mercoledì 30 novembre 2011

Romeo muore - William Shakespeare

SCENA III - Un cimitero col monumento sepolcrale dei Capuleti. Notte.
Entra Paride che reca fiori, il suo paggio ha una torcia accesa.

Paride: Ragazzo, dammi adesso quella torcia,
e tieniti a distanza; anzi, no, spegnila,
ché non vorrei che alcuno mi vedesse.
Vatti a stender laggiù, sotto quei tassi
con l'orecchio poggiato bene a terra,
e bada a percepire tutti i passi
che senti rimbombare sul terreno
malfermo per lo sterro delle fosse,
e se senti qualcosa, fammi un fischio.
Dammi quei fiori e fa' quel che t'ho detto.

Paggio tra sé

Trovarmi solo, in questo cimitero...
Ho paura... Facciamoci coraggio!...

(Si allontana)

Paride: O profumato fiore, d'altri fiori
ecco, io cospargo il tuo letto di sposa...
Oh, struggimento! È tutto pietra e polvere
questo tuo baldacchino!
Ma ogni notte verrò qui ad aspergerlo
di dolce acqua, e se acqua non avrò,
delle lagrime distilleranno
le mie lamentazioni.
L'esequie ch'io celebrerò per te
saranno di cospargere ogni notte
di lacrime e di fiori il tuo sepolcro.

(S'ode il fischio del Paggio)
Paride al fischio del paggio si nasconde. Vede Romeo e Baldassare con in mano una torcia, un piccone e altri arnesi. Romeo ordina a Baldassare di non interromperlo, qualsiasi cosa lo veda fare. Gli dice che vuole contemplare il volto della sua donna per l’ultima volta e prenderle l’anello che porta al dito, ma lo sguardo  e le parole di Romeo mettono paura, così Baldassare decide di rimanere nascosto   nei dintorni.
Romeo spezza con il piccone la porta del sepolcro. Paride pensando che voglia profanare con qualche atto nefando e oltraggioso la tomba di Giulietta si fa avanti.

Paride: Interrompi quest'empia tua fatica,
vigliacco d'un Montecchi!... La vendetta
può dunque crescer oltre la morte?
Io t'arresto, furfante fuori legge.
T'ordino di seguirmi; e tu obbedisci
perché devi morire.

Romeo: E per morire sono qui venuto.
Mio caro giovanotto,
non provocare un uomo disperato;
va' via, meglio per te, lasciami solo;
pensa a tutti costoro che son morti,
e l'idea di seguirli ti spaventi.
Ti scongiuro, non far che sul mio capo
s'aggiunga, costringendomi alla furia,
altro peccato. Va', va' via di qua!
Io ti tengo più caro di me stesso,
te lo giuro sul cielo, perché armato
contro me stesso son venuto qui.
Non rimanere, va'! Vivi, e racconta
che è stata la mercé d'un forsennato
a risparmiarti.

Paride insiste nel voler arrestare Romeo. I due si battono; il paggio va a chiamare le guardie.
Paride colpito a morte chiede di giacere nella stessa tomba di Giulietta.
Romeo scoperchia la tomba, e vede il corpo di Giulietta

Romeo: Che dico, no! Una cupola di luce, giovane ucciso, perché in questo luogo giace Giulietta, e la bellezza sua di questa oscura cripta fa una sala perennemente illuminata a festa! Morto, mettiti dunque là a giacere, per la mano d'un uomo ch'è già morto.

(Depone il corpo di Paride nella tomba, poi si ferma a mirare quello di Giulietta)

Com'è vero che gli uomini, morendo,
hanno un fugace tratto di letizia:
uno sprazzo, che quelli che li vegliano
soglion chiamare "il lampo della morte".
Oh, ma poss'io chiamare questo tuo
soltanto un lampo?... Amore mio, mia sposa!
La morte che ha succhiato tutto il miele
del tuo fiato, non ha ancor trionfato
di tua beltà, non t'ha ancor conquistata!
Ancor sulle tue labbra e le tue guance
risplende rosea la gloriosa insegna
della bellezza tua: su te la Morte
non ha issato il suo pallido vessillo...
Tebaldo, tu che te ne stai là in fondo
nel tuo bianco lenzuolo insanguinato,
qual maggiore tributo posso renderti
che spezzare con questa stessa mano
che ha spezzato la tua giovane vita
quella dell'uomo che ti fu nemico?
Perdonami, cugino!... O mia Giulietta,
perché sei tanto bella ancora, cara?
Debbo creder che palpita d'amore
l'immateriale spettro della Morte?
E che quell'aborrito, scarno mostro
ti mantenga per sé qui, nella tenebra,
perché vuol far di te la propria amante?
Per tema, io resto qui con te, in eterno;
e più non lascerò questa dimora
della notte, qui, qui, voglio restare
insieme ai vermi, tue fedeli ancelle,
qui fisserò l'eterno mio riposo,
qui scrollerò dalla mia carne stanca
il tristo giogo delle avverse stelle.
Occhi, miratela un'ultima volta!
Braccia, carpitele l'estremo amplesso!
E voi, mie labbra, porte del respiro,
suggellate con un pudico bacio
un contratto d'acquisto senza termine
con l'eterna grossista ch'è la Morte!
Vieni, amarissima mia scorta, vieni,
mia disgustosa guida. E tu, Romeo,
disperato nocchiero, ora il tuo barco
affranto e tormentato dai marosi
scaglia contro quegli appuntiti ronchi
a sconquassarsi... Ecco, a te, amor mio!

(Beve la pozione)

O fidato speziale!... Le tue droghe
sono davvero rapide d'effetto...
Così, in un bacio, io muoio...

(Bacia Giulietta, si accascia e muore)
(William Shakespeare)


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