Visualizzazione post con etichetta Bibbia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Bibbia. Mostra tutti i post

sabato 30 settembre 2017

Hai dimenticato una cosa! Vita di san Girolamo (30 settembre 2017)

Ben prima di diventare un sapiente e stimato esegeta, brillante consigliere di nobildonne dell'alta società romana, Girolamo aveva tentato un periodo di vita da eremita in una grotta del deserto di Giuda.
Con la presunzione tipica dell'età, il giovane Girolamo si era dedicato con ardore alle molteplici forme di ascesi allora in uso tra i monaci. Ma i risultati si facevano attendere: il tempo gli avrebbe fatto presto capire che la sua vera vocazione era altrove nella Chiesa e che il suo soggiorno tra i monaci della Palestina ne costituiva solo il preludio.
Tuttavia Girolamo doveva ancora imparare molte cose e intanto, da giovane novizio si trovava immerso nella disperazione: nonostante i suoi sforzi generosi, non riceveva alcuna risposta dal cielo.
Andava alla deriva, senza timone, in mezzo alle tempeste interiori, al punto che le vecchie tentazioni, già così familiari, non tardarono a rialzare la cresta. Girolamo era scoraggiato: cosa aveva fatto di male? Dov'era la causa di questo cortocircuito tra Dio e lui?
Come ristabilire il contatto con la grazia? Mentre Girolamo si arrovellava il cervello, notò all'improvviso un crocifisso che era comparso tra i rami secchi di un albero. Girolamo si gettò a terra e si percosse il petto con gesto solenne e vigoroso. E' in questa posizione umile e supplicante che lo raffigura la maggior parte dei pittori.
Subito Gesù rompe il silenzio e si rivolge a Girolamo dall'alto della croce: «Girolamo - gli dice - cos'hai da darmi? Cosa riceverò da te?». 
Girolamo non esita un attimo. Certo che aveva un sacco di cose da offrire a Gesù: «Naturalmente, Signore: i miei digiuni, la fame, la sete. Mangio solo al tramonto del sole!»
Di nuovo Gesù risponde: «Ottimo Girolamo, ti ringrazio. Lo so, hai fatto del tuo meglio. Ma hai ancora altro da darmi?» 
Girolamo ripensa a cosa potrebbe ancora offrire a Gesù. Ecco allora le veglie, la lunga recita dei salmi, lo studio assiduo giorno e notte della Bibbia, il celibato nel quale si impegnava con più o meno successo, la mancanza di comodità, la povertà, gli imprevisti che si sforzava di accogliere senza brontolare e infine il caldo di giorno e il freddo di notte
Ad ogni offerta, Gesù si complimenta e lo ringrazia.
Lo sapeva da tempo: Girolamo ci tiene così tanto a fare del suo meglio! 
Ma ad ogni offerta, Gesù, con un sorriso astuto sulle labbra, lo incalza ancora e gli chiede: «Girolamo, hai qualcos'altro da darmi?»
Alla fine, dopo che Girolamo ha enumerato tutte le cose buone che ricorda e siccome Gesù gli pone per l'ennesima volta la stessa domanda, un po' scoraggiato e non sapendo più a che santo votarsi, finisce per balbettare: «Signore, ti ho dato già tutto, non mi resta davvero più niente!».
Allora un grande silenzio piomba nella grotta e fino alle estremità del deserto di Giuda; Gesù replica un'ultima volta: «Eppure Girolamo hai dimenticato una cosa: dammi anche i tuoi peccati affinché possa perdonarteli...».



 Per quanto tu scenda in basso non sarai mai più umile di Cristo. 

San Girolamo -



Oggi, la bibbia è il libro più letto e tradotto al mondo e la si può trovare nelle lingue più diverse.

Ma è stato percorso un lungo cammino per renderla accessibile a tutte le lingue. È in questo scenario che entra la figura di San Girolamo. Dottore nell’interpretazione delle Sacre Scritture, filosofo, teologo, e storico, curò la prima traduzione dei testi originali in ebraico e greco verso il latino, la lingua parlata dal popolo a quell’epoca. Per questo, la sua traduzione fu chiamata vulgata, ovvero, popolare.

- Padre Eugenio Alliata -  ofm
Dir. Museo Studium Biblicum Franciscanum


”San Girolamo chiamava questa operazione ‘il ritorno alla verità ebraica’, che era la verità del testi originali ”. 

