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giovedì 27 settembre 2018

Al mattino - Padre Anselm Grün


Non appena ti alzi dopo aver dormito, subito, in primo luogo, la tua bocca renda gloria a Dio e intoni inni spirituali e salmi, poiché la prima cosa, di cui lo spirito si occupa fin dall’aurora, continua a essere macinata nella mola per tutto il giorno, sia grano, sia zizzania. 
Perciò sii sempre il primo a gettarvi dentro il grano, prima che il tuo nemico vi getti la zizzania. (N 592/43)

Questo detto dei Padri vale non solo per i monaci, bensì per ogni cristiano. Mette in risalto quanto sia importante per noi l’inizio della giornata. 
Non dovremmo semplicemente precipitarci a capofitto nel nuovo giorno. 
Non dovremmo pensare per prima cosa agli appuntamenti che abbiamo o alle nostre necessità oppure ai conflitti in cui ci troviamo implicati.
Il primo pensiero deve andare a Dio. 
Ma non dovremmo permettere che rimanga soltanto nel pensiero. 
Anche con la bocca dovremmo pronunciare una preghiera o intonare un canto. Certo questo non si può fare facilmente in un appartamento preso in affitto, senza disturbare i vicini. Ma una silenziosa parola della Bibbia che pronunciamo ad alta voce solo per noi, ci fa sicuramente del bene. 
Non deve essere per forza un salmo o una parola, potrebbe essere un gesto con cui rendiamo onore a Dio. 
Per me, un buon rituale del mattino è alzare in alto le mani e benedire il nuovo giorno con tutto ciò che mi capiterà di vivere oggi. 
Allora è la benedizione che caratterizza la mia giornata e non la paura di qualche difficile colloquio che devo fare o di un conflitto che oggi nuovamente mi tocca sopportare.
Il detto dei Padri paragona il primo pensiero che facciamo al mattino con il riempire la macina del mulino.
Ciò che getto nel mulino per prima cosa, verrà macinato per tutto il giorno. 
I primi pensieri con cui ci affaccendiamo al mattino, continuano a passarci nella mente per tutto il giorno. 
Per tale motivo fa parte dell’igiene spirituale aver buoni pensieri al mattino.
A questo riguardo non si tratta di manipolare noi stessi e darci ad intendere che vogliamo vedere tutto in luce positiva. 
Con i «buoni pensieri» il detto dei Padri indica piuttosto la preghiera. Dovremmo rendere onore a Dio. 
Dovremmo alzare lo sguardo verso Dio e collocarlo al centro della nostra vita. Oppure dovremmo intonare inni devoti, che ci faranno compagnia per tutto il giorno come un ritornello dentro l’orecchio. Ma non devono essere per forza canti religiosi, possono essere canzoni allegre. 
Conosco persone che al mattino sotto la doccia cominciano a cantare quello che in quel momento viene loro in mente. 
In ogni caso ciò produce effetti più salutari per quelle persone, più di quanto avviene se si preoccupano solo delle difficoltà che il nuovo giorno presenta e di come riuscire a superarle. 
Siamo noi i responsabili di come iniziare la giornata. 
Sono necessari allora dei buoni rituali che ogni mattina ci procurino gioia. 
I rituali creano un tempo sacro. E questo tempo sacro appartiene a noi. 
Il mattino ci appartiene. E quando i primi minuti della nuova giornata grazie alla nostra iniziativa ricevono una forma del tutto personale, tutto il giorno diventa nostra proprietà, tutto il giorno viene santificato. 
I rituali ci mettono anche in contatto con lo spazio sacro che sta dentro di noi e in cui il mondo non ha alcun accesso, e sul quale non può esercitare alcun potere.
Questo ci dà una sensazione di libertà e distensione, che ci accompagna lungo tutta la nuova giornata.
Se al mattino gettiamo nella macina del mulino buoni pensieri, alla sera raccogliamo la buona farina del grano con cui possiamo impastare il pane. Sarà questo che ci nutre e ci dà forza. 
Se invece fin dal mattino gettiamo zizzania dentro la macina del mulino, alla sera ne ricaveremo al massimo del caos, che manderà un cattivo odore. E non ci nutre affatto. 
Al contrario, alla sera ci tocca ancora la fatica di eliminare tutta l’erba cattiva che è stata macinata.

