità, la povertà, gli imprevisti che si sforzava di accogliere senza brontolare e infine il caldo di giorno e il freddo di notte
Ad ogni offerta, Gesù si complimenta e lo ringrazia.
Lo sapeva da tempo: Girolamo ci tiene così tanto a fare del suo meglio! 
Ma ad ogni offerta, Gesù, con un sorriso astuto sulle labbra, lo incalza ancora e gli chiede: «Girolamo, hai qualcos'altro da darmi?»
Alla fine, dopo che Girolamo ha enumerato tutte le cose buone che ricorda e siccome Gesù gli pone per l'ennesima volta la stessa domanda, un po' scoraggiato e non sapendo più a che santo votarsi, finisce per balbettare: «Signore, ti ho dato già tutto, non mi resta davvero più niente!».
Allora un grande silenzio piomba nella grotta e fino alle estremità del deserto di Giuda; Gesù replica un'ultima volta: «Eppure Girolamo hai dimenticato una cosa: dammi anche i tuoi peccati affinché possa perdonarteli...».



 Per quanto tu scenda in basso non sarai mai più umile di Cristo. 

San Girolamo -



Oggi, la bibbia è il libro più letto e tradotto al mondo e la si può trovare nelle lingue più diverse.

Ma è stato percorso un lungo cammino per renderla accessibile a tutte le lingue. È in questo scenario che entra la figura di San Girolamo. Dottore nell’interpretazione delle Sacre Scritture, filosofo, teologo, e storico, curò la prima traduzione dei testi originali in ebraico e greco verso il latino, la lingua parlata dal popolo a quell’epoca. Per questo, la sua traduzione fu chiamata vulgata, ovvero, popolare.

- Padre Eugenio Alliata -  ofm
Dir. Museo Studium Biblicum Franciscanum


”San Girolamo chiamava questa operazione ‘il ritorno alla verità ebraica’, che era la verità del testi originali ”. 

La conoscenza che Girolamo aveva della parola di Dio e la chiarezza delle sue idee giunsero all’allora papa Damaso, che gli affidò la missione di tradurre in latino i quattro vangeli nella forma più fedele possibile agli originali. A Roma, Girolamo completò la traduzione dei vangeli e anche una versione dei salmi, tradotta dal testo greco.
- Padre Eugenio Alliata -  ofm
Dir. Museo Studium Biblicum Franciscanum



Una volta partito da Roma, Girolamo venne in Terra Santa, conobbe i luoghi santi per comprendere meglio le sacre scritture e decise di stabilirsi a Betlemme. Fu in questa grotta, che si trova nella Basilica della Natività, accanto al luogo ove nacque Gesù, che egli si dedicò a lavori di traduzione.

“San Girolamo visse a Betlemme per 40 anni e in questo periodo scrisse qui numerosi commentari sulla Bibbia. Sono molto famose anche le sue lettere, e qui completò la traduzione dalla lingua ebraica di tutto l’antico testamento”

La grotta è molto visitata da pellegrini provenienti da tutte le parti del mondo e che rimangono incantati dinanzi alla storia di questo luogo.

- Padre Eugenio Alliata -  ofm
Dir. Museo Studium Biblicum Franciscanum

San Gerolamo scrivente - Caravaggio (Michelangelo Merisi)
Galleria Borhese, Roma (Italy)


Buona giornata a tutti. :-)




martedì 10 maggio 2016

La moglie di Lot - Wislawa Szymborska

Ho guardato indietro, è vero.
Dicono per curiosità.
Non pensano neppure che potessi avere altri motivi:
il rimpianto di una coppa d'argento
lasciata nella mia casa di Sodoma.
La voglia di non vedere più il mio probo marito
che mi camminava davanti.
La voglia di verificare se si sarebbe fermato,
qualora fossi morta (non si fermò).
La disubbidienza degli umili.
La speranza che Dio ci avesse ripensato,
e non facesse morire migliaia di innocenti.
La solitudine e la vergogna di fuggire così di nascosto.
Ma forse fu solo un colpo di vento
che mi sciolse i capelli
e che istintivamente mi fece girare la testa.
È possibile che io sia caduta, e poi divenuta di sale
con il viso rivolto alla città.

- Wislawa Szymborska -


La moglie di Lot


“Ora la moglie di Lot si voltò
indietro a guardare e diventò
una colonna di sale”
Genesi 19, 26

E andava il giusto dietro il messo di Dio,
enorme e radioso, sulla nera montagna,
ma sonora parlava l'angoscia alla moglie:
"Non è troppo tardi, puoi ancora scorgere
le rossi torri della tua Sodoma natia,
la piazza ove cantavi, la corte ove filavi,
le finestre vuote dell'alta dimora,
dove al caro marito partorivi i figli".

Si volse, e serrati da una stretta mortale,
non poterono i suoi occhi più guardare;
di sale si fece il corpo diafano,
e strinsero alla terra gli agili piedi.

Chi vorrà piangere questa donna?
Non sembra forse la più lieve delle perdite?
Il mio cuore solo non potrà mai scordare
chi la vita dette per un unico sguardo.

- Anna Achmatova -


Ogni punizione è cattiveria; ogni punizione in sé è male.

J. Bentham
Filosofo inglese, 1748-1832




Maria silenziosa,
che tutto immaginasti
senza parlare,
oltre ogni visione umana,
aiutami ad entrare
nel mistero di Cristo
lentamente e profondamente,
come un pellegrino arso di sete
entra in una caverna buia
alla cui fine oda un lieve correr d'acqua.
Fa' che prima di tutto m'inginocchi
ad adorare,
fa' che poi tasti la roccia fiducioso,
e m'inoltri sereno nel mistero.
Fa' infine ch'io mi disseti
all'acqua della Parola
in silenzio
come Te.
Forse allora, Maria,
il segreto del Figlio Crocifisso
mi si rivelerà
nella sua immensità senza confini
e cadranno immagini e parole
per fare spazio solo all'infinito.

- +Cardinale John Henry Newman - 


Buona giornata a tutti. :-)