La conoscenza che Girolamo aveva della parola di Dio e la chiarezza delle sue idee giunsero all’allora papa Damaso, che gli affidò la missione di tradurre in latino i quattro vangeli nella forma più fedele possibile agli originali. A Roma, Girolamo completò la traduzione dei vangeli e anche una versione dei salmi, tradotta dal testo greco.
- Padre Eugenio Alliata -  ofm
Dir. Museo Studium Biblicum Franciscanum



Una volta partito da Roma, Girolamo venne in Terra Santa, conobbe i luoghi santi per comprendere meglio le sacre scritture e decise di stabilirsi a Betlemme. Fu in questa grotta, che si trova nella Basilica della Natività, accanto al luogo ove nacque Gesù, che egli si dedicò a lavori di traduzione.

“San Girolamo visse a Betlemme per 40 anni e in questo periodo scrisse qui numerosi commentari sulla Bibbia. Sono molto famose anche le sue lettere, e qui completò la traduzione dalla lingua ebraica di tutto l’antico testamento”

La grotta è molto visitata da pellegrini provenienti da tutte le parti del mondo e che rimangono incantati dinanzi alla storia di questo luogo.

- Padre Eugenio Alliata -  ofm
Dir. Museo Studium Biblicum Franciscanum

San Gerolamo scrivente - Caravaggio (Michelangelo Merisi)
Galleria Borhese, Roma (Italy)


Buona giornata a tutti. :-)




martedì 10 maggio 2016

La moglie di Lot - Wislawa Szymborska

Ho guardato indietro, è vero.
Dicono per curiosità.
Non pensano neppure che potessi avere altri motivi:
il rimpianto di una coppa d'argento
lasciata nella mia casa di Sodoma.
La voglia di non vedere più il mio probo marito
che mi camminava davanti.
La voglia di verificare se si sarebbe fermato,
qualora fossi morta (non si fermò).
La disubbidienza degli umili.
La speranza che Dio ci avesse ripensato,
e non facesse morire migliaia di innocenti.
La solitudine e la vergogna di fuggire così di nascosto.
Ma forse fu solo un colpo di vento
che mi sciolse i capelli
e che istintivamente mi fece girare la testa.
È possibile che io sia caduta, e poi divenuta di sale
con il viso rivolto alla città.

- Wislawa Szymborska -


La moglie di Lot


“Ora la moglie di Lot si voltò
indietro a guardare e diventò
una colonna di sale”
Genesi 19, 26

E andava il giusto dietro il messo di Dio,
enorme e radioso, sulla nera montagna,
ma sonora parlava l'angoscia alla moglie:
"Non è troppo tardi, puoi ancora scorgere
le rossi torri della tua Sodoma natia,
la piazza ove cantavi, la corte ove filavi,
le finestre vuote dell'alta dimora,
dove al caro marito partorivi i figli".

Si volse, e serrati da una stretta mortale,
non poterono i suoi occhi più guardare;
di sale si fece il corpo diafano,
e strinsero alla terra gli agili piedi.

Chi vorrà piangere questa donna?
Non sembra forse la più lieve delle perdite?
Il mio cuore solo non potrà mai scordare
chi la vita dette per un unico sguardo.

- Anna Achmatova -


Ogni punizione è cattiveria; ogni punizione in sé è male.

J. Bentham
Filosofo inglese, 1748-1832




Maria silenziosa,
che tutto immaginasti
senza parlare,
oltre ogni visione umana,
aiutami ad entrare
nel mistero di Cristo
lentamente e profondamente,
come un pellegrino arso di sete
entra in una caverna buia
alla cui fine oda un lieve correr d'acqua.
Fa' che prima di tutto m'inginocchi
ad adorare,
fa' che poi tasti la roccia fiducioso,
e m'inoltri sereno nel mistero.
Fa' infine ch'io mi disseti
all'acqua della Parola
in silenzio
come Te.
Forse allora, Maria,
il segreto del Figlio Crocifisso
mi si rivelerà
nella sua immensità senza confini
e cadranno immagini e parole
per fare spazio solo all'infinito.

- +Cardinale John Henry Newman - 


Buona giornata a tutti. :-)


domenica 20 dicembre 2015

Alda Merini - Natale -

A Natale non si fanno cattivi
pensieri ma chi è solo
lo vorrebbe saltare
questo giorno.
A tutti loro auguro di
vivere un Natale
in compagnia.
Un pensiero lo rivolgo a
tutti quelli che soffrono
per una malattia.
A coloro auguro un
Natale di speranza e di letizia.
Ma quelli che in questo giorno
hanno un posto privilegiato
nel mio cuore
sono i piccoli mocciosi
che vedono il Natale
attraverso le confezioni dei regali.
Agli adulti auguro di esaudire
tutte le loro aspettative.
Per i bambini poveri
che non vivono nel paese dei balocchi
auguro che il Natale
porti una famiglia che li adotti
per farli uscire dalla loro condizione
fatta di miseria e disperazione.
A tutti voi
auguro un Natale con pochi regali
ma con tutti gli ideali realizzati.