- Padre Anselm Grün -




                                                   
                                                  Buon Dio, ti ringrazio
per questo nuovo giorno.
Non mi sento ancora del tutto
sveglio per affrontare tutto ciò
che mi sarà richiesto di fare oggi.
Confido però che tu stenda su di me
la tua mano protettrice
e mi dia lo slancio necessario
per il nuovo giorno.
Restami vicino, oggi,
affinchè compia i passi giusti.
Affinchè capisca che cosa mi è d’aiuto oggi
e come posso impegnarmi per la vita.
Aprimi la vita.
Fammi entrare in contatto con la vita,
con me stesso,
ma anche con le persone che incontro.
Togli il velo che talvolta copre
la mia vita, facendomi vegetare.
Voglio vivere da sveglio,
con tutti i sensi.
Voglio gustare la bellezza della vita.
Voglio contribuire a far sì che
per i miei amici oggi sia un giorno
più bello, colorato e allegro.
Benedicimi, perché oggi possa essere
una benedizione per gli altri.

- Anselm Grün -


Buona giornata a tutti. :-)



giovedì 9 agosto 2018

L'Angelo del Rischio - Anselm Grün

Oggi molti ritengono che la cosa più importante sia non sbagliare, non fare errori. 
Allora la carriera professionale non corre alcun pericolo. 
Allora dentro il gruppo non si è criticati. 
Allora non si deve cedere il posto. 
Allora la vita ha successo. 
In realtà, però, questo atteggiamento ostile al rischio, è di ostacolo alla vita. Chi non vuol fare assolutamente nessun errore, sbaglia tutto. Siccome non osa nulla, non corre alcun rischio. Così non può neppure nascere qualcosa di nuovo. 
Sia nell’economia come nella politica, nella chiesa come nella società, nessuno rischia più. Se lo facesse sarebbe attaccabile. Infatti, potrebbe anche andar male e sarebbe la catastrofe. Allora si dovrebbe abbandonare il dolce guanciale e si dovrebbe pubblicamente giustificare se stessi e i propri errori. Molti temono di non riuscire a sopravvivere a tanto. Sono talmente vincolati al riconoscimento e all’attenzione degli altri che non si affidano più al loro fiuto e non rischiano più nulla.
La psicologia ci dice che  la mancanza di coraggio per il rischio ha a che fare  con la mancanza di padri propria  della nostra società. 
Il padre normalmente è colui che ci rafforza la colonna vertebrale, che ci dà il coraggio di osare qualcosa, di affrontare un rischio. Se manca questa positiva esperienza del padre, se non c’è un padre a irrobustirci la colonna vertebrale, allora abbiamo bisogno di un sostituto della spina dorsale. 
Ecco allora l’ideologia, la norma fissa, dietro la quale ci si trincera.  
Si va al sicuro. Non si vogliono fare esperimenti. Tutto deve restare come prima. 
Non ci si consente di pensare il nuovo, meno che meno di fare il nuovo. Infatti non c’è alcuna garanzia che il nuovo riesca. Perciò lo si tralascia. 
La nostra epoca è caratterizzata dalla mancanza di fantasia e dalla mancanza del coraggio di rischiare qualcosa. 
Il termine tedesco Risiko deriva dall’italiano e significa pericolo, avventura. Molti pretendono che la vita debba trascorrere senza pericolo. 
Ci si deve assicurare contro tutti i pericoli, di modo che non ci possa capitare nulla, ma, quanto più ci si assicura, tanto più insicuri si diventa. 
Un po’ alla volta non si confida più in se stessi. 
Tutto deve essere assicurato. 
Nessun rischio senza una sufficiente sicurezza. Questo porta sempre più all’irrigidimento. Lo si vede abbastanza chiaramente nell’attuale situazione politica ed economica. 
Usciamo da questo vicolo cieco solamente se osiamo qualcosa, se rischiamo di far anche qualche errore. 
Ti  auguro che l’angelo del rischio ti incoraggi ad osare la tua vita e a rischiare nuove strade per te e per le persone che ti stanno attorno.
L’angelo del rischio ti irrobustisca la colonna vertebrale e ti guardi alle spalle affinché tu sia libero di osare te stesso e di affidarti ai tuoi impulsi interiori, senza aver bisogno di assicurarti da ogni parte.
Il mondo ti sarà grato se osi qualcosa di nuovo, se non domandi il permesso a tutto il mondo prima di dare attuazione  alle tue idee. 
Infatti, giorno dopo giorno sperimentiamo che il vecchio non vale molto. 
Nessuno si fida di percorrere nuove strade nella questione della disoccupazione. Si preferisce trincerarsi dietro luoghi comuni o si dà la colpa ad altri. Ognuno attende che l’altro faccia un passo falso. Allora lo si può criticare. Nessuno, però osa fare il primo passo. Così si sta fermi. Si sta in agguato per cercare gli errori negli altri, invece di rischiare di sbagliare personalmente. 
Ti auguro che l’angelo del rischio ti renda capace anche della libertà di fare errori per aprire nuove strade a te stesso e agli altri. 
Solamente se ti affidi all’angelo del rischio, qualcosa di nuovo potrà crescere per mezzo tuo in questo mondo e gli altri, grazie a te, potranno scoprire possibilità nuove.

