sabato 24 novembre 2012

Un governo saggio

Il re di un vasto regno iniziava ad invecchiare.
Decise che era tempo di selezionare un erede fra i suoi quattro figli, così li chiamò uno alla volta per discutere l’eredità del suo regno.

Il primo figlio entrò nella stanza del re e si mise a sedere; il re disse:
“Figlio mio, sono molto vecchio e non vivrò ancora per molto. Desidero affidare il mio regno al figlio che è più adatto al compito. Dimmi, se ti lascio il mio regno, cosa gli darai?”

Questo suo figlio era estremamente ricco, così riflettendo sulla domanda rispose:
“Sono un uomo molto benestante. Se mi lasci il tuo regno, io gli darò tutte le mie ricchezze così che diventerà il regno più ricco del mondo!”

disse il re, congedandolo:
“Grazie, figlio mio.”

Entrò il secondo figlio, ed il re disse:
“Figlio mio, sono molto vecchio e non vivrò ancora per molto. Desidero affidare il mio regno al figlio che è più adatto al compito. Dimmi, se ti lascio il mio regno, cosa gli darai?”

Ora questo suo figlio era molto intelligente, così dopo aver pensato alla risposta disse:
“Sono un uomo di grande intelligenza. Se mi affidi il regno metterò a sua disposizione tutta la mia intelligenza e diventerà il regno più intelligente di tutto il mondo!”

disse il re — e congedandolo:
“Grazie, figlio mio.”

Il terzo figlio entrò nella stanza del re ed il re disse:
“Figlio mio, sono molto vecchio e non vivrò ancora per molto. Desidero affidare il mio regno al figlio che è più adatto al compito. Dimmi, se ti lascio il mio regno, cosa gli darai?”

Il terzo figlio del re aveva un grande forza, così disse in risposta alla domanda:
“Sono un uomo molto forte. Se mi lascerai il regno, io gli regalerò tutta la mia forza, rendendolo il regno più forte di tutto il mondo.”

“Grazie, figlio mio.”, disse il re — e congedò il terzo figlio.

Il quarto figlio entrò e venne ricevuto dal re nella stessa maniera dei suoi fratelli. Questo suo figlio non era particolarmente ricco, intelligente o forte, così rispose:
“Padre mio, tu sai che i miei fratelli sono più ricchi, più intelligenti, più forti di me. Negli anni che hanno passato a guadagnarsi questi attributi, io ho trascorso il mio tempo fra il popolo del nostro regno. Ho condiviso le loro malattie e le loro sofferenze ed ho imparato ad amarli. L’unica cosa che ho da offrire al popolo del tuo regno è il mio amore.
So che i miei fratelli hanno di più da offrire, quindi non rimarrò deluso se non sarò nominato erede al trono. Continuerò semplicemente a fare quello che ho sempre fatto.”

Quando il re morì, il popolo aspettò con ansia di sapere chi sarebbe stato il nuovo sovrano. Mai si vide tanta gioia e tanta allegria come quando vennero a sapere che il loro re sarebbe stato il quarto figlio.

“Chiunque vorrà essere grande, deve farsi servitore, poiché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per esser servito, ma per servire e per dare la sua vita come prezzo di riscatto per molti.”


 


Guardare le cose con ottimismo o benevolenza non significa essere stupidamente ingenui e permettere agli altri di approfittare della nostra buona disposizione d’animo.
Significa avere la saggezza e l’intuizione di muovere le cose in direzione positiva, considerandone l’aspetto migliore pur rimanendo concentrati sulla realtà.
(Daisaku Ikeda)

 
 

Le persone più belle che abbiamo conosciuto sono quelle che hanno conosciuto la sconfitta, la sofferenza, lo sforzo, la perdita, e hanno trovato la loro via per uscire dal buio. Questa persone hanno una stima, una sensibilità, e una comprensione della vita che le riempie di compassione, gentilezza e un interesse di profondo amore. Le persone belle non capitano semplicemente… si sono formate. (Elisabeth Kubler-Ross)




 





































“Se in passato nella presentazione della verità talvolta la carità forse non risplendeva abbastanza, oggi è invece grande il pericolo di tacere o di compromettere la verità in nome della carità. Certamente la parola della verità può far male ed essere scomoda.
Ma è la via verso la guarigione, verso la pace, verso la libertà interiore”

- Joseph Ratzinger (1998)
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