- Alda Merini - 




Il Natale dovrebbe essere legna che arde nel caminetto, 
profumo di pino e di vino, buone chiacchiere, 
bei ricordi e amicizie rinnovate. 
Ma... se questo manca basterà l'amore.


- Jesse O'Neill - 



- Sentinella, quando avrà fine la notte? Sentinella... Quando avrà fine la notte?

La Sentinella dice: "Sta venendo il mattino. Ma la notte durerà ancora. Tornate e ridomandate. Venite ancora. Insistete!"

(Isaia 21, 11-12). 
La domanda "Sentinella, quanto resta della notte?", in ebraico "Shomèr ma mi-llailah?", nel libro del profeta Isaia, è l'espressione dell'attesa, la struggente attesa dell'alba nella notte del mondo, l'attesa della liberazione. 
La sentinella, che è il profeta, nel suo avamposto nel deserto sente che l'alba sta per arrivare, ma per il momento perdura la notte e allora lei incita gli uomini a non perdere la speranza, a rinnovare l'attesa, a continuare a chiedere....




...In effetti, è proprio questo che noi viviamo nella liturgia: celebrando i tempi liturgici, attualizziamo il mistero – in questo caso la venuta del Signore – in modo tale da potere, per così dire, "camminare in essa" verso la sua piena realizzazione, alla fine dei tempi, ma attingendone già la virtù santificatrice, dal momento che i tempi ultimi sono già iniziati con la morte e risurrezione di Cristo.
La parola che riassume questo particolare stato, in cui si attende qualcosa che deve manifestarsi, ma che al tempo stesso si intravede e si pregusta, è "speranza". 

L’Avvento è per eccellenza la stagione spirituale della speranza, e in esso la Chiesa intera è chiamata a diventare speranza, per se stessa e per il mondo. Tutto l’organismo spirituale del Corpo mistico assume, per così dire, il "colore" della speranza. 

Tutto il popolo di Dio si rimette in cammino attratto da questo mistero: che il nostro Dio è "il Dio che viene" e ci chiama ad andargli incontro. 
In che modo? Anzitutto in quella forma universale della speranza e dell’attesa che è la preghiera, che trova la sua espressione eminente nei Salmi, parole umane in cui Dio stesso ha posto e pone continuamente sulle labbra e nei cuori dei credenti l’invocazione della sua venuta. Soffermiamoci perciò qualche istante sui due Salmi che abbiamo pregato poco fa e che sono consecutivi anche nel Libro biblico: il 141 e il 142, secondo la numerazione ebraica...


- papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia durante i Vespri della prima settimana di Avvento" 
29 novembre 2008 


































Buona giornata a tutti. :-)




sabato 14 novembre 2015

Il Tesoro - Don Oreste Benzi -

Gli era stata promessa per la sua festa di laurea un'auto nuova, fiammante, all'uscita dell'università, con il diploma di laurea sotto il braccio.
Quale non fu la sua amara sorpresa quando, il giorno fatidico, il padre lo abbracciò sorridente, non però con le chiavi della macchina, bensì con un libro in mano, appena ritirato nella vicina libreria. Una Bibbia.
Il giovane neo dottore scagliò rabbiosamente il libro fuori dalla finestra dell'aula e da quel giorno non rivolse più la parola al padre.
Rimise piede in casa quando anni dopo gli fu comunicata la notizia della morte dell'anziano genitore. 

La notte del funerale, mentre rovistava tra le carte della scrivania paterna, trovò la Bibbia che gli era stata regalata il giorno della laurea.
In preda a un vago rimorso, soffiò via la polvere che si era depositata sulla copertina del libro e cominciò a sfogliarlo. 

Scoprì tra le pagine un assegno datato il giorno della laurea e con l'importo esatto dell'auto promessa.

La Bibbia: in libro sigillato, inutile e polveroso per tanti. Eppure tra le sue pagine è nascosto il tesoro che tanto sospiriamo...

- Don Oreste Benzi - 
Da: Pane Quotidiano




Nel momento in cui chiuderò gli occhi a questa terra, la gente che sarà vicino dirà: è morto. In realtà è una bugia. Sono morto per chi mi vede, per chi sta lì. Le mie mani saranno fredde, il mio occhio non potrà più vedere, ma in realtà la morte non esiste perché appena chiudo gli occhi a questa terra mi apro all'infinito di Dio. Noi lo vedremo, come ci dice Paolo, faccia a faccia, così come Egli è (1Cor 13,12). E si attuerà quella parola che la sapienza dice al capitolo 3: Dio ha creato l'uomo immortale, per l'immortalità, secondo la sua natura l'ha creato. Dentro di noi, quindi, c'è già l'immortalità, per cui la morte non è altro che lo sbocciare per sempre della mia identità, del mio essere con Dio. La morte è il momento dell'abbraccio col Padre, atteso intensamente nel cuore di ogni uomo, nel cuore di ogni creatura. 