- Anselm Grün - 
da "50 angeli per accompagnarti durante l'anno - breve trattato di spiritualità quotidiana" Queriniana, 2000, pp. 70-73




Angelo

Non posso essere sola,
mi viene a visitare
una schiera di ospiti,
non sono registrati,
non usano la chiave,
non han nè vesti, nè nomi,
né climi, né almanacchi,
ma dimore comuni,
proprio come gli gnomi,
messaggeri interiori
ne annunciano l'arrivo,
invece la partenza non è annunciata,
infatti non sono mai partiti.

- Emily Dickinson -


Buona giornata a tutti. :-)









lunedì 25 giugno 2018

da: "Cime e valli della vita" - Anselm Grùn

Già da ragazzo ho visto le ascensioni in montagna come esercizio alla disciplina. 
Erano un simbolo del fatto che sono io a prendere in mano la mia esistenza e a darle for­ma, che sono io a stabilire le mete e anche ad arrivarci. 
Ciò che sentivo istintivamente da ragazzo l'ho ritrovato poi in Viktor E. Frankl, lo psicoterapeuta viennese, che era anche un appassionato alpinista. In un discorso una volta disse che l'alpinista «è in concorrenza e in rivalità soltanto con una persona e quella persona è lui stesso. Pretende qualco­sa da se stesso, esige qualcosa da se stesso»
Frankl parla poi del fatto che l'essere umano ha bisogno della tensione interiore, tra se stesso e una meta che si prefigge.
Quando, in un'escursione in montagna, stabiliamo una meta, creiamo in noi una sana tensione, che ci fa bene. 
Se esigiamo sempre troppo poco da noi stessi, spesso nella nostra vita si insinua la sensazione di mancanza di senso. 
L'assenza di una meta impedisce che sviluppiamo davvero le energie che sono racchiuse in noi. La meta, però, deve essere scelta in maniera adeguata. 
Se ci poniamo obiettivi troppo ambiziosi, pretendiamo troppo da noi stessi. 
Se però non osiamo nulla, il viaggio della vita perde energia. 
La meta conferisce al nostro camminare una dinamica in­teriore che ci fa bene.