- don Oreste Benzi - 
(commento a Giobbe per la commemorazione di tutti i fedeli defunti)





"Che cosa sono gli orrori della guerra, le violenze sugli innocenti, la miseria e l’ingiustizia che infieriscono sui deboli, se non l’opposizione del male al regno di Dio? 
E come rispondere a tanta malvagità se non con la forza disarmata dell’amore che vince l’odio, della vita che non teme la morte?" 

(Papa  Benedetto XVI)







Le nostre società sono in decadenza perché hanno sfrattato Dio dalla storia; sono basate sull'arbitrio e non sulla giustizia; invece la società deve essere basata sulla giustizia di Dio: a ognuno il suo e nessuno prevarrà.

- Don Oreste Benzi -  
Da: Pane quotidiano, 2008





Calma il mio cuore, Signore,
acquieta i pensieri della mia mente.

Rallenta i miei passi frettolosi
con la visione lieta del tempo
che placido si distende nell'eterno.

Dona al tormento dei miei giorni
la pace dei colli eterni.

Sciogli la tensione dell'animo,
con il ricordo dei ruscelli
che mormoravano nelle valli.

Incanta le mie notti insonni
con la magia di sogni beati.

Dona carezze alle mie mani,
alla mia bocca dolci parole,
al mio cuore palpiti d'amore.

Lascia, Signore, che affidi
al solco della vita valori perenni
perché il mio Spirito si levi sicuro
verso le stelle.


- P. Anon -

Buona giornata a tutti. :-)


giovedì 8 ottobre 2015

Amare se stessi - Anselm Grün

Se credo di essere stato creato buono da Dio, se credo che lui mi vuole bene, mi accetta così come sono, devo comportarmi bene anche con me stesso. 
A cominciare dall’ascolto dei miei desideri e aneliti più intimi e dal godimento di ciò che mi fa veramente bene. 
Può essere anche una buona cena e un buon bicchiere di vino. Ma questo non soddisfa i miei bisogni più profondi. 
Devo ascoltare i miei veri desideri e aneliti. 
Devo ascoltare ciò che c’è nelle profondità del mio essere al punto da incontrarvi Dio e comprendere ciò che egli vuole da me.
È questo ciò che mi fa veramente bene, che risveglia in me la mia vita personale, assolutamente unica, non basata sulle aspettative degli altri e sulle richieste del mio Super­Io, ma originaria e autentica. 
È questa vita che devo godermi e cercare di sviluppare. 
Posso essere aiutato in questo dall’adozione di uno stile di vita personale, uno stile di vita sano che mi fa sentire bene, mi dà la sensazione di vivere personalmente e non fatto vivere da altri, di organizzare personalmente le mie giornate e la mia vita, di vivere nel momento presente, pienamente me stesso, pienamente presente a ciò che sto facendo e in grado di imprimere la mia forma a tutto ciò che faccio.
La sensazione di essere fatti vivere, trascinati e determinati da altri, ci rende infelici. 

L’amore per noi stessi consiste nell’usare bene il nostro tempo, affrontare le sue sfide e fare veramente nostro ciò che ci viene offerto dall’esterno. 
Quando abbiamo l’impressione di essere programmati da altri, di essere inseguiti dai nostri appuntamenti e dalle scadenze proviamo un senso di estraniazione. 
C’è qualcosa di estraneo che domina la nostra vita. L’amore dovrebbe trasformare ciò che è estraneo in qualcosa di proprio, di personale.
Se accetto liberamente come una sfida proveniente da Dio un lavoro che mi viene imposto dall’esterno, esso non è più per me un peso che mi grava sullo stomaco, del quale sbarazzarmi il prima possibile, ma diventa il mio lavoro. L’oggetto del lavoro mi è imposto da altri e al riguardo io non posso fare nulla. Ma il come lo faccio dipende da me. E prendendo personalmente in mano il come, trasformo anche l’oggetto. 

La pietra che scolpisco esprime ciò che c’è dentro di me. 
Il lavoro che mi viene imposto dall’esterno è una pietra in cui posso esprimere ciò che c’è dentro di me attraverso il mio modo di lavorarla. 
L’amore modella e plasma il dato, trasformandolo in una parte di me.