- Anselm Grùn -
da: "Cime e valli della vita" - ed. Queriniana


Lungo la strada ci imbattiamo sempre nei nostri limi­ti, a volte ci rendiamo conto che la strada non prosegue. 
Allora bisogna trovare un nuovo orientamento. 
Della vita fanno parte esperienze di picco e valli di mediocrità, ascese faticose e addii pieni di malinconia. 
Posso camminare da solo e allora mi ritrovo a confronto con me stesso. Ma mi piace anche camminare in compagnia, in particolare con i miei fratelli e le mie sorelle. Fa bene camminare insieme, sostenersi a vicenda, incoraggiarsi o, semplicemente, met­tersi a chiacchierare.
Già i filosofi greci sviluppavano le loro idee più impor­tanti camminando. 
E così il camminare è anche sempre fonte di ispirazione. 
Spesso camminando mi vengono nuove idee che in seguito, prima o poi, mi piace mettere per iscritto. Ma non uso mai il tempo delle camminate per annotarmi i pensieri. Non tengo un diario. E durante la vacanza rinuncio a qualsiasi forma di scrittura. 
Mi ab­bandono esclusivamente al camminare e all'osservare, alle conversazioni e alle pause.

- Anselm Grùn -
da: "Cime e valli della vita" - ed. Queriniana



La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla
dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.
La vita non é uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla é più bello, più vero della vita.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio, pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli
ma perché non crederai alla morte
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.

- Nazim Hikmet - 



Buona giornata a tutti. :-)




mercoledì 2 maggio 2018

Il demone dell orgoglio - Anselm Grün

Il demone dell' orgoglio spinge l'anima tanto da farla cadere dalla cima più elevata, la convince a non riconoscere Dio come aiuto, ma a credere che sia lei stessa la causa delle proprie buone azioni e la spinge a guardare i fratelli dall' alto in basso, come se fossero ignoranti e sciocchi. 
Dopo l'orgoglio vengono l'ira e la tristezza, poi, come male estremo, il turbamento dello spirito, la pazzia e le visioni di un gran numero di demoni sospesi nell' aria.

L'orgoglio è anche il più pericoloso dei vizi: l'orgoglioso si ritiene Dio e nega, quindi, la propria umanità: ciò lo conduce lontano dalla realtà, in un mondo apparente, nel quale si gonfia sempre di più, per finire nella confusione spirituale. 
L'orgoglio è ciò che Carl G. Jung definisce "inflazione": ci si gonfia con contenuti dell' inconscio e così si perde sempre di più il senso della realtà; si pensa di essere un grande riformatore, un profeta o un santo. 
Si negano le proprie ombre e si viene invasi dal proprio inconscio senza accorgersene. Secondo Jung, tale atteggiamento conduce alla perdita dell' equilibrio interiore, alla dissoluzione della personalità.
In tal modo è appropriato parlare di demoni, quando si tratta del pericolo dell' orgoglio, perché l'orgoglioso cade del tutto in potere di tali demoni e, identificandosi con gli archetipi dell'inconscio, viene posseduto in piena regola. Per questo motivo, proprio in relazione all'orgoglio i monaci parlano di confusione o addirittura di perdita dello spirito.
Gli otto vizi e i demoni corrispondenti mettono in pericolo l'uomo in modo crescente
Mentre le tre pulsioni fondamentali sono relativamente facili da tenere a bada, è oggettivamente più difficile con i tre stati d'animo. 
Da un uomo adulto ci si aspetta che domini le pulsioni fondamentali tanto da non danneggiare la propria personalità. Certo, qui si dà un più o un meno. Dato che le pulsioni svolgono una funzione positiva, non si tratta di annullarle, ma piuttosto di integrarle in maniera ordinata. 
Nel confronto con i tre stati d'animo, tuttavia, si tratta di integrare la propria ombra. 
All'inizio si devono ammettere le esigenze e i desideri, perché, in quanto emozioni negative, non arrivino a occupare l'anima sottraendosi a ogni controllo. Poi, nella lotta contro la tristezza e l'apatia, ne va in realtà del confronto con l'inconscio, ma soprattutto dell'integrazione dell' anima, della parte femminile dell' anima che, quando viene rimossa, nell'uomo si manifesta sotto forma di cattivo umore. 
Sia secondo Jung che secondo Evagrio, questo confronto si compie quando si è a metà della vita e si presenta oggettivamente più difficile del dominio delle pulsioni. 
Nella battaglia contro la vanagloria e contro l'orgoglio ne va della sincerità verso se stessi e della relazione a Dio. 
Se si usa la terminologia di Jung, si tratta della questione se l'Io fa posto al Sé, o se l'Io cerca di possedere i contenuti dell'inconscio e in questo modo di arricchirsi, o se si apre e si consegna al numinoso, che incontra soprattutto nell'archetipo di Dio.
Espressa nel linguaggio religioso, si tratta della questione se io voglio sfruttare Dio e gli uomini a mio vantaggio, o se voglio servire Dio e gli uomini, se sono pronto a lasciar andare i miei ideali e le mie immagini di Dio e a consegnarmi al vero Dio, ad affidarmi al suo amore.