Amare se stessi significa accettarsi. 
Oggi ci si imbatte continuamente e ovunque in questo consiglio di accettarsi. Ma il problema è come farlo concretamente. 
Amare significa avere caro, maneggiare bene: è qualcosa che ha a che fare con le mani. Anche l’accettare richiede le mani; posso accettare solo con le mani: quando prendo qualcosa in mano, esso di­venta parte di me. 
Accettare se stessi significa prendersi in mano, trattarsi affettuosamente, bene. L’amore è qualcosa di manuale, qualcosa di fisico. 
Mi tratto bene, quando tratto bene il mio corpo; non devo rammollirlo, ma fare in modo che possa lasciare trasparire Dio. 
Devo ascoltarlo. Attraverso la malattia, le menomazioni, le sofferenze mi dice qualcosa su me stesso. Devo accettare, prendere in mano, far diventare una parte di me ciò che mi dice e riconciliarmi con esso.
Lo stesso vale per i pensieri che affiorano in me. 

Devo accoglierli e accettarli come una parte di me. Ma devo anche rendermi conto se i pensieri mi assalgono dall’esterno e mi impediscono di essere me stesso. In questo caso devo combattere anche contro i pensieri e introdurre in me solo i pensieri buoni, quelli che possono guarirmi. 
I monaci cercavano di riempirsi di buoni pensieri leggendo la Bibbia. 
La loro lettura della Bibbia non era dettata solo dall’amore per Dio, ma anche dall’amore per se stessi. Infatti, la Bibbia scaccia i nostri pensieri negativi e ci guarisce con i pensieri di Dio, che ci permettono di scoprire il nostro vero nucleo. 
Ogni forma di ascesi è, in definitiva, amore di se stessi. 
Ci trattiamo bene, cerchiamo di incrementare il nucleo buono e di ridurre con gli strumenti ascetici ‑ disciplina, preghiera, lettura della Bibbia, digiuno, ecc. ‑ quel groviglio di spine che ci impedisce di svilupparci e di fiorire.

- Anselm Grün -



A dispetto di tutta la forza trasformatrice dell'amore, ci troviamo ancor sempre a dover accettare i nostri limiti. 
Solo l'amore di Dio non ne conosce. 

- Anselm Grün -
Da: “Sereni nella frenesia del mondo”



Tutti i sentimenti sono leciti. 
Esigono anche, però, che li osserviamo e parliamo con essi e che, attraverso questa percezione, accettiamo noi stessi nella nostra unicità. 
I sentimenti sono un invito a intraprendere un emozionante viaggio di scoperta nella nostra interiorità. 

- Anselm Grün - 
da: "Le questioni della vita", Queriniana Edizioni



Ci vogliono molta pazienza e fiducia. E ci vuole l'angelo della speranza, che non getta mai la spugna. 
Spesso non vediamo progressi nel rapporto spezzato. 
Dovremmo però avere la speranza che, prima o poi, ciò che è spezzato guarisca e ciò che si è intorbidato si chiarifichi. 

- Anselm Grün - 
da: "Le questioni della vita", Queriniana Edizioni



Missionario del Padre

Signore Gesù, missionario del Padre,
hai inviato gli apostoli, inondati dal tuo Spirito,
ad annunciare il tuo Vangelo
fino agli estremi confini della terra.
Oggi ti fidi di noi,
ci invii ad annunciare la tua parola.
Ti preghiamo per quelle anime generose
che lasciano la propria famiglia, la propria casa
e si spingono in terre sconosciute
per essere come te, donare il pane...
donare te pane vivo, disceso dal cielo,
donare la propria vita come hai fatto tu.
Signore, ti preghiamo
anche per il nostro "ricco occidente"
spesso cristiano solo di nome,
ma sempre più povero di te,
incapace di riconoscere il tuo amore,
perché amori passeggeri attraggono sempre più...!
Aiuta, Signore, ciascuno di noi a saper lasciare
la terra della "convenienza", della comodità,
per esserti testimone in un ambiente
indifferente ai valori da te proclamati.
Sostienici con il tuo spirito per essere missionari
ogni giorno, lì dove ci chiami a vivere!