- Anselm Grun - 
da: Per vincere il male - Ed. San Paolo, pagg. 51-53


Buona giornata a tutti. :-)




domenica 14 gennaio 2018

Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più» (4) - Anselm Grün

L'avidità è ambivalente

Friedrich Schorlemmer sostiene quindi nel suo libro che anche nell'avidità manifesta e stridente di avere sempre più riconoscimenti, ricchezza e pote­re si può scoprire il desiderio profondo di felicità. 
Secondo questo autore, sotto l'avidità c'è «la paura che nella felicità tranquilla si nasconda la noia, lo squallore delle cose sempre uguali, una parsimonia simile alla morte.»
L'avidità ci spinge a cercare la nostra felicità. Ma se l'avidità si manifesta solo nella sua configurazione materiale come bramosia di denaro e di consumi sempre più grandi, come desiderio di maggior fama e potere, allora «perdiamo quello che nel più pro­fondo di noi stessi ci auguriamo di ottenere: per la nostra vita e per la società»
Non si tratta però di sradicare in noi l'avidità. 
Sa­rebbe come strappare dal campo di grano la zizzania e ogni erba cattiva, e Gesù, nella celebre parabola, ci mette ben in guardia dal farlo (cf. Mt 13,24-30). Ci sarebbe il pericolo di distruggere gli aspetti posi­tivi dell'avidità insieme con quelli negativi. 
Si tratta invece di porre un limite all'erba cattiva dell'avidità e trasformarla in terreno nutriente per il buon grano, in modo che ne risulti un nutrimento non solo per il nostro corpo, bensì soprattutto per la nostra anima.
L'ambivalenza dell'avidità si manifesta anche nel­la fattispecie dell'avarizia. Quest'ultima può diven­tare la virtù della parsimonia e del risparmio. 
La parsimonia è la condizione per poter padroneggiare la propria vita. 
Ci sono persone che non hanno mai abbastanza denaro, perché manca loro la capacità di essere parsimoniosi.
In modo simile ci si compor­ta con l'ambizione. Essa può pretendere troppo da una persona e sottoporla a una pressione continua. Eppure Evagrio Pontico, uno scrittore monastico del IV secolo, pensa che per i giovani monaci l'am­bizione sia qualcosa di totalmente buono, poiché li spinge all'ascesi. 
Li spinge a combattere con le passioni e a vincerle. Ma anche a questo riguardo si tratta sempre della giusta misura. L'ambizione mi stimola sempre a migliorare me stesso, a non essere mai contento di quello che ho a disposizione. È la forza motrice per farmi sviluppare ulteriormente.
La parola ambizione significa in origine «ricercare l'onore», tendere all'onore. L'onore non significa soltanto un bell'aspetto e diventare famosi. 
L'onore significa anche dignità, rispetto e magnanimità. Una persona degna di onore è uno che viene rispettato perché vive la sua dignità in quanto uomo. L'am­bizione è dunque una buona forza propulsiva, per lavorare su di me e per creare qualcosa di buono per gli altri. Ma può anche tenermi sotto la sua presa. 
Allora non riesco più a godere di ciò che ottengo, ma vorrei avere sempre di più. Allora non riesco mai a dire: mi basta, è sufficiente. 
E non riesco mai a godere di quello che è e di quello che ho ottenuto.
Come esiste un'ambizione «buona» e un'ambizio­ne «cattiva», così c'è anche una curiosità bella, rin­frescante e una curiosità antipatica, che non mantie­ne la giusta distanza. Se leggo un libro con curiosità, mi immergo in un mondo per me sconosciuto e sperimento me stesso come una persona nuova. 
Se entro in un museo con uno spirito curioso, la curio­sità apre i miei sensi alla bellezza delle immagini. 
La curiosità di ascoltare l'interpretazione di una sinfo­nia di Mozart o di Beethoven aumenta il piacere e il godimento del concerto. 
Ma c'è anche una curiosità senza limiti, che si nutre continuamente di cose sen­sazionali o di pettegolezzi, che vuol sapere tutto e diffonde soltanto e sempre i difetti e gli errori altrui.