Buona giornata a tutti. :-)


domenica 6 settembre 2015

I Have the Dream - Don Tonino Bello -

Israele amava Giuseppe più di tutti i suoi figli, perché era il figlio avuto in vecchiaia, e gli aveva fatto una tunica dalle lunghe maniche. 
I suoi fratelli, vedendo che il loro padre amava lui più di tutti i suoi figli, lo odiavano e non potevano parlargli amichevolmente. 
Ora Giuseppe fece un sogno e lo raccontò ai fratelli, che lo odiarono ancora di più. (...) I suoi fratelli andarono a pascolare il gregge del loro padre a Sichem. Allora Giuseppe andò in cerca dei suoi fratelli e li trovò a Dotan. 
Essi lo videro da lontano e, prima che giungesse vicino a loro, complottarono di farlo morire. Si dissero l’un l’altro: "Ecco, il sognatore arriva! Orsù, uccidiamolo e gettiamolo in qualche cisterna! Poi diremo: una bestia feroce l’ha divorato! Così vedremo che ne sarà dei suoi sogni !". (...) Il suo padrone si accorse che il Signore era con lui e che quanto egli intraprendeva il Signore faceva riuscire nelle sue mani. (...)
Ora, in una medesima notte, il coppiere e il panettiere del re d’Egitto, che erano detenuti nella prigione, ebbero tutti e due un sogno, ciascuno il suo sogno, che aveva un significato particolare. 
Alla mattina Giuseppe venne da loro e vide che erano afflitti. Allora interrogò gli eunuchi del faraone che erano con lui in carcere nella casa del suo padrone e disse: "Perché quest’oggi avete la faccia così triste?". Gli dissero: "Abbiamo fatto un sogno e non c’è chi lo interpreti".

(...) Al termine di due anni, il faraone sognò di trovarsi presso il Nilo. 

Ed ecco salirono dal Nilo sette vacche, belle di aspetto e grasse e si misero a pascolare tra i giunchi. Ed ecco, dopo quelle, sette altre vacche salirono dal Nilo, brutte di aspetto e magre, e si fermarono accanto alle prime vacche sulla riva del Nilo. Ma le vacche brutte di aspetto e magre divorarono le sette vacche belle di aspetto e grasse. E il faraone si svegliò. Poi si addormentò e sognò una seconda volta: ecco sette spighe spuntavano da un unico stelo, grasse e belle. Ma ecco sette spighe vuote e arse dal vento d’oriente spuntavano dopo quelle. Le spighe vuote inghiottirono le sette spighe grosse e piene. Poi il faraone si svegliò: era stato un sogno. 
Alla mattina il suo spirito ne era turbato, perciò convocò tutti gli indovini e tutti i saggi dell’Egitto. Il faraone raccontò loro il sogno, ma nessuno lo sapeva interpretare al faraone. (...)
Allora il faraone convocò Giuseppe. Lo fecero uscire in fretta dal sotterraneo ed egli si rase, si cambiò gli abiti e si presentò al faraone. (...) 
Allora Giuseppe disse al faraone: "Il sogno del faraone è uno solo: quello che Dio sta per fare, lo ha indicato al faraone. Le sette vacche belle sono sette anni e le sette spighe belle sono sette anni: è solo un sogno. E le sette vacche magre e brutte, che salgono dopo quelle, sono sette anni e le sette spighe vuote, arse dal vento d’oriente, sono sette anni: vi saranno sette anni di carestia. 
È appunto ciò che ho detto al faraone: quanto Dio sta per fare, l’ha manifestato al faraone. Ecco stanno per venire sette anni, in cui sarà grande abbondanza nel paese d’Egitto e la carestia consumerà il paese. 
(Gen. 37,3-5.12.17-20 ; 40,5-8; 41,1-8.14.25-30)




Carissimo Giuseppe, la domanda la giro a te, che te ne intendi: se, cioè, la razza dei sognatori sia utile all’umanità oppure va combattuta, proprio per quella carica di fuga che il sogno sembra favorire. Quando me la son sentita rivolgere io, me la son cavata con una citazione di lusso: "Troppi uomini pratici mangiano il pane intriso col sudore della fronte del sognatore". 

Ti piace? È di Kahil Gibran, un poeta delle tue parti, libanese per la precisione. Il quale, nello scriverla, deve aver pensato a te. Anzi, la frase mi sembra così pertinente con la tua storia, che potrebbe far benissimo da titolo ai capitoli trentasette e seguenti della Genesi, in cui si racconta del tuo mestiere di inguaribile sognatore. 
Dei dodici, eri il figlio prediletto di Giacobbe. E si capisce perché: gli eri nato in vecchiaia. Tra le tante attenzioni, quando eri ancora giovanetto, tuo padre volle confezionarti lui stesso una tunica dalle maniche lunghe. 
Non l’avesse mai fatto! Ogni volta che, con quell’abito firmato, comparivi in mezzo ai fratelli sbracati sotto gli ardori della canicola, li facevi crepare d’invidia. Un giorno, il vaso traboccò per via di certi sogni che ti mettesti a raccontare. 
Tutto elegante, che sembravi uscito da una "boutique" di via Veneto, parlavi di covoni di grano che si inchinavano davanti al tuo e di undici stelle che, insieme col sole e con la luna, si prostravano di fronte a te. 
I tuoi fratelli, allora, non ne poterono più. Che il vecchio padre, rincitrullito dall’arteriosclerosi, stravedesse per te, potevano anche sopportarlo. Ma che tu, servendoti dei sogni, ti mettessi a prevedere future egemonie su di loro, era proprio il colmo. 
Se ti avessero potuto ammazzare con una randellata, l’avrebbero fatto seduta stante. Comunque, pensarono bene di rinviare la vendetta a un’occasione più propizia. Per il momento si limitarono a mandarti un sacco di accidenti a te, alla tua tunica, ai tuoi sogni. E chi sa che non scrissero sui muri sotto casa, perché tuo padre potesse vedere: abbasso il visionario! La storia sappiamo tutti come andò a finire. Che quei praticoni dei tuoi fratelli, grevi di asprigni sudori di campo, dopo aver complottato per farti fuori: Ecco, il sognatore arriva! 
Orsù uccidiamolo...così vedremo che ne sarà dei suoi sogni! 
Ti vendettero a dei mercanti ismaeliti, i quali ti condussero in Egitto dove facesti fortuna. Finché un giorno in Egitto, essendo scoppiata la carestia, non ci arrivarono anche loro, morti di fame, alla ricerca disperata di frumento. 
E, senza saperlo, finirono col mangiare il pane che proprio tu, grazie a una irresistibile carriera originata dalla tua esperienza in materia di sogni, eri riuscito a mettere da parte. Morale della favola? Non bisogna sparare sui sognatori. Perché, a dispetto di ogni realismo scientifico che pretende di far tenere a ogni costo i piedi per terra, coloro che oggi camminano con la testa per aria saranno gli unici ad aver ragione domani. Grazie, sognatore.

Ma torniamo in Egitto, dove, all’improvviso, smettesti di sognare per conto tuo, e cominciasti a fare l’interprete dei sogni per conto terzi. 

Dunque: inizialmente le cose si misero abbastanza bene, perché andasti a finire, come uomo di fiducia, nella casa di un pezzo grosso della corte. 
La corte vera, però, fu quella che ti fece la moglie del principale. 
Poverina, bisogna capire anche lei :eri bello di forma e avvenente di aspetto e non seppe resistere al tuo fascino. Finché un giorno, avendo tu respinto energicamente certe sue spudorate profferte, si sentì ferita nell’orgoglio di donna e, girando la frittata, fu lei che ti accusò di violenza presso il marito. 
Il quale non si fece pregare due volte e ti spedì per direttissima in prigione. 
In quel tempo, come oggi da noi a San Vittore, le patrie galere dovevano traboccare di detenuti eccellenti, se è vero che, tra gli altri, c’erano anche il capo dei coppieri e il capo dei panettieri del faraone. 
Due gerarchi di tutto rispetto. 
Con la differenza, però, che essi erano andati a finire in carcere, non per storie di bustarelle, ma per aver contestato in pubblico la prepotenza del re. 
Una notte, l’uno e l’altro fecero un sogno così strano, che la mattina seguente alla tua domanda perché mai avessero quella faccia da funerale, essi risposero: Abbiamo fatto un sogno e non c’è chi lo interpreti! 
Quella frase mi rotola sull’anima come un macigno. 
Perché sintetizza il grido di tutti gli oppressi. 
Di tutti i prigionieri del regime. 
Di tutti i violentati dai sistemi di potere. 
Di tutte le vittime dei palazzi. 
Di tutti coloro, cioè, che abitano i sotterranei della storia, ai quali l’ingiustizia subìta non impedisce di sognare, ma che non trovano sulla loro strada gente capace di decifrare i loro sogni. 
Quella frase mi scomoda, perché mi fa capire quanto sia sacrilego il mio scettico sorriso di fronte alle utopie dei poveri, nella cui anima, anche d’inverno, fioriscono grappoli di speranze, con tutte le variazioni sul tema del celebre "I have the dream" di Martin Luther King: 
"Ho il sogno che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli degli antichi schiavi e i figli degli antichi schiavisti saranno capaci di sedere insieme alla tavola della fratellanza. 
Ho il sogno che un giorno anche lo stato del Mississippi, uno stato soffocante per l’afa dell’oppressione, sarà trasformato in un’oasi di pace e di giustizia. Ho il sogno che i miei quattro bambini un giorno vivranno in una nazione in cui non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per il contenuto del loro carattere. 
Ho il sogno...". 
Quella frase mi torna in mente ogni volta che, a uno a uno, se ne vanno i vecchi profeti, e all’orizzonte non si vedono discepoli che ne ereditino il mantello, e lasciano sia pure per poco lo sgomento del vuoto, e i poveri sembrano rimanere più soli. 
Allora, ti confesso, anche a me nasce un sogno nel cuore: quello di una Chiesa più audace, che si decida a scendere nelle carceri degli uomini e, organizzando la speranza degli ultimi, smetta di essere la notaia dell’ineluttabile, e divenga finalmente ministra dei loro sogni. I have the dream!