In cammino verso un'avidità liberante

In tutto questo, si tratta chiaramente di avere sem­pre la giusta misura. L'avidità come forza motrice della vita è qualcosa che non ci è possibile spegnere. L'ambizione può essere una fonte di energia, per lavorare su di sé, per diventare una brava persona, per andare avanti nel proprio cammino spirituale o per fare qualcosa di buono per gli altri. Ma l'avidità può diventare anche una dipendenza, che non mi permette mai di trovare la quiete. 
E l'ambizione può diventare una coazione a voler ottenere sempre di più e non godere mai con riconoscenza di quello che sono riuscito a produrre.
La grande domanda di tutti i maestri spirituali del passato era questa: come possiamo essere libe­rati dalla forza distruttiva dell'avidità? 
Quali mezzi spirituali ci permettono di trasformare l'avidità in una buona energia per nutrire la nostra vita? 
Che cosa ci porta fuori dal dominio dell'avidità e ci guida verso l'essenza, verso il centro della persona uma­na? 
La domanda sulla trasformazione dell'avidità è connessa alla nostalgia di una tranquillità vitale e di una liberà interiore. 
La persona dominata dall'avi­dità è inquieta e interiormente schiava. 
Chi si lascia determinare dall'avidità, non riesce mai a trovare quiete. 
Molte persone desiderano ardentemente raggiungere la quiete. Ma sono incapaci di ottenerla, perché, non appena si siedono tranquilli, subito ven­gono sempre colpiti dall'avidità di voler ancora di più, di ricevere ancor più informazioni, di soddisfare un maggior numero di bisogni, di essere ancor più apprezzati e riconosciuti. 
Nell'avidità si sperimenta il contrario della libertà. 
Le persone diventano schiave della bramosia di tendere a un potere e a una ric­chezza sempre più grandi, a una fama maggiore e a una comunicazione continua.
Quindi, in questo scritto mi interessa presentare l'avidità come una buona energia per la vita, ma nello stesso tempo voglio aiutare le persone a liberarsi dalla sua forza distruttiva perché giungano alla quiete del cuore e alla libertà interiore.
In queste pagine non vorrei accusare nessuno e nemmeno cadere nel moralismo. Vorrei descrivere il fenomeno dell'avidità e, sulla base dei racconti del Nuovo Testamento, indicare alcune vie che ci con­ducono alla liberazione dall'avidità. 
A mio avviso il Nuovo Testamento ha qualcosa di decisivo da dire a questo riguardo, su come si presenti concretamente l'essere prigionieri dell'avidità e come possiamo libe­rarci dalle sue catene. 
I testi biblici ci mostrano diver­si ambiti in cui opera l'avidità: non c'è solo l'avidità di possedere beni o di consumarli, ma ci può essere anche l'avidità di chiudersi nella propria paura o di garantirsi una sicurezza contro ogni cosa. L'avidità è spesso la risposta a esperienze della prima fanciul­lezza, ad esempio quando si ha la sensazione di non essere mai all'altezza di quello che ci viene chiesto, di non essere mai sazi, di essere interiormente af­famati. 
I testi biblici ci mostrano anche le cause e i motivi di questa nostra avidità. 
E nello stesso tempo ci indicano i modi e la via per poterci liberare dai suoi legami. Questa libertà nei confronti dell'avidità, e non la sua totale estinzione, è il presupposto per trovare la pace e la calma interiore.
Vorrei dunque rivolgermi alle per­sone che sentono il desiderio di una libertà e di una quiete interiore, che scoprono dentro di sé uno spa­zio interiore in cui si sentono libere, pur nel mezzo di un mondo che è dominato dall'avidità; uno spazio in cui sono totalmente presenti a se stesse, libere dal­la pressione di doversi continuamente giustificare, esibirsi o dare prova di se stesse; uno spazio in cui si è liberi dalla costrizione di dover soddisfare subito ogni genere di bisogni. A questo riguardo, la Bibbia è per me un buon aiuto per trovare la giusta strada. Mi confronto a lungo con il testo biblico, finché non si apra per me come un segnale che mi indica la direzione verso una vita realizzata, verso la libertà e la pace interiore.

- Anselm Grün -
Da: “Avidità - Come sottrarsi al desiderio del «sempre di più»”, Edizioni Messaggero di Padova


Buona giornata a tutti. :-)











domenica 3 dicembre 2017

Prima domenica di Avvento 2017

Ogni esistenza personale è chiamata a misurarsi con Lui.
Dio ci chiama alla comunione con sé, che si realizzerà pienamente al ritorno di Cristo, e Lui stesso si impegna a far sì che giungiamo preparati a questo incontro finale e decisivo. 
Il futuro è, per così dire, contenuto nel presente o, meglio, nella presenza di Dio stesso, del suo amore indefettibile, che non ci lascia mai soli, non ci abbandona nemmeno un istante, come un padre e una madre non smettono mai di seguire i propri figli nel cammino di crescita. 
Di fronte a Cristo che viene, l'uomo si sente interpellato con tutto il suo essere...ogni esistenza personale è chiamata a misurarsi con lui - in modo misterioso e multiforme - durante il pellegrinaggio terreno, per essere trovata "in lui" al momento del suo ritorno.

- papa Benedetto XVI - 
dalla "Omelia nei Primi Vespri della I Domenica di Avvento" - 26 novembre 2005





Andare incontro al Natale: quattro settimane diverse dal solito. 
Dare forma a uno spazio di calma e di silenzio. 
Vivere con consapevolezza un tempo che si lascia contagiare da ciò attendiamo nel Natale. 
Se per ogni giorno di Avvento ci lasciamo condurre un passo più vicini al mistero della nostra vita, possiamo giungere davvero all’interno del nostro cuore. E toccare l’amore di Dio per noi.

- Anselm Grün - 



AUGURI DI BUON AVVENTO!

«Noi guardiamo l'Avvento un po' troppo dalla parte dell'uomo. 
Forse bisognerebbe guardarlo di più dalla parte di Dio. 
Sì, perché anche in cielo oggi comincia l'Avvento. 
Il periodo dell'attesa. 
Qui sulla terra è l'uomo che attende il ritorno del Signore. 
Lassù, nel cielo, è il Signore che attende il ritorno dell'uomo».

- Don Tonino Bello -

E ogni cosa deve essere irrorata da Cristo.
"In mano tua non è nulla. Noi nasciamo dal niente, noi siamo niente. L'inizio tuo è nulla. L'inizio è l'accettazione dell'intervento dell'Altro; una accettazione che non è tale se non è domanda. Si può domandare la misericordia nell'atto stesso del male. Vuol dire che ami qualche cosa più del male che fai. E questo lo si impara con chi si vive o non lo si impara"

- don Luigi Giussani - 
da: Dal temperamento un metodo


Misericordia, pietà, clemenza del mio Dio!
Come in questo fatto manifesti la tua tenerezza!
Come una madre amorosa, la quale,
vedendo cadere vicino a sé il bambino,
corre ad arrestarlo sull'orlo del precipizio,
così Gesù, vedendo il suo discepolo sul punto
di consumare la sua riprovazione e piombare nell'inferno,
adoperò verso di lui, 
tutti i tratti della sua carità per riconquistarlo 
alla salute, alla grazia, alla vita!

- San Bernardo - 








Buona giornata a tutti. :-)