Ed eccoci giunti al terzo atto della tua carriera, che ti vide interprete non più dei tuoi sogni, e neppure dei sogni degli ultimi, ma interprete dei segni inviati dal cielo ai potenti della terra. Mi riferisco alla ben nota storia delle vacche grasse e delle vacche magre, che apparvero in sogno al faraone, con la simmetrica riproposizione, nel corso della stessa notte, delle spighe piene e delle spighe vuote. Un rompicapo preoccupante per il re e per tutta la sua corte. Quali presagi si nascondevano sotto i simboli di quelle sette vacche floridissime, divorate in un baleno da altrettante vacche, orride e macilente, comparse tra i giunchi del Nilo? E quale lettura dare al sogno delle sette spighe, turgide e splendenti, inghiottite all’improvviso da altrettante spighe vuote e bruciate dal vento? Fu così che si ricordarono di te, che marcivi in prigione. Qualcuno parlò delle tue abilità divinatorie, e al faraone che volle interpellarti di persona, tu spiegasti il mistero senza frasi di comodo. Gli dicesti che vacche grasse e spighe gonfie rappresentavano l’abbondanza dei beni e lo sperpero delle risorse ambientali, di cui gli Egiziani, se non si fosse intervenuti per tempo, avrebbero pagato lo scotto con durissimi anni di carestia, simbolizzati appunto dalle vacche magre e dalle spighe vuote. Poi aggiungesti, con accenti profetici, che bisognava correre ai ripari. Che bisognava ridurre i consumi. Che era necessario cambiare la politica sull’impiego delle energie. Che era indispensabile frenare la corsa allo spreco. Che non era possibile portare avanti i folli parametri del dispendio dei beni naturali non rinnovabili a cui la terra veniva sottoposta. Che, insomma, solo con una intelligente strategia di recupero delle risorse, e con un forte programma di risanamento dei guasti ambientali, si poteva preservare il futuro dalla tragedia della fame. Tu almeno, dai sotterranei della storia (oggi si direbbe: dai Sud della terra), dalla parte degli ultimi, dalle postazioni dei diseredati, le cose le vedevi così. Il faraone diede ascolto alla voce dei poveri. E fu la salvezza per tutti. Caro Giuseppe, come sono cambiati i faraoni di oggi! Non sono più disponibili a dare ascolto ai profeti del sottosuolo. Sorridono sui loro vaticini. E non sanno che farsene delle loro previsioni sui disastri dell’habitat o sui buchi dell’ozono, sull’effetto serra o sulle piogge acide, sulle deforestazioni dell’Amazzonia o sul degrado atmosferico, sulle scorie radioattive o sull’inquinamento delle acque, sull’abuso della biotecnologia o sulla desertificazione della terra... 

Gli interpreti dei sogni ci sono ancora oggi. Ma sono ridotti a funzione di grillo parlante. 
Per i potenti, quello che conta è stabilire il primato dell’economia sull’uomo, preferire la salvaguardia del mercato alla salvaguardia della natura, difendere il sistema consolidato della finanza sul patto generazionale che ci obbliga a consegnare ai posteri una terra abitabile. 
Ti è giunta eco di "Eco 92" di Rio de Janeiro? 
Hai sentito le tesi allucinanti dei moderni faraoni? Anche lì si è agitato lo spettro delle vacche magre. E sai qual è stata la risposta? "Ma quali vacche magre d’Egitto"!

- Don Tonino Bello -
Tratto da: “Ad Abramo e alla sua Discendenza”



"Per i poveri anche una sagrestia può bastare! Solo allora potremo celebrare liturgie vere e riti credibili. 
E le ostie consacrate avranno finalmente il gusto del grano e il sapore della libertà".

- don Tonino Bello -



"Voglio dirvi questo: non vendetevi a nessuno. Anche a costo di morire di fame. Resistete tenacemente alle lusinghe di chi pensa di manipolarvi il cervello comprandovi con quattro soldi".

- don Tonino Bello -




Buona giornata a tutti. :-)